venerdì 19 agosto 2022

CASCATE DEL DARDAGNA E SANTUARIO DELLA MADONNA DELL'ACERO

Appennino Tosco-Emiliano - Lizzano in Belvedere
BOLOGNA 



Le suggestive Cascate del Dardagna, un imponente sistema di salti d'acqua, si trovano nella valle omonima, all’interno del Parco Regionale del Corno alle Scale e sono la meta di questa bellissima escursione.


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È un luogo di grande interesse naturalistico e paesaggistico, arricchito da uno splendido santuario molto antico. 
L'itinerario è abbracciato dal Monte La Nuda, Corno alle Scale e Monte Spigolino.

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©escursione GPS Relive 3D - ©mappatura Monica Galeotti




Arrivo da Bologna (75-80 km) percorrendo la Valle del Reno sulla Statale 64 Porrettana fino a Silla dove ha inizio, deviando a destra, la Strada Provinciale 324 che conduce a Lizzano in Belvedere (→ vedi Corno alle Scale).
Oltrepasso Vidiciatico e La Cà, infine arrivo a Madonna dell’Acero dove vi sono tre parcheggi per le auto.

Il primo lungo la strada è il più comodo, a mio avviso. 
Il secondo è quello del Centro Visita Pian d’Ivo, a 250 metri. 
Il terzo, ampio ma preso d’assalto nei giorni di massima frequentazione, è in corrispondenza del santuario. 

Parto quindi dal primo parcheggio e mi dirigo verso il santuario ma senza raggiungerlo (lo visiterò al ritorno).

Vi sono due itinerari per visitare le cascate:
1- il primo, CAI 331, ore 1,30 totali, turistico, con andata e ritorno sullo stesso percorso, dal santuario all’ultima cascata.
2- il secondo ad anello, più impegnativo, con un breve tratto piuttosto ripido, da effettuarsi in senso antiorario per ammirare all’andata il tratto più interessante con le sette cascate. 


CASCATE DEL DARDAGNA 
Percorso ad anello


Sentieri CAI 331A-333-331C-331
difficoltà: E*
Tempo: 3 ore totali
Lunghezza: 6 km
Dislivello: 379 m


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©escursione GPS Relive 3D - ©mappatura Monica Galeotti


Fra il ristorante e il santuario, sulla destra trovo l’indicazione per Casa Pasquali.
È il bivio del percorso ad anello:
A destra l’inizio del sentiero CAI 331A, a sinistra la strada del santuario sulla quale concluderò il circuito.

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Quasi subito a lato dello stradello, incontro Casa Pasquali, un basso edificio in pietra con il caratteristico camino circolare della valle del Dardagna. 

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Prosegue la mia discesa nel bosco verso il torrente Dardagna, all’ombra di aceri e faggi. 
Quasi tutti percorrono il percorso breve, qui non c'è nessuno.

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Dopo una serie di curve raggiungo il fondovalle con il suo torrente e mi immetto nel largo sentiero CAI 333 che arriva da Poggiolforato. 

Piego a sinistra percorrendo la destra idrografica del Dardagna, accompagnata da vegetazione tipica delle zone umide. 

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Ecco allora il Farfaraccio (Petasites) lungo il sentiero.
Fin dall'epoca romana questa pianta erbacea perenne fu chiamata Petasites per via delle sue grandi foglie, larghe fino e 60 cm., simili al petàsos, un cappello a grandi falde usato dai viaggiatori del tempo.

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Anche lungo le sponde del torrente, classico habitat di zona ombreggiata e umida, un bel tappeto di Farfaracci.

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Le bellissime Felci (Pteridophyta), piante antichissime con circa 11.000 specie.
Di scarsa importanza economica, vengono utilizzate principalmente come piante ornamentali.

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In vicinanza delle acque, dove i massi sono ricoperti di muschi, crescono Maggiociondoli e Salici. 

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Il torrente Dardagna nasce da due distinti rami: quello principale scende dal Corno alle Scale e quello secondario dal Monte Spigolino.
Dopo circa 15 km, nella località Rocchetta, il torrente si unisce al torrente Leo, che successivamente si immette nel fiume Panaro, che a sua volta alimenta il Po. 

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Il sentiero rimane sempre sulla riva destra in vista del torrente. 
Si allontana per superare il Rio Cavo, in corrispondenza di una briglia in pietra arenaria.
Questa briglia fu costruita negli anni '30 per ridurre la pendenza del torrente e salvare le sponde dalla rapida erosione.
Nel 1995 è stata consolidata dal Consorzio della Bonifica Burana-Leo-Scoltenna-Panaro. 

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Ecco allora alcuni strappi più decisi in salita fino a incrociare la traccia più ampia del sentiero 331, quello turistico che arriva dal santuario. 

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Una breve discesa mi porta sul ponticello del Rio Piano, le cascate sono ancora nascoste dal fitto bosco.

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Questo piccolo corso d'acqua, che attraverso sul ponticello di legno, confluisce nel Dardagna dopo essere disceso da Punta Sofia (1939m) e aver originato il Lago del Cavone.

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©Mirco Bianchi




Eccomi alla base delle cascate, con il loro ultimo salto, alto circa una quindicina di metri, un luogo suggestivo che evoca ricordi e foto vintage.

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Cascate del Dardagna 1983 - ©Mirco Bianchi





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Monica, Cascate del Dardagna 1983 - ©Mirco Bianchi





Sotto a questo salto finisce il sentiero turistico che arriva dal santuario ma, anche se è l'ultimo, si tratta del primo incontrato, 
quindi proseguo per toccare tutti gli altri sette.

 A lato, lungo un ripido sentiero, salgo sopra questo salto e mi posiziono in sicurezza in vicinanza dei grandi massi che, dall'alto, vedono le acque librarsi.

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Luogo privilegiato e isolato, ideale per il mio pic-nic immersa nella natura: crescente con mortadella acquistata al panificio di Lizzano in Belvedere. 

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Così ristorata e rinvigorita proseguo lungo il ripido sentiero.
Nel giro di pochi chilometri l’acqua, partita dai monti, supera un dislivello di oltre 250m e mi permette di guadagnare i numerosi balzi a cascata.

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Un lieto incontro: in mezzo al fogliame, perfettamente mimetizzata, la Rana Temporaria. 

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Questo ultimo tratto in salita è dotato in parte di staccionate in legno e alti gradini.

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Raggiungo il primo salto, suggestivo e bellissimo come l’ultimo alla base.
È il più alto di tutti, circa 30m.

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©Mirco Bianchi




Ancora pochi metri in salita fra le radici dei faggi.

Nei tratti più ripidi infatti il fusto dei faggi tende ad incurvarsi alla base: ciò è dovuto al peso della neve che grava alla base del tronco, al vento e alle intemperie.
Il tutto è aggravato dalla estrema povertà del substrato roccioso che, nonostante sia abbracciato dalla stretta morsa delle radici, difficilmente garantisce loro acqua e sali minerali per un'armoniosa crescita.

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Raggiungo l'apice del percorso, una larga mulattiera che, a sinistra, scende verso Madonna dell’Acero.

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Questa forestale ricalca il tracciato di un acquedotto. Supero qualche curva e un guado dove posso osservare la stratificazione delle rocce torbitidiche.

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La forestale 331C sulla quale mi trovo sulla via del ritorno, mi conduce al Santuario, mentre a sinistra rimanda alle cascate con il sentiero turistico 331.

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Infine qualche modesto saliscendi fino al retro del Santuario.
Nel tratto finale, lungo il largo e bel sentiero che attraversa la zona boscata dell'Abete bianco, vi sono numerosi scarabei stercorari. 

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Raggiungo il bellissimo Santuario, chiamato di Madonna dell'Acero per via della leggenda, diffusasi intorno al 1500, della Madonna apparsa ad un giovane pastore nei pressi di un grande acero, sul quale era stata posta un’immagine sacra.

L'acero oggi purtroppo è alterato dall’attacco di funghi lignicoli e da interventi di dendrochirurgia, tanto da rendersi necessaria un'intelaiatura per sorreggere gli ultimi rami rimasti, come si può vedere nella foto.

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Il santuario ha una struttura molto semplice.
Attorno alla pianta venne edificata una prima cappella, in seguito ampliata fino a diventare la vera e propria chiesa che vediamo oggi. 

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Al suo interno vi sono numerosi ex voto, fra i quali spicca quello di Brunetto Brunori, comandante delle milizie pisane, per essere scampato alla morte nonostante una lancia lo avesse trapassato da parte a parte, colpito dalle truppe di Maramaldo durante la Battaglia di Gavinana, il 3 agosto 1530.
Giunto al santuario dell'Acero con la moglie Lupa e i figli Leonetto e Nunziata, volle dedicare alla Vergine le statue raffiguranti se stesso e la propria famiglia.

Il gruppo ligneo oggi ci offre un raro esempio di arte popolare cinquecentesca.

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Ritorno infine a Pian d’Ivo e approfitto per reperire materiale e informazioni sul territorio del parco all’interno del Centro Visita, un edificio a due piani.

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Al piano terra vi sono alcune vetrine con minerali e rocce presenti nel territorio.

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Al piano superiore animali imbalsamati con pannelli illustrativi.

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Percorrere il sentiero delle cascate è stato come entrare in una fiaba, sempre all'ombra del bosco, senza mai soffrire il caldo di questi mesi estivi.
Non mi sono dimenticata però di avere preparazione adeguata e scarpe da escursione: è un ambiente montano.

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©Mirco Bianchi






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Note:
- l'itinerario qui descritto è stato percorso personalmente il 10 agosto 2022, consultando preventivamente le previsioni meteo, prestando attenzione all'evoluzione del tempo nella stessa giornata.

*per i livelli di classificazione delle difficoltà nell'escursionismo vedi ↦ Dolomiti presentazione


Bibliografia:

-Andrea Serra e Laura dell'Aquila, "Escursione alle Cascate del Dardagna", guida della Comunità Montana dell'Appennino Bolognese n.1, Vergato (BO), 1993.


Sitografia: