lunedì 29 maggio 2023

PALAZZO MARESCALCHI

via IV novembre, 5 - BOLOGNA 



Lo storico Palazzo Marescalchi è stato dimora di importanti famiglie bolognesi e luogo di nascita di Guglielmo Marconi.


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DOVE SI TROVA

Palazzo Marescalchi (già dall’Armi) si trova in via IV novembre, che anticamente si chiamava via dell'Asse, confina con Piazza Roosevelt e quasi tocca Palazzo Caprara, sede della Prefettura.

©google earth - ©screenshot e didascalie Monica Galeotti



LA FACCIATA

L'edificio attualmente è in ristrutturazione coperto da pontili, quindi per la facciata ho usufruito di foto dal web e screenshot.

La seicentesca facciata del palazzo presenta arcate a tutto sesto di ordine dorico che reggono un'ampia trabeazione con fregio, decorato a triglifi e metope, dove si alternano gli ideogrammi della stella, del rosone e del giglio, elementi dello stemma dei dall'Armi.

Sopra il fregio si aprono grandi finestre, con cornice modanata ed architrave arricchito da cestoni di frutta e rosette.
I frontoni sono alternativamente triangolari e semicircolari.



Un'ultima fila di finestre quadrate precede la trabeazione di coronamento che riporta nel fregio l'iscrizione: "Aurelius ab armis senator decoravit an.sal. MDCXIII", data di completamento della facciata (1613).

©google maps - screenshot Monica Galeotti


LA STORIA

Il committente di questo palazzo fu la famiglia dall’Armi, che lo fece costruire su edifici preesistenti, nel 1466.

La veste attuale del palazzo si deve però alla riedificazione del 1613, voluta dal senatore Aurelio dall’Armi, a modello dell’architettura del manierismo classico, già applicata in molti edifici senatori della città.
Il compito del progetto fu affidato a Floriano Ambrosini, già architetto di → Palazzo Zani.

In seguito alla sua morte, avvenuta ad un solo anno di distanza nel 1614, ucciso dal senatore Aurelio da parte dei Pepoli, il palazzo diventa proprietà Marescalchi per due motivi coincidenti:
-Aurelio dall'Armi era l’ultimo maschio della famiglia.
 -Eleonora dall’Armi si sposa con Vincenzo Marescalchi.

La coppia porta a compimento il progetto di rinnovamento dell'edificio.
 → Il canonico conte Carlo Cesare Malvasia, nella "Felsina Pittrice" (1678) e nelle "Pitture di Bologna" (1686), è il primo a citare la sontuosa decorazione pittorica del "grazioso palagio" di via delle Asse.

Ma si deve a Ferdinando Marescalchi la generale ristrutturazione del palazzo, avvenuta nel 1811.
Inoltre acquista alcune proprietà confinanti della famiglia Sorra Munarini. 

In un appartamento di questa parte acquisita nacque nel 1874 Guglielmo Marconi.
 (nella foto la parte ex Sorra Munarini già ristrutturata e visibile).

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Il figlio di Ferdinando, Carlo, non seppe interessarsi granché alla conservazione del patrimonio familiare, dando inizio alla dispersione dei beni paterni, vendendo infine il grande edificio di famiglia agli Orlandini agli inizi del 1900.

Fu mal utilizzato e durante l’ultima Guerra due bombardamenti lo colpirono: la parte ex Sorra Munarini (quindi Casa Marconi) e il salone di rappresentanza.

Nel 1961 l’edificio rischiò di essere demolito per essere rimpiazzato da una costruzione moderna, ma fu acquistato, salvato e restaurato dal Ministero del Tesoro per ospitare la sede della Soprintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici dell’Emilia.

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Possiamo così oggi ammirare gli affreschi delle sale al pianterreno e al piano nobile.



GLI INTERNI

Entro nel palazzo.

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Nel cortile interno si notano le ghiere di due finestre ogivali, che facevano parte di un precedente loggiato.

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 In seguito furono tamponate e sostituite da semplici finestre senza cornici, per consentire la realizzazione, nelle porzioni murarie libere, di una scenografia pittorica con effetto illusionistico, di cui sono rimaste poche tracce.

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La stanza al pianterreno possiede un affresco di G. Cavedoni e Valesio.
L'Ermes raffigurato viene considerato dalla critica goffo e statico, anche se il pittore cerca di mascherare l'impaccio con la trovata artificiosa del panneggio svolazzante.

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PIANO NOBILE

Nella prima grande sala ci sono due camini affrescati e splendidi lampadari di Murano.

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I dipinti sui due camini:

"L'incantesimo di Medea", di Lorenzo Sabatini.

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"Vigilanza" di Ludovico Carracci.

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LA SALA DA PRANZO OVALE
Questa stanza ovale fa parte dei lavori di rifacimento del 1811 voluti da Ferdinando Marescalchi, figura di spicco della famiglia.

L'architetto Giovan Battista Marinetti trasforma un banale vano rettangolare in un raffinato ambiente a pianta ellittica, grazie all'inserimento di otto colonne con capitelli corinzi sulle quali poggia la soprastante volta ovale.

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Gli specchi sono fatti venire da Venezia, i mobili e i candelabri da Parigi.

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Per gli affreschi della volta si affida a Felice Gianiuno dei più celebri pittori neoclassici dell’epoca.

Le scene rappresentate sono quelle del Primo Libro dell’Eneide di Virgilio. 

È il racconto per immagini del viaggio di Enea, dove Venere e Didone gli indicano la strada.

Venere, non un semplice mortale ma un semidio, è la madre di Enea.
Una madre che si prende cura del figlio per mandarlo in viaggio. 

Didone sarà la sua amante.

Al centro il "Convito di Enea e Didone".

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Il convito di Enea e Didone.





LA GALLERIA

Questa galleria era una sorta di grande ballatoio dal quale la famiglia si affacciava e osservava gli invitati o gli eventuali cortei che salivano al palazzo.
L'affaccio era sul lato sinistro, dove oggi vi sono tendaggi e finestre chiuse.

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Un po’ come avviene nell’affresco alla parete dove è dipinta una balaustra con figure che si sporgono a guardare.
Vi sono artisti e letterati resi con pungente ironia dal pittore Francesco Brizio, che si distingue per la vena dissacrante.
Fra il comico e il grottesco si nota, ad esempio, l'uomo che sembra palpeggiare la statua e il vecchio che legge all'estrema destra.
Questo tipo di raffigurazione ha le sue origini nella tradizione fiamminga del '400 e nella cultura figurativa profana lombarda della metà del '500, che diventerà propria della pittura emiliana fra '600 e '700.

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Tutte le pitture presenti in questa galleria sono da attribuirsi a Brizio. 

La volta a botte è decorata in riquadri raffiguranti putti ed amorini, delimitati da festoni di frutti dai vivaci colori. Vi sono anche le insolite rape.

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Alle pareti statue allusive con le varie età dell'uomo, pittura prospettica della tarda produzione di Brizio.


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Pubertas.





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Adolescientia.


In questo grande palazzo, frutto degli ampliamenti effettuati nel tempo, si può quindi percorrere l'arte bolognese dal Quattrocento fino al primo Ottocento.

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Note:
normalmente il palazzo è chiuso al pubblico perchè sede della Soprintendenza.
La mia visita è stata possibile in occasione delle giornate di primavera del FAI, il 25 marzo 2023.


Sitografia:



-resoconto visita guidata a cura del FAI.



domenica 14 maggio 2023

PALAZZO MALVEZZI CA' GRANDE

RETTORATO DELL'UNIVERSITÀ
Largo Trombetti, 4 - BOLOGNA 


La Ca' Grande era la residenza principale del ramo capostipite della famiglia Malvezzi.
Il Palazzo Ca' Grande Malvezzi nel 1827 viene annesso a Palazzo Poggi (attiguo in via Zamboni, 33), per allargare la sede centrale dell'Università di Bologna.


  Nonostante sia parte di un unico complesso, la Ca' Grande continua a mantenere una sua storia separata, come lo stesso Palazzo Poggi. 


Palazzo Poggi quindi si inquadra come sede istituzionale dell'Università, mentre Palazzo Ca' Grande Malvezzi è sede del Rettorato, cuore pulsante dell’attività amministrativa dell’Ateneo.


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Veduta aerea del palazzo.

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©google earth - ©screenshot e didascalie Monica Galeotti





Il complesso rappresenta il polo universitario storico, vicino al Teatro Comunale e alla Pinacoteca.

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©google earth - ©screenshot e didascalie Monica Galeotti




GLI ESTERNI

La facciata presenta 14 archi di portico a tutto sesto sull’unico piano, rivolta proprio di fronte alla Chiesa di San Sigismondo.

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I finestroni, con lunette in terracotta a rilievo, sono di grande qualità artigianale, opera di Guido Negri.
Vi sono rappresentate le otto facoltà universitarie con i rispettivi emblemi delle discipline.

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LA STORIA

I Malvezzi erano originari di Budrio, e furono tra i protagonisti della vita politica bolognese, ricoprendo varie cariche pubbliche.
Raggiunsero un cospicuo patrimonio con il commercio della seta e con l’attività bancaria ed entrarono in Senato fin dal 1466 dove rimasero ininterrottamente fino al 1797.

Furono divisi in vari rami, ma il principale, quello senatorio per eccellenza, è di Castel Guelfo, detto anche della Ca' Grande.

Il capostipite Gaspare Malvezzi fece edificare il palazzo nel 1444 e sarà il figlio Virgilio ad ampliarlo nel 1466.

Nel 1584 vi saranno altri notevoli ampliamenti, come l’allungamento del portico verso via Zamboni.

Nella metà del 1600 la creazione di una grande sala nota come "Teatro Malvezzi", che fu luogo, per quasi un secolo, di vita artistica e mondana, seppur privato. 
Il teatro, rimodernato su disegno dei Bibiena, fu purtroppo distrutto da un incendio nel 1745 e mai più ricostruito.

Poco distante, nel 1763, sorgerà il Teatro Comunale.

Il palazzo fu abitato dai Malvezzi fino alla loro estinzione, avvenuta nel 1806 con la morte di Piriteo.

Nel 1827 il palazzo viene venduto alla Pontificia Università di Bologna, che lo restaura con l'accorpamento al vicino Palazzo Poggi, che sin dal 1803 era sede dell'Università Nazionale, 
al fine di creare un unico grande complesso.

Nel 1930 altri radicali restauri, operazione assegnata all’architetto Giovanni Battista Martinetti. 

Martinetti era il più celebre dell'epoca: architetto di Villa Spada e Villa Aldini, aveva sistemato il Pubblico Passeggio della Montagnola e l'Orto Botanico.




GLI INTERNI

L'inflessione bolognese si nota nel bel porticato, con decorazioni in stile neorinascimentale.

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Fin dalla sua inaugurazione le vaste sale del palazzo ricevevano grandi personaggi della storia e celebravano matrimoni splendidi con cerimonie e feste, cui intervennero cardinali, duchi, principi, ambasciatori e nobili bolognesi: famoso quello di Giulio Malvezzi con Camilla Sforza.


Nel '700 le sale e le gallerie interne del palazzo furono affrescate con visioni mitologiche, paesaggi, fregi e stucchi, con una connotazione barocca.


PIANO NOBILE

La prima sala è dedicata ai ritratti dei Magnifici Rettori, dall'Unità d'Italia ad oggi.
I dipinti sono caratterizzati da uno stile pressochè costante: con la toga e la fascia della facoltà di appartenenza, seguono un canone ritrattistico tradizionale.

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Si distinguono per soluzione stilistica gli ultimi quattro rettori:
Fabio Roversi Monaco, Pier Ugo Calzolari, Ivano Dionigi e Francesco Ubertini.

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La sala, a metà del 1700, è stata decorata nella volta da Ubaldo Gandolfi, coadiuvato per le quadrature da David Zanotti, con "L'Apoteosi di Ercole".

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"Apoteosi di Ercole", Ubaldo Gandolfi e David Zanotti.



La scena è incorniciata da un notevole dispositivo architettonico con i toni del rosa, che trabocca di ornamenti.
Al centro delle quattro grandi arcate le personificazioni delle virtù, che circondano e "sorreggono" la figura di Ercole, che rappresenta la massima virtù, quella dell'ascesa verso il sapere da parte dell'essere umano.

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"Apoteosi di Ercole", Ubaldo Gandolfi e David Zanotti.






Nella seconda sala una collezione di ritratti che fanno parte della Quadreria Universitaria.


LA QUADRERIA DELL’UNIVERSITÀ 

La Quadreria dell’Università di Bologna è composta da circa 700 ritratti di personaggi illustri che coprono un arco temporale dal Medioevo al Novecento. 

La sua creazione prende il via da un lascito testamentario del 1754 del cardinale bolognese Filippo Maria Monti (1675-1754), un nucleo composto da 403 quadri che si integra nel tempo da altri lasciti di famiglie nobiliari bolognesi. 

La Quadreria è distribuita nel complesso universitario: Rettorato, Biblioteca Universitaria, Museo di Palazzo Poggi. 

La collezione del Rettorato in Palazzo Malvezzi Ca’ Grande, possiede ritratti per lo più di autori anonimi e di non grande talento, ma sono di valore i personaggi rappresentati:

in primo luogo LAURA BASSI VERATTI, una delle prime donne laureate in Italia, e prima donna della storia ad occupare legittimamente una cattedra dell’Alma Mater, dal 1745 fino alla sua morte nel 1778. 

Quello di Laura Bassi è l’unico ritratto femminile presente nella Quadreria.

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"Laura Caterina Bassi Veratti", olio su tela, Anonimo pittore del XVIII secolo.





Ci sono altri personaggi importanti, come IACOPO BARTOLOMEO BECCARI, chimico, scopritore del glutine nella farina di frumento, e LUIGI GALVANI, fisico e anatomista, famoso il suo studio sull'elettricità animale attraverso una rana, che portò all'invenzione della pila chimica.

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 GASPARE TAGLIACOZZIfamoso per aver inventato la tecnica della chirurgia plastica, in particolare la rinoplastica.
Il suo metodo infatti si chiama tagliacozziano, del 1797. Oggi è caduto in disuso ma rimane l’importanza di aver concepito un nuovo metodo di chirurgia.

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Al centro della volta "Ercole al bivio", sempre di Ubaldo Gandolfi e David Zanotti, dove la metafora della virtù della conoscenza viene trattata in maniera diversa rispetto all'affresco della precedente sala, l' 
"Apoteosi di Ercole", dove la scena è sospesa, senza tempo. 


Qui troviamo un vero e proprio episodio mitico, da una novella greca del IV secolo a.C., scritta dal filosofo Prodico di Ceo: racconta di come Ercole, nel corso della sua esistenza, prima di diventare un semidio e compiere le 12 fatiche, abbia avuto una sorta di dilemma interiore, una riflessione esistenziale su quale strada intraprendere all’interno della sua esistenza terrena.
Mentre un giorno era seduto chiedendosi se dedicare la sua vita alla virtù o al piacere, appaiono due donne, la prima si presenta come la Virtù e l’altra come la Felicità (o il Piacere, la Voluttà), ognuna delle quali espone al giovane eroe i vantaggi dell’una e dell’altra scelta di vita, tentando di convincerlo a seguire la strada che ciascuna di esse personifica.

Ercole sceglierà, come sappiamo, la Virtù, affrontando le famose fatiche.

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"Ercole al bivio", Ubaldo Gandolfi e David Zanotti.





LA GALLERIA ALL'ANTICA

Nel 1770 viene realizzata la splendida galleria di stucchi "sullo stile degli antichi", realizzata da Carlo Bianconi.

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I lavori impegnano Bianconi per alcuni anni e, a opera finita, scrive al marchese Sigismondo Malvezzi: "Ho cercato di fare nella galleria tutti gli ornamenti secondo lo stile de' romani antichi e de' greci".
Illustra inoltre nei dettagli il suo progetto con indicazioni precise sul tema della virtù.

Era leggermente in anticipo sui tempi, il Neoclassicismo stava sbarcando in Europa, Winckelmann era un amico.

La galleria è scandita in tre parti da coppie di paraste, con due vani minori alle estremità e uno maggiore al centro.

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La decorazione è organizzata in comparti; dispone di fregi, cammei, candelabre, cassettoni.

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La sperimentazione delle potenzialità dello stucco porta l'artista a ridurre la parte pittorica, realizzata da Prospero Pesci e Vincenzo Martinelli, che viene confinata all'interno di piccoli riquadri.
 Le figurazioni sono di Domenico Pedrini.

Questa ambiziosa proposta antichizzante di Bianconi vede trionfare l'ornato.

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LA SALA DEDICATA ALL'VIII CENTENARIO DELL'UNIVERSITÀ DI BOLOGNA,
 SEDE DEL RETTORATO (dal 1935)


Le celebrazioni per l’VIII Centenario dell’Università sono state un’occasione per ridare prestigio a questa istituzione.

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Il momento culminante si collega all’orazione dal titolo Lo Studio di Bologna di Giosuè Carducci nel cortile dell’Archiginnasio, davanti a re Umberto I e alla regina Margherita.

Il discorso di Carducci è un vero e proprio manifesto politico del mito dell’Alma Mater. 

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Discorso di Giosuè Carducci, cortile dell'Archiginnasio 1888, illustrazione alla parete del Salone del Rettorato.


La celebrazione dell'VIII Centenario dell’Università avviene mentre è in corso la grande Esposizione Emiliana.
 
Questa compresenza era stata vista, in un primo tempo, come un'opportunità, ma alle celebrazioni rimangono ostili i cattolici dell’Unione: per loro il Centenario è una manifestazione che solennizza l’emancipazione del pensiero laico dalla religione e dalla fede e l’autonomia dell’Italia dal papato e dalla chiesa.

Nello stesso anno ci furono altre due celebrazioni molto importanti: quelle per Luigi Galvani (con l’inaugurazione della statua posta nell’omonima piazza) e di Irnerio. 


Osservo il salone: 
alla parete vi sono stemmi importanti, come quello della famiglia di Matilde di Canossa, di alcune casate gentilizie dei papi, quello di Carlo V e quello della Repubblica Cispadana.

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Ma lo stemma più importante è il GONFALONE DELL'UNIVERSITÀ, realizzato appositamente per l'VIII Centenario.

La contessa Carolina Pepoli Tattini, attivista e politica italiana, considerata una delle figure di riferimento a Bologna per il supporto alla causa liberale prima e dopo l'Unità d’Italia, organizza, nel 1888 in occasione di questa celebrazione, un'opera collettiva di 72 gentildonne bolognesi che offrono in dono all’Ateneo il Gonfalone disegnato da Alfredo Tartarini e qui conservato.

Nel gonfalone le signore ricamano gli stemmi che ricordano le città di provenienza degli studenti, gli stemmi dei professori e delle famiglie più importanti. 

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Stendardo dell'Università di Bologna, 1888.
 Cartolina postale emessa da PT (Poste Telecomunicazioni)
in occasione del IX Centenario.
©collezione Paolo Galeotti.



Alla parete viene segnalato il signore ritratto con la mantella rossa:
 si tratta di Cesare Malvasia, professore di diritto.

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 Come professore forse non sarebbe diventato così celebre, ma la sua passione era anche la storia dell’arte, della quale si occupava, tanto da scrivere un vero e proprio trattato: "Felsina Pittrice".
 Grazie a Malvasia conosciamo al meglio la storia dei Carracci e in generale quella del '600 bolognese.
Per chi si interessa di storia dell’arte bolognese non si può prescindere da questo testo.

Cesare Malvasia viveva in → Villa Malvasia (chiamata anche Villa Clara) a Trebbo di Reno, un edificio oggi in degrado con importanti affreschi all'interno; al momento non è dato sapere se sia possibile recuperarlo.

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L'Università ci consegna secoli di storia.
Attualmente il magnifico rettore è Giovanni Molari, insediato il 2 novembre 2021: guiderà L’Alma Mater fino al 2027.

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Note:
normalmente il palazzo è chiuso al pubblico perchè sede di un'istituzione.
La mia visita è stata effettuata il 25 marzo 2023 in occasione delle Giornate di Primavera del FAI.



Bibliografia:
-Andrea Bacchi e Marta Forlai, "L'Università di Bologna palazzi e luoghi del sapere", Bononia University Press, giugno 2019, pp. 72-81.

-Autori vari, "I luoghi del conoscere, i laboratori storici e i musei dell'Università di Bologna", volume promosso dalla Banca del Monte di Bologna e Ravenna in occasione del IX Centenario dell'Università di Bologna, Amilcare Pizzi Editore, 1988, pp. 26-27, 29.



Sitografia:



-resoconto visita guidata a cura del FAI.