venerdì 24 giugno 2022

CAPRAIA - ITINERARIO PUNTA DELLA TEGLIA

 ARCIPELAGO TOSCANO



Con i 3 percorsi disegnati dal CAI sono riuscita a percorrere l’intera isola cercando di coglierne gli aspetti più importanti:
nonostante i pochi alberi e la monotonia della bassa vegetazione, che caratterizza l’isola, vi sono fiori meravigliosi.


Le rocce di origine vulcanica, uniche in tutto l’arcipelago toscano, scure e aspre, sono frequentate dal bianco gabbiano.
Può capitare di incontrare il muflone.


Questo primo itinerario entra inizialmente nella vasta area dell’ex Colonia Penale Agricola, e si dirige verso l’estremità nord dell’isola: Punta della Teglia con la sua Torre delle Barbici, detta anche Torre della Regina.

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IL PERCORSO
Andata e ritorno sullo stesso sentiero.
Sentieri CAI 402-412-408
Difficoltà:E
Tempo di percorrenza: 5 ore totali
Lunghezza: 12 km
Dislivello: 380 metri

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©escursione GPS Relive 3D - ©mappatura Monica Galeotti


È il percorso più breve dei 3 presenti sull'isola.

Dal paese scendo verso il porto e scruto dall’alto le barche ormeggiate, le case tutte intorno e la trasparenza dell’acqua.

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Devo raggiungere la chiesetta della Madonna del Porto, dalla quale ha inizio il sentiero 402, che corrisponde alla strada del carcere.

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La chiesa fu eretta nell’XI-XII secolo dai pisani sulle rovine di una villa marittima romana, ma ha subìto danneggiamenti nel corso dei secoli.

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Luogo di devozione dei pescatori e marinai dell’isola, al suo interno si trova una statua della Madonna del XIX secolo che viene portata in mare la sera di Ferragosto per benedire l’isola.

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Inizio a risalire la strada asfaltata che attraverserà tutta l’area dell’ex Colonia Penale, chiamata Strada Cornero, dal nome del prefetto di Livorno Giuseppe Cornero, che visitò per primo la colonia penale.

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La chiesetta è ormai alle spalle e l’insenatura del porto ben visibile nel suo insieme.

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Ai lati della strada intorno ai massi, ovunque cespugli di Camedrio (Teucrium chamaedrys).
È una piccola pianta arbustiva, perenne e legnosa alla base, classica mediterranea.

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Tutta la pianta è amara e aromatica con un odore sgradevole.
Per la sua parte aromatica veniva molto usata per la preparazione di liquori digestivi a fondo amaro o nell’industria del vermouth.
Oggi non è più utilizzata per via di una riconosciuta tossicità di alcuni suoi componenti che possono provocare epatiti di vario tipo.

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Oltrepasso l'arco di ingresso al carcere.

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La Colonia Penale di Capraia fu istituita presso la Regia Prefettura di Genova il 1° agosto 1873.
Nel giro di pochi anni la Colonia andò arricchendosi di edifici e terreni destinati a varie coltivazioni.

Si andarono a costituire due grossi complessi: 
1- in paese la "Centrale" (già vista nell'ex convento e chiesa sconsacrata di Sant'Antonio da Padova), con la direzione del carcere e tutti gli uffici amministrativi.
2- il "tenimento Agricolo" strutturato in 5 distaccamenti denominati Diramazioni.

Ogni diramazione aveva il fabbricato destinato ai reclusi e quello destinato agli agenti di custodia, entrambi con dormitori e mensa.

Fra le varie Diramazioni non esistevano confini (muri o steccati) ma limiti simbolici entro i quali i detenuti potevano muoversi liberamente.
Questi limiti avevano una tolleranza di massimo 50 metri.

Le 5 Diramazioni erano:
1- Porto
2- L'Aghiale
3- Porto Vecchio
4- L'Ovile
5- La Mortola


1- Diramazione Porto

 Qui alloggiavano il Corpo di Guardia per la vigilanza del Porto e i detenuti addetti alla pesca.
Un ampio locale serviva per la lavorazione delle acciughe e delle sardine; per questo la struttura veniva anche chiamata La Salata.

L'edificio si trova al porto, oggi è stato restaurato con i fondi del Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano e ospita la Guardia Costiera e il Centro di Educazione Ambientale "La Salata".

©sito visitcapraia




Prodotto in scatola della "Salata".

©sito visitcapraia





Giro lo sguardo, il paese appare già lontano.

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2- Diramazione Aghiale

L'Aghiale deriva da aia, luogo dove si svolgevano lavori agricoli come la battitura di cereali.
Vi alloggiavano detenuti che lavoravano alle stalle, al bestiame, alla cava di pietra per le opere a secco e servizi domestici.
Vi era anche una sala di proiezione, la cappella e un campo da calcio.

Nella foto la piazzetta dell'Aghiale:
a destra l'edificio che ospitava i detenuti, a sinistra una piccola costruzione, probabilmente lo spaccio del carcere, mensa e barbiere.

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La Diramazione Aghiale nel 1940.

©visitcapraia



La chiesetta della quale resta ben poco.

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Subito sopra un castelletto diroccato, il Castelletto del Direttore.

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Per un certo periodo il castelletto ha ospitato la scuola del carcere.

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Il castelletto con l'orto del Direttore.

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Dall'Aghiale il panorama è questo.

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3- Diramazione Porto Vecchio

La strada 412 scende verso l’agriturismo Valle di Porto Vecchio, con annessa azienda agricola biologica.
Questo agriturismo è il risultato di ristrutturazione e recupero dell’ex pollaio del carcere.

Raggiungo quindi la deviazione per Punta della Teglia, dove inizia il sentiero 412.
Il 402 prosegue verso le ex Diramazioni carcerarie Ovile e Mortola.

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Altri edifici-ruderi più avanti sono quelli che ospitavano, oltre ai detenuti adibiti ai lavori agricoli, quelli adetti a lavori industriali della Centrale.
Insieme al pollaio costituivano la Diramazione Porto Vecchio, che si affaccia sull'omonima Cala.

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 Dalla terrazza panoramica dei ruderi osservo la Cala dall'alto. 

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Originariamente era il primo punto di attracco delle navi che portavano i detenuti nella Colonia.
Un sentiero lastricato scendeva fin quasi al mare.
Ecco perchè si chiama Porto Vecchio.

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Raggiungo gli ultimi ruderi di questa diramazione ed è qui che inizia il percorso naturalistico di Punta Teglia.

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 Trovo quasi subito il sentiero 412A che in discesa porta alla Cala di Portovecchio (lo farò al ritorno).

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4- Diramazione Ovile

Un piccolo edificio dal colore rosa si trova in cima alla Valle di Porto Vecchio: era il caseificio della Diramazione Ovile, recuperato insieme al terreno; con le sue coltivazioni di ulivi e capperi, posti sull'intera valle, è diventato centro agricolo.

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5- Diramazione Mortola

È la più lontana e non l'ho raggiunta perchè troppo distante dal sentiero.
Era adibita a lavori agricoli e pastorizia e abbandonata in seguito all'amnistia degli anni '60 che ridusse il numero dei detenuti.
Non fu più riattivata, sia per la lontananza che per gli enormi costi di ripristino.
Il suo nome deriva da Mortula ovvero Mirto, in quanto la zona ne è ricca.


Risalgo il fosso e la valle di Porto Vecchio (nella foto il sentiero a zig zag è ben visibile) e raggiungo il crinale di Monte Capo.

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Trovo un incrocio di sentieri:
il sentiero 412 che sto percorrendo prosegue
a destra per il Semaforo di Monte Capo,
a sinistra la scorciatoia per La Mortola e,
diritto per Punta della Teglia, il sentiero che diventa 408.

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Proseguo attraversando la macchia mediterranea dell’isola.
Il saliscendi è continuo ma non impegnativo.

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Improvvisamente un piccolo muflone si butta sulla mia strada, cerco di fotografarlo, ma lui è mooolto più veloce e lo ritraggo ormai lontano.

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Il sentiero prosegue bellissimo e una piccola radura mi permette di mangiare all'ombra.

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Il sentiero è in costa, alto sul mare e subisco il fascino del blu.
Sarà forse quello che chiamano blu oltremare?

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No, "Oltremare" era l'Oriente in epoca medievale, ma piace pensare che questo termine appartenga all'acqua del mare.

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E sullo sfondo di questo blu "oltremare" ecco apparire
TORRE DELLE BARBICI
 a Punta Teglia.
Viene chiamata anche Torre della Regina, ma senza alcun fondamento storico.

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Una colonia di gabbiani sistemati su queste rocce la fa da padrone.

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Foto di rito, a testimoniare l'arrivo alla meta.
La torre fu costruita dai genovesi nel 1699 per controllare le incursioni corsare.
Tramite segnali di fumo era in contatto con tutte le altre torri dell'isola.

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©foto Claudia Guernelli




È l'unica dell'isola ad avere base quadrata; purtroppo il suo aspetto oggi è diroccato perchè non è mai stata restaurata.

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I pendii della costa sono a picco sul mare e trovo fiori meravigliosi.

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L'elicriso (Helichrysum italicum)
Pianta perenne, cespugliosa, dai fiori giallo-oro e dal profumo intenso.
Vegeta in luoghi rocciosi e suoli poco evoluti.

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L'Erba Franca Legnosa (Frankenia pulverulenta)
Specie erbacea perenne, con una base ad ampio cuscinetto composto da un intrico di numerosi rami legnosi.
In Italia è diffusa lungo tutta la costa tirrenica, oltre che in Puglia e nelle isole.
Cresce in terreni sabbiosi umidi in ambiente subsalino.

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L'Asfodelo (Asphodelus)
È il fiore simbolo dell'isola.
Lo trovo ormai sfiorito a maggio; fioriscono per tutto marzo e metà aprile.
I caprini si cibano delle sue foglie, sia fresche che secche.

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Inoltre sono ghiotti dei frutti secchi. Il seme viene espulso ancora attivo con le deiezioni e per questo l'asfodelo si propaga in tutta l'isola.

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Il ritorno è sulla stessa via dell’andata e decido di scendere alla Cala di Porto Vecchio.

Solo andata:
Tempo di percorrenza: 20 minuti.
Lunghezza: 700 metri.

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©escursione GPS Relive 3D - ©mappatura Monica Galeotti




 Lungo il sentiero trovo la
 Viperina Piantaginea (Echium plantagineum).
A fine '800 fu introdotta accidentalmente in Australia, dove è diventata una pianta infestante, molto difficile da controllare.
È velenosa per gli animali da pascolo, tanto che un eccessivo consumo può condurre l'animale alla morte.

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Al largo di questa cala, in mare aperto, si notano grandi cerchi nell’acqua: è un impianto di otto gabbie galleggianti su una profondità di oltre 40 metri, per allevamento di orate e spigole, progetto di sperimentazione regionale nato nel 1998.
La filiera ha un certificato BIO perchè "libera da uso di antibiotici"; inoltre dista 36 miglia dalla costa toscana in un'isola senza alcun insediamento industriale.

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L’accesso al mare è scomodo, con massi di diverse dimensioni.

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Nell’acqua trovo un grande quantitativo di posidonia che, altrettanto numerosa, si deposita in mezzo ai sassi del bagnasciuga.
Potrebbe sembrare un’alga in realtà è una pianta acquatica, endemica del Mar Mediterraneo, e forma delle praterie sottomarine che hanno una notevole importanza ecologica, proteggendo la costa dall’erosione.
Inoltre è un buon indicatore della qualità dell’acqua del mare.

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Risalgo al sentiero che ho lasciato e proseguo sulla via del ritorno per tornare al punto di partenza.

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Se fino ad oggi l'isola si è così conservata è dovuto anche al fatto che per un secolo è esistito il carcere, gli investitori non sono mai arrivati, l'ambiente è rimasto incontaminato.

L’area occupata dall’ex carcere è veramente grande, con diversi edifici: è auspicabile si possano recuperare.








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Note: 
- questo percorso è stato effettuato il 23 maggio 2022.
- consiglio pedule da escursionismo, abbondante acqua, crema solare, cappellino.
- carta topografica 4LAND 201 Capraia (ufficiale parco) scaricata gratuitamente con → applicazione Avenza Maps

⃰Per i livelli di difficoltà nell'escursionismo vedi → Dolomiti presentazione


Bibliografia:
- cartellonistica in loco, Diramazione Porto Vecchio.


Sitografia: