Parco della Chiusa - Casalecchio di Reno - Bologna
L’antico sentiero dei Bregoli collega storicamente Casalecchio di Reno al Santuario della Beata Vergine di San Luca.
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L’ORIGINE DEL NOME
Per i casalecchiesi il sentiero prende il nome di "Bregoli" per ciò che accadeva fino alla prima metà del '900, e cioè la ricerca di "bregoli" (bràgguel in dialetto bolognese), sterpi o stiappe di legna.
Per i bolognesi invece il sentiero prende il nome di "Brigoli", dalla radice mediterranea "bric", luogo impervio e ghiaioso.
Da una mappa del Catasto Pontificio del 1780 risulta il toponimo "Bregoli", quindi accreditato come autentico.
Tirate le somme: bregoli è il vero nome e brigoli è una conseguenza (per il dialetto bolognese sinonimo di brigoso, difficoltoso).
Una corrispondenza che ha provocato un incidente linguistico.
Direi che entrambi i termini sono legittimati.
LA STORIA
Se nel medioevo la mulattiera serviva i pellegrini con vocazione spirituale a salire al santuario, dopo l’Unità d’Italia, sotto il comando del generale Manfredo Fanti, il sentiero venne allargato per consentire il trasporto di munizioni e cannoni.
Cessato il periodo militare, nel 1926 il parroco della Chiesa di San Martino fece installare lungo il sentiero una Via Crucis, con stazioni di sosta per la recita delle preghiere.
OGGI
È classificato come sentiero Cai 112/A, con un dislivello di circa 250m e una lunghezza di 1,7 km circa.
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Viene percorso ancora come pellegrinaggio di fede verso il santuario ma anche come escursione in mezzo alla natura o come mezzo di allenamento per jogging🏃♀️.
Parto dalla Chiesa di San Martino, situata all’ingresso del Parco della Chiusa di Casalecchio di Reno.
È proprio da qui che inizia il percorso.
Il sentiero è parte della Via degli Dei, la via che congiunge Piazza Maggiore di Bologna con Piazza della Signoria di Firenze.
Percorro in salita il versante ovest del colle della guardia, la collina di San Luca, caratterizzato dalla presenza di un bosco mesofilo, cioè un bosco che necessita di condizioni climatiche fresche e umide.
È dominato dalla presenza di roverella (Quercus pubescens).
Nel prativo distese di ciclamini.
IL RIFUGIO ANTIBOMBA
Fu realizzato dal Comune di Casalecchio di Reno nell’inverno del 1943 dall’ingegnere Raul Lo Re, intitolato a "Ettore Muti", un militare aviatore e politico fascista.
Il rifugio si sviluppa in una galleria lunga 114 m con due tratti longitudinali collegati da un ramo trasversale, considerato fra i più sicuri, resistente anche al colpo in pieno.
L’ingresso e l’uscita sfruttavano la ventilazione naturale per il ricambio d’aria su via dei Bregoli.
Per proteggere i rifugiati da possibili distacchi di argilla, la volta fu rivestita con un anello di mattoni.
La capienza era di 500 persone, quindi uno fra i più capienti, insieme a quello della Montagnola a Bologna.
Per testimoniare l’appartenenza antifascista della città di Bologna si è voluto apporre nel 2019, al muro del rifugio, la lapide dedicata a tre partigiani della Brigata Irma Bandiera, fucilati dai fascisti delle brigate nere il 20 aprile 1944.
La lapide era stata installata negli anni '50 nel bosco in località Stradella della Rocca, vicino al Parco della Chiusa.
Ritrovata in pessime condizioni, è stata restaurata e qui posta.
Nel Comune di Casalecchio, premiato nel 2003 dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi con la Medaglia d’Oro al Merito Civile per i bombardamenti devastanti inflitti alla popolazione, vi sono numerosi rifugi antiaereo.
Il Comune propone un percorso della memoria con cartelli informativi, assegnati nei vari rifugi individuati.
Viene facile paragonare la mancanza di libertà in tempo di coronavirus con le memorie dell’ultima guerra all’interno dei rifugi antibomba.
Soprattutto fra il 1944 e il 1945 i civili passarono dentro i rifugi gran parte delle loro giornate.
Al suono dell’allarme partiva la grande corsa e le persone arrivavano accalcate al suo interno e se ne stavano lì, sui letti a castello in legno o stretti gli uni agli altri, per ore, giorno e notte. Regnavano le partite a carte, le preghiere di gruppo, il senso di soffocamento, i topi, i pidocchi, ma soprattutto la paura e un forte sentimento di precarietà.
Ognuno di noi potrà trarre le proprie conclusioni nel paragonare la clausura casalinga del 2020.
LA FAUNA
Oggi i rifugi, oltre a costituire testimonianza storica, offrono riparo invernale a famiglie di pipistrelli.
I pipistrelli sono protetti in tutta Europa a causa della minaccia di estinzione, dovuta all’alterazione dei loro habitat da parte dell’uomo. È vietata la cattura, l’uccisione, il disturbo e la distruzione dei luoghi di rifugio e riproduzione.
Svolgono un ruolo fondamentale negli equilibri degli ecosistemi mangiando insetti, impollinando fiori o disperdendo semi.
Il Comune di Casalecchio ha sostenuto un progetto durato 10 anni per sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti di questo mammifero e ha catalogato nel Parco della Chiusa 13 specie di pipistrelli 🦇
Ecco perché i rifugi antibomba hanno aperture che permettono ai pipistrelli di entrarvi in volo e sono diventati luoghi sicuri per queste specie.
Arrivo sul primo crinale dove la vista spazia sulle colline circostanti, la salita è ripida.
In breve tempo sono sulla strada asfaltata di via di Monte Albano e, dopo 500 m, raggiungo il Santuario.
Quanta storia, quanti avvenimenti sono legati a questo antico percorso: religioso, sportivo, un luogo appartenente alla collettività.
Sitografia:
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