martedì 28 novembre 2023

CORPUS DOMINI

via Tagliapietre, 19 - BOLOGNA 


Il Corpus Domini, noto anche come Chiesa della Santa, è un ex complesso claustrale fondato il 22 luglio 1456 da Caterina de’ Vigri, il primo monastero di Clarisse nella città.
Oltre al corpo di Caterina vi sono le tombe di Luigi Galvani e Laura Bassi.


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Si trova in via Tagliapietre, nome che deriva dalla presenza di botteghe di scalpellini che però si trovavano nella adiacente via San Procolo, 
e situato nel vastissimo quadrilatero, ex convento, fra le vie Castelfidardo, Bocca di Lupo, Urbana e Tagliapietre e incorporato nella caserma Cialdini (via Urbana, 8).

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©google earth ©didascalie Monica Galeotti



LA STORIA DELL'EDIFICIO

La chiesa e il monastero derivano dal convento più antico di San Cristoforo delle Muratelle.
Nel 1456, Caterina ne ottenne l'uso da parte del cardinale Bessarione e successivamente arricchì ed ampliò il complesso.
Nonostante i danni durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, chiesa e convento furono ricostruiti fedelmente al modello originale.


IN ORDINE CRONOLOGICO

Caterina de' Vigri fu badessa del monastero del Corpus Domini per sette anni fino alla sua morte, avvenuta il 9 marzo 1463.

Tra il 1477-80, i maestri muratori Niccolò di Marchionne da Firenze e Francesco Fucci di Dozza costruirono la Chiesa della Santa.

I due gruppi di statue in cotto che adornano il muro di cinta, negli angoli fra le vie Tagliapietre/Urbana, e le vie Tagliapietre/Castelfidardo, sono del 1582.

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Statue all'angolo fra via Tagliapietre e via Urbana.





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Statue all'angolo fra via Tagliapietre e via Castelfidardo.




Nel 1687, l’architetto Giovanni Giacomo Monti rinnovò e ampliò secondo il gusto dell'epoca, facendo decorare l'interno in stile barocco.
 Rispettò fortunatamente i fianchi e la facciata quattrocentesca, di grande valore architettonico e bellezza dei particolari.

L'autore, probabilmente lo Sperandio, mostra l'influenza benefica dell'arte toscana a Bologna.

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Con l'arrivo delle truppe francesi di Napoleone, l'ordine delle Clarisse fu soppresso, la chiesa sconsacrata e il monastero confiscato.

Una parte del monastero fu convertito in caserma dal generale Enrico Cialdini, e tutt'oggi ne porta il nome, mentre le religiose fecero ritorno nel 1816.

 Nel 1905, grazie all'impegno di Alfonso Rubbiani, fu eseguito il restauro della facciata della chiesa, con il rifacimento del lobo centrale e dei laterali.

Il 5 ottobre 1943 chiesa e monastero vennero quasi totalmente distrutti dai bombardamenti alleati a causa della loro vicinanza alla caserma Cialdini, considerata un obiettivo militare (si è salvata solamente parte dell’abside e parte delle terrecotte della facciata).




 FACCIATA

La chiesa è stata ricostruita fedelmente seguendo il modello originale, sotto la supervisione della Soprintendenza ai Monumenti.

Il portale attuale è il risultato di una mirabile ricostruzione, guidata da Alfredo Barbacci. Dopo i bombardamenti, che quasi polverizzarono il prezioso manufatto quattrocentesco, il recupero dei frammenti durò 16 mesi.
Grazie a meticolosi sforzi, i pezzi furono individuati, catalogati e successivamente saldati con resine e graffe di rame.
Oltre al suo valore artistico originario, questo portale merita l'attenzione anche per l'eccezionale lavoro di ricostruzione che lo ha riportato all'antico splendore.
Magnifici sono gli ornati di cotto della porta.

La cima della lunetta del portale, presenta un omaggio all'eucaristia con un calice e un'ostia raggiante.

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GLI INTERNI

All'interno della chiesa, alcune foto documentano la devastazione causata dai bombardamenti, testimoniando sia i danni subiti che la passione dedicata alla sua rinascita.

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La parete interna della facciata prima dei danni causati dall'incursione aerea del 5 ottobre 1943.

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La parete oggi.

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Le opere d'arte e i quadri superstiti sono stati ricollocati nelle sedi di origine.

L'interno della chiesa è caratterizzato da una sola navata, ricca ed elegante. Il Seicento si esprime magnificamente attraverso l'audace fantasia di tre grandi artisti: il Monti, il Franceschini e il Mazza.

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Alle colonne della navata sono collocate le 15 stazioni della Via Crucis, quadretti in terracotta policroma realizzati nel 1771 da Sebastiano Sarti.

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Sempre alle colonne, in cima ai capitelli, il simbolo dell'Eucaristia come sulla facciata esterna della chiesa.

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Ed è proprio attraverso il tema dell'Eucaristia (Corpus Domini) e le immagini che narrano la vita della Santa e delle Clarisse, che si manifesta la comprensione del messaggio religioso di questa chiesa.
Il percorso ideale ha inizio dalla parete sinistra.



PARETE SINISTRA


I cappella.
Gian Giacomo Monti, non solo riedificò la chiesa nel 1687, ma realizzò anche l'altare di questa cappella con marmi colorati, su cui spicca il meraviglioso dipinto "Il transito di San Giuseppe" di Marcantonio Franceschini. 
Le cinque statue di putti circostanti sono attribuiti a Giuseppe Mazza. 
Sulla parete destra, un dipinto murale allegorico con putti incorniciati, attribuito a Vittorio Bigari, aggiunto successivamente.

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II cappella.
La seconda cappella dedicata all'Immacolata Concezione, opera di Franceschini, presenta un'iconografia solenne. La Vergine, incoronata dalle 12 stelle simbolo delle 12 allegrezze di Maria, protende il manto azzurro a difesa del mondo. Raffigurata su un globo terrestre, poggia i piedi sulla falce di luna e schiaccia il capo del serpente con una mela, alludendo al peccato originale secondo il Protovangelo della Genesi.
I colori tradizionali occidentali, bianco e azzurro, simboleggiano la purezza e il cielo.

Ai lati del dipinto, statue di due profeti attribuite ad Adamo Tadolini (Bologna 1788 - Roma 1868).

Vi è l’accesso alla cappella della Santa e relativo museo, che illustrerò al termine della visita alla navata della chiesa.

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 III cappella.
Qui si trova l'icona del Corpus Domini che simboleggia il Corpo di Cristo.
Il Corpus Domini viene celebrato con processioni che rappresentano Gesù che percorre le strade dell’umanità.
Le indicazioni per i fedeli che giungono a pregare davanti a questa icona suggeriscono di concentrarsi sulla croce marrone, sul calice e sul grappolo d'uva, simboleggianti l'Eucaristia come dono del crocifisso. Quest'ultimo, misticamente, rinnova il sacrificio sugli altari durante la Santa Messa.

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IV cappella.
Sull'altare la tela del XIX secolo con le raffigurazioni di due angeli in volo, molto deteriorato. 
Accanto, due angeli in stucco e putti sulla cimasa attribuiti a Giuseppe Mazza.

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Sopra l'altare si nota una grata da cui si intravede il corpo della Santa.

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ALTARE MAGGIORE

L'altare maggiore, in pratica, funge da quinta cappella e l'imponente dipinto,"Comunione degli Apostoli," di Franceschini, cattura subito l'attenzione sin dall'ingresso in questa chiesa.

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Il dipinto fu commissionato per i Sora di Modena, insieme ai due quadri laterali con due momenti della vita della Santa: "Caterina e le anime purganti", destinato a essere portato in processione, e "Caterina in preghiera".

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"Caterina e le anime purganti"






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"Caterina in preghiera"




Accanto al dipinto ci sono due monumentali statue in stucco di San Francesco di Assisi in contemplazione della croce e Santa Chiara,
entrambe di Giuseppe Mazza, così come la "Gloria dell'Eterno Padre" sopra il dipinto.

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Nella scena del quadro, Cristo offre l'ostia dell'Eucaristia agli apostoli, e Giuda consuma la sua condanna ( come dice il primo libro dei Corinti: perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del signore, mangia e beve la propria condanna).
Giuda si allontana inseguendo demoni, mentre angeli incensano l'evento.

La questione della comunione di Giuda è controversa, e la sequenza temporale non è chiara nei Vangeli sinottici. Qui sembra che Giuda abbia già ricevuto la comunione, ma l'interpretazione di lui che si allontana a causa dell'Eucaristia non è da escludere.

La tela suscitò critiche per l'inclusione insolita di Giuda che sembra scappare dall'ostia, inseguito da un diavolo volante. Papa Clemente VIII criticò la scelta iconografica, ma Franceschini la difese citando il precedente di Federico Barocci (una copia di questo dipinto si può vedere a Bologna nella Chiesa di San Giacomo Maggiore).
Qui Giuda, vestito arancione con la testa appoggiata al braccio, mostra estraneità con il sacchetto dei trenta denari, simbolo del tradimento. 

"Istituzione dell'Eucaristia",
Santa Maria sopra Minerva (Roma) e copia in San Giacomo Maggiore (Bologna),
Federico Barocci, ©soloarte




Un frammento del dipinto della volta "Santa Caterina in Gloria", realizzato nel 1695, è opera di Franceschini, coadiuvato da Luigi Quaini per le figure e Haffner per l'ornato.

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PARETE DESTRA



VI cappella.
Sculture e tondi raffigurano la "Vergine con i misteri del Rosario", di Giuseppe Mazza.

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 A sinistra, Ludovico Carracci dipinge "La Madonna alla liberazione degli eletti al Limbo", mentre a destra c'è "L'Assunzione della Vergine". 

Va notato che il titolo comunemente associato al dipinto, "Madonna alla liberazione degli eletti dal Limbo", è un equivoco; la donna raffigurata è Eva, non la Vergine, e dietro di lei si trovano i Giusti dell'Antico Testamento.

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VII cappella.
Lo scienziato Luigi Galvani, devoto di Santa Caterina, scelse di essere sepolto nel monastero. Dopo la guerra, i suoi resti e quelli della consorte Lucia Galeazzi furono collocati in questa cappella, commemorati da due grandi lapidi e sormontati da un crocifisso in stucco realizzato nel 1957 da Alfonso Bortolotti.

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Nei pressi, di fronte all'altare, si trova la tomba di Laura Bassi sul pavimento.

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VIII cappella.
Qui si trova la rappresentazione della "Trinità Gloriosa", di Franceschini, circondata da statue in stucco dei profeti Geremia e Isaia, opera di Angelo Pio.
Queste statue sono disposte simmetricamente rispetto a quelle create da Tadolini nella cappella di fronte.

Vi è la porta di accesso alla Sacrestia.

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SACRESTIA

Solitamente non è aperta al pubblico.
Nel corridoio, si notano lapidi di varia provenienza.

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 La Sacrestia ospita un'immagine di Santa Caterina, di G. Zanotti e quattro inginocchiatoi in legno con raffigurazione dipinta del "Crocifisso con Cristo morto", opera di Ubaldo Gandolfi.
L'apparato decorativo è di Flaminio Innocenzo Minozzi, architetto e quadraturista.

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IX cappella.
La nona cappella, ultima di questo percorso ideale, vede il dipinto del XVII secolo "San Francesco riceve le stimmate", di Denis Calvart.

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L'altare accoglie anche l'opera contemporanea di Thea Farinelli, "Presepe della maternità mistica".
L'artista bolognese ha insegnato per molti anni al Collegio San Luigi.

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LA VITA DI CATERINA DE' VIGRI (1413-1463)

Caterina de' Vigri, nata nel 1413 in via de' Toschi, a Bologna, fu canonizzata nel 1712 da Papa Clemente XI. 

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Caterina de' Vigri, da una miniatura di Guglielmo Giraldi, 1469
©aleteia.org


Proveniva da una famiglia agiata: Giovanni de' Vigri, suo padre, era un gentiluomo al servizio dei marchesi d'Este.
Nel 1423, Giovanni riuscì a introdurre Caterina, che all'epoca aveva 10 anni, alla corte Estense. 

La permanenza fu decisiva per la sua formazione: studiò latino, pittura, musica e si specializzò in miniatura di codici.
Tuttavia, osservò anche il decadimento che attraversava in quel momento Ferrara.

Il duca Niccolò III, noto per la sua vita amorosa intensa, aveva talmente tanti figli da far dire al popolo che "di qua e di là dal Po sono tutti i figli di Nicolò". 
Sposato con Laura Malatesta di Rimini, detta Parisina, molto più giovane di lui, questa divenne amante del figlio Ugo. Quando il duca lo scoprì, fece decapitare entrambi, oltre a molte donne di Ferrara. Questi orribili eventi spinsero Caterina, allora tredicenne, ad abbandonare la corte, ritirandosi a una vita di preghiera, distrutta dagli atroci fatti.


Nel 1432, seguendo la regola di Santa Chiara, intraprese la vita claustrale francescana nel Monastero del Corpus Domini a Ferrara per 28 anni.

Dubbiosa sull'Eucaristia, ebbe una rivelazione che accese in lei un forte desiderio di comunione frequente.

Nel 1456, su richiesta dei magistrati bolognesi, Caterina fu inviata come badessa a Bologna per fondare un monastero simile a quello del Corpus Domini di Ferrara.
Il viaggio da Ferrara a Bologna fu compiuto sul Canale Navile, accompagnata da 12 suore professate, due converse e una terziaria, cioè sua madre Benvenuta.
Fu accolta al Porto di Corticella dal cardinal Bessarione.

Qui rimase per sette anni fino alla morte, avvenuta nel 1463.

Venerata in vita per virtù carismatiche, Caterina unì santità e amore per la cultura, incarnando la tradizione francescana delle clarisse osservanti.


IL MUSEO

Dopo averla inizialmente sepolta senza cassa (era consuetudine seppellire i monaci senza cassa, in segno di umiltà), le clarisse, pentite, ottennero il permesso di riesumarla 18 giorni dopo per una sepoltura più dignitosa.

La badessa successiva, Illuminata Bembo, testimoniò il profumo dolce e il liquido aromatico trasparente che emanava il corpo di Caterina. 
Per settant'anni, unghie e capelli crescevano regolarmente.
Il corpo intatto venne definito dalla tradizione "incorrotto", segno di santità.

In realtà si era mummificato naturalmente con il passare degli anni.
Nel tardo Settecento, il cardinale Lambertini chiarì che alcuni corpi apparentemente incorrotti erano frutto di cause naturali o di imbalsamazione artificiale.

Alcuni storici come Pasquale Palmieri mettono in dubbio i fenomeni "Il cadavere dei miracoli" (pag 3, brano di testo evidenziato in rosso).

 Ogni anno dal 8 al 16 marzo, nel monastero si celebra un Ottavario in onore di Santa Caterina, riconosciuta compatrona della città insieme a San Petronio.

Caterina de' Vigri non solo miniò codici e le sue stesse opere, ma dipinse anche quadri religiosi, conservati nel santuario.
"Sant'Orsola e le sue ancelle" è custodito alle Gallerie dell'Accademia di Venezia, anche se vi sono dubbi e → altre attribuzioni.

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"Sant'Orsola e le sue ancelle", Caterina de Vigri.




Il trono con il corpo seduto di Caterina occupa il centro della stanza.

La scritta in alto sopra la sedia: "Et gloria eius in te videbitur", "La gloria di Dio sarà vista in te", è una frase che Caterina intonava spesso, accompagnandola con il suono della violetta.
Accanto al trono si trovano due angeli musicanti con arpa e lira.

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 L'oculo con grata, visto in precedenza nella IV cappella, si trova di fronte al trono e comunica con la chiesa.

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Sulla parete sinistra, un reliquiario a tabella mostra una "Madonna col Bambino" del 15º secolo, dipinto più volte rimaneggiato, attribuito tradizionalmente a Caterina, ma alcune fonti lo assegnano a Lippo di Dalmasio.

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Altri reliquiari sono nelle vetrine agli angoli, mentre sulla parete destra, sopra la grata che guarda la stanza adiacente del museo, una teca contiene la viola che suonava Caterina, uno strumento ad arco con caratteristiche insolite, suscitando dibattiti tra gli esperti sulla sua autenticità.

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La cappella è riccamente decorata con ornamenti dorati.
Le pitture murali sono realizzate dal Franceschini in riquadrature di Luigi Quaini, suo cognato, e di Enrico Heffner.
Le statue e gli stucchi sono opera di Giuseppe Mazza.

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Nella stanza adiacente si trova il telaio del suo letto.

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 Una veste e una corona, quest'ultima donata da Isabella Chiaramonte, regina di Napoli, che trovava conforto negli scritti di Santa Caterina.

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Dopo 567 anni, le suore di clausura, ridotte a quattro, nel mese di maggio 2023 sono state accolte in altre comunità poichè il convento è stato chiuso a causa della loro diminuzione, un'eredità storica in crisi di vocazione.

Guardare oltre le spoglie annerite di Caterina è cruciale, poiché ciò che veramente conta sono i suoi pensieri e le parole piene di entusiasmo per la vita e gratitudine verso il creatore. Questo emerge chiaramente nella sua opera principale, "Le sette armi spirituali", in cui condivide la sua vicenda personale, servita da incitamento ed esempio per le consorelle del monastero.

La visita a questa chiesa è inoltre interessante per coloro che desiderano comprendere le caratteristiche della scuola pittorica bolognese, una grande tradizione artistica nelle sue varie fasi di sviluppo.


Orari di apertura:
tutti i giorni 9:00-12:30 / 15:00-19:00

Cappella della Santa:
giov, sab e dom ore 9:30-11:30 /16:00-17:45

Non è consentito visitare la chiesa durante la messa:
lun-sab ore 18:30
dom ore 11,30






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Note:
normalmente la Sacrestia del Corpus Domini è chiusa al pubblico.
La mia visita è stata possibile in occasione delle Giornate d'Autunno organizzate dal FAI, ottobre 2023.


Bibliografia:
-Corrado Ricci e Guido Zucchini, "Guida di Bologna", ed. Alfa 1968, ristampa ottobre 1976.
-Tiziano Costa, "Donne da prima pagina nel passato di Bologna", Costa Editore, 2017.


Sitografia:



-resoconto visita guidata a cura del FAI.