lunedì 26 aprile 2021

GOLENA SAN VITALE

via Lame, Trebbo di Reno 
Via Aldina, Lippo di Calderara di Reno



L’area della Golena San Vitale, circa 30 ettari, è un'Area di Riequilibrio Ecologico. 


La tutela è iniziata negli anni novanta del secolo scorso, mentre l'approvazione del regolamento per la gestione da parte dei Comuni di Castel Maggiore (Trebbo di Reno), Calderara e Bologna è avvenuta nel 2016.


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L'obiettivo è il mantenimento, o il ripristino, dell'habitat naturale, nel quale possano vivere animali e piante a cui il sito è dedicato.

Si inserisce nella Macroarea per i Parchi e la Biodiversità dell'Emilia Orientale ed è Sito di Importanza Comunitaria (SIC).

All’interno si trovano un bosco di pianura e alcuni laghetti formati da cave abbandonate. 



COSA È LA GOLENA

La golena è uno spazio compreso fra un corso d’acqua e il suo argine.

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Saltuariamente può ricevere le acque del fiume svolgendo così una importante funzione di emergenza idraulica, per diluire la piena, salvo prosciugarsi gradualmente nei mesi estivi. 

Data la facilità con la quale l’area può essere sommersa dal proprio corso d’acqua, viene definita zona umida, dove si formano boschi igrofili e trovano rifugio animali tipici delle acque stagnanti. 



DOVE DI TROVA LA GOLENA SAN VITALE

Si trova fra l’abitato di Trebbo di Reno e il Lippo di Calderara di Reno.
L’area, a nord dell’autostrada, si estende verso valle oltre il ponte della ferrovia, fino a una strada di cava che attraversa il fiume. 

©google maps - ©Monica Galeotti mapping






Le golene si formano quando i fiumi arrivano in pianura, perché perdono velocità e depositano grandi quantità di ghiaia e sabbia.

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Per via di questi depositi nell’area si è effettuata un’attività estrattiva negli anni '70, poi abbandonata. 



L’ITINERARIO

©Comune Calderara di Reno




Parto da Trebbo di Reno e, per raggiungere l'entrata dell'area protetta, percorro la strada pedonale della cava.

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 Scavalco il ponte dei tubi, sul Reno.
A breve sarò all'entrata della golena, mentre oltrepasso l'uscita del sentiero interno ad anello.

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Qui la terra è argillosa.

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Il Fiume Reno.

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A breve incontro a sinistra la segnaletica per entrare nella golena.

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L’area è protetta e l’accesso può avvenire soltanto restando sul percorso di visita, un piccolo sentiero ben visibile, che permette di osservare, senza disturbare gli animali e danneggiare le piante.
Per questo è vietato introdurre cani e fare chiasso.
Bici e cavalli solo ai piedi dell'argine.
Per gruppi di oltre 10 persone è necessario chiedere l'autorizzazione.

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GLI STAGNI DOVUTI AGLI SCAVI

Le depressioni del terreno sono state originate da scavi per il prelievo di sabbia e ghiaia negli anni 1970-71.
Si allagano in occasione delle piene del fiume e le acque stagnanti possono essere oligotrofe, cioè povere di componenti nutrizionali, o mesotrofe, cioè una via di mezzo fra povertà e ricchezza di nutrienti.

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IL BOSCO

I boschi di golena e di pianura sono diventati molto rari e uno degli ultimi rimasti sul fiume Reno è presente all'interno della Golena San vitale.

Prevale la "foresta a galleria", con salice bianco, il più resistente alla forza delle piene del fiume, pioppo bianco, frassino meridionale e farnia, lasciati crescere in libera evoluzione da oltre 50 anni. 

Siamo in aprile e nella foto si può vedere il sottobosco coperto da pappi (i cosiddetti piumini), che rendono il luogo quasi fiabesco.
Niente paura, i pappi non sono responsabili dell'allergia che colpisce tante persone in primavera, l'inesattezza deriva dal fatto che nello stesso periodo fioriscono le graminacee.

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Da quando l’attività estrattiva è terminata gli alberelli spontanei sono cresciuti liberi e oggi sono andati a formare un bosco ad alto fusto. 

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Le aree di prato costituiscono una corona che circonda l’intero sito e ricopre gli argini.

Proseguo sul sentiero verso sud: a destra prati o coltivi e a sinistra i margini del bosco. 

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FIORI 🌼 

Lungo il percorso le fioriture primaverili:
 il ranuncolo.

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 Questo fiore semplice, comune e bellissimo, ha uno smagliante colore giallo e la corolla a cinque petali. 

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Il significato del suo nome, passando per il latino Ranunculus, significa "rana", a confermare la predilezione di questa pianta per le zone umide, ombrose e paludose, habitat naturale degli anfibi.
Fiorisce da marzo a settembre. 

Contiene una sostanza tossica, l’anemonina, che può provocare vesciche sulla pelle, mentre gli erbivori brucano le foglie solo dopo essiccazione , cioè erba diventata fieno, quando le sostanze più pericolose sono evaporate. 

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Il Miagro rostellato (Calepina irregularis).
Cresce su suoli sabbiosi o limosi-argillosi, come quello in cui mi trovo.
Apparentemente insignificante, anche perchè molto comune nei campi, la pianta produce piccoli fiori bianchi, che ho trovato bellissimi.
"Irregularis" perchè i quattro petali hanno dimensioni diverse; alla base possiede foglie dentellate, come quelle del Tarassaco, radicchio selvatico.
Allo stesso modo le sue foglie sono commestibili: quelle grandi cotte come gli spinaci, mentre le piccole e centrali in misticanza.

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PUNTI DI OSSERVAZIONE

Vi sono tre punti schermati, dove osservare in rigoroso silenzio (vedi mappa dell'itinerario). 

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METANODOTTO/ PONTE FERROVIARIO 

In coincidenza con il metanodotto e il ponte ferroviario termina il primo lato della Golena San Vitale e proseguo a sinistra per completare il percorso ad anello. 

Proseguendo diritto invece, oltre il ponte, si entra nella Golena del Lippo (circa 40 ha), che non è area di riequilibrio ecologico e vi si trovano alcuni orti comunali. 

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Trovo il terzo punto d'osservazione e il giunco di palude.

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L'ultimo tratto di sentiero costeggia il fiume Reno portandomi al punto di uscita, nei pressi del Ponte dei Tubi visto in precedenza.

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La Golena San Vitale viene gestita fra i Comuni di Calderara di Reno, Bologna, Castel Maggiore, e il locale gruppo del WWF che si occupa della manutenzione ordinaria, falcio della vegetazione, rimozione dei rifiuti solidi trasportati dal fiume e manutenzione delle strutture per l’accesso e la visita.


Nel 2021 prenderanno il via interventi significativi con l’introduzione di nuove specie e una ristrutturazione dell'area con nuovi percorsi e un’area didattica. 


Pieghevole Golena San Vitale



Parchi e Giardini bolognesi


Cerca Bologna


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Sitografia:

-Golena San Vitale/quadro conoscitivo pdf



sabato 17 aprile 2021

GRIDALO

ROBERTO SAVIANO


 La programmazione di un viaggio e il libro di Roberto Saviano "Gridalo". 


saviano-gridalo-FOTO-Monica-Galeotti



È un libro di denuncia, come sempre si presentano i libri, gli articoli e i racconti di Saviano. 
Qui ve ne sono molte di denunce, non c’è solo la camorra, vi sono vicende di oggi e di ieri, anche di un passato molto remoto, quello medievale.
Il risultato non cambia, l’uomo è sempre lo stesso, l’ingiustizia esiste dai tempi dei tempi. 
Saviano non si limita ad indagare e a raccontare, invita ad aprire gli occhi e a denunciare a nostra volta l’ingiustizia che stiamo subendo o che subiscono altri, in una sola parola: Gridalo.
Nelle pagine si nasconde anche una richiesta di aiuto, un desiderio di supporto, di sostegno.

Nelle pagine del blog racconto la mia città, Bologna, insieme ad itinerari di viaggio in Italia e in Europa. 
A volte, confrontandomi con altre persone, trovo fastidioso il racconto di un’ideale di viaggio o di visita ad una città che consiste nell'arrivare e perdersi, nelle strade, in mezzo alla gente, per cercare di capire il luogo in cui ci si trova.
Per me si tratta di un punto di arrivo, non di partenza. Mi spiego meglio. 

Ho trovato nelle pagine di Saviano una considerazione riguardo il viaggio della verità, della denuncia e della giustizia.

Dice Saviano: "Se entri in un bosco con la cartina dei sentieri in mano, non è che il cammino diventa predeterminato. La cartina non ti salva dalla fatica di attraversare il guado, non ti ripara dalla sterpaglia fitta, che dovrai spesso strappare, e soprattutto nessuna cartina ti impedisce di perderti lungo il cammino; forse te lo rende più sicuro, mostrandoti dove stai andando: certamente ti evita di sprecare tempo a percorrere strade che non conducono da nessuna parte."¹

Saviano ci vuole consegnare questa mappa, frutto della sua esperienza, perché se decidiamo di intraprendere una denuncia, se pensiamo di avere subíto un'ingiustizia, con la carta in mano potremmo vedere in anticipo il luogo dell'imboscata, perché le insidie sono sempre dietro l’angolo.

E in questo senso il libro è un'ottima mappa, punto di partenza.

Per una associazione di idee ho collegato questa considerazione ai miei viaggi.
Programmare un viaggio nei minimi dettagli, non vuole dire non essere capaci di abbandonarsi ad un luogo, non essere capaci di "perdersi", critica che arriva spesso da una visione superficiale, una visione turistica, sprovveduta.
Significa, al contrario, come dice Saviano, non perdere tempo.
Le mappe, la programmazione, ti orientano, sono indispensabili.
Puoi perderti a partire da quelle mappe, da quella programmazione.
Conoscere, capire prima, poi decidere eventualmente, se si ha voglia, di percorrere strade senza itinerari prefissati.
La programmazione di un viaggio, il suo itinerario, la visita ad un palazzo, ad un museo, è imprescindibile.

E infine: "Su ogni strada che percorrerai, sentirai sempre correrne sotto un’altra, quella della città parallela. Un’altra storia che non puoi ignorare perché è più reale di quell’altra."²


La storia! 
In questo caso il collegamento è:
descrivere un itinerario, un edificio, una strada.
Poi accompagnare le immagini al racconto, e diventa un secondo racconto che si sovrappone.
Infine, se è il caso, i segreti nascosti, un'altra storia ancora. 





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¹Roberto Saviano, "Gridalo", ed.Bompiani-Giunti Overlook, 2020, p.11-12.
²p.216.

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 ©testo del libro virgolettato con diritto di citazione






domenica 11 aprile 2021

VILLA MALVASIA (O VILLA CLARA)

 via Zanardi, 449 - BOLOGNA
(un tempo via Lame, 581, Trebbo di Reno)

ultimo aggiornamento 9 dicembre 2023

Questo edificio trasformato in villa a metà del '600 è appartenuto al Conte Malvasia, abbellito con bellissimi affreschi, con paesaggi e scene di genere, circondato da imponenti mura merlate.


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DOVE SI TROVA 

Un tempo era via delle Lame, storicamente in territorio di Trebbo di Reno, oggi invece si trova in territorio del Comune di Bologna, così l'indirizzo è cambiato in via Zanardi numero 449. 
Dista dalle mura di Bologna 4,6 km.

©google earth - ©Monica Galeotti mapping



CARLO CESARE MALVASIA

La villa fu ampliata dal Conte Carlo Cesare Malvasia (1616-1693), storico dell’arte, autore del volume "Felsina pittrice"(1678), una raccolta di biografie di artisti emiliani e romagnoli e della guida artistica di Bologna nel '600 "Pitture di Bologna" (1686).

Si interessa anche alla Pietra di Bologna, conosciuta come l'enigma Aelia Laelia Crispis, tanto da scriverne un libro in latino nel 1683:
 nel quale propone lo scioglimento del mistero di questa lapide funeraria del '500.
Oggi la Pietra è conservata al Museo Civico Medievale di Bologna.

Di nobile famiglia bolognese, nella sua vita fu docente di giurisprudenza all’Università di Bologna, licenziato in teologia (quindi anche canonico) e poeta dilettante.
Frequentò numerosi circoli letterari del tempo, questo gli permise di conoscere mecenati, collezionisti d’arte e scultori. 

Carlo Cesare Malvasia
©Università di Bologna Archivio Storico




LA STORIA 

Villa Malvasia era detta anche Casino Malvasia al Trebbo. 
Si trattava di una residenza signorile rustica. 
Le classi agiate erano attratte dalla villeggiatura in campagna e, di conseguenza, si costruivano il cosiddetto "casino di campagna" dove il proprietario e la sua famiglia risiedevano per parte dell’anno, come ad esempio lo furono Villa Aldrovandi-Mazzacorati e Villa Spada. 


La modesta costruzione iniziale esisteva già dal 1585, lo testimonia lo stemma del pontefice Gregorio XIII posto sopra il camino nella sala principale.
Era in uso difatti datare la costruzione con riferimento al Papa vivente.

Copyright © 2019 villamalvasia.net
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GLI ESTERNI

È protetta da grandi mura merlate. 

Villa-Malvasia-bologna




Presenta un piano terra e un piano nobile.
Il Malvasia intervenne sull'edificio realizzando una bella villa di campagna, con il corpo centrale intervallato da lesene binate, con un'apertura centrale.

Villa-Malvasia-bologna




L'ampliamento si basava sui criteri dei "casini da caccia", che nel secondo '500 avevano come modello Villa Malvezzi a Bagnarola di Budrio.

Villa-Malvezzi-budrio-FOTO-Francesco-Ceccarelli
Villa Malvezzi, Budrio - ©Francesco Ceccarelli


 
 
Per l'epoca in cui fu costruita, la villa era all'avanguardia: dal camino, sotto il pavimento, partivano condotte d'aria calda per riscaldare le stanze del piano terra.
Purtroppo alcuni teppistelli, coloro che senza alcuna motivazione devastano beni altrui, o forse in virtù di qualche tesoro nascosto, hanno strappato e aperto la pavimentazione in legno.

Villa-Malvasia-bologna




GLI INTERNI 

La villa è di proprietà privata e purtroppo si trova in stato di decadenza e abbandono, con pericolo di crolli, nonostante in tempi recenti ne abbiano curato la stabilizzazione.

Villa-Malvasia-bologna



 
Non è possibile accedere all’interno, allego alcune foto che testimoniano la bellezza della pittura del Seicento bolognese. 

Le decorazioni si trovano unicamente al piano terreno, dove il Malvasia ospitava amici e studiosi. 
Le sale sono decorate da Girolamo Curti detto il Dentone (caposcuola del quadraturismo bolognese), inoltre da Valesio, Togni, Franceschino Carracci e Angelo Michele Colonna. 

Presentano grandi fregi a fascia che corrono lungo la parte superiore delle pareti, le volte e i soffitti lignei.

Copyright © 2019 villamalvasia.net
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Sono giochi scenografici e rappresentazioni allegoriche: paesaggi e personaggi, con ricorrenti figure di angeli. 

Copyright © 2019 villamalvasia.net
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L’elemento figurato si trova all’interno di una intelaiatura prospettica, diventando in questo caso subordinato alla sua cornice. 

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Questa tecnica di architettura pittorica è chiamata "tecnica della quadratura" o "quadraturismo", che da Bologna si è poi imposta in tutta Europa. 
Un esperimento che a Villa Malvasia si afferma come un unicum molto importante perchè testimonia la prima ricerca di questo stile pittorico che dal '600 in poi si ritroverà in molte ville bolognesi.

Copyright © 2019 villamalvasia.net
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LA CRONOLOGIA DELLE PROPRIETÀ

Dopo la proprietà del Malvasia, la villa ha avuto diverse destinazioni.

Nell’ordine:

1692- il Malvasia lascia in eredità la villa all’Arciconfraternita della Vita. 

'700 e '800- non si conoscono le vicende durante questi due secoli. 

1905- appartenne al Cavalier Ferdinando Bonora, che vi appose numerosi miglioramenti.

1917- alla morte del cavaliere fu ereditata dalla figlia Zaida Bonora in Francia. 

La villa agli inizi del 1900.

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©foto Monica Galeotti dal libro "Castel Maggiore com'era... e com'è"
di L. Cremonini


-in seguito venduta passò in mano a vari speculatori che misero a repentaglio la sua conservazione, adibendo la loggia d’ingresso a rimessa di carri da trasporto. 

1928- fu acquistata da Clara Mazzetti, che arredò le sale del pianterreno. 
A questa signora si deve il nuovo nome che popolarmente oggi si dà all’edificio: Villa Clara. 

1954- diviene proprietà dell’ingegnere Alessandro Alessandri, che la eredita dalla madre Lea Meriggiari, insieme ad altri 127 immobili. 
Cominciano così gli anni del declino della villa, perché sebbene Alessandri se ne interessasse, non poté fare interventi di restauro, o forse non ne aveva attitudine e abilità. 
Era persona tollerante e dall’animo nobile: affittava molti suoi appartamenti a casi sociali, con affitti irrisori, ricevendo spesso in cambio parecchi abusi. 

Era anche proprietario del vasto terreno della Pila del Riso situata al Battiferro sul Canale Navile. 

Chi ha avuto modo di conoscerlo lo descrive come uomo molto colto, onesto e caritatevole, capace di vivere con poco pur avendo molto. 
Amante degli animali, per loro fece cose estreme: in un suo appartamento sfitto trovò alcuni piccioni; per non mandarli via rinunciò ad affittarlo.
In un altro appartamento in via Gobetti erano entrate alcune api 🐝. Anche qui rinunciò ad affittarlo, mentre dopo qualche tempo si scoprì che in quella stanza si erano riprodotte perchè ne comparivano molte nei pressi. 

Una bella testimonianza su chi fosse Alessandri arriva dal blog "Toni e Semitoni", di Marco Conti, che abitava in una delle sue case.
Scopro che Alessandri viveva con una governante in una abitazione mal tenuta in via Barberia, e il bel racconto che ne segue conferma tutto ciò che fin qui si è detto (per leggerlo vai a piè di pagina)❋ . 

Negli anni '50 per cifre irrisorie l’edificio è stato affittato a sfollati dell’ultima guerra, tre o quattro unità abitative, create con tramezzature abusive, che avevano il bagno e il forno in comune. 
Queste famiglie negli anni '70 si sono trasferite nei dintorni. 

Diversi compratori in seguito si fecero avanti per acquistare la villa, specialmente un antiquario pronto a sborsare un’enormità. 
Ma Alessandri non la volle mai vendere perché gli ricordava la madre alla quale era attaccatissimo. 

La villa restò disabitata e andò ancora di più in rovina, perché non si provvedeva ai lavori di restauro. 
Oltre a questo andava via via alimentandosi una leggenda metropolitana. 


LA LEGGENDA DI CLARA

È una leggenda metropolitana o se si preferisce leggenda contemporanea.
Narra della villa abitata a inizio del '900 da tre persone, padre madre e figlioletta di nome Clara dotata di chiaroveggenza. 
Il padre, esasperato dal paranormale, decide di murare viva la figlioletta in una stanza della casa e, divenuta fantasma, i suoi lamenti avrebbero continuato ad essere uditi. 

Purtroppo questa leggenda ha fatto sì che fosse teatro di visite notturne, di adolescenti ed adulti, con tanto di motorino al seguito lasciato all’entrata, influenzati dal soprannaturale. Non solo: anche messe nere e cerimonie di vario genere. 

Alessandri, venuto a conoscenza di questi fatti, si recava spesso di sera munito di torcia per cercare di evitare che i giovani entrati clandestinamente si facessero male. 
Durante questi controlli fu minacciato da ragazzi muniti di mazze da baseball, un pò alticci e pronti a spaccare tutto ciò che trovavano. Una sera fu anche picchiato e derubato del portafoglio e dei documenti. 

Nella zona di fronte alla villa, verso l’argine del Reno, per tanti anni, di giorno e di notte c’è stato un giro di prostituzione maschile. 


Oltre agli atti vandalici (muri esterni ed interni riempiti con scritte e disegni), avvenivano ruberie di arredi esterni in ferro battuto e persino un camino. 
Il parroco Don Gianni Sandri della parrocchia di Trebbo di Reno (carica 1956-1999), si adoperò al cospetto di Alessandri affinché si salvasse il salvabile. 
Tutto ciò che si poteva fu portato nella Chiesa di Trebbo: un altare, suppellettili e un quadro con immagini religiose.



Da un articolo del resto del Carlino del 2009 si dice che Alessandro Alessandri fosse "un uomo profondamente religioso e tormentato dai sensi di colpa per un amore di gioventù, forse osteggiato dalla famiglia."


Nel 2004 alla morte di Alessandri, la villa viene ereditata dalla signora Maria Vittoria Bossi, che scopre solo all’apertura del testamento di essere la figlia di Alessandri e di quel suo perduto amore. 

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Si deve a lei e al figlio Zeno Sbardella il tentativo di salvare Villa Malvasia. 
Sognavano di farne un centro per ricevimenti e matrimoni, i lavori di restauro si erano avviati con il rifacimento del tetto e la "velinatura" (copertura con carta giapponese) dei 400 m. di affreschi che decorano le sale interne. 
Poi i lavori si sono bruscamente interrotti. 

In ogni caso, per porre rimedio alle incursioni non autorizzate che ancora oggi infastidiscono e tormentano, la proprietà ha recintato la villa e posto una videosorveglianza. 

Scrive Rosanna Bonafede nel suo libro "Storie dell’Argine": "Le maestranze che hanno lavorato alla più recente ristrutturazione, anche fino a mezzanotte, affermano di non avere mai avuto incontri particolari né hanno trovato resti di sepolture o nicchie nelle quali possa essere stata murata una persona. 

Anzi, il carpentiere Sandro Canè ha affermato che entrando nella casa ha avvertito ogni volta una sorta di percezione positiva e tranquillizzante, che attribuisce al buon ingegnere Alessandri e al suo amore per queste mura."

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Bibliografia:
-Rosanna Bonafede Gardini, "Storie dell'Argine",  Città di Castel Maggiore, 2010, pag. 63/68.
-G. Cuppini e A.M.Matteucci, "Ville del bolognese", ed. Zanichelli, Bologna.
-Lorenzino Cremonini, "Castel Maggiore com'era... e com'è", Alinea Editrice, 1988.


Sitografia: