venerdì 5 maggio 2023

MODENA secondo percorso

(torna a Modena presentazione) 


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1 - MUSEO DELLA FIGURINA
2 - TEATRO PAVAROTTI
3 - PALAZZO DUCALE
4 - PIAZZA ROMA
5 - PIAZZA SAN DOMENICO/Monumento ai patrioti risorgimentali del 1821
6 - SINAGOGA
7 - STATUA PANINI
8 - CHIESA DI SANT'AGOSTINO
9 - PALAZZO DEI MUSEI (Galleria Estense)

©google earth - ©screenshot e mappatura Monica Galeotti


1 - MUSEO DELLA FIGURINA
Corso Canalgrande, 103

Modena è la città delle Figurine Panini e la storia di questa famiglia è al punto 7.
Sono famose in tutto il mondo, quindi un museo dedicato non poteva mancare.

Si trova all'interno di Palazzo Margherita, un ex convento che oggi ospita diversi musei civici, fra cui la Galleria Civica di Modena, un istituto musicale e una biblioteca.

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Giuseppe Panini, uno dei fratelli fondatori dell’omonima casa editrice, ha donato, prima della sua morte, le sue collezioni fotografiche e di figurine alla città.

Nel tempo ha raccolto migliaia di figurine, ma anche piccole stampe antiche, scatole di fiammiferi, calendarietti e album pubblicati dalle ditte per raccogliere le serie.

Il Comune di Modena gli ha dedicato il palazzo dello sport e questo museo, dove si conservano le varie collezioni e altro materiale cartaceo.

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Il museo ha un orario molto variabile, tanto che non sono mai riuscita a trovarlo aperto durante le mie visite alla città, 
perché è aperto solo in occasione di mostre temporanee, che propongono un determinato tema.



2 - TEATRO PAVAROTTI
via del Teatro, 8

 Attiguo a Palazzo Margherita, il Teatro Comunale è il principale teatro lirico della città.
Fu inaugurato nel 1841, realizzato dall’architetto Francesco Vandelli, con una
 platea di forma ellittica, quattro ordini di palchi e il loggione.

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Esternamente presenta una facciata in stile neoclassico con un portico a colonne doriche. 
Le volte dei tre archi centrali sono decorate con rosoni in rilievo.

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Le finestre sono sormontate da bassorilievi a tema tragico, realizzati da Luigi Righi, autore anche di una statua posta sul culmine, al fastigio, che rappresenta Il genio di Modena nella forma di un giovane alato.

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Bassorilievo di Luigi Righi.




Dal 2007 il teatro è intitolato a Luciano Pavarotti e, dal 2021, anche a Mirella Freni.
A dieci anni dalla morte è stata posta una statua di Pavarotti a grandezza naturale sul fianco del palazzo.

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Proseguo imboccando via Farini, la grande via dominata dalla facciata di Palazzo Ducale che si staglia sullo sfondo quando si arriva dalla via Emilia.

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Tra la fine di via Farini e il Palazzo, Largo San Giorgio, con l’omonima chiesa barocca. 

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3 -PALAZZO DUCALE 
Piazza Roma, 15


La storia di Palazzo Ducale descrive in pratica la storia della città.

 Nel 1319, non appena ultimata la costruzione della Torre Ghirlandina, finì anche il libero comune, e Modena diventò un feudo degli Estensi di Ferrara (Ducato di Modena e Reggio) e si ridusse ad un borgo miserevole.

Tutto cambiò alla fine del '500, quando gli Estensi, perduta Ferrara, si trasferirono a Modena.
Insieme al buon governo portarono in questa nuova capitale l’arte, la cultura, libri e codici preziosi.
I canali vennero coperti, le mura rifatte, la città venne ingrandita e abbellita.

I duchi, benché il loro reame fosse così piccolo, vollero una reggia, oggi sede dell’Accademia Militare, degna di un imperatore.

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Il palazzo fu iniziato nel 1629 su disegno di Bartolomeo Avanzini, per volontà del duca Francesco I.
Primeggiano la facciata, la torre centrale e lo scalone d’onore.

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Fu inaugurato un secolo dopo da Rinaldo III che, durante le guerre di successione spagnola e polacca, dovete sloggiare incalzato dal nemico.

Le immagini interne sono quelle ufficiali prese dal web, perchè è vietato scattare fotografie.


Il soffitto del Salone d'Onore con l'affresco "Giove che incorona Bradamante alla presenza degli dèi dell'Olimpo", 
di Marcantonio Franceschini. 
Allude alle nozze, nel 1645, fra l'ex cardinale e duca Rinaldo III d'Este e la principessa Felicita di Brunswick-Luneburg.
A simboleggiare la protezione degli dèi sulla Casa Estense.



Ancora peggiore la sorte dell’erede Francesco III che si inguaiò nella guerra di successione austriaca e per pagare i debiti fu costretto a vendere i suoi quadri più preziosi, conservati, da allora, nella Pinacoteca di Dresda.

Quelli rimasti a Modena, insieme a vari cimeli acquistati successivamente, sono esposti alla Galleria Estense, all’interno del Palazzo dei Musei.

L’ultimo estense, Ercole III, sposò la duchessa di Lucca e allargò i suoi domini fino al Tirreno, ma si rifiutò sempre di superare l’Abetone per andare a visitare la flotta.

Quando anche a Modena i Giacobini piantarono l’albero della libertà, si rifugiò con il tesoro dello Stato a Venezia dove sopraggiunse Napoleone e se lo prese.

Al suo ritorno impose alla corte un ferreo risparmio, vendette mobili e preziose botticelle dell’aceto balsamico.

Per rinnovare le livree dei servitori ordinò alla ducale sartoria di usare le fodere dei divani.

Morì senza eredi maschi e l’unica figlia, sposando un Asburgo, diede inizio alla dinastia austro-estense: Francesco IV e Francesco V.

Durante i moti del 1831 il patriota Ciro Menotti organizzò un’insurrezione liberale a Modena con l’appoggio del duca Francesco IV, il quale sperava di diventare re d’Italia. 

Ma l’Austria scoprì la congiura e lo stesso duca lo tradì, facendolo arrestare e giustiziare.

Oggi, dal suo monumento, situato in piazza Roma, tende il pugno proprio verso la finestra della stanza di Palazzo Ducale in cui il duca firmò la sua condanna morte.
I modenesi dicono che grida "Tróia d’un vigliach!".

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La scultura venne realizzata da Cesare Sighinolfi nel 1880.
Sul basamento, nei medaglioni, sono raffigurati i suoi compagni di sventura: don Giuseppe Andreoli, Vincenzo Borrelli, Giuseppe Ricci e Anacarsi Nardi.

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Il Salottino d’Oro, all'interno della Sala del Trono, è costituito da intagli ricoperti di lamine d’oro zecchino, del 1756.
Era il gabinetto di lavoro ufficiale dei duchi e in particolare di Francesco IV
 che qui, nel 1831, avrebbe firmato la sentenza di condanna a morte di Ciro Menotti.

Salottino d'Oro - ©Modenatur



L’ultimo duca, Francesco V, partì da Modena nel 1859, dopo la vittoria dei franco-piemontesi sugli austriaci.
Convinto di rientrarvi in poco tempo, lasciò ai funzionari tre mesi di stipendio.
Lo seguirono nell’esilio 3.000 "Cacciatori del Frignano" che, raro esempio di fedeltà risorgimentale, restarono in Austria fino alla guerra del 1866, quando il sovrano dovette scioglierli dal giuramento.



L’ACCADEMIA MILITARE
Un altro esempio di attaccamento al dovere lo offrirono nel 1943 i dipendenti civili dell’Accademia Militare. 
Si adoperarono come poterono ma, prima i tedeschi e poi centinaia di profughi che vi erano stati sistemati, asportarono da palazzo tutto quello che non era stato murato.

Ma benché i tedeschi lo cercassero in ogni buco del grande palazzo, non riuscirono a scovare il rivestimento d’oro che ricopre lo studiolo ducale: i cosiddetti "famigli" (gli inservienti) staccarono le preziose piastre, se le suddivisero, le nascosero nelle loro abitazioni e le restituirono a guerra finita.

Da quel momento la storia di Modena ha camminato con il boom economico.
I nuovi protagonisti sono stati i fabbricanti di piastrelle e di maglierie, gli inventori di macchinari d’avanguardia, di miscelatori di prodigiosi mangimi, di artigiani che sono partiti col campionario per la Cina e l’Unione Sovietica quando andarci pareva una sfida inutile.
I nuovi "prìncipi" si chiamano Ferrari, Fini, Pavarotti, Cadalora.

L’Accademia Militare qui a Palazzo Ducale ha sede dal 1860, quasi in coincidenza con l'Unità d’Italia.
È un istituto di formazione dell’Esercito Italiano a carattere universitario per formare i futuri ufficiali dell’Esercito e dell’Arma dei Carabinieri.

All'entrata varie lapidi elogiano la Patria e commemorano i tanti caduti delle varie guerre (dell'Indipendenza, Coloniali, ecc..) che, con il sangue, han tracciato la via della nuova Italia.

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Il cortile interno.

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Dal 1947 è l’unico istituto di formazione militare dell’Esercito Italiano dopo l’unificazione dei corsi con quella di Torino. 

Famosa in tutto il mondo, per le strade della città, nelle ore di libera uscita, è facile incontrare i militari che indossano i costumi d’epoca grigioverdi.





4 - PIAZZA ROMA
Piazza Roma è il palcoscenico del meraviglioso Palazzo Ducale. 
Molto ampia, rettangolare, ai tempi del Ducato era luogo per le celebrazioni ufficiali.

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Di fronte al Palazzo, al numero 37, l'edificio dell’Intendenza Camerale.

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FONTE D'ABISSO
A chiudere i punti di interesse di questa piazza, addossata contro una casa rossa, trovo la Fonte d'Abisso, una piccola fontanella di acqua pura che sgorga da una sorgiva naturale di cui il terreno è ricco.

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Di questa fonte si era persa la memoria, ma è stata riscoperta quando vennero realizzati i lavori di pavimentazione di piazza Roma nel 2001, e quindi restaurata.

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La piazza da troppo tempo si era trasformata in un grande parcheggio.
Liberata dalle auto e riqualificata è stata restituita alla città e alla sua storia. 
La pavimentazione è stata ripristinata con ciottoli di fiume. 

La "riscoperta" della fonte è importante perché ricorda che un secolo fa Modena era molto diversa, piena di canali, e la facevano assomigliare a una piccola Venezia.

Dove ora c’è via Fonte d’Abisso (dietro alla fonte omonima) un tempo c’era il Canale d'Abisso, che attraversava tutta la città, confluendo nel Canale della Cerca, sotto Palazzo Ducale, e Piazza Roma era un groviglio di canali. 

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Via Fonte d'Abisso.



Il Palazzo poi era collegato con il Naviglio, un grande canale che si collegava al fiume Po e per secoli ha rappresentato la via di comunicazione commerciale con Venezia (esattamente come lo era il Canale Navile per Bologna) e, in tempo di guerra, per trasportare armi contro Venezia stessa.

A rievocare la presenza dei canali oggi ci sono veli d’acqua, realizzati in corrispondenza degli antichi percorsi.



5 - PIAZZA SAN DOMENICO/Monumento ai patrioti risorgimentali
Poco oltre via Fonte d'Abisso, si apre Piazza San Domenico, che in realtà è congiunta a Piazza Roma, ma l'area ha preso questa denominazione perchè qui si impone la Chiesa di San Domenico.

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Al centro il Monumento ai patrioti risorgimentali del 1821 e 1831, eretto per volontà di Gaetano Moreali nel 1889.
Fu distrutto in epoca fascista e ricostruito successivamente.

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6 - SINAGOGA
Piazza Giuseppe Mazzini, 26

Il bellissimo esterno della Sinagoga, Tempio Israelitico di Modena, è un suggestivo neoclassico.
Presenta una sala a pianta circolare, esternamente é ben visibile nella cupola. 

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Fu costruito nel 1869 su progetto di Ludovico Maglietta.

Ma non è sempre stato così: l’edificio infatti, voluto da Francesco I d’Este nel 1638, si trovava al centro del ghetto ebraico, completamente nascosto alla visuale per via dei fabbricati che sorgevano nell’area dell’attuale Piazza Mazzini.
Questi edifici furono demoliti nel 1904.

Il quartiere, dal quale gli ebrei non potevano uscire durante le ore notturne, era chiuso con due cancelli in via Blasia e in via Coltellini.
Nel 1861, con l’annessione di Modena al Regno d’Italia, il ghetto fu chiuso.

Con l’apertura di Piazza Mazzini quindi, Ludovico Maglietta cambia la facciata all'edificio e la Sinagoga diventa simbolo esteriore dell'emancipazione ebraica: gli ebrei potevano godere finalmente delle libertà civili e religiose conquistate con fatica.

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 Il tempio è l’edificio principe di questo angolo di Modena e fa da sfondo al monumento di Giuseppe Mazzini cui la piazza è dedicata.

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7- STATUA PANINI 
Portici di Corso Duomo


Se guardo la facciata principale del Duomo trovo all’angolo sinistro, fra Piazza Duomo e i portici, l’opera dell’artista modenese Wainer Vaccari, inaugurata nel 2018: riassume la storia della famiglia che portò Modena ai vertici dell’editoria mondiale con le leggendarie Figurine Panini.

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Raffigura la famosa "rovesciata di Parola", gesto atletico diventato icona di queste figurine.
Il gesto acrobatico avvenne allo Stadio comunale di Firenze in una gara di campionato Juventus-Fiorentina, gennaio 1950.
Carlo Parola è stato calciatore e allenatore tecnico di varie squadre di calcio. 

La rovesciata di Parola - ©Corrado Banchi - pubblico dominio


In questo luogo Olga Cuoghi Panini e i suoi otto figli, aprivano nel 1945 un’edicola di giornali, primo passo di un incredibile successo commerciale. 
Nel 1954, già Agenzia Panini di distribuzione di giornali, decisero di commercializzare la prima collezione Calciatori Panini.
Da allora fino al 1988 l’azienda è stata gestita da quattro fratelli della famiglia, ampliandosi di anno in anno. 

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Oggi, a seguito di varie vicissitudini e proprietà, rimane leader mondiale nella produzione di figurine (con oltre 5 milioni all’anno) si chiama Gruppo Panini e la sede è rimasta a Modena.




8 - CHIESA DI SANT'AGOSTINO
Piazza Sant’Agostino, 6

Questa chiesa risale al XIV secolo. 

L’attuale aspetto barocco risale alla seconda metà del Seicento, quando il duca estense Alfonso IV, in occasione della morte del padre, Francesco I, decise di trasformare l’edificio nel Pantheon di Casa d’Este.

A due anni dall’inizio dei lavori il duca morì e fu Laura Martinozzi sua moglie a proseguirli e concluderli nel 1670.

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Le mura sono doppie, per via della costruzione di un secondo impianto murario all’interno della chiesa precedente.

Danneggiata dal terremoto del 2012, la chiesa è stata restaurata e riaperta al pubblico.

Ha una navata unica con copertura a capanna. 
Si contraddistingue per la ricca decorazione di stucchi e il pregevole soffitto a cassettoni, che raffigura l’apoteosi di alcuni santi.

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Nella prima cappella a destra è collocato il gruppo scultoreo in terracotta (con tracce di policromia) Compianto sul Cristo morto, di Antonio Begarelli, 1525.


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9 - PALAZZO DEI MUSEI (Galleria Estense)
Largo Porta Sant'Agostino, 337

Il palazzo dei musei è adiacente alla Chiesa di Sant’Agostino, felice e degna conclusione di questo secondo percorso.

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Costruito a metà del XVIII secolo per ospitare l’Arsenale Militare, l'edificio è stato successivamente destinato ad accogliere il Grande Albergo Generale dei Poveri, voluto dal duca Francesco III d’Este come politica di riforma sociale e rinnovamento per far fronte ai numerosi problemi di ordine pubblico.

Nel 1788 il duca Ercole III d’Este lo convertì in Albergo delle Arti.

In seguito visse stagioni di cambiamenti e trasformazioni.

Dopo l’Unità d’Italia, nel 1868 a Firenze, il Governo Italiano e l’arciduca Francesco V d’Este firmarono un trattato con la volontà di riunire diversi istituti conservativi e culturali della città all’interno dell’Albergo Arti:
-si collocavano qui i Musei Estensi
-si cedette il Palazzo Ducale alla Scuola Militare

Nel 1881 l’edificio venne acquistato dal Comune di Modena, ed eccomi entrare.

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Oggi, con la sua preziosa Galleria Estense, è la visita più importante e raccomandata (insieme al Duomo) da fare a Modena.

I quattro piani:

PIANO TERRA
1- MUSEO LAPIDARIO ESTENSE
2- BIBLIOTECA CIVICA D'ARTE LUIGI POLETTI
3- LAPIDARIO ROMANO
4- GIPSOTECA GIUSEPPE GRAZIOSI


PIANO PRIMO
5- ARCHIVIO STORICO COMUNALE

PIANO SECONDO
6- BIBLIOTECA ESTENSE UNIVERSITARIA

PIANO TERZO
7- MUSEI CIVICI DI MODENA

PIANO QUARTO
8- GALLERIA ESTENSE

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PIANO TERRA
Oltrepasso la bellissima cancellata in ferro battuto.

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1- MUSEO LAPIDARIO ESTENSE
Il Museo Lapidario Estense vede testimonianze della storia di Modena, da quando era colonia romana fino all’Ottocento e anche resti di provenienza non modenese.

L'esposizione si trova sotto al portico del cortile interno del palazzo.

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I reperti provengono da collezioni degli Estensi, da ritrovamenti archeologici, dalle chiese e da reimpieghi inseriti nelle pareti del Duomo e della Ghirlandina.

Due bellissimi sarcofagi:
quello a sinistra apparteneva a Cornelia Maximina che lo dedicò a se stessa e al marito P. Vettius Sabinus. Sul fronte il ritratto dei due coniugi, sul fianco destro una scena nuziale.

Il sarcofago a destra, del tipo a tabernacolo, è dedicato da Appeiena Philumene a sè e al marito P. Titius Sabinus, metà del III sec. d.C. 

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Sarcofago della seconda metà III sec. d.C.
Negli acroteri sono scolpiti teschi.

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Sul lato un'iscrizione ornata da nastri volanti e volute vegetali ricorda il riutilizzo da parte della famiglia Fontana, 1531.

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Nella campata del lato nord mi colpiscono alcune lapidi, in particolare la lastra tombale frammentaria raffigurante Bernardino di Montebaranzone in armatura, XIV sec.

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2- BIBLIOTECA CIVICA D'ARTE LUIGI POLETTI

La Biblioteca è dedicata all’architetto e studioso d’arte modenese Luigi Poletti (Modena 1792 - Milano 1869) che visse e operò per molto tempo a Roma nello Stato Pontificio. 
Seguì i lavori nella ricostruzione della Basilica di San Paolo fuori le Mura e di altre chiese e teatri italiani. 

Lasciò il suo patrimonio al Comune di Modena con l’obbligo di istituire una biblioteca dedicata alle arti e all’architettura. 

Istituita nel 1872, si trova nella sede attuale dal 1924, dopo la costruzione del bellissimo atrio monumentale affrescato.

Al centro dell’atrio la statua di Poletti seduto, opera di Carlo Baraldi (1854-1916).

I due leoni sono realizzati da Giuseppe Pisani (1757-1839).

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L'atrio è dipinto da Umberto Ruini (1869-1955) in elegante stile liberty.

Nella parte superiore le Virtù, le Arti e le Scienze, figure femminili allegoriche accompagnate da giovinetti alati, ritratte fra busti di modenesi illustri.

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Sulla parete destra è raffigurato Poletti nell’atto di presentare i disegni del progetto del Teatro di Rimini (conservati in biblioteca) ai Conservatori della città.

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Sulla parete sinistra è rappresentata l’inaugurazione dei restauri della Basilica di San Paolo fuori le Mura, avvenuta alla presenza di Pio IX.

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Varcando la porta dell'atrio monumentale trovo subito le scale, quindi l’entrata è al piano terra, la biblioteca al primo piano.

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3- LAPIDARIO ROMANO
 Nel Lapidario Romano sono esposte le testimonianze monumentali delle necropoli di Mutina, venute alla luce nelle aree periferiche della città durante scavi effettuati dagli anni '60 del Novecento.

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ARA DI VETILIA EGLOGE
In primo piano, al centro del cortile coperto, la monumentale Ara di Vetilia Egloge, fine I sec. d.C., di oltre 4 metri di altezza e 25 tonnellate di peso.

L'altare riporta un'iscrizione in latino che dice:
"Ancora viva fece Vetilia liberta di una donna Egloge, (il monumento) per sé e per Lucio Valerio Costante, figlio di Quinto, decurione di Mutina, carissimo e ottimo marito, e per Lucio Valerio Costante, liberto di Lucio, piissimo figlio, apollinare e augustale."

Si può dedurre che Vetilia era stata una schiava (come rivela il nome servile Egloge utilizzato come cognonem), poi resa libera da una donna, di cui probabilmente assunse il nome Vetilia.

Vetilia Egloge quindi, ex schiava in veste di liberta, fece erigere il monumento per sé, per il marito e per il figlio.
Una famiglia importante per la città di Mutina: il marito era un decurione, una delle massime cariche cittadine, e il figlio era apollinare e augustale, ossia membro di due congregazioni addette al culto dell'imperatore.

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La fortuna di questa Ara è stata quella di essere stata parzialmente seppellita da un'alluvione in età tardoantica.
 Questo le risparmiò la demolizione, al contrario di altri monumenti della zona, dai quali si ricavavano pietre da costruzione.

Una copia del monumento è stata collocata nella rotatoria fra la tangenziale Pasternak e la via Emilia, per rappresentare simbolicamente il passato della città.

Sulla lastra d'acciaio color ruggine, posta a fianco, è inciso il nome della città nelle tre lingue in cui è attestato:
Etrusco ↦ MUTHNA
Latino ↦ MVTINA
Italiano ↦ MODENA

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Rotonda Ara Vetilia Egloge - Screenshot da Street view di Google Maps





4- GIPSOTECA GIUSEPPE GRAZIOSI
La Gipsoteca Giuseppe Graziosi, visitabile su richiesta, raccoglie bozzetti in terracotta, gessi, disegni e litografie.
Le opere dell'artista (1879 - 1942), ispirato da Rodin, si basano su vari temi, in particolare alla vita e ai personaggi del mondo contadino.

Numerose opere dell'artista modenese sono presenti nel tessuto cittadino, fra tutte: le statue della Fontana dei due fiumi modenesi e la statua della fanciulla al Mercato Storico Albinelli (vedi Modena primo percorso).




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PIANO PRIMO
5- ARCHIVIO STORICO COMUNALE

Conserva l'importante documentazione dell'attività politico-amministrativa di Modena: da "libero comune", poi come capitale dello Stato Estense, fino ai giorni nostri.

Il materiale conservato nell'archivio può essere consultato gratuitamente nella Sala Studio, dal lunedì al venerdì dalla 9 alle 13 su prenotazione scrivendo ad archivio.storico@comune.modena.it

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L'Archivio presentato in 2 minuti.






PIANO SECONDO
6- BIBLIOTECA ESTENSE UNIVERSITARIA

Biblioteca creata nel XIV secolo dagli Estensi e costituita da opere, miniature, manoscritti di interesse storico e artistico, come il Planisfero di Cantino, il più antico planisfero portoghese sopravvissuto.

Oggi è pubblica statale e per la consultazione si può usufruire anche della

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PIANO TERZO
7- MUSEO CIVICO DI MODENA
Fondato nel 1871, conserva e valorizza raccolte d'arte, di archeologia ed etnologia.

Nelle raccolte d'arte vi sono collezioni di artigianato, tessuti, vetri e strumenti musicali. Qui è conservata la Madonna di Piazza, di Antonio Begarelli.
Per l'archeologia e l'etnologia vi sono testimonianze di civiltà di Nuova Guinea, Africa e Asia.

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PIANO QUARTO
8- GALLERIA ESTENSE

Questa galleria, nata nel 1854, si compone di 4 saloni e 16 salette dove viene esposto il grande patrimonio artistico accumulato dalla famiglia Estense.

Pur diluita dalle perdite subite, comprende opere di altissimo interesse storico artistico.

Come per tutti i capolavori dell'arte, è necessario uno sforzo di contestualizzazione per apprezzare al meglio.

A seguire le opere di maggior rilievo.


BUSTO RITRATTO DEL DUCA FRANCESCO I D'ESTE
di Gian Lorenzo Bernini, marmo, 1651.
In questo celeberrimo marmo, l’immagine di Francesco I si impone come manifesto del potere assoluto nell’età barocca.

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Il duca era un personaggio carismatico e amante delle arti, però non dominava la scena politica del suo tempo.
Ciò nonostante questo ritratto lo descrive come monarca cristiano ideale: immobile e con lo sguardo fisso all’orizzonte.
Il Bernini scolpì questo marmo senza il modello dal vivo, studiando solo ritratti: lui stesso la definì un'impresa "quasi impossibile". 
L’opera ebbe immediatamente un grande successo, Francesco I lo ricompensò con una somma esorbitante.
Il Bernini era quasi abituato, avendo ricevuto da poco tempo dal Papa la stessa somma per il suo celebre capolavoro della Fontana dei Fiumi di Piazza Navona a Roma.

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La Madonna che regge in braccio Gesù Bambino è il soggetto più diffuso nella pittura italiana antica: ricorre infatti nelle piccole tavole per la devozione domestica, nei polittici esposti sugli altari delle chiese, considerati fino all’Ottocento di interesse storico più che estetico, in quanto opere concepite come oggetti di devozione, non come opere d’arte.

Nel corso dell’Ottocento si diffonde il gusto per i "primitivi", che entravano così meritatamente nelle collezioni e nei musei.


SAN GIOVANNI BATTISTA; VERGINE DOLENTE; SAN GIOVANNI EVANGELISTA; SANT'AGOSTINO
Angelo e Bartolomeo degli Erri (bottega), tempera su tavaola, 1470-80 ca.
I quattro dipinti erano in origine parte di un complesso più ampio, forse un polittico.

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COMPIANTO SUL CRISTO MORTO
Michele da Firenze (Michele di Nicolò di Dino), terracotta policroma, 1443-1448.
Michele da Firenze era un abile plastificatore, allievo di Ghiberti e Pisanello. Suo il bellissimo "altare delle statuine", nel Duomo di Modena.

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SELLA DA PARATA
Manifattura italiana, legno e osso, 1470-1479 ca.
La sella è appartenuta al duca Ercole I d'Este, il cui stemma è visibile nell'arcione anteriore, insieme a temi amorosi e cavallereschi.
Si tratta di un oggetto rarissimo, uno dei venti esemplari esistenti in tutto il mondo.

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Sull'arcione posteriore sono scolpite le storie di San Giorgio e di Ercole, un chiaro riferimento al duca, di cui viene anche riportato il motto "Deus fortitudo mea" (Dio è la mia forza).

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COFANETTO NUZIALE
Legno e osso, XV secolo.
Questo tipo di cassettina, "alla certosina", si diffuse particolarmente in Europa fra il Trecento e il Quattrocento; conteneva i doni per la promessa sposa.
I listelli bombati narrano la storia di Santa Susanna, iconografia per sottolineare le virtù di fede e castità della sposa.
Il coperchio è decorato con motivi geometrici e un fregio di genietti con scudi.

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LEGGENDA DI SAN GIOVANNI BOCCADORO
Secondo maestro di Carpi, olio su tavola, 1430 ca.
La tavola è probabilmente la fronte di un cassone.
Narra la vicenda del santo come una favola cortese, partendo dal centro:
un eremita insidia e uccide la figlia di un re, si auto infligge una severa penitenza riducendosi allo stato animale e viene catturato come bestia rara.
A destra: portato a corte ottiene il perdono divino per voce di un infante.
A sinistra: l'infante lo invita a cercare la principessa in un pozzo, dove essa viene ritrovata illesa.

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COMPIANTO SUL CRISTO MORTO
Cima di Conegliano, olio su tavola, 1505.
Si tratta di una delle opere più alte di questo artista. 
La particolare iconografia del dipinto è una trasposizione diversa rispetto a quelle classiche, ovvero vi è la partecipazione della Vergine alla Passione del figlio, come si può vedere nella speculare corrispondenza delle figure di Cristo morto e di Maria dolente.

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MADONNA COL BAMBINO (MADONNA CAMPORI)
Correggio (Antonio Allegri), olio su tavola, 1517-18
Un capolavoro della maturità del Correggio, dove esprime con grande naturalezza la "poetica degli affetti", secondo la teoria formulata da Leonardo da Vinci: i moti del corpo derivano da quelli dell'animo.
Il dialogo silenzioso fra la Madonna e il Bambino è molto intimo, accentuato dalla tecnica dello sfumato, anch'essa tratta dalle opere di Leonardo.
Il dipinto fu acquistato dai marchesi Campori nel 1636 assieme al castello di Soliera, presso Modena.

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MADONNA COL BAMBINO E I SANTI FRANCESCO E QUIRINO (MADONNA DEI LIMONI)
Attribuito al Correggio, affresco trasportato su tela, 1511.
Eseguito come opera votiva per la peste del 1511, si presenta molto deperito a causa dei trasporti da muro a tela.
Nonostante la sua attribuzione non sia unanimemente condivisa dalla critica, sembra sia stato dipinto da un giovane Correggio, ancora influenzato da Mantegna.

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ANTONIO BEGARELLI
Begarelli, scultore modenese, godeva di una discreta fama nella metà del '500, anche se la scultura in terracotta era ritenuta un genere artistico inferiore; probabilmente è per questo che l'artista è stato rapidamente dimenticato dopo la sua morte e molte delle sue opere distrutte.

In vita ebbe però molto successo: 
la grande scultura della Madonna di Piazza (oggi conservata al Museo Civico), fu posta sulla facciata del Palazzo Comunale, assicurandogli così uno stipendio e il favore delle più importanti famiglie e ordini monastici.

©Paolo Terzi fotografo, Museo Civico
(piano terzo del Palazzo dei Musei)


Alla sua morte, nel 1565, fu sepolto nella Chiesa di San Pietro nella grandiosa tomba da lui stesso realizzata (vedi Modena primo percorso).




MADONNA COL BAMBINO
Antonio Begarelli, terracotta, 1535-1540 ca.
Questa scultura realizzata in origine per la Chiesa di San Salvatore, era circondata da 4 angeli (oggi al Bode Museum a Berlino).
Madre e bambino, simili a divinità classiche, richiamano i modelli ideali dipinti da Raffaello a Roma.

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ALTAROLO PORTATILE
El Greco, tempera grassa su tavola, 1567-68.
Opera di giovinezza di El Greco, riporta una complessa iconografia: si riferisce alla caduta del genere umano a causa del peccato originale e alla sua redenzione grazie all'incarnazione di Cristo.

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I RITRATTI
Nelle grandi collezioni dinastiche i ritratti hanno sempre avuto un ruolo di primo piano e la collezione dei duchi d’Este non fa eccezione.
Fra tutti domina il ritratto del duca Francesco I d’Este dipinto a Madrid da Velázquez.

Tredici anni più tardi il duca fu ritratto nel famoso busto che il Bernini scolpì a Roma, visto all’inizio di questo racconto della Galleria.


RITRATTO DI FRANCESCO I D'ESTE
Diego Rodríguez de Silva y Velázquez, olio su tela, 1638.
Il giovane e inesperto duca di Modena intraprese un viaggio diplomatico alla corte del re Filippo IV di Spagna: il risultato fu quello di un'effimera alleanza, con scambio di promesse e regali principeschi.
Francesco I ebbe il raro privilegio di posare per Velázquez e, pur essendo uno studio per un ritratto equestre mai compiuto, il dipinto si consegna alla storia diventando celeberrimo.
Velázquez fu il maestro che portò l'arte del ritratto ufficiale a una sintesi ineguagliata, celebrando i potenti e svelandone la fragilità umana.

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TINTORETTO
Le 14 tavole presenti in questa sala ritraggono scene della Metamorfosi del poeta latino Ovidio (43 a.C. - 17 d.C.), eseguite dal Tintoretto nella sua prima importante impresa decorativa.
Le tavole furono commissionate dal banchiere Vittore Pisani per decorare il soffitto della stanza da letto nel palazzo di famiglia a Venezia in occasione del suo matrimonio con Paolina Foscari nel 1541. 
Il Tintoretto raffigura questo ciclo dopo aver letto la versione in volgare delle Metamorfosi pubblicata a Venezia da Niccolò degli Agostini nel 1522. 
Le scene riguardano perlopiù amori infelici ed esempi di superbia punita, acquistando così un tono di monito morale. 
Il Tintoretto dipinge magistralmente in complicati scorci dal basso, ottenendo così maggiore profondità dallo spazio; l’illuminazione drammatica e i gesti donano alle scene una connotazione teatrale e coinvolgente.
Probabilmente l’artista fu ispirato dalla visione dei soffitti di Giulio Romano in ↦ Palazzo Te a Mantova.

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DA FERRARA A MODENA
Nel 1598 gli Este abbandonarono definitivamente Ferrara trasferendosi a Modena, nuova capitale del Ducato.

La serie degli ovali dei Carracci sono una testimonianza di questo periodo storico: oggi li possiamo ammirare in cornici dorate, ma originariamente erano collocati nei soffitti di Palazzo dei Diamanti, una delle più importanti residenze Estensi e odierna sede della Pinacoteca Nazionale di Ferrara. 

Da sinistra:
"Salacia", Ludovico Carracci, 1591.
"Venere e amore", Annibale Carracci, 1591.
"Flora (?)", Annibale Carracci, 1590.
"Plutone", Agostino Carracci, 1591 .

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Al centro di questa sala una serie di importanti strumenti musicali, vere e proprie opere d’arte a se stanti. 
Appartengono all’epoca del duca Francesco II d’Este (1662-1694), che rese la corte di Modena un magnifico centro di cultura musicale. 
Il duca istituì un oratorio e rifondò la Biblioteca Estense che possiede ancora oggi una ricca collezione di manoscritti musicali.

Questi strumenti furono realizzati per generare stupore ed evocare la passione per la musica, sebbene fossero tecnicamente in grado di essere suonati.

A sinistra: 
Chitarra barocca, di Michele Antonio Grandi (da Carrara), marmo intarsiato, prima del 1687.
A destra:
Violino barocco, di Giovan Battista Casarini (da Carrara), marmo intarsiato, 1687.

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Violino e violoncello, di Domenico Galli, acero, abete, giuggiolo, ebano intagliati e intarsiati, tartaruga, vetro, 1687 e 1691.

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Infine l'ultimo salone, con alcuni manufatti barocchi esposti nelle teche.

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A rappresentarli ho scelto l'arte dell'intaglio virtuosistico di "Vanitas" (allegoria della morte di Carlo II d'Inghilterra), di Grinling Gibbons, legno di tiglio intagliato su pannello di acero, 1685 ca.

Questo capolavoro d'intaglio fu donato a Francesco II d'Este dalla sorella Maria Beatrice, moglie di Giacomo II e regina d'Inghilterra.
È un memento mori ("ricordati che devi morire").
Gibbons affronta il tema riproducendo cacciagione, conchiglie, vegetali (ben 27 varietà botaniche riconoscibili) e uno spartito musicale di Edward Coleman con un testo poetico derivato da un dramma di James Shirley.
Nel medaglione centrale l'artista si è autoritratto.

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A chiudere la Galleria Estense ho scelto:

"FLORA", di Carlo Cignani, olio su tela, 1680 ca.
Cosparsa di fiori, la giovane Flora è un magnifico prototipo di grazia femminile, figura idealizzata, che evoca la mitica regione dell'Arcadia.

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Si è completato così il secondo percorso, che mi ha portato a visitare la porzione nord del centro storico, e non trovo parole migliori quali quelle di Guglielmo Zucconi che, nell’articolo "Sempre di corsa" della rivista Bell’Italia (1992), collega simbolicamente gli antichi canali di Modena alla velocità:

"Nello stemma di Modena si incrociano due lunghe trivelle col manico, per scavare pozzi artesiani.
Oggi, per trovare l’acqua, occorre scendere a grandi profondità, ma un tempo bastavano pochi metri, tanto che qui, "a piantar pali sgorgan fonti".
Lo disse Alessandro Tassoni, il poeta.

Le trivelle sono dunque il vero emblema di Modena, la traccia dell’acqua è visibile nella toponomastica: Canalgrande, Canalino, Canalchiaro, Canaletto, Navicello, Fonte Raso, Fonte d’Abisso.
Durante le piene del Secchia e del Panaro la città diventava un pantano.
Non verrebbe certo la pena di spendere tante parole sulla idrografia locale, se la sfida dell’acqua e del fango non avesse inculcato nei modenesi la passione per tutto ciò che corre, dalle biciclette ai cavalli, dalle moto alle Maserati e alle Ferrari.
Questa passione è la chiara risposta alle insidie degli acquitrini e alla viscosità del fango.
La fortuna di Modena incomincia infatti quando, dopo essere stata un gruppo di villaggi fangosi, prima liguri e poi etruschi e celti, diventa un municipio romano che Cicerone definì "fortissimo e splendido".





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→ MODENA PRESENTAZIONE


→ DIARI DI VIAGGIO

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Bibliografia:

-"Notizie dall'Italia: Accademia militare ingresso quasi libero", Bell’Italia n. 17, Ed. Giorgio Mondadori, settembre 1987, pagine 14-15.

-Guglielmo Zucconi, "Sempre di corsa-Modena e la storia: anche i pittori l'hanno vista in movimento", Bell’Italia n. 76, Ed. Giorgio Mondadori, agosto 1992, pagine 96, 97, 99, 125.

-Pannello esplicativo Biblioteca Poletti.
-Pannelli esplicativi Gallerie Estensi.


Sitografia:

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