La vita e l’eredità di Ernesto Guevara de La Serna, noto al mondo come Che Guevara (Rosario 1928 – La Higuera 1967), figura simbolo della rivoluzione e icona di intere generazioni.
CHE GUEVARA OGGI: IL SENSO DI UNA MOSTRA
Daniele Zambelli, direttore creativo di Simmetrico e curatore della mostra, scrive che lavorare su Ernesto Guevara ha significato confrontarsi con una figura complessa e controversa, capace ancora oggi di dividere come poche. Due anni di studio e progettazione sono stati necessari per affrontarne la profondità e l’ambivalenza.
Che Guevara è un eroe per molti, un cattivo maestro per altri. Di certo è una figura che ha segnato l’immaginario di intere generazioni, lasciando un’impronta culturale potente nella nostra storia recente.
È significativo che non si riesca a "normalizzarlo", se non attraverso forzature narrative rassicuranti: viene etichettato come romantico, utopista, fanatico, ingenuo. Ma queste definizioni dicono più della nostra ignoranza che di lui.
Dall’ideale dialogo con Guevara emerge invece il ritratto di un uomo intenso, che ha dedicato se stesso a un’idea apparentemente folle: costruire un’umanità il cui imperativo morale sia evolvere verso una società più giusta.
Dietro l’icona rivoluzionaria, c’è una persona che sente su di sé lo schiaffo inflitto dal potere a milioni di donne e uomini privati di dignità e speranza.
Un uomo che ha cercato, con radicalità, di rispondere a una domanda che riguarda tutti: che cosa fare, in un mondo in cui l’ingiustizia sociale e lo sfruttamento sono la norma?
Una domanda che risuona ancora oggi — la stessa che anche Papa Francesco, altro argentino celebre, ha posto alla coscienza collettiva.
La figura del Che ci obbliga a uscire dalla nostra zona di comfort intellettuale, a prendere posizione.
Il fine della mostra non è alimentare l’epica del personaggio né schierarsi in un giudizio sulle sue scelte. L’obiettivo è stimolare una riflessione profonda: sul suo percorso umano, sulle sue domande, e su un periodo storico che ci aiuta a comprendere il presente.
Zambelli conclude con un pensiero affettuoso a Camilo Guevara, a cui la mostra è dedicata, ricordando con gratitudine la sua generosa disponibilità nell’aprire l’archivio del Centro de Estudios Che Guevara e il suo impegno nella divulgazione della figura del padre.
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Ernesto Guevara ragazzo, anni '50. |
UN VIAGGIO NELLA VITA DI CHE GUEVARA ATTRAVERSO TRE LIVELLI NARRATIVI
Di taglio giornalistico, offre uno sguardo sul quadro geopolitico dell’epoca, descrivendo lo scenario e le condizioni in cui Che Guevara ha operato.
Attraverso materiali d’archivio inediti, ripercorre gli eventi pubblici e privati che hanno segnato la vita di Che.
Emergono scritti personali: diari, cartoline e lettere ai familiari, oltre a registrazioni inedite dedicate alla moglie, che svelano il volto più umano di Guevara.
Quindi in apertura una serie di pannelli ripercorrono la storia di Cuba dal 1492 al 1952, anno in cui ha inizio la dittatura di Fulgencio Batista.
I DUE VIAGGI CHE CAMBIARONO IL CHE
Quattro grandi album sfogliabili con proiezioni video raccontano l’infanzia e la giovinezza di Ernesto, esplorando i viaggi intrapresi.
Al centro dello spazio, la leggendaria Poderosa II, replicata fedelmente alla motocicletta con cui Guevara percorse il mitico viaggio del 1952 attraversando il Sudamerica.
Fu utilizzata durante le riprese del film "I diari della motocicletta".
La Poderosa II – Norton "model 18" del 1939.
La bicicletta, invece, è quella originale: adattata con un un piccolo motore Garelli Mosquito, fu utilizzata da Ernesto nel 1950 per il suo primo viaggio attraverso le province del Nord dell'Argentina, un percorso di oltre 4.000 chilometri.
All'età di 21 anni decide infatti di esplorare il proprio paese per osservare da vicino le condizioni sanitarie e sociali, anche in funzione dei suoi studi di medicina.
È il suo primo contatto diretto con la povertà, l'ingiustizia e le diseguaglianze in aree marginali.
Il viaggio risveglia in lui una sensibilità sociale che andrà rafforzandosi negli anni a venire.
Il successivo viaggio con la motocicletta Poderosa II Norton, sarà quello che trasformerà definitivamente la sua visione del mondo.
A 23 anni, con il compagno di viaggio Alberto Granado, amico e biochimico, percorre in 8 mesi oltre 8.000 km attraverso l'America Latina, da Buenos Aires al Venezuela, con l'obiettivo di conoscere il continente e visitare ospedali e lebbrosari.
Durante gran parte del viaggio fu Granado a guidare, con Ernesto come passeggero, anche se in alcuni tratti si alternavano alla guida.
Dopo varie disavventure e guasti, la moto si ruppe in Cile, e da quel momento i due continuarono il loro viaggio con mezzi di fortuna, camion, barche, treni e anche a piedi, fino a raggiungere il Venezuela.
Guevara assiste alle condizioni di sfruttamento, disuguaglianza e abbandono in tutto il Sudamerica.
Nasce in lui la consapevolezza che il cambiamento non può avvenire solo attraverso la medicina, ma attraverso l'azione politica e rivoluzionaria.
Superata la linea gialla sul pavimento – che rappresenta simbolicamente il momento della presa di coscienza politica di Guevara – la narrazione si sviluppa lungo una linea del tempo che ripercorre le tappe fondamentali della guerriglia a Cuba. Sono gli anni più duri della lotta contro la dittatura di Fulgencio Batista, in cui il Che non solo combatte, ma organizza scuole rurali, istruisce i contadini e cura i feriti, anche quelli nemici, in condizioni di vita estreme, tra marce forzate e crisi d’asma.
Dalla liberazione di Cuba nel 1959, la mostra prosegue con immagini storiche, filmati e registrazioni che documentano gli anni degli incarichi istituzionali: Guevara contribuisce a costruire il socialismo cubano, riorganizzando l’amministrazione e la struttura economica dell’isola.
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5 marzo 1960 - diventerà l'immagine simbolo del Che. |
Che Guevara incontrò Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir nel 1960, all'Avana, poco dopo la rivoluzione cubana.
I due si recarono a Cuba tra febbraio e marzo di quell'anno per osservare da vicino gli sviluppi del processo rivoluzionario.
Sartre intervistò Guevara e ne rimase profondamente colpito, definendolo "l'uomo più completo del nostro tempo".
L'incontro avvenne in un clima di entusiasmo internazionale per la rivoluzione cubana, e contribuì a rafforzare l'immagine di Guevara anche in Europa, come figura carismatica e intellettualmente impegnata.
15 maggio 1960 – fotografato da Alberto Korda in barca insieme a Fidel Castro durante il torneo di pesca al marlin intitolato a Ernest Hemingway, al largo delle coste di Cuba.
Il torneo fu istituito da Hemingway stesso nel 1950 e con il tempo fu associato alle élite e agli stranieri, fino a quando Fidel Castro e Che Guevara decisero di partecipare simbolicamente per riappropriarsene dimostrando che la rivoluzione poteva entrare in tutti gli ambiti della società cubana.
8 agosto 1960 – Il Che è sulla copertina di "Time", che dedica a lui e a Cuba l'articolo principale.
La striscia gialla "Comunism's Western Beachhead", l'avamposto del comunismo nell'emisfero occidentale, intende segnalare l'isola di Cuba come un pericoloso punto d'ingresso del comunismo nel "cortile di casa" degli Stati Uniti.
2 settembre 1960 – Nella Plaza de la Revolución, davanti a una grande folla, Fidel Castro legge la prima Dichiarazione de L'Avana, riaffermando i principi e la direzione della Rivoluzione e il diritto all'autodeterminazione dei popoli latinoamericani.
È la risposta forte e simbolica alla dichiarazione di San Josè, in Costa Rica, approvata dall'OSA, l'Organizzazione degli Stati Americani, nella quale Cuba veniva definita dagli USA "sottomessa all'influenza extra continentale", una presa di posizione contro la rivoluzione cubana.
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Fidel Castro presenta al popolo cubano la prima Dichiarazione de L'Avana. |
2 agosto 1961 – Guevara con Salvador Allende all'Università di Montevideo.
A Punta del Este, in Uruguay, ha luogo il summit economico dei paesi dell'OSA.
Pianificata dagli Stati Uniti con il proposito apparente di dare forma a un progetto regionale chiamato "Alleanza per il Progresso", per Guevara la conferenza ha come vero obiettivo la realizzazione di un piano per soffocare la rivoluzione cubana.
La delegazione guidata dal Che ha la missione di mettere in chiaro le basi e i principi del sistema sociale di Cuba, anche senza contare sull'appoggio delle nazioni dell'area.
In questa immagine vengono mostrate le installazioni missilistiche sovietiche a Cuba, fotografate dagli aerei spia americani il 15 ottobre 1962, dando inizio alla Crisi dei missili.
Il 22 ottobre Kennedy minaccia pubblicamente la minaccia nucleare e il giorno dopo impone un blocco navale intorno all'isola.
Dopo giorni di tensione, si raggiunge un compromesso: l'URSS ritira i missili da Cuba in cambio della promessa americana di non invadere l'isola e del ritiro segreto dei missili Usa dalla Turchia e dall'Italia, senza consultare Cuba.
L'Avana, 1962 – Primo discorso di Che Guevara all'Unione dei Giovani Comunisti (poi UJC).
Gennaio 1963 – Che Guevara durante la raccolta della canna da zucchero.
Nella provincia di Camagüey, in un momento di difficoltà economica aggravata dal blocco statunitense, Guevara partecipa in prima persona alla raccolta della canna da zucchero, utilizzando una macchina falciatrice progettata dai tecnici del Ministero dell'Industria.
Ritratto da Alberto Korda, il suo gesto non è solo simbolico: il giorno seguente, 27 gennaio, intervenendo alla Plenaria Nazionale dello Zucchero, ribadisce che la meccanizzazione è una necessità imprescindibile per lo sviluppo economico e per la stessa rivoluzione.
È questa, afferma, la vera battaglia da vincere.
Afferma che l'operaio d'avanguardia deve diventare "eroe venerato del lavoro", creando una nuova leggenda rivoluzionaria, pari a quella del combattente armato.
3 febbraio 1963 – A L'Avana il fotografo svizzero Renè Burri, fra i più grandi del '900, ritrae il Che mentre scrive, beve e fuma il sigaro.
Le foto faranno il giro del mondo.
25 marzo 1964 – Che Guevara alla Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo.
In rappresentanza di Cuba, Che Guevara interviene a Ginevra alla prima conferenza UNCTAD, denunciando con forza lo squilibrio economico tra Nord e Sud del mondo.
Il suo messaggio è chiaro: "la única solución correcta es la supresión absoluta de la explotación de los países pobres por los países ricos".
Per lui, lo sviluppo non può nascere dalla carità, ma dalla fine dell'ingiustizia strutturale nelle relazioni internazionali, quella che impedisce ai paesi poveri di svilupparsi, anche se lavorano, producono, esportano:
1- I Paesi ricchi (ex colonizzatori o potenze industriali) impongono condizioni commerciali, finanziarie e tecnologiche che mantengono i Paesi poveri in una posizione di dipendenza e sottosviluppo.
2- Le materie prime dei Paesi del Sud del mondo sono acquistate a prezzi bassi, mentre i prodotti finiti del Nord sono venduti a prezzi alti.
3- Le regole del commercio internazionale (banche, prestiti, mercati) sono fatte per favorire chi è già forte economicamente.
Quindi no a riforme o aiuti: serve rompere con le regole imposte dal sistema economico globale.
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Fotografie, lettere e materiali d’archivio accompagnano il visitatore, passando per la celebre lettera d’addio a Fidel Castro e le lettere inviate alla moglie, ai figli e ai genitori.
LETTERA A FIDEL CASTRO
31 marzo 1965
Ernesto "Che" Guevara scrive a Fidel Castro una lettera d’addio in cui rinuncia a ogni incarico e alla cittadinanza cubana per continuare la lotta antimperialista rivoluzionaria in altri paesi del mondo.
Nonostante dopo la rivoluzione cubana fosse divenuto figura centrale del nuovo governo, dentro di sè non si sentiva un uomo da scrivania.
La lettera non viene resa pubblica per non attirare l'attenzione, né dei cubani, né dei servizi segreti stranieri, e Fidel la conserva segretamente.
Guevara lascia Cuba per l'Africa a condurre anche in Congo la lotta contro l'imperialismo.
È un testo intenso, personale e politico, che esprime riconoscenza verso Fidel e riafferma l’impegno militante del Che come scelta di vita e di coerenza.
Il tono è grave ma affettuoso, pieno di riconoscenza e di lealtà. È il saluto di un uomo che si prepara a scomparire nel silenzio e nella clandestinità, convinto che il suo posto sia ovunque vi sia una causa giusta da difendere.
L’Avana, “Anno dell’Agricoltura”, 31 marzo 1965
Fidel,
mi ricordo in questa ora molte cose: di quando ti ho conosciuto in casa di María Antonia, di quando mi proponesti di venire, di tutta la tensione dei preparativi. Un giorno vennero a chiedere chi avrebbero dovuto avvisare in caso di morte, e la possibilità reale di quel fatto ci colpì tutti. Dopo abbiamo capito che era vero: in una rivoluzione si vince o si muore (se è vera). Molti compagni caddero lungo il cammino verso la vittoria.
Oggi tutto ha un tono meno drammatico perché siamo più maturi, ma il fatto si ripete. Sento di aver adempiuto alla parte del mio dovere che mi legava alla rivoluzione cubana nel suo territorio, e mi congedo da te, dai compagni, dal tuo popolo, che ormai è il mio.
Rinuncio formalmente ai miei incarichi nella Direzione del Partito, al mio posto di Ministro, al mio grado di Comandante, alla mia condizione di cubano. Nulla di legale mi lega a Cuba, solo legami di un altro tipo — quelli che non si possono spezzare come un mandato.
Rivedendo la mia vita passata, credo di aver lavorato con sufficiente onestà e dedizione per consolidare il trionfo della Rivoluzione. La mia unica grave mancanza è non aver avuto più fiducia in te fin dai primi momenti della Sierra Maestra, e non aver compreso abbastanza rapidamente le tue qualità di conducente e rivoluzionario.
Ho vissuto giorni magnifici e, al tuo fianco, ho sentito l’orgoglio di appartenere al nostro popolo nei giorni luminosi e tristi della Crisi dei Caraibi. Raramente uno statista ha brillato tanto, come allora. Mi inorgoglisce anche averti seguito senza esitazioni, identificandomi con la tua visione dei pericoli e dei principi.
Altri paesi del mondo reclamano il mio modesto contributo. Posso fare ciò che a te è negato per responsabilità alla guida di Cuba, ed è giunta l’ora di separarci.
Fallo sapere: lo faccio con una miscela di gioia e dolore. Qui lascio il più puro delle mie speranze di costruttore e i più cari tra i miei affetti… e lascio un popolo che mi ha accolto come un figlio; questo ferisce una parte del mio spirito. Nei nuovi campi di battaglia porterò la fede che mi hai trasmesso, lo spirito rivoluzionario del mio popolo, la sensazione di adempiere al più sacro dei doveri: combattere l’imperialismo ovunque esso sia; questo consola e cura più di ogni ferita.
Ripeto ancora una volta che esonero Cuba da ogni responsabilità, salvo quella derivante dal suo esempio. Se mi cogliesse l’ultima ora sotto altri cieli, il mio ultimo pensiero sarà per questo popolo e, in modo speciale, per te. Ti ringrazio per i tuoi insegnamenti e il tuo esempio, ai quali cercherò di essere fedele fino alle ultime conseguenze delle mie azioni.
Mi sono sempre identificato con la politica estera della nostra Rivoluzione e lo sono tutt'ora. Ovunque io sia, mi sentirò responsabile di essere un rivoluzionario cubano, e come tale agirò. Non lascio nulla di materiale né a mia moglie né ai miei figli, e non me ne dolgo; anzi, mi rallegra che sia così. Non chiedo nulla per loro, perché lo Stato provvederà loro quanto basta per vivere e studiare.
Avrei molte cose da dirti e da dire al nostro popolo, ma sento che non sono necessarie: le parole non possono esprimere ciò che vorrei, e non ha senso riempire pagine.
Hasta la victoria siempre.
Patria o muerte!
Ti abbraccio con tutto il fervore rivoluzionario.
Che
L’espressione riprende l’ultima frase della lettera:
"Hasta la victoria siempre!"
de tu querida presencia, Comandante Che Guevara."
della tua amata presenza, Comandante Che Guevara.")
È diventata un vero inno internazionale in memoria del Che, reinterpretata da decine di artisti nel mondo.
Carlos Puebla incise il brano nel 1965.
Qui allego la versione originale "Hasta Siempre", brano interpretato da Carlos Puebla (YouTube, pubblicato dal canale Democrito Leucipo Epicuro).
In seguito i Buena Vista Social Club nel 1996 hanno offerto una versione corale e immensa, rivolgendola non solo al Che, ma alla nazione intera, sostituendo nel testo "Te seguimos, y con Fidel" con "Te seguimos, y con Cuba", sottolineando l'idea che l'eredità del Che appartiene non solo a Fidel Castro, ma a tutti i cubani.
"Hasta Siempre", brano interpretato dai Buena Vista Social Club (YouTube, pubblicato dal canale Pedro Demetrion).
LA CATTURA E L'ASSASSINIO
8 ottobre 1967 – Nella Quebrada del Yuro, in Bolivia, il gruppo di guerriglieri guidato da Che Guevara viene sorpreso da cinque battaglioni dell’esercito. Durante lo scontro, Guevara viene ferito e catturato. Viene poi trasferito nel piccolo villaggio di La Higuera, a circa 8 km di distanza. I prigionieri, incluso il Che, vengono rinchiusi nella scuola del villaggio. Qui Guevara è sottoposto a interrogatorio.
9 ottobre 1967 – La mattina successiva, da La Paz giunge l’ordine di eseguire la condanna a morte.
Che Guevara viene fucilato in una stanza della scuola. Il suo corpo viene trasportato in elicottero all’ospedale Señor de Malta, a Vallegrande, dove viene adagiato su un tavolo e esposto pubblicamente ai giornalisti, alle televisioni e ai fotografi, per dimostrare che era davvero morto.
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Una delle ultime foto del Che vivo. |
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Sospesa nello spazio, l’opera Che: Portrait of Ernesto Che Guevara dello scultore statunitense Michael Murphy, pioniere della Perception Art.
L'immagine prende forma solo da una certa distanza in un effetto visivo che sorprende.
L'opera lateralmente compare come la firma del Che.
CONCLUSIONI
Questa mostra, personalmente, mi ha restituito molto. È un invito ad approfondire, a mettersi in cammino alla ricerca dei frammenti meno noti della vita del Che.
Un’icona riconosciuta in tutto il mondo, che per decenni abbiamo visto stampata su magliette e manifesti, qui smette di essere simbolo statico: diventa uomo.
Un uomo che sembra prendere vita, parlare alla sua gente, al suo popolo, ai compagni di lotta, per condividere ideali che — incredibilmente — non sono di tutti.
E se questo mio stupore può sembrare, a chi la pensa diversamente, ingenuo, utopico o presuntuoso, mi riconosco e unisco a quanto scrive Daniele Zambelli in apertura della mostra: se vi è sfuggito, con un colpo di mouse potete tornare indietro a rileggerlo.
La figura di quest’uomo mi coinvolge ed emoziona, soprattutto oggi, in tempi segnati da derive autoritarie, partiti estremisti e nuovi dittatori.
Può esistere ancora un filo di speranza chiamato Rivoluzione?
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Che Guevara, autoritratto, 1959. |
Un grande ringraziamento a Te Monica ,
RispondiEliminache hai voluto rendere pubblica questa importante e splendida mostra di Bologna ,
anche per chi da lontano non ha avuto la possibilità di poter essere lì presente ad onorare questo Grande Uomo rivoluzionario , che oltre di aver combattuto per la liberazione di Cuba , é stato l’ eroe che ha inspirato molte generazioni , per l’ universo ,
tanto da rimanere immortale nella ns/ memoria !
È una mostra davvero potente. A me ha lasciato tanto, e sono felice di condividerla con te, e con chi vorrà, perchè racconta la grandezza di un uomo che ha dedicato la vita a un'idea politica immensa: restituire dignità agli ultimi del mondo.
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