martedì 30 novembre 2021

MONTEACUTO DELLE ALPI

Lizzano in Belvedere - BOLOGNA



Il paese di Monteacuto, di origine medievale, si trova arroccato in posizione panoramica, a 915 m di altitudine. 


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Affaccio verso Madonna del Faggio e Tresana.




Dista 90 km da Bologna e 6 km da Lizzano in Belvedere.
La via Tegge si stacca dalla via Pianaccio che porta al paese omonimo e si inerpica stretta e insidiosa sino a raggiungere il crinale.

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© Google Earth - ©Mappatura Monica Galeotti
Affaccio verso Corno alle Scale.






LA STORIA 

La prima citazione risale al 1105 circa, in una bolla di Papa Pasquale II, quando non era ancora un paese propriamente detto ma un piccolo agglomerato.

Gli abitanti erano chiamati "zingari", nel senso di girovaghi, perché Monteacuto era un notevole centro mercantile fra il XII e il XV secolo, trovandosi su un’importante via di comunicazione fra Emilia e Toscana. 

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Il fatto che si potessero incrementare i propri guadagni attirò fin dal XIV secolo varie famiglie del Belvedere, l’altro comune autonomo presente nella zona, tanto da provocare lotte interne.
Allo stesso tempo vennero costruite nuove strade più comode per il commercio.
Questi fatti portarono al declino di Monteacuto.

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Perduta l’importanza commerciale e il conseguente benessere, gli abitanti del paese furono costretti a sopravvivere utilizzando gli elementi del bosco che avevano in abbondanza: il legno e le castagne. 

Diventarono esperti spaccalegna e carbonai apprezzati ovunque, un lavoro duro che li costringeva anche ad emigrare per diversi mesi l’anno in Maremma, in Corsica o in Francia.



IL BORGO

Le case di Monteacuto poggiano su un crinale e sembrano quasi sospese.
Il crinale si trova fra il torrente Silla da una parte e il torrente Baricello dall’altra. 

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Le strade sono talmente strette che non è possibile entrare con l’auto. 

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Conserva le caratteristiche di strutture tipicamente medievali con funzione di castello fortificato, un tempo esistente con torre merlata e ponte levatoio; sembra che la contessa Matilde di Canossa gli abbia dedicato attenzione.

Il paese era composto da vari rioni distinti da un nome, oggi li si può ritrovare nel titolo di una via. 

La seguente mappa è un azzardo, ho cercato di individuare e segnare gli antichi rioni di Monteacuto secondo le indicazioni del testo di Alessandra Biagi (Proloco Pianaccio).
Invito il lettore al suggerimento.

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© Google Earth - ©Mappatura Monica Galeotti



IL PERCORSO

Il più alto parcheggio per le auto coincide con il fulcro del paese e lo taglia in due; a pochi metri la minuscola piazza con la storica trattoria Il Bagigio.
Probabilmente era il -RIONE LA TORRE,
dove anticamente si trovava il castello e di cui oggi non rimane nulla se non la toponomastica del luogo (Rione la Torre e Rione il Fossato).

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-RIONE MALTEMPO

Il motivo più probabile per questo toponimo è la sua posizione, esposta verso il maestoso Corno alle Scale e quindi alle burrasche di neve.

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-RIONE IL FOSSATO

Il significato è evidente, la presenza dell’acqua a Monteacuto era scarsa e perciò preziosa.
Fino al 1883 vi erano alcune cisterne che raccoglievano l’acqua piovana, due di queste nel 1600 erano private, ma messe a disposizione dai proprietari per tutti. 

In seguito un abitante del paese, Pasquale Poli, riuscì a compiere un’impresa ingegnosa per l’epoca: portare l’acqua a Monteacuto da una sorgente distante alcuni chilometri attraverso una conduttura di coppi di terracotta.

Da questa conduttura parte una mulattiera selciata costruita dallo stesso Poli per raggiungere più comodamente il Mulino della Squaglia, di sua proprietà. 
Dal Mulino della Squaglia si raggiunge anche il Santuario di Madonna del Faggio. 


LA FONTE DEL FOSSATO DI PASQUALE POLI

Nella piazzetta del Belvedere l'antica fonte.


La targa a memoria di colui che portò l'acqua in paese recita così:
"L'anno 1883, 85 di sua età
Poli Pasquale un giorno risoluto
cercò quest'acqua e fece il suo livello
per condurre quest'acqua a Monteacuto
Fece il disegno e fece lo stradello
Nessuno credeva che su questo monte
che si dovesse condur si ricca fonte
Se fece da ingegnere e fece la via
Preghiamo almen per lui Gesù e Maria".

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A fronte il Monumento ai Caduti della Seconda Guerra, molti dei quali partigiani.
Monteacuto ricorda i suoi figli.

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Percorro via China in ripida salita e mi dirigo verso la chiesa.

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LA CHIESA

È dedicata a San Nicolò e si trova nella zona più alta del paese.
Non ci sono notizie certe sull’anno della costruzione ma unanimemente la si colloca nell’anno 950, quando venne citata come "cappella" in una bolla di Papa Pasquale II.

La facciata attuale con portico antistante a tre arcate è frutto di lavori settecenteschi. 
Il campanile è stato riedificato nel 1865 dal maestro muratore Lorenzo Biffoni. 

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Nella piazza antistante vengono organizzate serate estive come "Sere Nere", rassegna dedicata al cinema noir.

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L'interno della chiesa possiede un pavimento originale in lastre di arenaria.
Una grande acquasantiera su piede è del 1713, scolpita in arenaria da Bartolomeo Zaccanti.

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Sull'altare maggiore un magnifico crocifisso intagliato nel legno di cipresso da Andrea Brustolon, intagliatore padovano.

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Un'opera di notevoli dimensioni, 1,70 metri di altezza, portato a spalla nel 1786 da quattro volontari che si alternarono per quattro giorni nel trasporto.

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Nella prima cappella a destra un dipinto che ritrae San Giuseppe; in origine si trovava la fonte battesimale.

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La chiesa ha risentito molto dei problemi legati al suo territorio, sono molti infatti i parroci rinunciatari o non residenti, anche in tempi recenti.



Proseguo oltre la chiesa direzione "al Pratino", Passeggiata del Balzo.

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Un tempo lo si chiamava "Il Poggiolino", chissà, forse chi arrivava quassù poi lo chiamava a piacimento, un piccolo quadrato d'erba in cima al crinale del paese.

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Il muretto è stato alzato per la sicurezza a mò di tetto spiovente perchè non ci si possa sedere.

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Torno verso il centro del paese.

-RIONE DELLE LASTRE

Il nome si deve a un grande affioramento di arenaria su cui furono eretti diversi edifici.
A Monteacuto la pietra è dominante anche negli edifici antichi, costruiti in arenaria locale.
Da questo rione si gode il panorama sulle Tese, su Montegrande, sul Monte La Nuda e sul Corno alle Scale e, ai piedi della vallata, Pianaccio, il paese natale di Enzo Biagi, sepolto nel locale cimitero.

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La zona sud.
Una volta tornata al punto di partenza (punto di riferimento la trattoria Il Bagigio) mi dirigo nella Monteacuto meridionale dove si trovavano gli ultimi tre antichi rioni.


-RIONE I TREBBI

Il Trebbio ha un doppio significato; dal dizionario Treccani:
1-è l’incontro di tre strade, dal latino "Trivium" (a Monteacuto infatti convergono tre vie)
2-gruppo di persone che conversano sulla via; andare a Trebbio è una riunione di amici. 

La Proloco locale ha curato nel 2019 il suggestivo murales con i luoghi principali che circondano Monteacuto, stretto fra i due torrenti Silla e Baricello.

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-RIONE BORDILOCCO

Si trova nella zona meridionale del paese, delimitato da Le Tegge nella parte bassa.


-RIONE LE TEGGE

Nel dialetto locale il vocabolo “teggia” indica una costruzione rustica, magari porticata, che svolgeva la funzione di custodire gli animali e di nutrirli.
Il rione le Tegge è al plurale perché ve ne erano probabilmente un gran numero. 
Il paese aveva vocazione mercantile ma era anche ricco di bestiame.

Quello delle Tegge era il rione più popoloso del paese, con 21 famiglie residenti.
Fra di esse vi erano i Francia, così detti da un esponente emigrato da oltralpe, di cui fa menzione un'edicola nei pressi del cimitero.

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Superato il cimitero la strada non asfaltata (sentiero CAI 113) diventa presto mulattiera ed è anche area di castagni.
Castagneti ben tenuti dai proprietari che mantengono viva la cultura della castagna, frutto primario e indispensabile che per lungo tempo è stato unico sostentamento di queste montagne.

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CURIOSITÀ

I CIACCI (o NECCI)
Come in tutta l'Alta Valle del Reno dell'Appennino Bolognese al confine con la Toscana, qui si consumavano i ciacci, una sorta di crepes composta da farina di castagne, acqua e poco sale.

Oggi sono considerati un dolce, un arrotolato molto spesso riempito con ricotta, mentre le popolazioni rurali lo consumavano accompagnato da vivande salate.

La difficoltà maggiore era data dalla loro cottura, con l'impasto separato da foglie di castagno e inserito nei "testi", strumenti appositi poi messi sul fuoco del camino.
I ciacci cotti nei testi assumevano una colorazione bruna, con le sottili nervature delle foglie di castagno, le quali conferivano un sapore leggermente amaro.


Questa foto testimonia lo strumento, che il fotografo aveva intuito fosse destinato a scomparire, sostituito da mezzi più funzionali.
Oggi il "testo" è la comune piastra per cuocere la piadina o la crepes.

"testo", strumento per la cottura dei "ciacci" -
 ©Genus Bononiae - ©Luigi Fantini (San Lazzaro)





LE FAMIGLIE PIÙ ANTICHE DI MONTEACUTO

Le famiglie più note sono quelle dei Poli detti "placàn", pelacani, e quelle dei Guccini.

 Dall'autobiografia di Francesco Guccini "Non so che viso avesse" (le sue ricerche per stabilire la provenienza familiare arrivano a ritroso fin al 1500):¹

"Da un documento appare Guccino da Montagu’, munaro, cioè mugnaio. 
Montagu’ è poi Monteacuto delle Alpi.

Scrive lo storico Alfeo Giacomelli: "I Guccini sembrano essere la famiglia più autenticamente originaria del luogo".²

Dopo la decadenza tre-quattrocentesca (soprattutto a causa della peste), "I Guccini erano forse l’unica famiglia rimasta in tale periodo di crisi".³

Nel 1660 circa ci sono 21 famiglie Guccini con 101 individui, nel 1668 abbiamo 17 famiglie con 124 individui; fra queste spicca la famiglia di un certo Marco Guccini, con 23 componenti. Tutti da solo?!
Inutile continuare così, i Guccini vengono da lì, insomma, e altri e numerosi documenti attestano la presenza in loco della famiglia, intrecciata ai fenomeni del banditismo montanaro del Cinquecento; un esempio fra tutti, la faida fra i Guccini e i Biagi."



LE ESCURSIONI

Dal paese si dipartono diverse escursioni: per Madonna del Faggio (sent.109), Castelluccio di Porretta, Pianaccio, Segavecchia e il Corno alle Scale. 

La più suggestiva, anche se molto lunga, è quella che segue la Dorsale di Monteacuto e l’alta valle del Silla.
Si percorre l’antica mulattiera sino al Passo della Donna Morta (questo primo tratto era la via di collegamento con la Toscana nel Medioevo), Porta Franca, Monte Gennaio, Passo del Cancellino, concludendo ad anello attraverso i Balzi della Malacarne.


LE FOTO DEI RICORDI

Al Pratino 1983, quando lo si chiamava al Poggiolino.
Dai ricordi di Mirco Bianchi, anni '70:
"Si andava lì in compagnia, ci si sedeva sul muretto (perchè era più basso e piatto, col tempo lo hanno alzato) e si stava lì a guardare le stelle, a fare delle chiacchere, qualche volta a suonare la chitarra, o in compagnia della fidanzata".

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Bibliografia:

→ ¹Francesco Guccini, "Non so che viso avesse - quasi un'autobiografia", ed. Mondadori, 2010.


²A. Giacomelli, "La Musola", anno XXI - 1 aprile 1987, Le famiglie di Monteacuto nel 1500-700, p. 48

³Id., "La Musola", anno XXI - 11 ottobre 1990, Per una storia del banditismo montano, p. 47.


-pieghevole "Parco Regionale Corno alle Scale", a cura del Centro Villa Ghigi, serie Parchi e Riserve dell'Emilia Romagna n. 9, 1992.


Sitografia:

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sabato 20 novembre 2021

STRADA DELLE 52 GALLERIE - MONTE PASUBIO (Rifugio Achille Papa)

Strada della Prima Armata - Valli del Pasubio (Vicenza)




La Strada delle 52 Gallerie è un famoso percorso della cerchia prealpina, ex mulattiera militare, capolavoro ingegneristico caratterizzato dall’immenso lavoro di scavo effettuato durante la Prima Guerra Mondiale sul Monte Pasubio, a difesa dell’artiglieria austriaca.


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Il Monte Pasubio (m. 2239) si trova al confine fra Veneto e Trentino e fa parte delle Prealpi Vicentine; congiunge le Piccole Dolomiti all’Altopiano di Folgaria.

Punto di riferimento del Monte Pasubio è il Rifugio Achille Papa.

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©google earth - ©mappatura Monica Galeotti





ACCESSI

Al rifugio Achille Papa si può arrivare da:

-Pian delle Fugazze (Strada degli Eroi), sentiero 339, ore 2,30 → E
-Ponte Verde (val Canale), sentiero 311, ore 3,0 → E
-Bocchetta Campiglia (Strada degli Scarubbi), 370, ore 2,30 → T (normalmente percorsa in discesa dopo la salita alle gallerie)
-Bocchetta Campiglia (Strada delle 52 Gallerie), sentiero 366, ore 3,00 → EE

©google earth - ©mappatura Monica Galeotti
©google earth - ©mappatura Monica Galeotti




L'itinerario da me scelto prevede l’accesso attraverso la Strada delle 52 Gallerie. 


PER ARRIVARE

Da Schio prendo la S.P. 46 del Pasubio.
Percorro le Valli del Pasubio fino a Ponte Verde.

 Da qui la strada diventa stretta e tutta curve, raggiungo Passo Xomo e poi il parcheggio di Bocchetta Campiglia a pagamento (€6 solo moneta). 

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PERCORSO AD ANELLO:
ANDATA → STRADA DELLE 52 GALLERIE 
RITORNO → STRADA DEGLI SCARUBBI
Difficoltà: EE
Dislivello: 934 m
Tempo: 
-ore 3:00 andata (8,5 km)
-ore 2:00 ritorno 
Lunghezza complessiva dell’anello: 14,8 km


pasubio- ©mappatura Monica Galeotti
©escursione GPS Relive 3D - ©mappatura Monica Galeotti




Il percorso è di media difficoltà, ma viene segnalato come EE/Escursionisti Esperti.
Non vi sono difficoltà tecniche ma alcuni tratti sono un po’ esposti e il sentiero è impegnativo per il dislivello.

D’obbligo l’abbigliamento di montagna e una torcia elettrica perché le gallerie non sono illuminate.
Alcune gallerie sono basse, il caschetto può essere utile.


Dal parcheggio di Bocchetta Campiglia mi incammino verso il moderno portale di ingresso.

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Dopo alcuni tornanti raggiungo lo storico portale della 1ª galleria (mt. 17), dedicata a Giuseppe Zappa, datata 1917.

L'ideatore di questa mulattiera fu il capitano del Genio Leopoldo Motti, caduto il 29 settembre 1917 durante l'esplosione della prima mina austriaca sul Dente Italiano.

La realizzazione, impresa titanica, fu progettata dal tenente ingegnere Giuseppe Zappa per incarico del comando della 1ª armata, realizzata dalla 33ª compagnia minatori e del 5º reggimento Genio e da sei centurie di lavoratori militarizzati.


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La 2ª galleria (mt. 65) è dedicata al generale Giuseppe D'Havet, comandante del Genio del V Corpo d'Armata, riconosciuto come uno dei più competenti ingegneri militari dell'esercito. 
A lui è dedicata anche la grande galleria all'inizio della Strada degli Eroi.

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Le difficoltà per la costruzione furono molte.
Tutta la parte rocciosa, rivolta verso la Val Leogra, si presentava quasi inaccessibile.

Nel primo tratto da Bocchetta Campiglia sino ai Forni Alti, correva una lunga cresta di pareti verticali, guglie vertiginose e canaloni oscuri, che non era mai stata percorsa: la Bella Laita. 

I lavori iniziarono nel marzo del 1917 e furono portati a termine in pochi mesi.
A novembre l’opera era realizzata sino a Passo di Fontana d’Oro (43ª galleria) e a dicembre giungeva alle Porte del Pasubio. 

Furono impiegate non meno di 600 persone.
La strada richiese quasi esclusivamente lavori di mina, furono usati martelli perforatori ad aria compressa, l’erogazione della quale proveniva dall’impianto di Malga Busi.

Questa organizzazione comportò la costruzione di un cantiere con baraccamenti, diversi telefoni (teleferiche a mano), sentieri di servizio e lo stendimento di chilometri di tubi per l’erogazione dell’aria compressa.

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Cartellonistica Strada delle 52 Gallerie - ©foto Monica Galeotti




Il percorso guadagna quota con costante pendenza e la mulattiera taglia le pareti a picco del crinale della Bella Laita.

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Osservo la sottostante Val Leogra.
 
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Entrando ed uscendo dalle gallerie mi affaccio su un panorama meraviglioso e su picchi vertiginosi.
È zona di nebbia e spesso la si trova, fortunatamente la giornata è splendida e posso ammirare il panorama naturale fra creste, altri gruppi montuosi, collina e pianura.

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Arrivo alla 12ª galleria (mt. 95), dedicata al capitano Leopoldo Motti, di Reggio Emilia, perito nell'esplosione della prima mina austriaca sul Dente Italiano, 29 settembre 1917.

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La strada prosegue poco lontana dalla linea di vetta.

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Le gallerie che seguono furono costruite per offrire appostamenti di artiglieria e per la difesa ad oltranza.

All’uscita dalla 18ª galleria Parma (mt.46) vi sono i resti di cinque pozzi in cemento affondati nella roccia predisposti come fornelli da mina, per rendere impraticabile la strada nel caso di forzato abbandono della zona.

Dove il tratto di strada era particolarmente esposto allo scarico di valanghe furono organizzate protezioni di copertura con tettuccio paravalanghe con ferri murati a monte che appoggiavano su pali incastrati nel muro a valle.

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Cartellonistica Strada delle 52 Gallerie - ©foto Monica Galeotti





La 19ª galleria (mt. 318)
Chiamata anche la "Grande Galleria", con un percorso elicoidale, è la più lunga del tracciato e venne portata a termine il 20 luglio 1917.

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Esco dalla galleria. 

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A pochi metri, la 20ª galleria (mt. 86) è dedicata al Capo di Stato Maggiore dell'esercito italiano, il gen. Luigi Cadorna, il quale fu sostituito nel novembre 1917, in seguito alla disfatta di Caporetto.

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 La galleria compie anch'essa una spirale, girando 4 volte su se stessa come un cavatappi all'interno di un gigantesco torrione, per superare il notevole dislivello.
 Centralmente il torrione è traforato da una serie di fornelli di mina scavati orizzontalmente nella parete, adatti a contenere pacchi di gelatina esplosiva con cui far franare l'intera guglia nel caso in cui fosse stato necessario interrompere la strada.

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Esco dal torrione della 20ª galleria.

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All'altezza della 26ª galleria Napoli (mt. 24), osservo il panorama sulle Piccole Dolomiti.

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Chiamate anche Piccole Dolomiti Vicentine, sono un breve gruppo montuoso della sottosezione Prealpi Vicentine.
Il loro nome richiama le loro sorelle maggiori, le Dolomiti, a causa della dolomia di cui sono fatte, ma coniate con l'aggettivo "piccole" per la loro altitudine inferiore.
Anche lo stesso Pasubio ne fa parte ma talvolta viene visto come estraneo, ecco perchè la distinzione nella mappa iniziale.

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Superata la 30ª galleria Miss (mt. 10) la strada prosegue allo scoperto per un tratto di 327 mt. quasi in piano a quota 1842 m.

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Entro nell'enorme apertura che separa la Bella Laita dal Monte Forni Alti.
Percorro una decina di gallerie in un tratto di paesaggi superbi.

La zona è chiamata dei Vaji: Vajo del Motto, Vajo di Mezzo e Vajo del Ponte, ripidi canaloni sottostanti dove le rocce sono attrezzate con sentieri alpinistici. 

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All'altezza della 41ª galleria '26ª minatori' (mt. 24) la mulattiera aggira Monte Forni Alti (2023 m) e la 43ª Polesine (mt.55) corre sotto il passo Fontana d’Oro (1875 m).

Nel frattempo un bellissimo esemplare di Carlina comune (Carlina Vulgaris L.1753).

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L'ultimo tratto in leggera salita è spettacolare perché intagliato nella roccia a precipizio e mi porterà alla quota massima di 2000 m.

Esco dalla 47ª galleria Pallanza 'reggimento di fanteria' (mt. 22).

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Da questo punto, il più alto della strada, il panorama è grandioso.

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Poco dopo la 48ª galleria Cesena (mt. 14) la strada scende attraverso i resti di alcuni manufatti che raccontano di un luogo densamente abitato di ricoveri, baraccamenti per le truppe a riposo e alloggiamenti per le artiglierie posizionate sulla cresta .

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La discesa che accompagna l'ultimo tratto di strada sulla strapiombante Val Canale offre panorami suggestivi.

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Intravedo il Rifugio Papa e la Strada degli Eroi dalla parte opposta, che arriva da Pian delle Fugazze.

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Entro infine nelle ultime due tortuose gallerie, 51ª Plotone Minatori Sardi (mt. 66) e 52ª Sardegna (mt 86), e calo ripidamente per sbucare nell'intaglio Porte del Pasubio dove si trova il Rifugio Generale Achille Papa.

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IL RIFUGIO GENERALE ACHILLE PAPA (1928 m)

Il rifugio è dedicato al gen. Achille Papa, medaglia d'oro al Valor Militare, comandante della brigata Liguria, caduto sulla Bainsizza il 5 ottobre 1917 alla testa della sua 44ª divisione.
Qui sul Pasubio il generale progettò e fece realizzare un sistema difensivo e logistico che fece del massiccio un inespugnabile baluardo.

Di proprietà del CAI di Schio, il rifugio possiede 55 posti letto e, come ricoveri di fortuna, 7 posti al bivacco Marzotto-Sacchi.

Il rifugio è stato ricavato dai resti di uno degli innumerevoli ricoveri in muratura abbarbicati alle scoscese pendici durante la Grande Guerra e inaugurato nel 1922.
Nel tempo ampliato, l'ultimo intervento è stato fatto nel 2005-2006.

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In questo luogo vi era una cittadella di baracche, dai combattenti battezzata "el Milanin" (la piccola Milano).
Vi alloggiavano il comando e le truppe, i magazzini, un'infermeria e in una caverna era stata allestita una sala operatoria.
Ieri, come oggi, fu il "nodo stradale" delle principali vie d'accesso.
L'arditezza dell'impresa delle gallerie si sommava a quella delle teleferiche e del grandioso impianto idrico, che imbrigliava e incanalava l'acqua potabile superando un dislivello di quasi 1300 metri, distribuita fin nelle lontane trincee attraverso 40 km di tubature.

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Cartellonistica Strada delle 52 Gallerie - ©foto Monica Galeotti




La facciata del rifugio è coperta da numerose lapidi che ricordano gli eroi del Pasubio.
Ma il rifugio è qui a ricordare anche la storia di questa montagna, attraversata da centinaia di caverne-rifugio, da oltre 10 km di gallerie, da 50 km di camminamenti e trincee ad opera del Genio, che coordinò tutti i lavori.

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Mentre riposo osservo le Piccole Dolomiti e la ripidità della Val Canale, sulla quale si affaccia il rifugio.
Da qui potrei salire alla cima del Monte Pasubio, Cima Palon (2232 m) in circa 1 ora di tempo solo andata (diff. E), ma poi decido che sarà per un'altra volta, magari quando salirò al rifugio dalla Strada degli Eroi.

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LA STRADA DEGLI SCARUBBI

Così mi preparo per tornare al parcheggio di Bocchetta Campiglia attraverso la Strada degli Scarubbi, a completare il circuito ad anello.

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Durante la Battaglia degli Altipiani (15 maggio-27 giugno 1916) la Strada degli Scarubbi era l'unica camionabile come accesso al Pasubio.

Tra fine maggio e dicembre 1915 le truppe italiane occuparono l’intero massiccio.

Nel maggio 1916 gli austroungarici arrivarono sul versante occidentale stabilizzando lo scontro su due sommità rocciose che si fronteggiavano sul Monte Pasubio: fino a quel momento prive di nome, diverranno celebri come Dente Italiano e Dente Austriaco (oltrepassando la Cima Palon si trovano a ore 1,45 dal Rifugio Papa).

Su queste posizioni il 17 giugno 1916 si esauriva l’offensiva austroungarica.

Ma la guerra mondiale non era finita, e sul Pasubio si continuò a combattere, dal giugno 1916 fino al novembre del 1918.

La Strada degli Scarubbi era spesso presa di mira dalle artiglierie nemiche, quindi praticabile solo di notte, al buio, con gravi pericoli per uomini, mezzi e relativi carichi.
Inoltre, durante l'inverno, a causa della neve abbondante, era impraticabile.

Per questi motivi nel corso del 1917 fu realizzata la Strada delle 52 Gallerie, non raggiungibile dal tiro dell'artiglieria.

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Sul far della sera il paesaggio è lunare, la passeggiata in discesa molto affascinante.

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Trovo il Raponzolo di roccia (Physoplexis comosa)una pianta erbacea perenne, caratteristico e raro fiore alpino, che si trova solamente nelle Alpi Centro-orientali.
Questa fessura umida e ombrosa della rupe calcarea della Strada degli Scarubbi è il suo habitat ideale.
Appartiene alla famiglia del genere Campanula.

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Arrivo al bosco dai colori autunnali e pian piano raggiungo Bocchetta Campiglia.

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Il Rifugio Papa, oltre che come base per il traguardo alla Cima Palon, la più alta del Pasubio, è punto di intersezione di numerosi sentieri, principalmente il Sentiero della Pace, il Sentiero Europeo E5 e la Strada degli Eroi.

La Strada delle 52 Gallerie è consigliabile percorrerla nel periodo estivo (in primavera è possibile trovare ancora neve) ed è vietata in bicicletta, a seguito di numerosi incidenti mortali.

Sconsigliabile con temporali e brutto tempo, per le precipitazioni improvvise di sassi e fango.

Ho avuto la fortuna di percorrere questa famosa strada in una giornata fresca e soleggiata, potendola così apprezzare sotto tutti i punti di vista: storico, ingegneristico e paesaggistico.




Gli altri itinerari:

  → MONTAGNE

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Note:

-l'itinerario qui descritto è stato percorso personalmente il 24 ottobre 2021 consultando preventivamente le previsioni meteo, prestando attenzione all'evoluzione del tempo nella stessa giornata.


-per i livelli di classificazione delle difficoltà nell'escursionismo vedi  Dolomiti presentazione



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Bibliografia:
-cartellonistica Strada delle 52 Gallerie

Sitografia:

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