sabato 22 novembre 2025

BIENNALE FOTO/INDUSTRIA 2025 | MIKAEL OLSSON – VUJO MABHEKA – JULIA GAISBACHER

BOLOGNA, 7 novembre - 14 dicembre 2025



3 – MIKAEL OLSSON
4 – VUJO MABHEKA
5 – JULIA GAISBACHER
Collegio Venturoli
via Centotrecento, 4


Entrata del Collegio Venturoli in via Centotrecento a Bologna, sede di tre mostre della biennale Foto Industria 2025.




Cortile interno del Collegio Venturoli di Bologna, spazio architettonico che accoglie parte della biennale Foto Industria 2025.



3 – MIKAEL OLSSON


Foto culturabologna.it


Mikael Olsson (nato nel 1969 a Lerum, Svezia, vive a Stoccolma) è un artista, fotografo e occasionalmente attore, formatosi presso l’Università di Göteborg (1993-1996).

Olsson ha uno stile molto personale:
non si limita a fotografare l’architettura con occhio documentaristico, ma interpreta gli edifici come "corpi viventi", con la loro storia, fugacità e le tracce del tempo. 

Ha partecipato alla Biennale di Architettura di Venezia (2018) e ha esposto in Svezia e a livello internazionale. 

Oltre alla fotografia, ha recitato in film come The Square di Ruben Östlund e Suspiria di Luca Guadagnino. 

È rappresentato dalla Galerie Nordenhake (Stoccolma/Berlino).


La mostra
SÖDRAKULL FRÖSAKULL

Entrata dell’esposizione di Mikael Olsson dedicata al progetto Sodrakull Frosakull all’interno del Collegio Venturoli.


Il suo lavoro più celebre è il progetto Södrakull Frösakull, in cui esplora e fotografa due case progettate dall'architetto modernista Bruno Mathsson negli anni '50 e '60.


Prima immagine della serie Sodrakull di Mikael Olsson.


Queste case non sono semplici abitazioni ma veri e propri manifesti architettonici: esperimenti radicali sul rapporto tra individuo e ambiente, tra lo spazio domestico e il paesaggio circostante.


Versione a campo più largo dell’immagine Sodrakull con finestra a vetri che si apre sul giardino interno del collegio Venturoli a Bologna.

Tra il 2000 e il 2006 Olsson le fotografa con un approccio distante sia dallo storico dell’architettura, impegnato nella ricerca di radici e motivazioni, sia dal documentarista, che registra i fatti.

 Il suo è uno sguardo interpretativo, mostrando case sospese tra silenzio e tracce di vita quotidiana, evidenziandone sia la perfezione geometrica sia la fragilità e la memoria del tempo.
Ciò che emerge è soprattutto la loro vulnerabilità.


Panoramica espositiva con diverse fotografie della serie Sodrakull di Mikael Olsson all’interno della mostra.



Fotografia SK 05 del 2001 della serie Sodrakull che ritrae un interno della casa progettata da Bruno Mathsson.



Esterno della casa della serie Sodrakull immerso nella vegetazione circostante e documentato da Mikael Olsson.



Titolo della serie Frosakull accostato all’immagine del bagno della casa fotografata da Mikael Olsson.



Fotografia FK 03 del 2023 della serie Frosakull con vista dall’interno di un salone dalle ampie vetrate sul giardino.



Fotografia FK 04 del 2023 della serie Frosakull che mostra un interno con tende chiuse illuminato da luce esterna giallastra.



Panoramica dell’intero ambiente espositivo con fotografie alle pareti e due statue scultoree che incorniciano il percorso.


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4 – VUJO MABHEKA


Foto di Sibusiso Bheka latitudes.online/artist

Vuyo Mabheka (Libode, Eastern Cape, Sudafrica 1999) è un artista e fotografo sudafricano.

L'infanzia è segnata dalla perdita della nonna, che lo aveva allevato, dall'assenza paterna, e dai continui spostamenti con sua madre e la sorella minore fino a stabilirsi nel township di Thokoza, vicino a Johannesburg.

Si avvicina alla fotografia nel 2017 grazie al programma educativo Of Soul and Joy, che forma giovani talenti provenienti dai township.

I township sono quartieri periferici creati durante l'apartheid e destinati alle comunità nere, spesso segnati da condizioni sociali difficili.

La sua storia personale, segnata da continui spostamenti familiari, influenza profondamente la sua sensibilità artistica.


La mostra
"POPIHUISE"


Entrata della mostra di Vuyo Mabheka al Collegio Venturoli per la Biennale Foto/Industria 2025.


A prima vista, la serie appare vivace e giocosa, ma rivela anche traumi e fragilità, con scene domestiche segnate dalla precarietà e la figura paterna assente.

L’infanzia dell’artista, segnata dai continui trasferimenti, è il punto di partenza della serie Popihuise.

I titoli delle opere, in lingua zulu e xhosa, richiamano i luoghi della sua crescita.


Panoramica della sala che ospita l’intera mostra di Vuyo Mabheka al Collegio Venturoli.


Il progetto, sospeso tra documento e finzione, riflette sul tema della casa come spazio affettivo e simbolico, ispirandosi al popihuis, la casa delle bambole "economica" costruita con materiali di fortuna nelle township.

L’artista utilizza le poche fotografie familiari sopravvissute ai numerosi traslochi, ritagliandole e reinserendole in scenografie disegnate a matita (volutamente ingenue) e collage colorati.

In questo modo la fotografia, che conserva il passato, incontra e a volte si scontra con il disegno, andando così a reinventare poeticamente l'infanzia.


Opera Bazobuya di Vuyo Mabheka esposta alla Biennale Foto/Industria 2025.
Opera Bazobuya, di Vuyo Mabheka.


Insieme ricostruiscono ciò che è stato perduto e creano un linguaggio visivo che immagina un possibile futuro. 

Così, l'esperienza personale dell'artista diventa una metafora universale.

Le sue opere non raccontano solo la propria infanzia, ma riflettono la condizione di milioni di persone per cui, nell'epoca delle migrazioni di massa, abitare significa ricominciare continuamente, trovare nuove soluzioni e adattarsi senza sosta.


Opera Cara Cara di Vuyo Mabheka presentata nella mostra al Collegio Venturoli.
Opera Cara Cara, di Vuyo Mabheka.

Mabheka ci fa riflettere sull’abitare, sul trasformare l’assenza in presenza e a rendere stabile ciò che non lo è mai stato, inserendosi a pieno titolo nel più ampio dibattito sull'abitare contemporaneo.


Opera Bhekela di Vuyo Mabheka, dedicata alla comunità vicina a Thokoza dove molti abitanti di Phola Park attendono una casa dal 1994.
Opera Bhekela, di Vuyo Mabheka,
dedicata alla comunità vicina a Thokoza,
dove molti abitanti di Phola Park attendono una casa dal 1994.


La serie POPIHUISE ha valso all'artista il Premio speciale della Giuria al festival Images Vevey (2023‑2024) e l’inserimento nella lista "Ones to Watch 2024" del British Journal of Photography.
Nel luglio 2025, il libro che accompagna il progetto, pubblicato da Chose Commune, ha ricevuto il premio per il miglior libro d’artista a Les Rencontres de la photographie di Arles.


Opera eDoliphini di Vuyo Mabheka, dedicata al tema della città e ispirata a un antico termine Afrikaans.
Opera eDoliphini, di Vuyo Mabheka,
dedicata al tema della città e ispirata a un antico termine Afrikaans.

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Salgo al primo piano del Collegio Venturoli verso la terza e ultima mostra, e attraverso gli interni con le opere d'arte che animano gli spazi.


Primo piano del Collegio Venturoli con opere d'arte dell'istituto d'arte.


Dal terrazzamento si apre una splendida vista sul cortile interno.


Cortile interno storico del Collegio Venturoli a Bologna.


5 – JULIA GAISBACHER


Foto juliagaisbacher.com/ABOUT


Julia Gaisbacher (1983) è una fotografa e artista austriaca che vive a Vienna.

Ha studiato storia dell’arte all’Università di Graz e scultura all’Accademia di Belle Arti di Dresda e all'Accademia di Belle Arti di San Luca di Bruxelles.

Il suo lavoro nasce da una ricerca accurata e da un forte interesse per architettura, città e modi di abitare. Realizza fotografie, installazioni, film e libri fotografici.


La mostra
"MY DREAMHOUSE IS NOT A HOUSE"

Entrata della mostra fotografica di Julia Gaisbacher.


Questo lavoro racconta il progetto di edilizia sociale partecipata Gerlitzgründe di Graz, realizzato negli anni Settanta, in cui l’architetto Eilfried Huth progettò le case insieme ai futuri abitanti, superando la logica top-down, creando alloggi personalizzati e una comunità forte.


Interno della mostra panoramica My Dreamhouse Is Not a House di Julia Gaisbacher


Il termine top-down è usato in molti ambiti per indicare un processo dall’alto verso il basso.

In architettura, descrive un modello in cui l’architetto prende tutte le decisioni progettuali e il progetto viene "calato" sui futuri abitanti, che non sono coinvolti attivamente.

Il progetto di Huth, invece, fa il contrario: coinvolge i futuri residenti e ascolta i loro bisogni, quindi rompe il modello top-down e crea un processo partecipato, basato sulla collaborazione.


Primo piano delle fotografie della serie My Dreamhouse Is Not a House, di Julia Gaisbacher.



Quattro fotografie in primo piano delle case progettate dall’architetto Eilfried Huth.


Il progetto ebbe anche un forte valore sociale, poichè le prime 30 abitazioni furono destinate a famiglie a basso reddito e giovani coppie, rompendo le logiche del mercato immobiliare.

A quasi cinquant’anni di distanza, Julia Gaisbacher torna su questa esperienza con fotografie, un film, immagini d’archivio e un modello architettonico originale.


Modello architettonico modulare in legno del complesso Gerlitzgründe progettato da Eilfried Huth, conservato all’Architekturzentrum Wien.
Modello architettonico modulare in legno del complesso Gerlitzgründe
progettato da Eilfried Huth,
conservato all’Architekturzentrum Wien.


 Le foto storiche mostrano la dimensione più privata del progetto. 


Foto storiche private degli abitanti del complesso Gerlitzgründe a Graz, testimonianza della vita comunitaria nel progetto di Eilfried Huth.



Panoramica di foto storiche che documentano la quotidianità e gli spazi condivisi degli abitanti del complesso sociale Gerlitzgründe a Graz.



Ulteriore panoramica di fotografie storiche che raccontano la vita comunitaria e le attività degli abitanti del complesso Gerlitzgründe.


Il film raccoglie interviste all’architetto Eilfried Huth e agli abitanti.


L’architetto Eilfried Huth mostra il modello modulare in legno del complesso Gerlitzgründe e spiega l’inserimento dei singoli elementi interni.
L’architetto Eilfried Huth mostra il modello modulare in legno
del complesso Gerlitzgründe e spiega l’inserimento dei singoli elementi interni.



Abitanti del complesso Gerlitzgründe assemblano all’aperto gli elementi modulari in legno per partecipare alla costruzione delle loro abitazioni.
Abitanti del complesso Gerlitzgründe assemblano all’aperto gli elementi modulari
in legno per partecipare alla costruzione delle loro abitazioni.


La mostra mette in relazione passato e presente e riflette su come oggi si pensa e si vive la casa, in un periodo segnato da crisi abitativa e nuove questioni sociali legate alla vita quotidiana e allo spazio comune.


Vista attuale delle case del complesso Gerlitzgründe con giardini e piccoli orti, uso comunitario degli spazi esterni.
Vista attuale delle case del complesso Gerlitzgründe con giardini e piccoli orti,
con uso comunitario.



Julia Gaisbacher intervista l’architetto Eilfried Huth per il video della mostra dedicata al progetto partecipato Gerlitzgründe di Graz.
Julia Gaisbacher intervista l’architetto Eilfried Huth per il video della mostra
dedicata al progetto partecipato Gerlitzgründe di Graz.
Foto 
Architekturzentrum Wien.


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 > parte 4 - MATEI BEJENARU, Palazzo Bentivoglio
(a breve)


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NOTE:
-Le opere qui pubblicate, pur non essendo complete, seguono fedelmente il percorso dell’esposizione e hanno un valore proprio. Le condivido non solo come invito a visitare la mostra, che è un’esperienza oltretutto gratuita, ma soprattutto come lettura per tutti coloro che esplorano il mondo anche da casa.

-Tutte le foto sono di Monica Galeotti, salvo le immagini personali dei tre artisti e quella di Julia durante l'intervista all'architetto Huth (fonti indicate).

-Per vedere le foto in alta risoluzione, clicca sull'immagine. Per una visione ottimale consiglio il PC.


FONTI:
-pieghevole MAST
-cartellonistica in sede

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