venerdì 30 settembre 2022

IMAGE CAPITAL

MAST - via Speranza, 4 - Bologna


La fotografia come tecnologia dell’informazione.


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La Fondazione MAST presenta Image Capital, una mostra nata, dopo quattro anni di lavoro,
dal fotografo Armin Link e dalla storica della fotografia Estelle Blaschke, ricercatrice dell’Università di Basilea.




ARMIN LINKE
Di origine tedesca, nasce a Milano nel 1966 in una famiglia dove si respira arte: il padre possiede una camera oscura e la madre lavora come grafica.
Abita a Milano in una ex fabbrica di biciclette trasformata in una casa-studio, ma dal 2008 trascorre molto tempo anche a Berlino.
La sua formazione è da autodidatta e ha lavorato per il teatro, la musica (J. Cage) e per artisti come K. Haring.

Le sue narrazioni si allargano a vari ragionamenti, istallazioni e visualizzazioni, sfidando le convenzioni della pratica fotografica.

Significativo il suo lavoro sul G8 di Genova nel 2001, dove fotografa l'ambiente fisico, sociale, psicologico e culturale.

Ha collaborato con l'Università di Architettura di Venezia e insegnato fotografia all'Università delle Arti e del Design di Karlsruhe, in Germania.

Nel 2004 alla Biennale di Venezia vince il premio sezione Episodi per l'istallazione Alpi, in collaborazione con l'architetto Piero Zanini.
Con la stessa opera vincerà all' Architecture Film Festival di Graz, in Austria.

Dal 1998 lavora al progetto "4Flight", sui fenomeni che stanno modificando la vita sul pianeta.
La ricerca ha portato ad avere un archivio in progress con l'obiettivo di testimoniare lo stato del pianeta.

A partire dal 2014, per due anni Linke ha intrapreso il progetto "Anthropocene Observatory", osservazioni legate al tema dell'Anthropocene, descritto nella pubblicazione MAST Foto/Industria 2019.


Espone alla quarta Biennale di Foto Industria 2019 alla Biblioteca Universitaria di via Zamboni a Bologna con la mostra Prospecting Ocean.

Oggi è professore invitato all'ISIA di Urbino, artista in residenza al Kunsthistorisces Institut di Firenze e artista invitato al CERN di Ginevra.

©foto Robert Hamacher




ESTELLE BLASCHKE
Estelle Blaschke è una storica della fotografia interessata alla circolazione delle immagini, alle infrastrutture dell’immagine e ai concetti di fotografia come informatica.

Dal 2015 al 2020 ha condotto una ricerca sulla storia del microfilm presso l’Università di Losanna.

È titolare di una cattedra ad interim in studi sui media all’Università di Basilea e insegna storia e teoria della fotografia all’ECAL Di Losanna.

È membro del comitato editoriale della rivista "Trasbordeur. Photografie, Histoire, Société".

Insieme ad Armin Linke è a capo del progetto espositivo e di ricerca "Image Capital".





LA MOSTRA

Image Capital è un ambizioso progetto artistico che indaga l’effetto visivo della fotografia, ricercando in essa le informazioni che, attraverso l’elaborazione, l’archiviazione, la protezione e lo scambio diventa un vero e proprio "Capitale", da cui il titolo:
Capitale di Immagini.

"Capitale" per chi possiede materiale fotografico dal quale si può ricavare un utilizzo pratico e tecnologico per quello che riguarda l’informazione. 

Questa mostra non è soltanto una esposizione ma un vero e proprio progetto di ricerca che unisce arte e scienza.
 Quindi non una mostra DI fotografia ma SULLA fotografia.

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L’utilizzo della fotografia come tecnologia dell’informazione è avvenuta intorno alla metà del '900 quando aziende e istituzioni avevano necessità di ottimizzare i loro processi gestionali e amministrativi.

In seguito è arrivata la fotografia digitale che ha ottimizzato la tecnologia dell'informazione in maniera più efficiente.

Grazie alla fotografia i sistemi di comunicazione e di accesso alle informazioni sono migliorati, tanto da consentire lo sviluppo delle industrie a livello globale e lo sviluppo di vasti apparati governativi.

In questa mostra non si parla soltanto di immagini pubblicitarie che invadono lo spazio pubblico e neppure delle immagini che popolano i nostri social media; si parla soprattutto di ogni oggetto che ci circonda, qualsiasi oggetto comprato o che vediamo intorno a noi, è già stato fotografato, proprio per i processi di cui si occupano le aziende: produzione e controllo della qualità.

Linke e Blaschke esplorano e indagano le diverse modalità attraverso cui la fotografia viene utilizzata in ambito scientifico, culturale e industriale.

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Armin Linke, Estelle Blaschke, Francesco Zanot, MAST Conferenza stampa, 22 settembre 2022
©foto Monica Galeotti


Curata da Francesco Zanot, la mostra è organizzata in un percorso suddiviso in 6 sezioni:
1- MEMORY
2- ACCESS
3- PROTECTION
4- MINING
5- IMAGING
6- CURRENCY

Il materiale esposto (immagini, video, interviste, pubblicazioni) è distribuito nello stesso piano, senza gerarchie, per offrire allo spettatore una narrazione/esperienza di tipo immersiva e stratificata.



1- MEMORY - MEMORIA

La fotografia viene creata da uno strumento meccanico e poi diventa essa stessa uno strumento per la riproduzione di immagini.

La sua particolarità è quella di catturare i dettagli.

Riguardo la tecnologia dell’informazione è uno strumento utilissimo nell’ambito dell’archivio: sia su pellicola fotografica che in file digitale, può essere vista, replicata e riusata in vari ambiti.

Questa immagine rimanda a diversi momenti della storia dell'archiviazione delle immagini nella fototeca: lo schedario, elemento chiave per la ricerca; l'espositore bianco in cui sono specificati i termini del servizio di fotocopie e scansioni; la telecamera di sorveglianza, collocata sopra il mobile.

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Kunsthistorisches Institut in Florenz-Max-Planck-Institute, Fototeca, Firenze, Italia, 2018.
©Armin Linke.©foto Monica Galeotti



Oltretutto la produzione e la riproduzione di immagini oggi avviene a costi ridotti e con uno sforzo relativamente contenuto, cosicché gli archivi sono diventati depositi di memoria visiva e utilizzati per molteplici scopi: sono consultati per
documentazione di persone, luoghi ed eventi;
per fini commerciali e sistemi di sorveglianza; per la ricerca scientifica dove nel tempo hanno contribuito all’evoluzione di numerose discipline come l’antropologia, l’astronomia, la medicina e la storia dell’arte.


Life Magazine, vol. 19, n. 11, settembre 1945, pp. 112-113, 123, 124.
Pagine aperte all'articolo "As We May Think" (come si potrebbe pensare).
Nel 1945 l'ingegnere e scienziato Vannemar Bush presentò una "macchina della memoria", il Memex, che avrebbe permesso di immagazzinare e reperire quantità smisurate di informazioni riprodotte fotograficamente. Benchè il progetto di Bush non sia mai stato realizzato, il Memex è considerato il prototipo degli odierni motori di ricerca.

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La fotografia è
memoria storica, politica e culturale.


"Se non hai memoria fotografica, prendine una"
(Kodak, 1966).
Questa macchina, prodotta da Kodak per un breve periodo, utilizzava la pellicola fotografica per l'archiviazione dei dati, combinata a un sistema elettronico per il loro ritrovamento.

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Pubblicità Kodak per il Recordak Miracode System di Kodak, 1966.
©Armin Linke-Estelle Blaschke.©foto Monica Galeotti




2- ACCESS - ACCESSO

Nell’era digitale è importantissima la modalità di archiviazione, reperimento e indicizzazione delle immagini. 

La fotografia digitale ha dato l’avvio ad un cambiamento epocale: le immagini convertite in un codice binario insieme al testo, si fondono in un unico file.
Diventano perciò compatibili con l’elaborazione computerizzata e dipendente dal software. 

Sono composte da pixel e diversi tipi di metadati (parole chiave, geodati, didascalie) e sono strutturate da hashtag, like e commenti sui social media.

Oggi con la fotografia digitale, gli smartphone e gli scanner si producono più immagini che mai, più di quelle che possono essere processate e, a maggior ragione, archiviate. 

Per questo motivo l’associazione fra fotografia e testo (o metadati) diventa il successo della fotografia come tecnologia dell’informazione.
Sarebbe oltremodo impossibile, in un mare di immagini che costituiscono un archivio, accedere a queste fotografie, quindi riconoscerle e utilizzarle.


Vista del Large Hadron Collider, il più grande acceleratore di particelle al mondo, progettato per studiare alcune fondamentali questioni aperte della fisica, come la struttura profonda dello spazio e del tempo.

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©Armin Linke, CERN, Large Hadron Collider (LHC), Ginevra, Svizzera, 2019.
Courtesy: l'artista e Vistamare Milano/Pescara.




La scheda a finestra (combinazione di immagine e testo) può essere considerata la massima espressione di microtecnica (prima della digitalizzazione): un progetto architettonico, per esempio, viene stoccato come immagine e i metadati sono registrati sulla scheda perforata. 
Durante gli anni sessanta e settanta del Novecento, aziende come IBM, 3M e Eastman Kodak hanno investito per fare di questo formato 'visivo' di archiviazione e trattamento delle informazioni uno standard nel campo dell'ingegneria. (ricerca: Estelle Blaschke)

©Fotografo sconosciuto, scheda a finestra, 1960 c. University of Rochester, Rare Books, Special Collections, and Preservation (RBSCP), Kodak Historical Collection.Courtesy: MAST.




In Fortune Magazine l'articolo di Francis Bello "Come gestire l'informazione", pp. 162-63
Negli anni sessanta del Novecento, molti progetti prevedevano una combinazione di dati scritti in codice e riproduzione del documento su pellicola. Con la diffusione di codici sempre più sofisticati, lo spazio all'interno della cornice è andato riempiendosi progressivamente. La ricerca di tecniche sempre più efficienti per processare e immagazzinare le informazioni riflette il timore di essere sommersi da un presunto diluvio di informazioni.

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©Fortune Magazine, vol. 62, no. 3, Settembre 1960. Courtesy: Estelle Blaschke & Armin Linke

©foto Monica Galeotti





3- PROTECTION - PROTEZIONE

La forma più comune di riproduzione della fotografia è la microfotografia, ovvero la radicale compressione di testi o immagini su microfilm.

Tecnica utilissima per ridurre gli spazi di archiviazione e per garantire l’accesso da remoto a quantità elevate di materiali.

La prima applicazione sistematica del microfilm avvenne nell’ambito bancario e a seguire nelle società di vendita al dettaglio, nelle assicurazioni, nell’industria automobilistica e in molti enti governativi.

Le informazioni contenute nel materiale degli archivi sono diventate ben presto di valore, fino a necessitare di protezione.
Pensiamo alla protezione di un’azienda o di una istituzione.

Ecco allora la creazione di versioni di backup per proteggere i dati a lungo termine per proteggere dal rischio di furto di dati o danneggiamento.

Le immagini, depositi di informazioni potenzialmente deteriorabili, a loro volta devono essere protette.

Gli autori della mostra investigano su queste strategie per la protezione delle immagini.
Investigano gli archivi, a volte monumentali, e i sistemi di backup.

Uno di questi luoghi è Iron Mountain, una cava di calcare esausta situata in una zona remota della Pennsylvania occidentale.

In questo deposito sotterraneo vi lavorano oltre 2500 persone e vi sono raccolte di fotografie, rulli di pellicola in celluloide e documenti cartacei di importanza cruciale, fra cui quelli dell’Ufficio Brevetti e degli Archivi Nazionali degli Stati Uniti.

Servono risorse energetiche enormi per raffreddare i centri di elaborazione dei dati analogici e digitali ma questa società di servizi, sussidiaria di Eastman Kodak, è un’azienda multinazionale e multimiliardaria di gestione dei dati.


Ingresso del sito di stoccaggio di Iron Mountain a Boyers (PA), USA, 1955 c.
Prima dell'avvento della società Iron Mountain, alcune parti del deposito sotterraneo erano gestite dalla Eastman Kodak e dalla sussidiaria Recordak. Nel ventesimo secolo, la Eastman Kodak è stata leader mondiale nel settore delle pellicole e delle macchine fotografiche. (ricerca: Estelle Blaschke)

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Fotografo sconosciuto - University of Rochester, Rare Books, Special Collection, and Preservation (RBSCP), Kodak Historical Collection - ©foto Monica Galeotti





Sito di stoccaggio di Iron Mountain, massima sicurezza. Vi sono conservati documenti e dati di circa 230.000 clienti.

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©Armin Linke, Iron Mountain, 2018 - ©foto Monica Galeotti





4- MINING - ESTRAZIONE

In questa sezione gli autori analizzano l’utilizzo delle immagini nelle tecnologie per il riconoscimento automatico.

Vi sono sistemi che estraggono (mining) dalle fotografie una grande quantità di informazioni. 

Per questi processi la produzione è senza limiti.
Grandi quantità di immagini simili da cui vengono estratte informazioni simili, non è più la banalizzazione della fotografia, ma si tratta di applicazioni fondamentali per lo sviluppo di tecnologie di riconoscimento automatico, la cosiddetta "computer vision", di cui si servono ad esempio i dataset proprietari dei Big Five (Apple, Amazon, Facebook, Google, Microsoft).

Oggi la computer vision si è diffusa in vari campi: ingegneria, industria manifatturiera, agraria e robotica.

L’obiettivo è raggiungere un modello di comunicazione fra le macchine che operi senza il bisogno di una direzione umana.

L’automatizzazione delle immagini viene influenzato dall’estetica e dalle apparenze. 
È presente ad esempio nei filtri che gli smartphone applicano alle immagini e negli algoritmi che ordinano i risultati delle nostre ricerche e ci fanno navigare fra un’infinità di immagini contemporaneamente libere e interconnesse.



L'azienda olandese Ter Laak Orchids, ad esempio, grazie a dei sensori fotografici, indirizza le singole piante di orchidee in diverse zone di questa serra, a seconda del grado di maturazione, e verranno riconosciute quelle che potranno essere inserite nel mercato. 

©Armin Linke, Ter Laak Orchids, linea di produzione delle orchidee, Wateringen, Paesi Bassi, 2021. Courtesy: l'artista e Vistamare Milano/Pescara.


Ogni singola pianta viene scansionata con 24 immagini per riconoscere quanti boccioli e fiori possiede e di conseguenza determinarne il valore e destinarlo ad un mercato.
Al mercato del sud dell’Europa nel momento in cui ci sono i fiori, al mercato del nord dell’Europa nel momento in cui ci sono dei boccioli.

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©Armin Linke, Ter Laak Orchids, tecnologia di differenziazione ottica, Wateringen, Paesi Bassi, 2022. Courtesy: l'artista e Vistamare Milano/Pescara - ©foto Monica Galeotti





La produzione data-driven determina anche lo sviluppo di nuovi software: Priva, per esempio, offre un software registrato con il brand e proprietario “Plantonomy“, che promette una pianificazione delle risorse e un controllo dell’energia più efficienti, capitalizzando le leggi della crescita vegetale. Secondo Priva, l’esperienza e i prodotti generati dalla coltivazione agricola automatizzata possono essere applicati altrettanto efficacemente alla gestione sostenibile ed efficiente degli edifici-grattacieli, hotel, uffici, scuole eccetera.

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©Armin Linke, Priva, serra per pomodori, Priva Campus, De Lier, Paesi Bassi, 2021. Courtesy: l'artista e Vistamare Milano/Pescara - ©foto Monica Galeotti





Accompagnato da dati empirici e misurazioni scientifiche, questo portfolio documenta le diverse fasi di crescita della pianta di patata. La fotografia è stata profusamente utilizzata nel campo delle scienze umane e naturali come prova e come strumento per la produzione di conoscenza.

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Aimé Girard, Ricerca sulla coltivazione industriale della patata, Portfolio con sei eliografie, 1889. Courtesy: Estelle Blaschke e Armin Linke - ©foto Monica Galeotti




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Aimé Girard, Ricerca sulla coltivazione industriale della patata, Portfolio con sei eliografie, 1889. Courtesy: Estelle Blaschke e Armin Linke - ©foto Monica Galeotti




Gli algoritmi di clustering sono sviluppati in database a partire da dataset annotati, in modo tale che gli oggetti possano essere identificati nelle immagini da diverse angolazioni.
I sistemi di apprendimento e di riconoscimento automatico richiedono grandi quantità di immagini simili o dataset.

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Edo Collins, Radhakrishna Achanta, Sabine Süsstrunk, Deep Feature Factorization for Concept Discovery, documento presentato alla Conferenza europea sulla visione computerizzata (ECCV), Monaco, Germania, 2018..
Courtesy: École Polytechnique Fédérale de Lausanne (EPFL) - ©foto Monica Galeotti




5- IMAGING - IMMAGINE

Nella sezione Imagin la fotografia viene indagata come sistema di visualizzazione della realtà ma anche come realtà progettata e costruita.

Come visualizzazione della realtà, viene utilizzata per documentare i processi di lavoro, per ottimizzare i processi scientifici, per ottenere un’immagine più grande (fotografia aerea), per analizzare le particelle in fisica.

Come visualizzazione di realtà costruita, la fotografia è utilizzata per replicare la realtà con straordinaria fedeltà. 
Ecco che si parla di rendering digitaliimmagini di derivazione fotografica; attraverso i rendering la realtà si costruisce.

È il caso ad esempio delle rappresentazioni digitali fotorealistiche dell’industria dei videogiochi o le librerie di modelli 3D. 

Questa realtà costruita sempre più sofisticata andrà a costituire gli ambienti virtuali del futuro.



In esperimenti come ALICE, diversi tipi di sensori, qui di forma rettangolare, vengono posizionati intorno allo spazio dove avvengono le collisioni, in modo da rilevare e “fotografare“ le tracce e le sequenze di particelle.

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©Armin Linke, CERN, (A Large Ion Collider  Experiment), modello del sensore di eventi per le presentazioni al pubblico, Ginevra, Svizzera, 2021. Courtesy: l’artista e Vistamare Milano/Pescara - © foto Monica Galeotti





©Armin Linke, CERN, Large Hadron Collider (LHC), sala di controllo, Ginevra, Svizzera. Courtesy: l’artista e Vistamare Milano/Pescara






Ricostruzione del Ciclo di Sant’Orsola di Carpaccio ad opera di Gustav Ludwig, modello in legno con fotomontaggio, 1904 c.
Il fotomontaggio qui si attesta come una sorta di rendering pre-digitale.

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Courtesy Kunsthistorisches Institut in Florenz, Firenze, Italia - ©foto Monica Galeotti




Movimenti di particelle catturati nella LExan Bubble Chamber (LEBC) installata nella zona nord dell’acceleratore noto come Super Proton Synchrotron, 09.12.1981, CERN, Ginevra, Svizzera.

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©Courtesy: CERN, Ginevra, Svizzera - ©foto Monica Galeotti




Tutte le immagini forniscono una veduta parziale della camera a bolle LEBC e hanno un orientamento diverso rispetto alla direzione del fascio in entrata.
Il fascio qui entra dall’angolo in alto a sinistra, diretto verso l’angolo in basso a destra. Si nota un’interazione vicino al bordo sinistro dell’immagine dove si crea un flusso di particelle ad alta energia.

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©Courtesy: CERN, Ginevra, Svizzera - ©foto Monica Galeotti




6- CURRENCY - MONETA

Il valore delle immagini. 

Fin dalle sue origini la fotografia ha posseduto un valore peculiare in campo industriale, scientifico, pubblicitario.

Con la fotografia digitale il sistema di attribuzione di valore è cambiato.

Il mercato della fotografia stock è in declino dagli anni 2000.
Oggi il valore delle immagini è legato all’accumulo di enormi quantità di materiale visivo, come accade nei social media.
Valore soprattutto perché ogni immagine possiede dati e informazioni (metadati).


Il valore delle immagini originali e l’importanza di mantenere un archivio analogico si riflettono nelle celebri fotografie del 1932 Lunch atop a Skyscraper, attribuite a Charles C. Ebbets.
Benché esistano innumerevoli copie analogiche e digitali di queste immagini, le lastre originali sono conservate in archivio come testimonianze culturali e prove dei diritti di proprietà.

©Armin Linke, Sito di stoccaggio di Iron Mountain, Boyers (PA), USA, 2018. Courtesy: l’artista e Vistamare Milano/Pescara 


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Dice Armin Linke: "La mostra deriva da una performance organizzata alcuni anni fa al Centre Pompidou di Parigi.
La domanda è: come trasformare una performance in una mostra? Insieme ai designer e a Francesco Zanot si è costruito una specie di paesaggio, un po’ come entrare in un giardino; ho chiesto di non appendere le fotografie alle pareti: sono esposte come sculture.

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Ci si muove un po’ come in un videogame attraverso questi sei livelli.

Il visitatore è invitato a navigare in un ipertesto digitale, trovandosi così in una sorta di flânerie, ma allo stesso tempo c'è un invito a studiare."


Gli autori hanno invitato al ragionamento e devo dire che, dopo essermi "immersa" in questo "non percorso" mi sono posta una domanda: "Iron Mountain in Pennsylvania è uno dei tanti luoghi dove viene depositato materiale fotografico digitale in quantità straordinaria.
Microfotografie conservate in archivi; archivi protetti da codici; codici protetti da sistemi di sicurezza; sistemi di sicurezza protetti...ecc.
Una spessa matrioska che nasconde apparati sempre più complessi e sensibili, un equilibrio difficile da preservare.
 La sicurezza appesa al filo dell’equilibrista, la precarietà delle cose come quella delle nostre vite?


"Come l’acqua, il gas o la corrente elettrica entrano grazie a uno sforzo quasi nullo, provenendo da lontano, nelle nostre abitazioni per rispondere ai nostri bisogni, così saremo approvvigionati di immagini e di sequenze di suoni, che si manifestano a un piccolo gesto, quasi un segno, e poi subito ci lasciano".
(Paul Valéry, 1929)




L'argomento è complesso (proprio per questo affascinante). Consiglio di arrivare alla mostra con la consapevolezza di avere appreso le informazioni contenute in questa pagina.

Per un ulteriore approfondimento gli autori hanno sviluppato un sito, una piattaforma di pubblicazione: image-capital.com


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IMAGE CAPITAL
22 settembre 2022 - 8 gennaio 2023

Ingresso gratuito, senza prenotazione.
Martedì - domenica 10-19

È previsto un programma di eventi con ingresso gratuito su prenotazione: talk, proiezioni e attività didattiche legate al tema della mostra.
In occasione degli eventi serali ore 10-22

La  mostra è accompagnata da un booklet informativo gratuito.



     

IMAGE CAPITAL - Allestimento / Making of from Fondazione MAST on Vimeo.



La mostra è curata da Francesco Zanot.

Il progetto espositivo in collaborazione tra Fondazione MAST, Bologna - Museum Folkwang, Essen - Centre Pompidou, Paris - Deutsche Börse Photography Foundation, Frankfurt/Eschborn.


Tutto questo al MAST di Bologna è sempre possibile grazie alla generosità e alla lungimiranza di Isabella Seragnoli.


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martedì 20 settembre 2022

CIMON DEL TÒ DELLA TRAPPOLA E LAGHETTI DI BOMBASEL

Cavalese - Val di Fiemme




I laghetti di Bombasel sono fra le escursioni più gettonate della Val di Fiemme perché si possono raggiungere attraverso impianti di risalita e un percorso turistico.


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©foto Mirco Bianchi




L’escursione diventa decisamente più interessante effettuando un percorso ad anello con la salita alla vetta del Cimon del Tò della Trappola, uno straordinario balcone panoramico sulla Val di Fiemme e sulle Alpi, e la lunga discesa che permetterà di osservare i laghi dall’alto, per poi raggiungerli.




IL PERCORSO AD ANELLO 


Difficoltà: E*
Dislivello: 371 m
Tempo: ore 2,30
Lunghezza: 5,3 km


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©escursione GPS Relive 3D - ©didascalie Monica Galeotti




Salgo sulla Funivia del Cermis che parte da Cavalese in prossimità dello Stadio del Ghiaccio.

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Foto scattata dalla Sella di Pozzi, Passo Oclini.




Successivamente le stazioni sono 4:

1- Stazione di Fondovalle, al di là del Torrente Avisio, dove non si scende ma possono salire le persone da Masi di Cavalese. 

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2- Stazione intermedia Doss dei Laresi (1280 m), dove si trova il parco giochi CermisLandia.

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3- Stazione Cermis (2000 m).

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4- Stazione Cima Paion del Cermis (2250 m). 
Si sale sempre con telecabina, escluso quest’ultimo tratto che presenta seggiovia a quattro posti.

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L'impianto è tristemente noto per essere stato teatro di due tragedie:
il primo incidente, avvenuto il 9 marzo 1976 si verificò per l’accavallamento di due funi dell’impianto, che tranciarono il cavo portante, morirono 42 persone.

Il secondo incidente, avvenuto il 3 febbraio 1998, fu causato da un aereo militare statunitense che tranciò i cavi per la risalita, causando la morte di 20 persone.

Le stele ricordo con i nomi delle vittime delle due tragedie del Cermis si trovano nel piccolo e raccolto cimitero del parco pubblico di Cavalese.

È bene ricordare, per mantenerne la memoria, e salgo pensando a quanto la vita sia appesa a un filo, in questo caso nel vero senso della parola.


Scesa alla Stazione a monte Paion del Cermis mi appaiono subito le due cime presenti su questo percorso: il Cimon del Tò della Trappola e Castel di Bombasel. 

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Raggiungo comodamente la Forcella di Bombasel per risalire il Cimon.

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Raggiungo la vetta del Cimon del Tò della Trappola su una traccia piuttosto ripida in circa un’ora di tempo. 

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©foto Mirco Bianchi




Alla croce di vetta trovo il libro di vetta. 

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©foto Mirco Bianchi




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Da quassù il panorama è aperto a 360°.

A nord la Val di Fiemme e la strada appena percorsa dalla Stazione a monte Cima Palon del Cermis.

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Ad ovest la Val Moena.

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A sud altre scure e affascinanti cime del Lagorai.
Andrò a percorrere il sentiero rosso sul crinale fino alla base del Castel di Bombasel e poi verso i laghi.
Il sentiero verde è quello turistico.

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Scendo di quota dal Cimon della Trappola.

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Mi trovo ora ai piedi di Castel di Bombasel: per raggiungere la sua cima c’è un percorso attrezzato, mentre dalla Forcella del Macaco c'è la via ferrata Vertigo (occorre imbragatura).
Io scenderò ai laghi.

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Ed eccoli i Laghi di Bombasel.
Intorno al maggiore ve ne sono altri minori, quattro o cinque a seconda delle stagioni.

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Raggiungo il più alto.

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 Infine, al termine di una discesa panoramica fra grandi massi, scorgo il più grande, a 2268 metri di quota.

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Nelle sue acque, seppur gelide, vige il divieto di balneazione perché sono destinate al consumo umano.

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©foto Mirco Bianchi



È un luogo incantevole per fare una piccola pausa, mangiare qualche mandorla per aggiustare la carica. 


A questo punto conviene salire alla Forcella del Macaco, un altro punto panoramico.

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Qui alla forcella alcune persone infilano l’imbragatura per la ferrata Vertigo al Castel di Bombasel.

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Io mi limito ad osservare quel che c'è appena oltre la forcella: la Val Lagorai, e le cime che vi si affacciano dall'altra parte.

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©foto Mirco Bianchi




 Intravedo laggiù il Lago di Lagorai (1870 m), stretto fra il Vallone e la Val Lagorai, che inizia dall'altra parte del lago, alla base del Cimon di Cadinello (2438 m).
La Val Lagorai è il cuore della catena e sembra proprio che il suo lago, il più grande di tutti, abbia dato il nome alla valle e quindi a tutta la catena.

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Dalla forcella un'ultima occhiata ai bellissimi laghi di Bombasel e mi preparo per tornare alla seggiovia.
Sullo sfondo le catene di Latemar e Catinaccio.

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Effettuo il mio rientro, sempre in discesa, lungo il sentiero turistico 353 per tornare alla Forcella di Bombasel. 

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Sono colpita e allo stesso tempo sconcertata da una persona in direzione contraria, che trascina faticosamente in salita un passeggino. 
Il sentiero è largo, adatto a tutti, ma è pur sempre un sentiero di montagna, sconnesso per via di grandi e piccoli massi.

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Raggiungo la ripida Forcella di Bombasel, ci sono gradoni e corda fissa, unico tratto difficile del sentiero turistico.

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 Posso solo immaginare il signore con il passeggino caricato in spalla che ha fatto il tratto in discesa.

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Alla forcella c’è Lo Chalet e mi fermo velocemente per fotografare l’immagine di Gino Misconel (1937-2018), socio fondatore e presidente delle Funivie Alpe Cermis, guidate dal 1977 (all’indomani del primo disastro funiviario del 1976) al 2013.

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Con alle spalle Lo Chalet, il Cimon del Tò della Trappola e Castel di Bombasel, rientro alla Stazione a monte della Seggiovia Paion del Cermis per scendere nuovamente a Cavalese.

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©foto Mirco Bianchi







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Note:

-l'itinerario qui descritto è stato percorso personalmente il 22 agosto 2022 consultando preventivamente le previsioni meteo, prestando attenzione all'evoluzione del tempo nella stessa giornata.


-carta topografica Kompass WK618 - Val di Fiemme - Catena del Lagorai - 1:25.000


-*per i livelli di classificazione delle difficoltà nell'escursionismo vedi  Dolomiti presentazione


-le 10 regole base per affrontare un’escursione in montagna

↦ #prudenzainmontagna