giovedì 27 marzo 2025

UN CAPITOLO NASCOSTO DELL'OSTERIA DE' POETI A BOLOGNA

in via de' Poeti, 1


Questa è una storia che riguarda Alex Devetzoglou e si intreccia con quella dell'Osteria de' Poeti.

Dal punto di vista storico, ecco alcuni cenni sull'antica strada su cui sorge l'osteria.

Dalle "Cose notabili…" di Giuseppe Guidicini¹, si legge che via de' Poeti, in passato, si chiamava via del Pozzo dell’Acqua Buona o, più semplicemente, via dell’Acqua Buona.

"Gennaio", Offiziolo dei mesi, libro d'ore (manoscritto medievale contenente preghiere),
dedicato alla Vergine Maria ("Officium Beatae Mariae Virginis", Bologna 1385).
→ Offiziolo dei mesi



Bottaio che chiude una botte, Officium Beatae Mariae Virginis, Bologna 1385.


Riguardo all’origine del nome, è interessante sapere che un tempo era comune costruire pozzi d’acqua accessibili dalle vie.

Tuttavia, solo poche abitazioni potevano vantare questa comodità esclusiva e interna, tanto che nei contratti di compravendita o di affitto dell’epoca si fa sempre riferimento alla presenza di un pozzo, specificando se sia privato o condiviso con un’altra casa.

In questa strada c'è un pozzo con acqua di ottima qualità, situato non lontano dall'Avesa, il torrente che attraversa la città di Bologna, e per questo motivo la via prende il nome di via del Pozzo dell’Acqua Buona.

Successivamente, nel primo decennio del 1500, la via cambia nome in via Galeazzo Poeti, per poi essere definitivamente chiamata via de' Poeti, in onore della famiglia Poeti, che aveva costruito le sue abitazioni all’ingresso della strada, all’angolo con via Castiglione.

Un particolare della mappa del Catasto Gregoriano del 1835 della città di Bologna, conservato presso l'Archivio di Stato di Roma, con l'intera VIA DE' POETI.
Nell'ambito del progetto "Imago II", queste mappe vengono digitalizzate (fonte: origine di Bologna¹).



LE ORIGINI DELL'OSTERIA DE' POETI

Fin dal XVII secolo, nelle cantine dell'antico palazzo senatorio Sampieri Cospi, viene allestita una "buchetta", come punto vendita di vino sotto al piano stradale.

L'osteria viene chiamata "l'Hustari dri dal Ren" (Osteria dietro al Reno)².

All'osteria, di Gustav Adolf Closs.
L’illustrazione popolare, Fratelli Treves Editori - Milano, 1884.
Pubblico dominio Wikimedia.

Nei primi anni del 1900 l'osteria prende il nome "de' Poeti", dalla via in cui si trova.

A partire dagli anni '60, accanto alla clientela abituale, iniziano a frequentare il locale anche gli studenti dell'Università.

Tra i nuovi avventori c'è un giovane Francesco Guccini, che durante la gestione dell'oste Paolo, con la sua chitarra e una canzone dedicata, ha reso il locale celebre.

Tra un bicchier di vino e una risata, qui si sono scritte pagine importanti della cultura italiana.

Nel corso degli anni, l’osteria assume vari volti: da punto di ritrovo bohémien a ristorante elegante, accogliendo anche artisti internazionali che vi cenano, tra cui gli U2 quando tengono i due concerti allo Stadio Dall'Ara il 17-18 luglio 1993. 

Esterno dell'osteria dei poeti a bologna
©foto Monica Galeotti, 2017.


Ma la sua storia non è solo quella delle voci che si sono alternate al suo interno; è anche una storia di passione, amicizie, tradimenti e opportunità sfumate.



L'OSTERIA DEI POETI E L'IDEA DI ALEX DEVETZOGLOU

 Dopo aver parlato della sua storia e del suo percorso a Bologna in una precedente pubblicazione*, Alex mi racconta dell'Osteria de' Poeti, dove nel 1973 prende forma l'iniziativa del recupero della cantina, un'idea che porta avanti personalmente.

Per riprendere il filo del discorso occorre partire da quello che lui chiama periodo di piombo.

Arrivato a Bologna per studiare, il 21 aprile 1967 in Grecia si instaura la dittatura, che lo priva del permesso di soggiorno.
Per non pensare troppo alla situazione del suo paese e alla sua condizione di esule forzato in Italia, si svaga e cerca di divertirsi suonando all’Osteria Gandolfi (Il Moretto), dove conosce Francesco Guccini e suona insieme a lui e Deborah Kooperman, e successivamente al Club 37.


LE DAME

A questo punto, Francesco e Alex, vanno alla ricerca di un locale più grande, perchè la gente aumenta sempre più, e a Francesco capita l'occasione di avere il supporto di un frate domenicano, Michele Casali.
Alla fine del 1971 il locale si trova, e Francesco Guccini inaugura l’Osteria delle Damema la serata viene turbata da un acceso scontro tra simpatizzanti di destra e di sinistra, che rovina la festa. Volano sedie e si rompono tavoli.
Da questo momento Alex agisce con prudenza e frequenta luoghi tranquilli.

L’OSTERIA DEI POETI E LA SOCIETÀ FITTIZIA

Alex scopre l’Osteria dei Poeti nel 1969, grazie a un amico italiano che lo porta lì.

Questo luogo finisce per diventare un suo punto di incontro abituale con gli amici, dove condividere un bicchiere di vino e qualche chiacchiera.

Racconta che al piano terra ci sono due stanze: nella prima si trova il bancone, dove si serve il vino sfuso ai clienti di passaggio, mentre nella seconda, più raccolta, ci sono quattro o cinque tavoli dove ci si può fermare a chiacchierare.
Il proprietario, Paolo, è una figura emblematica: alto e snello, romagnolo, gestisce l’osteria con la moglie, che lo aiuta.
Ha circa 75 anni e, se in genere è amichevole, con i clienti che esagerano con il vino sa essere più serio e persino brusco.

Un giorno, nel 1973, mentre Alex è solo con Paolo, questi gli confida di essere ormai stanco di stare in piedi tutto il giorno e pensa di andare in pensione a breve e tornare in Romagna, nonostante l’affezione che ha verso il locale.

Alex gli chiede quale sarà il destino dell’osteria al momento del ritiro. Paolo gli risponde che, se trovasse la persona giusta, sarebbe disposto a cederla.

Lo invita a seguirlo e gli mostra la cantina sotto il locale. Scendono.

Vi sono due strette scalinate con al centro una rampa più profonda, delimitata da due file di pietre allineate. Paolo gli spiega che quella rampa serve da guida per trasportare le botti dal piano terra alla cantina e viceversa, dopo il lavaggio.

Quando Alex arriva in cantina, rimane colpito dalla bellezza di quel luogo antico, l’atmosfera è incredibile.

Ai piedi della scalinata si apre un ampio corridoio lungo circa 15-20 metri e largo circa 4.

Sulla sinistra c’è una grande stanza di circa 20 metri quadrati con un enorme camino, mentre di fronte c’è un bancone con una lunga grata di legno con tre piccoli archi dove, dice Paolo, i consumatori si appoggiavano per essere serviti.

Sul lato destro del corridoio una sala altrettanto lunga, larga circa 5 metri, con in fondo un pozzo ancora pieno d’acqua.

 Ecco l'importanza del preambolo storico dell'osteria, e la domanda sorge spontanea: potrebbe trattarsi del Pozzo dell'Acqua Buona che un tempo dava il nome alla via? Sembrerebbe plausibile.

L’ambiente ha il fascino dei luoghi dimenticati: i muri sono screpolati, coperti di polvere e intonaco cadente, con qualche ragnatela qua e là, oggetti accatastati e qualche damigiana dove Paolo conserva il vino.

Probabilmente molti decenni prima si serviva la mescita.

Quella cantina affascina talmente Alex che, una volta tornato a casa, non smette di pensarci, immaginando come sarebbe stato bello riportarla in vita, trasformandola in un ritrovo pubblico.


UN SALTO TEMPORALE

Tornando al 1969, dopo le serate musicali al Club 37, Alex e i suoi amici non vogliono mai tornare a casa subito.

Un amico lo porta in un piccolo borgo a 38 km da Bologna, dove si trova una bettola nascosta in un cortile.

La prima volta che Alex ci va, è già notte fonda, ma l’atmosfera lo conquista. I vecchietti bevono vino e mangiano salumi a prezzi stracciati, e dopo qualche bicchiere, in tre iniziano a suonare e cantare canzoni popolari.

L'immagine richiama l'ambientazione del racconto.
©foodlab.unipr.it


Uno al violino, gli altri due alla chitarra e al mandolino, in modo simpatico, seguendo l'ispirazione del momento, come si suol dire "come tira il vento".

Ad Alex piace la genuinità dell'atmosfera e comincia a tornarci spesso, almeno una volta alla settimana.

La bettola diventa sempre più frequentata e, dopo un po’, l’oste decide di organizzare serate con musica.

Nel giro di un anno, la bettola si trasforma da locale semplice a trattoria alla moda, con una cantina rifornita di vini da tutta Italia e specialità locali preparate dalla madre dell’oste. L’orchestra di vecchietti suona quasi tutte le sere, e il successo aumenta.

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Tornando al 1973, quando Alex ripensa alla cantina dell’Osteria dei Poeti, gli viene in mente che l’oste della bettola fuori Bologna potrebbe essere la persona ideale per gestirla. Gli parla dell’idea e l’oste, colpito, accetta di andare a vedere il locale. Dopo averlo visitato, è convinto di aver trovato un grosso affare, e propone ad Alex di diventare suo socio.

Lui gli risponde che non può, in quanto non ha il permesso di soggiorno e, tecnicamente, lui in Italia è come se non esistesse, pertanto non può apparire legalmente in un contratto.

L’oste non si arrende e propone di intestare la sua parte della società a un amico italiano. Anche questa ipotesi non è percorribile, ma è così deciso che offre di anticipare la quota di Alex, da recuperare con il 50% dei guadagni.

A Bologna Alex studia ingegneria e nutre una grande passione per l’architettura (che in seguito diventerà la sua professione principale), ma non è solo una città di studio, è un rifugio, un porto sicuro in un momento storico difficile.

Alla fine si fida e accetta.

La sua situazione lo costringe a lavorare nell’ombra, il suo coinvolgimento si basa su un accordo verbale, sulla fiducia e sul reciproco rispetto.

Lavora alla ristrutturazione del locale, mettendo a disposizione competenze e risorse, senza alcun contratto scritto.

Coinvolge e paga personalmente alcuni studenti greci per sistemare il locale: lo puliscono, fanno il possibile per rimetterlo in ordine, con l'aiuto, per i lavori più difficili, di un paio di falegnami.

Lo riportano a uno stile rustico, aggiungendo tavoli, panche e tutto il necessario per il servizio.

Dopo circa due mesi di lavori, l’osteria riapre, e la cantina diventa il cuore pulsante del locale, funzionando come un circolo di degustazione, con ingresso riservato ai soci.

 L'immagine richiama l'ambientazione del racconto.
©ioagisco.it


L'accordo è chiaro fin dall'inizio: Alex comparirà solo come ospite.

I vecchietti musicisti suonano due sere a settimana, e il locale ha un successo immediato, il sogno è stato realizzato.

Se ne parla ovunque. Gli articoli sul Resto del Carlino si moltiplicano, i giornalisti arrivano per documentare il fenomeno.

A questo punto piovono diverse offerte allettanti, soprattutto da parte di facoltosi bolognesi per accaparrarsi la gestione, e il socio capisce di avere una miniera d'oro tra le mani.

Fiutata l'occasione, il suo atteggiamento cambia radicalmente, e lo costringe ad accettare ruoli avversi agli accordi iniziali concordati. 

Alla fine gli dice:

"Devi stare tu dietro al banco a servire, finchè non trovo qualcuno".

Alex non ci sta:"Sei impazzito? Qui in serata passano anche ubriachi, può succedere di tutto. Non è sicuro per me, abbiamo già chiarito questo punto."

Ma ormai gli è tutto chiaro: il socio vuole monetizzare il locale e liberarsi di lui.

Lo guarda dritto negli occhi e chiude la questione con parole definitive: "Sai bene cosa ho fatto per questo posto. Se ti senti debitore nei miei confronti, trovi un altro comportamento. A questo punto, non ho più nulla da dirti."

E così si autoesclude.


Dopo quattro o cinque mesi riceve la notizia che il socio ha venduto il locale al miglior offerente.

Alex lo scopre per caso, da un amico.

 Dei nuovi proprietari non saprà mai nulla.

L’osteria continua in quegli anni la sua esistenza, ma per Alex rimane solo il ricordo di una promessa alla realizzazione di un sogno.

Gli torna in mente una frase di una sua canzone di quei tempi, Torni a casa ormai:

"Che i sogni siano sempre sogni!".



In definitiva, si rende conto di quanto sia difficile, date le sue condizioni, mettere radici a Bologna!


UN NUOVO INIZIO

Con cinque o sei amici, greci e italiani, affittano un piccolo sotterraneo in via San Vitale, che può ospitare una ventina di persone.

Lì si incontrano una o due volte alla settimana per suonare e cantare in compagnia, aspettando la fine della dittatura.

E finalmente, la dittatura cade nel luglio del 1974.

È il sollievo più grande!


Nonostante tutto, Bologna non gli lascia solo amarezza. Qui ha trovato rispetto e aiuto da molte persone.

Tra queste, una signora dell’alta società bolognese che lo ha sostenuto in diverse occasioni, aiutandolo anche in una controversia con la casa discografica e arrivando persino a pagargli l’avvocato.

Un’altra delle tante avventure di Alex a Bologna, una storia che meriterebbe di essere raccontata nei dettagli. Chissà se mai troverà spazio in queste pagine.

In futuro, chissà quali altri racconti potrebbero emergere dal suo lungo periodo vissuto a Bologna!


UNA STORIA NELLA NARRAZIONE DELLA CITTÀ

Oggi, l’Osteria dei Poeti non è più aperta: nel 2019 è fallita per bancarotta fraudolenta, dopo che negli ultimi 15 anni la società è stata depredata finanziariamente.

Alex, con il suo spirito e le sue passioni, è parte della storia di questo storico locale, anche se il suo nome, fino ad ora, è sempre rimasto nell'ombra, protetto dal suo desiderio di non rivelare troppo di sé.

Ora questo racconto ha visto la luce e si intreccia con la grande narrazione della città. 


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→ *ALEXANDROS: UN GIOVANE CANTAUTORE GRECO A BOLOGNA


OSTERIA GANDOLFI (oggi IL MORETTO)


OSTERIA DE' POETI

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NOTE:
-Se qualcuno possedesse fotografie, sia precedenti che successive al 1973 della cantina dei Poeti, sarebbe un dono prezioso. Se avete immagini da condividere, vi invito a contattarmi.
-Grazie ad Alex per aver condiviso i suoi preziosi racconti.

RIFERIMENTI:


2 commenti:

  1. Hai reso appassionante questo racconto di Alex e maggiore conoscenza degli angoli nascosti della nostra bella Bologna. Grazie Monica!

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  2. Grazie a te! Mi fa piacere che il racconto ti abbia appassionato. Ciao!

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