via Giuseppe di Vittorio, 26, Villanova di Castenaso
BOLOGNA
Ho visitato il Museo Poggi – o meglio, la Collezione Moto Poggi COMP – in una giornata speciale in cui il capannone accoglieva il passaggio della storica rievocazione su due ruote della Milano-Taranto.
Un’occasione perfetta per tornare a parlare di moto con Walter Marsigli, che mi ha invitata a questo evento e dove ho conosciuto i fratelli Marzocchi, con cui ho condiviso la visita al museo.
Le immagini delle moto parcheggiate all’esterno mi hanno subito riportato al racconto che Walter mi aveva fatto del padre, Otello Marsigli, che correva la Milano-Taranto negli anni Cinquanta (vedi link fondo pagina).
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Otello Marsigli, anni Cinquanta |
LE MOTO STORICHE FUORI DAL MUSEO: LA MILANO-TARANTO
La Milano-Taranto nasce nel 1937 come massacrante gara su strada aperta, un'unica tappa da nord a sud lunga oltre mille chilometri, sospesa nel 1956 per motivi di sicurezza.
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Copertina del quaderno Milano-Taranto 2025 |
Davanti al museo Poggi, le moto della storica rievocazione sono schierate in bella mostra.
I partecipanti si muovono tra mezzi, controllano, sistemano, chiaccherano e si ristorano.
L'atmosfera è vivace, fatta di passione autentica.
LA COLLEZIONE MOTO POGGI
La collezione è molto più di una raccolta di motociclette.
È un archivio sentimentale e meccanico, costruito con passione dall'imprenditore Pierluigi Poggi:
unisce la grande tradizione della Motor Valley emiliano-romagnola all'industria giapponese della Yamaha, mondi lontani ma legati da competenza e passione.
Questi due mondi si incontrano, capaci di raccontare l’evoluzione della moto da corsa.
Ecco allora il mio racconto, sala dopo sala, tra modelli leggendari e motori da capogiro.
DOVE SI TROVA LA COLLEZIONE
La collezione si trova a una decina di chilometri dal centro di Bologna, lungo l'asse di Via Larga, a Villanova di Castenaso, in capannoni industriali.
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Bologna e COMP da Google Earth – ©didascalie Monica Galeotti |
PIERLUIGI POGGI
(1938-2025)
Pierluigi Poggi, fonda la Poggi Trasmissioni Meccaniche nel 1958, ditta specializzata nella costruzione di pulegge ed organi di trasmissione.
Poggi è mancato proprio quest'anno il 10 maggio, all'età di 86 anni.
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Pierluigi Poggi con la Yamaha YZR-M1, anno 2005 Valencia, di Valentino Rossi ©MotorValley.it |
Conosciuto e stimato in ambito industriale, ha unito la passione per il lavoro all'amore per le moto, in particolare la Yamaha, dando vita ad una collezione unica che porta il suo nome.
Il museo è adiacente all'azienda di famiglia, ed è oggi riconosciuto a livello internazionale come parte del patrimonio della Motor Valley.
Nella mappa si può vedere il complesso che si sviluppa lungo un unico fronte industriale, con i primi 4 capannoni a partire da sinistra che ospitano la Collezione Yamaha.
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COMP da Google Earth – ©didascalie Monica Galeotti |
La Motor Valley non è solo il nome con cui si identifica il territorio dell'Emilia Romagna dove sono nate eccellenze mondiali come Ferrari, Lamborghini, Maserati e Ducati, ma anche un marchio ufficiale e una rete di promozione che valorizza la cultura motoristica locale.
LE SALE ESPOSITIVE
La collezione apre al pubblico nel 2001, ma la raccolta dei pezzi comincia già negli anni '70.
Con il tempo la collezione cresce a tal punto che Poggi, in collaborazione con architetti e designer della casa motociclistica giapponese, progetta lo spazio espositivo.
Tutte le varie marche delle moto esposte coprono il periodo che va dal 1959 al 2010.
Si sviluppa in 4 sale espositive, più la Sala Minarelli, con oltre 400 pezzi tra moto e motori.
SALA 1 – Le Yamaha da Gran Premio (1959–1992)
La prima sala è interamente dedicata alle Yamaha da corsa, distribuita su due livelli.
Al piano terra sono esposti 43 modelli da competizione che raccontano, dal 1959 al 1992, l’evoluzione tecnica di telai e motori.
Un'evoluzione tecnica che salta all'occhio è quella dell'impianto frenante: confrontando due moto da competizione distanti quasi vent'anni, si nota il passaggio definitivo dai freni a tamburo a quelli a disco:
Yamaha TR-3 350cc – 1972
Moto da competizione con freni a tamburo: esempio di tecnologia ancora in uso nei primi anni '70, prima che i freni a disco diventassero lo standard.
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Yamaha T3 350 cc del 1972 con freni a tamburo |
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Dettaglio dei freni a tamburo della Yamaha T3 |
Yamaha TZ250A 3TC 250cc – 1990
Moto da gara con freni a disco: testimonianza di un'evoluzione ormai compiuta, con impianti più efficienti e prestazioni frenanti superiori rispetto al passato.
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Yamaha TZ 250 cc del 1990 con freni a disco |
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Dettaglio dei freni a disco della Yamaha TZ 250 |
Yamaha TD1A 250 cc, 1962–63
Tra i pezzi più belli e rari esposti alla Collezione Poggi, questa Yamaha colpisce subito per le linee eleganti: la combinazione dei colori caldi insieme al cuoio della sella riflettono l'estetica dell'epoca.
Non è una moto da strada, ma una vera moto da competizione, progettata per correre in pista.
La particolarità? Yamaha la mise in commercio per piloti privati, ovvero per quegli appassionati che gareggiavano a proprie spese, fuori dai team ufficiali delle case motociclistiche.
Era pronta all’uso, pensata per chi voleva correre senza dover modificare un modello stradale: una scelta innovativa per l’epoca da parte di Yamaha, che voleva evitare modifiche artigianali poco affidabili da parte degli utenti.
Ne furono costruite pochissime — si parla di circa 60 esemplari — il che la rende oggi un pezzo raro e prezioso, testimone di una fase pionieristica del motociclismo da competizione.
In questa sala si trova anche la celebre
"Pantera Rosa" di Guido Paci
modello TZG 4AO, 500 cc, anno 1980
Guido si distinse nel 1981 come miglior pilota privato nel Mondiale 500cc, chiudendo all'11° posto con la sua Yamaha rosa. Le sue prestazioni impressionarono persino Kenny Roberts, che commentò: "Speriamo che nessuno affidi mai a Guido una moto ufficiale, altrimenti saranno dolori per tutti...".
Morì tragicamente il 10 aprile 1983 durante la 200 miglia di Imola, in seguito a una caduta alla curva Villeneuve (oggi chicane Villeneuve).
Yamaha TZE cc 350, anno 1978
Una bella Yamaha 350 cc con i colori storici della versione americana negli anni Settanta.
Il piano superiore soppalcato ospita moto legate ai grandi successi di piloti come Max Biaggi, Carlos Checa, Olivier Jacque e Gary McCoy.
Yamaha YZR – M1 – 2003
pilota Carlos Checa
Yamaha YZR – M1, anno 2002
pilota Max Biaggi
Yamaha YZR 500 – 2002
pilota Olivier Jacque
Esposta senza carena per mostrare motori e scarichi; la carena è sospesa sopra la moto.
Walter Marsigli accanto alla moto del pilota australiano Gary McCoy, stagione 2000.
Mi congedo dalla Sala 1 con una bella visuale dall'alto.
Corridoio espositivo: la Yamaha di Valentino Rossi del 2010
Nel corridoio che collega la Sala 1 alla Sala 2 c'è la Yamaha di Valentino Rossi, con il motore esposto a fianco:
modello 2010 – YZR M1-Ex01 cc 799.
Il motore, raffreddato a liquido, è a quattro cilindri in linea con albero a motore a croce, quattro tempi.
Potenza: oltre 200 cavalli.
Velocità: oltre 320 km/h.
Trasmissione: cambio a 6 marce estraibile con varie possibilità di scelta rapporti.
Walter mi spiega che questo motore è un prototipo in cui anche le componenti esterne sono realizzate artigianalmente: lo si riconosce dai segni lasciati dalle lavorazioni meccaniche, visibili perfino sulle nervature e sui bassorilievi del corpo motore. Non si tratta quindi di un pezzo ottenuto per fusione, ma di un blocco lavorato interamente dal pieno.
In pratica un capolavoro di ingegneria , simbolo di eccellenza meccanica e di una manodopera altamente specializzata, naturalmente con un costo elevatissimo.
SALA 2 – Il cuore storico della collezione
Raccoglie modelli che raccontano decenni di storia, l'evoluzione della meccanica in ambito motociclistico, con modelli tutti restaurati con cura e perfettamente funzionanti.
Norton Special cc 500, anno 1963
Questa moto mi ha subito fatto viaggiare con la mente a quel leggendario viaggio in motocicletta che Ernesto Che Guevara compì nel 1952 attraversando il Sudamerica, in sella alla celebre Poderosa II, una Norton del 1939. Un'esperienza lontanissima dalla competizione: quella era un'avventura lenta, di esplorazione, ben diversa dallo spirito da corsa e dalla precisione tecnica racchiusa in questo prototipo.
Parilla 250 TV, 250 cc, anno 1951
Ducati Indiana cc 350, 1986, appartenuta a Lucio Dalla
Vi sono 6 moto guidate da Tarquinio Provini, uno dei piloti più amati degli anni '50 e '60: in primo piano nella foto, la Mondial 175 monoalbero del 1954, ma anche modelli Morini e MV Augusta.
Due volte campione del mondo e undici volte campione d'Italia, provini era un talento esplosivo, tecnico preciso fino alla pignoleria e uomo di grande umanità fuori pista.
Nel soppalco di questa sala trovano posto 30 micromotori a rullo e 30 motori a due tempi da 48 cc.
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Soppalco della sala 2 |
Sempre dalla Sala 2 si accede alla:SALA MINARELLI – Motori da record
Uno spazio dedicato a una delle aziende bolognesi simbolo del motociclismo emiliano, dove sono esposte le moto 50, 75 e 100 con cui la Minarelli ha stabilito record mondiali sul chilometro da fermo e lanciato. |
Entrata della sala dedicata a Vittorio Minarelli |
Piccole cilindrate capaci di grandi imprese, come il leggerissimo V1 50 cc monomarcia a frizione automatica, appena 27,5 kg di peso, con cui Fausto Gresini nel 1979 toccò i 102,80 km/h sul circuito di Misano.
La 75 cc guidata da Otello Buscherini a Monza nel 1975, sul chilometro da fermo in 28,560 secondi a una media di 126 km/h.
La 50 cc vincitrice del campionato italiano di gare di velocità in salita nel 1973 e 1974 con Pier Paolo Bianchi, e altre 20 vittorie.
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Foto di Pier Paolo Bianchi alla parete |
Infine una mensola-rastrelliera con 40 motori racconta l’evoluzione della casa bolognese.
Motori progettati per l'agonismo puro, leggeri, costruiti per raggiungere prestazioni elevate in categorie considerate minori, ma fondamentali per la storia tecnica e per la formazione dei piloti.
Dalla finestra della sala osservo le moto della Milano-Taranto parcheggiate in fila e mi preparo a scendere per proseguire verso la Sala 3.
SALA 3 – Dal dopoguerra al motocross
Dalla pagina di Motorvalley.it dedicata alla storia della collezione Poggi si legge che, nel dopoguerra, in Emilia-Romagna ogni piccolo borgo aveva il suo meccanico.
Le biciclette pesavano circa 16 kg e la Garelli lanciò un micromotore facilmente applicabile, aprendo la strada alla motorizzazione.
Alcuni artigiani locali iniziarono a costruire da sé i propri motori, dando vita a piccole marche che spesso scomparivano quando i loro creatori venivano assunti dalle grandi aziende.
Nella collezione Poggi sono conservati una quarantina di questi motori rari, autentiche testimonianze dell’ingegno artigianale emiliano.
Si respira la creatività industriale di una regione che vive di motori, ed ecco il Malanca Testa Rossa 48 cc del 1966.
Monta lo stesso motore a quattro marce del competizione, costruito in proprio da Malanca, ma con la testa dipinta di rosso.
Di qualche anno più tardi il Malanca da competizione 125 cc bicilindrico, anno 1982, prima moto di Pier Francesco Chili.
Sul serbatoio l'adesivo dell'officina A&B Racing Moto (Aldrovandi & Brigaglia), che si occupava della messa a punto durante le gare.
La MV Augusta Liberty Sport 48 cc, anno 1966, che all'epoca costava lire 114.000.
A questa moto veniva accreditata una velocità massima di 40 km/h, che saliva a 60 km/h nella versione per l'estero. Il consumo: 1,5 l di benzina per 100 km.
Una curiosità:
il ciclomotore pieghevole Italjet Pack-A-Way, con motore a due tempi di 49 cc, derivato da Piaggio/Franco Morini.
È l'unico veicolo a due ruote motorizzato inserito nella collezione permanente del MoMA di New York.
Dopo l'esposizione, nel 1980, divenne simbolo di innovazione e design industriale, grazie alla sua compattezza.
Ed eccomi su una Italjet, evoluzione del Pack-A-Way, in una foto pubblicitaria scattata a Cervia nel 1982.
Sulla destra di questa sala, si trovano due file di moto da cross che rappresentano il mondo dell’offroad, con modelli che vanno dagli anni ’70 al 2001.
In prima fila spicca la N. 72, una Yamaha YZF 426 appartenuta al belga Stefan Everts, imbattuto dieci volte campione del mondo.
Accanto, si nota la N. 5, un’altra Yamaha, modello YZF 400, vincitrice del Mondiale 1999 con l’imolese Andrea Bartolini.
Entrambe le moto sono del team Michele Rinaldi.
In alto, una collezione di maglie originali indossate dai grandi campioni del motocross racconta la storia di questa disciplina dagli anni ’70 a oggi.
SALA 4 – Yamaha Racing
La sala espone le moto dei campioni, in uno spazio che ospita anche mostre temporanee.
Cronologicamente alcune di quelle esposte:
1971 – La MV Augusta di Giacomo Agostini
Motore cc 497,8 a tre cilindri in linea
Potenza 88 CV a 13.000 giri/min
Cambio a sei marce
Peso 118 kg circa
Velocità massima 280 km/h
Non è una moto Yamaha ma è un capolavoro dell'ingegneria italiana, simbolo dell'epoca d'oro del motociclismo.
È la moto da Gran Premio con cui Giacomo Agostini vinse il titolo mondiale 500 nel 1971.
1973 - La Yamaha di Jarno Saarinen
modello TZ-B 383
La stagione 1973 iniziò nel migliore dei modi per questo fantastico pilota: prima il trionfo alla 200 Miglia di Daytona, poi la vittoria alla 200 Miglia di Imola, entrambe conquistate in sella a questa moto raffreddata a liquidi. Un doppio successo ottenuto contro moto di cilindrata superiore e avversari di altissimo livello.
1977 – La Yamaha da cross HL 500 cc
Moto da cross guidata da Bengt Åberg, due volte campione del mondo di motocross nel 1969 e 1970.
La LH 500 nacque da una collaborazione tra due tecnici svedesi, Hallman e Lundin, ex pluricampioni del mondo (da cui le iniziali H ed L del modello) e il pilota Åberg.
Venne realizzata a partire da un motore Yamaha XT 500, adattato per il motocross, con telaio modificato in modo artigianale ma ingegnosissimo.
Questo prototipo, realizzato in pochi esemplari rappresenta uno dei primi tentativi di rendere competitivo un 4 tempi nel motocross internazionale, in un'epoca dominata dai motori 2 tempi, segnando un punto di svolta tecnico e storico per la disciplina.
Quindi: mentre oggi una moto a 4 tempi che domina il motocross non sorprende nessuno, nel 1977 era rivoluzionario.
1986 – La Yamaha YZR WO 82 cc 250
Questa moto ufficiale da Gran Premio fu portata al titolo mondiale 250 cc dal venezuelano Carlos Lavado nel 1986.
Equipaggiata con un bicilindrico a due tempi raffreddato a liquido, questa moto rappresenta l'eccellenza tecnica Yamaha dell'epoca. Per Lavado fu il secondo mondiale in carriera, dopo quello del 1983.
Come riporta anche il sito MotorValley.it, Poggi direbbe senza esitazione che questa moto, insieme alla MV di Agostini, sono i pezzi più pregiati dell'intera raccolta: esemplari unici, dal valore incalcolabile.
2011 – Yamaha YZF R1 cc 1000 Superbike
Guidata da Marco Melandri al suo esordio nella categoria, chiuse la stagione con quattro vittorie e il secondo posto in classifica generale.
Vorrei concludere la mia visita alla collezione Poggi con questa foto straordinaria, scattata a Imola nel 1972: Giacomo Agostini, Phil Read e Jarno Saarinen, tre fuoriclasse assoluti che hanno segnato la storia del motociclismo.
Agostini e Read correvano per la MV Agusta, simbolo del dominio italiano nelle classi regine, mentre Saarinen, con la sua Yamaha 2 tempi, stava portando una rivoluzione tecnica e stilistica destinata a cambiare il motociclismo.
Qualche mese dopo anche Agostini e Read avrebbero lasciato l'MV per approdare alla Yamaha, seguendo la stessa traiettoria verso il futuro, che Saarinen aveva tracciato.
L'immagine racconta così un momento storico: tra passato e futuro, tra due stili di guida, tra l’Europa e il Giappone, un passaggio di testimone fra generazioni.
Questa visita, nel giorno della Milano-Taranto, è stata più di una visita a un museo: è stato un viaggio nella memoria meccanica, nei legami tra generazioni, tra chi costruiva e chi correva.
Un ringraziamento speciale ai fratelli Gabriele e Claudio Marzocchi, che mi hanno accompagnata durante la visita e che, con grande passione, stanno portando avanti l’eredità della collezione.
Insieme a Sergio Ravaglia, Werther Giordano, Dal Monte Claudio, Roberto Capelli e Matteo Santoro, formano una squadra affiatata e determinata a mantenere vivo il lavoro svolto da Pier Luigi Poggi in collaborazione con Yamaha.
Una volta alla settimana, di solito, il gruppo si dedica alla manutenzione dei mezzi esposti.
Grazie al loro impegno, il museo continua a raccontare la vera storia del ciclo e del motociclo bolognese e italiano, offrendo una narrazione unica e completa del motor sport in tutte le sue forme.
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Gabriele e Claudio Marzocchi |
In chiusura, il video di 7 minuti realizzato da Roberto Capelli e dedicato alla Collezione Poggi, tappa della Milano-Taranto 2025.
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