Largo Respighi, 1 e Piazza Verdi, 1
BOLOGNA
Bologna è stata riconosciuta dall'UNESCO come "Cittá creativa della musica", seconda in Europa solo a Siviglia.
Questo premio celebra il suo ruolo nella conservazione e promozione del patrimonio musicale dell'Emilia-Romagna, supportato anche dal Dipartimento Musica e Spettacolo dell'Università.
La città ospita numerosi eventi culturali legati alla musica, danza e teatro, con il sostegno di istituzioni culturali, associazioni e gruppi giovanili.
La produzione musicale è guidata dalla Fondazione Teatro Comunale (un Ente Autonomo), responsabile della stagione lirica al Teatro Comunale e della stagione sinfonica presso l' Auditorium Teatro Manzoni, per un totale di circa 80 spettacoli l'anno.
Il Teatro Comunale di Bologna, uno dei più prestigiosi d'Italia, si sta rinnovando dopo oltre 250 anni dalla sua inaugurazione, per soddisfare le esigenze di conservazione degli spazi storici e aggiornamento funzionale.
I lavori di ammodernamento mirano a rendere il teatro adeguato alle nuove necessità del pubblico e delle produzioni sceniche, prevedendo la riapertura nel 2026.
La visita guidata a cura del FAI negli spazi storici del teatro, attualmente chiusi per i lavori, mi ha offerto l'opportunità di ammirare gli spazi insieme al racconto della sua storia.
LA STORIA DEL TEATRO
Il Teatro Comunale sorge sul luogo della quattrocentesca Domus Magna dei Bentivoglio, signori di Bologna, distrutta nel 1507 dopo la loro cacciata dalla città, sconfitti da Giulio II.
Il palazzo era considerato uno dei più belli d'Italia, tanto che i bolognesi lo soprannominarono Domus Aurea, per via dei capitelli e dei cornicioni rivestiti di oro zecchino. Comprendeva 300 camere, eleganti scale e portici, giardini con fontane alimentate da sorgenti artesiane e una ricca collezione di statue.
Il Teatro Comunale fu progettato dall'architetto Antonio Galli da Bibbiena e la costruzione iniziò nel 1756, su autorizzazione di Papa Benedetto XIV nel 1750.
Fu promosso dai cittadini per sostituire il teatrino privato di Palazzo Malvezzi distrutto da un incendio, e il teatro pubblico di Bologna detto "della Sala", ubicato nel Palazzo del Podestà, che necessitava di ingenti restauri.
Non è dedicato a una personalità politica, la sua denominazione è TEATRO COMUNALE, dalla civitas per la civitas, cioè dalla comunità per la comunità, finanziato con fondi pubblici e costruito nel luogo in cui sorgeva la residenza dei Bentivoglio su suggerimento dello stesso Bibbiena.
Fu inaugurato nel 1763 con il Trionfo di Clelia, di Gluck, su libretto di Pietro Metastasio, commissionato all'autore proprio per questa occasione.
Durante gli intervalli dei tre atti dell'opera, si inserivano anche momenti di danza, come era consueto nell'epoca. Lo spettacolo fu replicato per ben 28 rappresentazioni, una pratica comune allora, mentre oggi appare eccessiva.
Tuttavia il nome tutelare del teatro è "Wagner", il cui debutto in Italia avvenne qui con grande successo il 1 novembre 1871 con l'opera "Lohengrin", registrando incassi record e attirando numerosi spettatori, incluso Giuseppe Verdi in incognito.
Wagner rivoluzionò completamente il modo di stare a teatro, come spegnere le luci in sala, rompendo la tradizione sociale della classe aristocratica di fare conversazione, mangiare e anche giocare d'azzardo durante gli spettacoli. Prima di lui infatti gli spettacoli si assistevano in piedi, la sala era priva di poltrone, proprio come oggi che il teatro è in restauro.
La sua rilevanza artistica in quell'anno gli valse la cittadinanza onoraria.
GLI INTERNI
IL FOYER RESPIGHI
Entro nel foyer principale, parola francese che significa "focolare", perchè si era soliti porre due bracieri ai lati della sala per "spezzare" il freddo dovuto alle porte sempre aperte.
Rimane il luogo dove ci si incontra e si chiacchiera, in attesa che lo spettacolo cominci.
Giuseppe Verdi è, insieme a Wagner, l'altro protagonista del teatro: trovo due bassorilievi in stile liberty a loro dedicati, dello scultore Silverio Montaguti, a fianco della porta principale per accedere alla platea.
Giuseppe Verdi, altorilievo - ©bibliotecasalaborsa.it |
Richard Wagner, altorilievo - ©bologna.repubblica.it |
Le opere di Verdi vengono qui suonate fin dalla sua giovinezza.
Nel 1951, cinquant'anni dopo la sua morte, gli è stata dedicata anche la piazza antistante il teatro.
Nella sala, alle pareti, sono presenti anche tre busti: quello di Respighi, importantissimo direttore d'orchestra, a cui questo foyer è dedicato; Gluk, il compositore del Trionfo di Clelia; Bibbiena, l'architetto del palazzo.
Questo foyer fa da anticamera alla prestigiosa Sala Bibbiena.
SALA BIBBIENA
I Galli da Bibbiena (comune in provincia di Arezzo), o Bibiena, erano una famiglia di scenografi e architetti conosciuti in tutta Italia, così come in Europa, specializzati nella realizzazione di teatri.
Antonio Galli da Bibbiena realizza questa sala nel 1756 con la caratteristica forma a campana, realizzata per avere un'acustica migliore.
Questo stile verrà denominato "teatro all'italiana", proprio per la sua riconoscibilità.
I palchi, distribuiti su quattro ordini più un loggione, erano assegnati a famiglie nobili in concessioni perpetue, di generazione in generazione, e gli stessi contribuivano a sostenere economicamente il teatro.
Anche la famiglia Verdi possedeva un palco, il numero 23.
Ogni palco è decorato: le famiglie proprietarie avevano la possibilità di farlo a proprio gusto.
Il quarto ordine è completamente spoglio, poichè meno visibile rispetto ai piani centrali, dunque le famiglie erano meno inclini ad attuare decorazioni che non si sarebbero viste.
Conoscendo la storia del teatro, so che è Comunale perchè finanziato dalla comunità, ma potrei capirlo anche solo osservando questa sala: manca il palco regio.
Il Bibbiena optò per la costruzione in muratura del teatro, poichè quelli precedenti in legno erano vulnerabili agli incendi, causati dalle lanterne usate per il riscaldamento.
Tuttavia la muratura non è ottimale per l'acustica teatrale.
Come affrontò questa sfida?
Risolse il problema con la sala sospesa nel vuoto, creando un'intercapedine sotto il pavimento e uno spazio vuoto nel soffitto e lati dei palchi.
Il soffitto della platea venne ridipinto nel 1866 dai pittori Luigi Busi e Luigi Samoggia, in sintonia con i chiaroscuri e i lampadari.
Successivamente, nel 1931, un incendio distrusse il palcoscenico e il sipario di Napoleone Angiolini, ma nel 1933 furono ricostruiti da Armando Villa.
Ai lati del proscenio sono presenti dei tondi dove sono raffigurati i più importanti personaggi del teatro antico, come Sofocle e Goldoni.
Una curiosità: le colonnine delle balaustre inizialmente non erano chiuse come si vedono oggi; si presume siano state chiuse per la "privacy" delle donne che portavano le gonne.
IL BACKSTAGE
Il backstage è il "luogo dei macchinisti", che corrono su tutti i ballatoi, e vi lavorano a volte più di 120 persone durante le rappresentazioni.
Le poltrone, attualmente riposte sotto tendoni, non sono rosse come di solito si trovano nei teatri, ma verdi, per rappresentare il colore della città di Bologna.
Il teatro oggi affronta una ristrutturazione che coinvolge anche il cortile esterno, con la realizzazione di uno spazio urbano non convenzionale.
Il progetto scelto, di Luigi Orioli, prevede interventi architettonici innovativi e un miglioramento dell'impatto energetico, inclusi pannelli solari.
Gli interventi saranno in via del Guasto, dove saranno demoliti dei corpi di fabbrica per inserire nuovi ambienti con sala prove e bistrò, distinguendosi dalla parte storica per ciò che riguarda i materiali e la forma, mantenendo i volumi precedenti.
ARTURO TOSCANINI
Questo teatro custodisce il ricordo di un evento che coinvolse il maestro Toscanini, evidenziando il modo in cui la politica fascista interferì con la libertà degli artisti.
Durante l'anniversario del 1931, previsto per il 14 maggio, si doveva tenere un concerto diretto dal maestro Toscanini. Tuttavia, il giorno stesso arrivò a Bologna il ministro Ciano, consuocero di Mussolini.
Il protocollo richiedeva che, nel caso il ministro si fosse presentato al teatro, il concerto iniziasse con la "Marcia Reale" (inno nazionale dal Regno d'Italia sino alla fine della monarchia sabauda, 1861-1946) e con l'inno del partito fascista "Giovinezza".
Toscanini rifiutò categoricamente di eseguire tali inni, rinunciando al concerto.
Venne aggredito e schiaffeggiato da alcuni membri delle squadre fasciste presso un ingresso laterale del teatro. Rifugiatosi all'Hotel Brun, gli fu intimato di lasciare la città.
Toscanini scrisse una lettera a Mussolini, senza ricevere risposta, e decise di lasciare l'Italia, ritornandovi solo dopo la guerra.
Una lapide posta sull'ingresso laterale del teatro, in Largo Respighi, ricorda quell'episodio.
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Note:
il teatro, attualmente chiuso al pubblico per motivi di restauro, ha la sua sede provvisoria nel quartiere fieristico presso il Bologna Congress Center - Exhibition Hall, in Piazza della Costituzione, 4a.
L'obiettivo è riaprire entro il primo semestre del 2026.
La mia visita è stata possibile in occasione delle Giornate di Primavera organizzate dal FAI, marzo 2024.
Bibliografia:
-Corrado Ricci e Guido Zucchini, "Guida di Bologna", ed. Alfa 1968, ristampa ottobre 1976.-
-Emilia-Romagna, arte e storia sulla Via Emilia, Touring Editore 2010.
Sitografia:
-resoconto visita guidata a cura del FAI.
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