via Centotrecento, 4 - BOLOGNA
Fondato nel 1822 da Angelo Venturoli
(Medicina 1749 - Bologna 1821),
il Collegio Venturoli è un'istituzione benefica che supporta giovani artisti offrendo loro ospitalità e sostegno durante la formazione nel settore delle Arti Visive e dell'Architettura, accogliendo complessivamente 166 talentuosi artisti fino al 2014.
Il collegio al foto confronto (1920-1970).
DOVE SI TROVA
La struttura sorge nella vivace zona universitaria, a breve distanza dall'Accademia di Belle Arti.
ENTRATA
L’edificio si articola attorno a una grande corte con un doppio loggiato ad archi ribassati, presieduto da un orologio e una altana. Gli interni, sobri, conservano gli arredi tipici dell'Ottocento.
Foto confronto (1920-1970).
Collegio Venturoli, anonimo - ©archivio storico unibo |
LA STORIA
IL COLLEGIO ILLIRICO-UNGARICO
Nel 1537, il vicario del vescovo di Zagabria, Paolo Szody, si trova a Bologna ospitato dal cardinale Bonifacio Ferrero, che al momento stava fondando il collegio per studenti piemontesi.
A Bologna, il termine "collegio" assume un significato pionieristico grazie al Collegio di Spagna, il più antico al mondo aperto agli studenti stranieri.
Il vicario si entusiasma all’idea del collegio.
Tornato a Zagabria, propone di replicare l'esperienza per i giovani del loro territorio.
Tornato a Zagabria, propone di replicare l'esperienza per i giovani del loro territorio.
Tra il 1550 e il 1556, vengono acquistate delle case in via Centotrecento, che diventeranno la sede iniziale del collegio illirico-ungarico. Questo collegio accoglierà quindi studenti provenienti dall'attuale Croazia e Ungheria.
Si farà costantemente riferimento al Capitolo, ovvero al vescovo di Zagabria, con l'approvazione della Chiesa e della città di Bologna.
Le caratteristiche richieste per gli studenti erano precise: dovevano avere 25 anni, essere chierici o provenire da famiglie nobili, aver già frequentato alcuni anni allo Studio, l'antica università di Bologna, dimostrando così competenze in determinate materie.
Inoltre, dovevano essere maschi e di fede cattolica. Il filo conduttore dell'elemento religioso avrebbe permeato l'intera storia del collegio.
Inoltre, dovevano essere maschi e di fede cattolica. Il filo conduttore dell'elemento religioso avrebbe permeato l'intera storia del collegio.
Inizialmente, gli studenti erano sei-otto, ma col tempo il collegio guadagna sempre più popolarità, raggiungendo, come si direbbe oggi, un certo successo, che ha portato il numero a diventare 30.
Tale crescita ha reso indispensabile un ampliamento.
Tra il 1658 e il 1713 i fratelli Torri, architetti bolognesi, hanno elaborato un progetto che ha dato forma all'attuale struttura.
Il collegio ha proseguito in questo modo per 230 anni, giungendo al 1781.
Il collegio ha proseguito in questo modo per 230 anni, giungendo al 1781.
Tuttavia, come un'improvvisa ghigliottina, l'imperatore Giuseppe II d'Asburgo decide di chiuderlo.
La motivazione risiede nel suo desiderio di trattenere i giovani concittadini nel territorio dell'impero, impedendo loro di studiare altrove.
Questa decisione contraddice completamente la precedente visione, e di conseguenza, l'edificio del collegio viene venduto.
È acquisito dalle suore dell'ordine delle Carmelitane Scalze, diventando temporaneamente un convento, dal 1782 al 1785.
IL COLLEGIO VENTUROLI
Nei primi dell'Ottocento entra in scena il nome di Angelo Venturoli, che non è solo un notevole architetto e artista, ma anche un professionista estremamente rispettato in tutta Bologna.
Si forma all'Accademia Clementina, poi trasformata nell'Accademia delle Belle Arti, dove acquisirà il ruolo di docente.
La sua reputazione deriva non solo dalla sua abilità, ma anche dalla serietà e professionalità con cui completa ogni incarico e perizia.
Tra le sue opere a Bologna si annoverano Palazzo Ercolani in Strada Maggiore, la facciata della Basilica dei Santi Gregorio e Siro e la realizzazione, insieme a Giacomo de Maria, del monumento del duca di Curlandia situato all'Accademia delle Belle Arti.
In provincia, si occupò di Villa Malvezzi a Bagnarola di Budrio, definita la "Versailles di Bologna".
È stata precedentemente menzionata quando ho presentato → Villa Malvasia di Trebbo di Reno (Bo), quest'ultima ispirata allo stesso modello architettonico.
Villa Malvezzi è del XVI secolo, ma a Venturoli fu dato l'incarico del prospetto meridionale, che a fine Ottocento non era ancora stato terminato.
Venturoli, pur essendo una figura di spicco, non aveva eredi.
Nel 1820, un anno prima della sua morte, prese una decisione lungimirante: nominò il marchese Antonio Bolognini Morini, il conte Luigi Salina e l'economo Carlo Savini suoi esecutori testamentari, incaricati di fondare e gestire il futuro Collegio Venturoli.
Questi tre amici condividevano la sua visione sull'istruzione.
Nel 1822, dopo la morte di Angelo Venturoli avvenuta nel 1821, comprarono lo stabile dalle Carmelitane Scalze, che si trovava in pessime condizioni.
Il testamento fungeva anche da regolamento, e le istruzioni saranno eseguite scrupolosamente: se uno dei tre veniva a mancare, gli altri due nominavano immediatamente un sostituto.
Venturoli desiderava che, con le sue proprietà, venisse istituito un collegio educativo per dare un'istruzione di livello elevato nel campo delle belle arti e fornire alloggio ai giovani studenti desiderosi di coltivare e perfezionare l'arte.
Gli amministratori si dedicarono al restauro dell'edificio e nel 1826 accolsero i primi otto studenti.
Il collegio ungarico rivive quindi nel nome del Venturoli, ma il focus cambia: il collegio si rivolgeva a studenti che provenivano da famiglie indigenti, che non avrebbero potuto permettersi un'istruzione.
Venivano mantenuti per otto anni: ne venivano selezionati in un numero di 6-8, dovevano aver compiuto 12 anni e fino ai 20 risiedevano all'interno del collegio.
Inoltre dovevano essere bolognesi, di sesso maschile e di fede cattolica.
In precedenza, gli studenti provenivano da famiglie ricche e nobili, tanto che le famiglie croate contribuivano finanziariamente per il sostentamento del collegio, dove i ragazzi vivevano e mangiavano.
Il collegio ha dato vita ad un liceo artistico privato ante litteram, offrendo una inusuale e prestigiosa formazione scolastica, abbracciando arti visive e una base culturale ampia, che includeva discipline umanistiche, materie scientifiche e lo studio di lingue come greco, latino, francese e tedesco.
Dal collegio sono usciti alcuni degli artisti e architetti più importanti di Bologna, tra cui Raffaele Faccioli, Giuseppe Romagnoli e Luigi Serra e vi hanno insegnato docenti come Giacomo de Maria e Alfonso Rubbiani, quest'ultimo commemorato con una targa nella corte dell'edificio.
Da quel lontano 1825 il collegio iniziò ad operare e l'attività continuò ininterrottamente fino al 1993, quando il collegio fu trasformato in una Fondazione, concentrando il suo ruolo nel sostenere giovani artisti tramite borse di studio, diversamente dalla sua iniziale missione di formazione diretta.
GLI INTERNI
(piano terra)
Prima di varcare l'ingresso dell'edificio, noto tracce del periodo illirico-ungarico: sotto le volte, emergono simboli e stemmi delle famiglie degli ex studenti, in modo simile a quanto si può osservare all’Archiginnasio.
La prima stanza accessibile è quella appartenuta al rettore croato del Seicento, Michaëli Szkerba, il cui simbolo e nome adornano il soffitto.
Il collegio ha vissuto una trasformazione radicale nel Novecento.
Durante la Prima Guerra Mondiale, questi spazi diventano depositi, utilizzati dai soldati. Le camere degli studenti al piano superiore diventano alloggi per gli ufficiali in partenza per il fronte.
Nel 1930, dalle notizie degli archivi del Collegio Venturoli, emerge che c'era solo uno studente.
Tuttavia, in questo stesso periodo, con la nascita dei licei artistici e delle prime scuole pubbliche (Istituto d'Arte, Liceo Artistico), gli amministratori decidono di modificare le forme assistenziali secondo nuovi criteri.
Estendono le opportunità agli studenti residenti nella provincia di Bologna, non solo nella città stessa.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, il collegio accoglie numerosi sfollati e solo nel 1954 gli spazi vengono completamente liberati.
Nel 1993, come si è detto in precedenza, nasce la Fondazione del Collegio Venturoli,
offrendo borse di studio e atelier, sostenendosi unicamente attraverso risorse private.
Continua a perpetrarsi la regola dei tre amministratori, ma il Novecento ha introdotto un cambiamento significativo: tra i principali rettori, una figura chiave è ora una donna, superando l'antica esclusività maschile.
Inizia un periodo di restauro, e questa galleria è uno dei progetti.
Conforme alla tradizione, gli studenti che lasciano il collegio donano una o più opere d'arte: quelle del 2023 sono attualmente esposte.
Nel novembre di quest'anno sono entrati cinque nuovi borsisti.
Il numero esiguo degli accessi è dovuto alla variabilità delle risorse disponibili.
Gli aspiranti studenti, con età compresa tra i 18 e i 30 anni, partecipano a un concorso presentando un portfolio e un curriculum.
Il sostegno è legato a un contratto annuale; tuttavia la Fondazione, desiderosa di favorire lo sviluppo artistico degli studenti, potrebbe estendere la permanenza nel collegio in caso di riconoscimento dell'impegno e dell'evoluzione artistica.
In merito, allego la testimonianza dell'artista Sissi Daniela Olivieri, che ha soggiornato nel 1998 all'interno del collegio → "Una stanza tutta per me".
Nella galleria, i pavimenti e le colonne appaiono spogli, rustici e scrostati, una scelta deliberata per conferire un senso di vissuto che attraversa i secoli di storia del collegio.
Mi sposto nella saletta adiacente per esaminare le opere donate nell'Ottocento.
Tra queste, un modellino in gesso dell'architetto Faccioli, rappresentante il progetto di restauro della facciata del Palazzo del Podestà.
Oggi, naturalmente, l'aspetto è diverso, ma in quel periodo si pensava a questo tipo di ristrutturazione.
Alle pareti, progetti e prospetti di altri edifici.
Nella stanza accanto si trova la Gipsoteca, una collezione di gessi appartenente all'archivio, situato al piano superiore.
Purtroppo, in questi giorni non è stato possibile visitarlo, poiché è in fase di riqualifica; si prevede di aprire al pubblico l'archivio nel 2025-2026, in occasione del centenario della Fondazione.
L'archivio non solo custodisce documenti di Venturoli, ma vanta anche una vasta raccolta di minerali e animali impagliati, corredati da cartellini in tre lingue: latino, italiano e dialetto bolognese.
Inoltre, è presente un manichino in legno del Settecento, capace di assumere sembianze più femminili o maschili a seconda della parrucca indossata. Questo manichino, chiaramente utilizzato dagli studenti, serviva per le loro esercitazioni.
Come la precedente saletta, un tempo la Gipsoteca faceva parte del cortile esterno, evidenziato dalle arcate delle colonne che continuano dalla stanza al cortile esterno.
IL CORTILE ESTERNO
Nel cortile esterno, noto la presenza di piante domestiche e selvatiche; Venturoli aveva scelto di non esercitare un eccessivo controllo su questo spazio, permettendo alla natura di seguire il suo corso.
Sul muro, un affresco trompe l'oeil, termine che significa "ingannare l'occhio".
Quest'opera è del celebre quadraturista bolognese Rodolfo Fantuzzi.
La data precisa della sua realizzazione non è nota, ma si colloca approssimativamente tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento.
Chi erano i quadraturisti? Erano pittori specializzati nel creare paesaggi in prospettiva, al fine di dare l'illusione di uno spazio più esteso, letteralmente ampliavano la percezione dello spazio in un luogo.
Fantuzzi, in particolare, era rinomato per i suoi dipinti di "stanze a paese", raffiguranti paesaggi bucolici e di campagna.
L'ultima area visitabile è l'ex refettorio del collegio, dove si possono ammirare opere di due artisti distinti: Gioacchino Pizzoli (1651-1733), autore degli affreschi del soffitto e delle pareti, e Pietro Fancelli (1764-1850), autore dell'Ultima Cena.
Pizzoli dipinge e raffigura personaggi ed eventi della storia della Croazia e dell'Ungheria: il soffitto ritrae il re di Ungheria che riceve dalla sorella Elena sul letto di morte la corona illirica, consegnata attraverso il paggetto al centro del dipinto.
Negli angoli, i santi di Croazia e Ungheria.
Il personaggio di Santo Stefano suscita curiosità in quanto, nonostante avesse commesso atti violenti durante il suo regno, è stato proclamato santo anni dopo la sua morte, generando così controversie.
Sopra la porta, l'arcivescovo di Zagabria.
Nel 2003, gli affreschi qui presenti sono stati restaurati a causa del grave deterioramento causato dall'uso militare della stanza.
I soldati ammassavano armi alle pareti, danneggiando soprattutto "L'Ultima Cena", di Fancelli, che è stata mirabilmente restaurata.
Inoltre i militari accendevano fuochi al centro per riscaldare l'ambiente, causando danni significativi a causa della fuliggine.
Una curiosità: per togliere la fuliggine da questi affreschi, è stata impiegata la mollica di pane fresco.
I busti in gesso fanno parte della collezione del collegio, e sulla sinistra si possono ammirare i magnifici busti di Ginevra Sforza e Giovanni II Bentivoglio (1898), opera di Giuseppe Romagnoli (1872-1966), che divenne direttore della Zecca di Roma e disegnò le vecchie monete italiane da 10, 50 e 100 lire.
CONCLUSIONE
All'estero, prevalentemente nei paesi nord europei, le politiche di sostegno per giovani artisti sono gestite dalle istituzioni pubbliche che forniscono spazi e borse di studio.
In Italia, tali iniziative sono praticamente assenti, con l'eccezione di Bologna, dove un'esperienza simile si deve all'intuizione, generosità e volontà dell'architetto Venturoli.
Il fondo lasciato ha supportato il collegio per l'intero Ottocento, senza mai ricorrere a finanziamenti pubblici.
Istruzione ed educazione hanno continuato a prosperare, mantenendo quello spirito lungimirante.
Si può ben dire che Bologna fu una città pioniera nella formazione civile dell'Europa moderna tra il XII e il XVI secolo, promuovendo un'effettiva unificazione culturale tramite la fondazione di numerosi collegi per accogliere e supportare gli studenti stranieri.
Oltre a offrire borse di studio, oggi la Fondazione si dedica alla valorizzazione dei suggestivi spazi museali storici del palazzo.
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Note:
normalmente l'edificio è chiuso al pubblico; si può cercare di contattare il collegio per pianificare → visite a gruppi ridotti oppure accedervi in occasione di → mostre temporanee.
La mia visita è stata possibile in occasione delle Giornate d'Autunno organizzate dal FAI, ottobre 2023.
Bibliografia:
-Corrado Ricci e Guido Zucchini, "Guida di Bologna", ed. Alfa 1968, ristampa ottobre 1976.
-Margherita Bianchini, "101 tesori nascosti di Bologna", Newton Compton Editori, 2012.
Sitografia:
-resoconto visita guidata a cura del FAI.
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