lunedì 26 dicembre 2022

LA TRAVERSATA DEL CATINACCIO

 VAL DI FASSA


Questa spettacolare traversata percorre in due giorni il Gruppo del Catinaccio da sud a nord, dalla Roda di Vael all’Antermoia, con una breve disgressione al Rifugio Re Alberto sotto le Torri del Vajolet. 


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Ho effettuato questo itinerario con il gruppo di Trekking Italia, un’associazione senza fini di lucro con il fine di promuovere il trekking a 360°. 


IL TRACCIATO
Ho diviso le due giornate di trekking in due pubblicazioni:
1° GIORNO - Pera di Fassa seggiovia Vajolet → Rifugio Ciampedie → Passo delle Cigolade → Rifugio del Vajolet → Rifugio Re Alberto (Torri del Vajolet). Pernottamento Rifugio del Vajolet.
  
2° GIORNO - Rifugio del Vajolet → Passo di Antermoia → Lago e Rifugio di Antermoia → Val Duron → Campitello di Fassa.


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©google heart - ©didascalie orografiche Monica Galeotti


Dal punto di vista organizzativo, parcheggio l'auto nell'area Funivia Col Rodella a Campitello di Fassa, per poterla riprendere direttamente il secondo giorno al termine della lunga discesa dalla Val Duron (volendo si può completare l'anello scendendo attraverso la Val di Dona e la Val Udai, Ronch, Muncion, Pera, con una discesa più ripida).

Prendo l’autobus da Campitello fino a Pera.
 
A Pera scendo alla fermata della seggiovia, la quale é organizzata in tre tronconi: Vajolet 1, Vajolet 2 e Pian Pecei Ciampedie.
Al Rifugio Ciampedie si arriva anche da Vigo di Fassa con la funivia: è più veloce ma più costosa.

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©google heart - ©didascalie orografiche Monica Galeotti



Eccomi pronta a partire dal Rifugio Ciampedie, dal quale posso osservare le belle cime, dal Masarè al Passo delle Cigolade, prima tappa della giornata.
 
Scendo verso il Rifugio Negritella.

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IL PERCORSO DEL PRIMO GIORNO

 RIFUGIO CIAMPEDIE → RIFUGIO DEL VAJOLET ATTRAVERSO PASSO DELLE CIGOLADE 
Segnavia n.545,541
Difficoltà: EE*
Dislivello: 734 m
Tempo: ore 4,20
Lunghezza: 8,5 km

©escursione GPS Relive 3D - ©didascalie Monica Galeotti


Dopo il Rifugio Negritella, incontro un crocevia, tralascio il sentiero di destra che scende alla conca del Rifugio Gardeccia e scelgo il sentiero di sinistra, che sale ripido all’inizio del bosco in direzione Baita Pra Martin.

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Raggiungo la baita e il panorama è superbo sui Dirupi di Larsec.

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Superata la baita proseguo in costa su quello che viene chiamato "Sentiero delle pecore" o "Vial de le Feide"
, un tempo percorso dai pastori che accompagnavano le pecore alla ricerca di erba nuova.
 Il sentiero passa ai piedi delle Pale Rabbiose offrendo scorci stupendi.

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 Alle mie spalle Val di Fassa e Valle San Nicolò e in lontananza le cime della Marmolada

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Il Sentiero delle Pecore.

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Davanti a me il Roda di Vael/Rotwand e Roda del Diavolo.

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Avanzo scendendo verso la conca e le prospettive cambiano:
Roda del Diavolo ora è quasi nascosta, mentre si rivelano Croz di Santa Giuliana e Torre Edwards, satelliti a sud della Roda di Vael.

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Il Sentiero delle Pecore 545 termina nella Conca di Pael (2330 m) nel punto in cui incrocia il sentiero 541 che arriva dal Rifugio Roda di Vael.

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 Ora inizia la salita al Passo delle Cigolade.

Dietro di me localizzo il Rifugio Roda di Vael e la Baita Pederiva: si mostrano minuscoli.
Sono situati sulla sella del Ciampaz, al cospetto delle gigantesche montagne; sullo sfondo la Catena del Lagorai.

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Proseguo passando sotto un grosso masso appoggiato.

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©foto trekking italia



Oltrepassato il masso distinguo Passo delle Cigolade, tra il frastagliato crinale delle 

Cigolade da cui prende il nome, e i Mugoni. 

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Risalgo il grande catino ghiaioso fino al passo, attraverso diversi tornanti piuttosto ripidi.

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©foto trekking italia



Raggiungo l’ampia sella del Passo delle Cigolade dove una breve sosta snack consente di riprendermi dalla faticosa salita e godere di questa altezza raggiunta. 

IL PASSO DELLE CIGOLADE, 2553 m, permette il passaggio fra il Vael (sentiero appena percorso) e la Valle del Vajolet. 

Il Vael.




La Valle del Vajolet.

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Dalle immagini si può ben capire come la salita sia aspra e faticosa su entrambi i versanti.

Scendo verso il Rifugio del Vajolet attraverso ripidi tornanti.

Su un costone di roccia un corto tratto di scala.

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Lungo la discesa posso ammirare la Marmolada a EST.

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I Dirupi di Larsec.

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A OVEST sopra di me la parete est del Catinaccio.

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Localizzo il Rifugio del Vajolet e il piccolo Rifugio Preuss, seconda tappa della giornata.

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Il mio sentiero 541 incrocia la strada sterrata, segnavia numero 546, che sale ai rifugi arrivando dal Gardeccia, in quest'ultimo tratto ripida ma larga e sicura (T*).


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In breve eccomi al Rifugio Vajolet, dove vengono assegnate le camere e alleggeriti gli zaini; un veloce ma corroborante caffè caldo e di nuovo al via per salire al Rifugio Re Alberto, terza e ultima tappa, famoso edificio voluto dall’alpinista Tita Piaz, che si trova alla base delle Torri del Vajolet.

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DAL RIFUGIO DEL VAJOLET AL RIFUGIO RE ALBERTO
 Andata e ritorno sullo stesso percorso (Gola delle Torri).

 Tempo e lunghezza complessivi:

Segnavia numero 542
Difficoltà: EE*
Dislivello: 390 m
Tempo: ore 2,30
Lunghezza: 1,9 km

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Scende la nebbia che occupa tutta l’insellatura, si abbassa la temperatura, meglio indossare cuffia e guanti.

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La traccia del sentiero è intagliata fra le rocce, alcuni punti sono attrezzati mentre in altri occorre procedere anche con le mani.
Il Rifugio del Vajolet dall’alto appare sempre più piccolo.

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Se allungo lo sguardo vedo anche il Rifugio Ciampedie, dal quale questa mattina tutto è cominciato.

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Procedo, il Vajolet scompare e la Gola delle Torri diventa ancora più spettacolare.

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L’orizzonte verso il rifugio ha un aspetto tetro.

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Ecco apparire il Rifugio Re Alberto.

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Le famose torri sono nascoste dalla nebbia, poi si svelano.








Comunemente ci si ricorda di 3 torri perchè ben visibili e famose, in realtà sono 7, tutte conquistate sul finire dell'Ottocento.
Le più famose, Delago, Stabeler e Winkler, sono conosciute anche come Torri Meridionali del Vajolet.
A differenza delle altre, vi sono diverse vie, molto frequentate, con ottima roccia e notevole esposizione.
Prendono il nome dal primo alpinista che le ha conquistate.

La Torre Winkler era la più amata da Tita Piaz (1879-1948), chiamato il "Diavolo delle Dolomiti" per l'audacia di molte sue imprese.

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La salita in solitaria di Piaz alla Torre Winkler nel 1897, con una nuova via aperta, fu definita una grande impresa per quei tempi, tanto da farlo entrare nella storia dell'alpinismo.
Vi salì per l'ultima volta nel 1947.


RIFUGIO RE ALBERTO (2621 m)
 Il Rifugio Re Alberto, completamente ristrutturato, si trova nella conca del "Gartl", che si stende ai piedi delle torri.
 Fu voluto da Tita Piaz, principale promotore, nel 1933.
Ebbe l'idea di ristrutturare un vecchio riparo in legno eretto nel 1929 da Marino Pederiva.
Condusse una lunga battaglia legale per riottenere la proprietà del rifugio, che gli era stato confiscato con l'accusa falsa di abuso edilizio.
La denominazione è dovuta a re Alberto I del Belgio, che solitamente effettuava le escursioni sulle Dolomiti insieme a lui.

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LE FOTO DEI RICORDI 
Il rifugio nel 1975: aveva decisamente un altro aspetto.

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Rifugio Re Alberto - ©foto Paolo Galeotti, 1975.




Io, mia sorella Paola e il rifugio sullo sfondo.

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Rifugio Re Alberto - ©foto Paolo Galeotti, 1975.




Dal rifugio si può facilmente e brevemente arrivare in 20 minuti al Rifugio e Passo Sartner, attraversando la conca del Garlt.
Per il gruppo di Trekking Italia non è stato possibile causa maltempo, ma tempo c'è stato per scattare una bella foto di gruppo.

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©foto trekking italia




È ora di scendere.

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©foto trekking italia






RIFUGIO DEL VAJOLET (2243 m)
Doccia calda e cena più che meritata.
Le camere sono quelle classiche da rifugio, semplici, sfruttano ogni spazio disponibile: e
ssenziali, non occorre altro. Il bagno è in comune.
È aperto da maggio a settembre con 130 posti letto.

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Il rifugio è stato costruito nel 1897 dalla sezione DuÖAV di Lipsia (Club Alpino tedesco/austriaco), gestito da Marietta Rizzi, moglie di Tita Piaz.
Nel 1923 è passato alla SAT di Trento.

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LE FOTO VINTAGE
Il rifugio nel 1975. Non è cambiato molto, a parte l'ammodernamento di tetto e grondaie.

Rifugio Vajolet - ©foto Paolo Galeotti, 1975.





Mamma Teresa, sorella Paola ed io.

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Rifugio Vajolet - ©foto Paolo Galeotti, 1975.





RIFUGIO PREUSS (2243 m)
Alla morte di Marietta Rizzi, nel 1912, il rifugio del Vajolet passò ad un altro gestore. Tita rimase offeso per non essere stato preso in considerazione e decise di acquistare personalmente il terreno situato su uno sperone roccioso a pochi passi, sul quale edificò il Rifugio Preuss, intitolato alla memoria di Paul Preuss, grande alpinista e suo amico personale.

I due rifugi, Vajolet e Preuss, si trovano nella località detta "Porte Neigre", ai piedi della Gola delle Torri.

Il Preuss possiede 8 posti letto.

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Note:

-l'itinerario qui descritto è stato percorso personalmente il 10 settembre 2022 con Trekking Italia.


-*per i livelli di classificazione delle difficoltà nell'escursionismo vedi  Dolomiti presentazione


-le 10 regole base per affrontare un’escursione in montagna

  #prudenza in montagna



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Sitografia:




domenica 11 dicembre 2022

PASSO LAVAZÈ

 CAVALESE - Trentino Alto Adige


Il Passo di Lavazè si trova in provincia di Trento a 1808 m di quota.


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Fiori di Epilobio al Lavazè.



Mette in comunicazione la Val di Fiemme (Cavalese), con la Val d’Ega, quest’ultima in provincia di Bolzano. 

Nei pressi parte la strada per Passo Oclini, anch'esso in provincia di Bolzano.

©GPS Relive - ©didascalie orografiche Monica Galeotti


 

In inverno la zona è un paradiso per lo sci di fondo, con i suoi 80 km di piste, e per le escursioni con le ciaspole.

Per il trekking d'estate da qui parte la salita alla Pala di Santa, la montagna che sovrasta il passo (escursione di circa 4 ore complessive).

L'attrazione principale del passo è il piccolo lago, dove si rispecchia il profilo del Latemar.

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Il comodo sentiero che gira intorno al lago è lungo 700 m ed è una piacevole passeggiata di 10 minuti in piano, ideale prospettiva per ammirare il panorama che circonda il lago: il vicino Latemar, il Catinaccio, il Corno Nero e il Corno Bianco a Passo Oclini.

Eccomi allora girare intorno al lago e sarà divertente insieme alle immagini documentare le informazioni idrogeologiche, descrivere gli alberi, la flora, le torbiere.

©GPS Relive - ©didascalie orografiche Monica Galeotti



 INFORMAZIONI IDROGEOLOGICHE

Il lago occupa un avvallamento formatosi durante l’ultima glaciazione, a seguito del ritiro della morena che, scendendo dalle pendici della Pala di Santa, ha plasmato gran parte dell’altopiano di Lavazè. 

L’altopiano è formato da terreni di detriti morenici, sabbie, porfidi. 
Sono i porfidi di origine vulcanica a costituire il letto impermeabile del lago, al di sotto dei detriti morenici.

Le sue acque sono profonde mediamente 1 m con una profondità massima di 2,4 m in prossimità della sponda sud.

Essendo acque poco profonde la temperatura dell’acqua segue la temperatura dell’aria; nel periodo da metà novembre a metà aprile generalmente il lago si congela totalmente.

Non possiede sorgenti o corsi d’acqua permanenti, ma si origina dalle piogge e dalle precipitazioni nevose invernali e primaverili.

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LE TORBIERE DI LAVAZÈ

Le torbiere costituiscono una zona speciale di conservazione, un’area protetta che appartiene alla rete europea "Natura 2000". 

Quest’area entra a pieno titolo nella particolare tutela del suo habitat: le aree umide vedono ancora intatte le formazioni torbose a sfagni (specie di muschi delle torbiere).

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L’importanza di tutelare le aree umide, normalmente in queste zone circondate da pascoli e boschi misti composti in prevalenza da abete rosso e pino cembro che contribuiscono a creare una buona diversificazione ambientale, è quella di preservare numerosissime specie vegetali e specie animali: uccelli come l’astore e il gheppio di elevato valore faunistico; il capriolo, il cervo, la lepre alpina, rettili e anfibi.



IL PINO CEMBRO 

Chiamato anche cirmolo o cembro o zirmo, è un albero che può raggiungere i 20-25 m di altezza e una circonferenza di 1 m.
È una specie a lento accrescimento e molto longeva, tipica del clima d’alta quota (1200 - 2500 m) e può quindi resistere a temperature molto basse.

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La diffusione dei suoi semi, pesanti e difficilmente trasportabili dal vento, è facilitata dalla gazza nocciolaia (Nucifraga cariocatactes L.), la quale estrai i semi dei coni e li nasconde nel terreno per farne delle scorte alimentari. A volte scorda il luogo in cui li aveva lasciati, permettendo così ai semi di germinare e quindi al pino cembro di rinnovarsi. 

Il pino cembro si trova qua e là sull’arco alpino e sui Carpazi, dove però non forma boschi estesi.

Le foreste di pino cembro si trovano in Val di Fiemme, in particolare nella zona che gravita attorno al Lavazè, dalla Pala di Santa a Passo Oclini, dove si trovano 600 ettari di boschi puri o a elevata presenza, con circa 100.000 alberi. 

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A sinistra le pendici della Pala di Santa,
 a destra la foresta di Pino Cembro.
 Lo sguardo sul lago è a sud verso la Val di Fiemme.


Per trovarne altrettanto bisogna andare al centro della Siberia, la sua patria di origine.

Il legno di cirmolo è odoroso e inattaccabile dai tarli, ideale per le sculture e i mobili. 
Il suo profumo è piacevolissimo, un balsamico naturale.


I FIORI

Oltre all'Epilobio incontro il Cardo dentellato (Carduus defloratus).

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La panoramica verso Oclini: Corno Nero e Corno Bianco.

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Chiudo il cerchio con il Gruppo del Latemar, spettacolare catena dolomitica.

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LE FOTO DEI RICORDI
Passo Lavazè, fine agosto 1976.

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©foto Paolo Galeotti



Le pallate di neve: io e mamma Teresa.

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Passo Lavazè 1976 - ©foto Paolo Galeotti






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Bibliografia:
-cartellonistica Lago di Lavazè

Sitografia: