(torna a Venezia e i suoi sestieri)
Castello è il sestiere più vasto della città. Questa zona è ricca di chiese, ma soprattutto è la zona dell'ARSENALE e dei GIARDINI PUBBLICI, che ospitano la Biennale d'Arte Contemporanea negli anni dispari e la Biennale d'Architettura in quelli pari.
Venezia, Biennale Giardini, Padiglione coreano, "Proper Time". |
©google map - ©Monica Galeotti mapping |
Un'ampia zona dei Giardini è destinata agli spazi espositivi della Biennale d'arte, da giugno a novembre, con una trentina di padiglioni modernisti, ognuno utilizzato da un paese diverso.
Personalmente, da appassionata di storia e di arte antica, sono interessata più al 'contenitore' della Biennale, cioè alla storia dei Giardini e alla storia dell'Arsenale.
Ma non è possibile visitare l'Arsenale se non in occasione della Biennale.
Necessariamente vincolata, ho visitato le opere d'arte in mostra e sono rimasta colpita e affascinata da un mondo che conoscevo parzialmente.
Quindi illustrerò i padiglioni e le opere che mi hanno colpita.
Dati gli spazi enormi dell'area complessiva, consiglio due giorni, uno per i Giardini e l'altro per l'Arsenale.
Inoltre una raccomandazione: il vaporetto 5.1 Fermata Giardini.
Arrivare alla Biennale a piedi, direttamente dalla stazione, non è una buona idea; si consumerà buona parte dell'energia che serve per visitare i padiglioni. Lo so, il costo del biglietto è alto, dato che il vaporetto è l'autobus di Venezia: per una volta si può far finta di prendere il taxi di una qualsiasi altra città.
Venezia, Giardini Pubblici, Padiglione Centrale (ex Padiglione Italiano) |
I siti di interesse:
- LA SERRA DEI GIARDINI
- MONUMENTO ALLA PARTIGIANA VENETA
- I GIARDINI PUBBLICI o DELLA BIENNALE
©google map - ©Monica Galeotti mapping |
LA SERRA
Nel 1894 i giardini napoleonici furono dotati di una moderna serra in ferro, che in origine era destinata ad ospitare le palme utilizzate per gli eventi della Biennale. La struttura poi si trasformò in un centro per la comunità nonché in vivaio, dove venivano coltivate numerose piante destinate ad abbellire le aiuole fiorite del Lido e le sale da ballo dei palazzi aristocratici.
Restaurata nel 2010, oggi ospita qualche tavolo per consumare spuntini e si organizzano eventi di vario genere, dai laboratori di pittura e giardinaggio ai corsi di yoga.
MONUMENTO ALLA PARTIGIANA VENETA
Sulla Riva dei Sette Martiri, in laguna costeggiando i giardini, è collocata questa scultura in bronzo, sull'acqua, nel punto in cui sette partigiane venete furono fucilate nel 1944.
E' di Augusto Murer e raffigura una partigiana stesa a terra. La scultura, che pesa 1.200 kg, poggia su una serie di piattaforme in pietra d'Istria disegnate da Carlo Scarpa, ed emerge dall'acqua, per esserne poi sommersa a seconda della marea.
I GIARDINI PUBBLICI o DELLA BIENNALE
Rappresentano il più grande polmone verde di Venezia, furono realizzati fra il 1808 e il 1812 per ordine di Napoleone, che fece demolire un intero quartiere residenziale e bonificare molti acri di acquitrini della laguna.
Giardini Pubblici, vista sulla laguna al temine dei giardini.
Biglietteria della Biennale.
I PADIGLIONI DELLA BIENNALE
I padiglioni offrono un'affascinante panoramica sull'architettura del XX secolo, anche perchè l'architetto veneziano Carlo Scarpa lavorò al progetto Biennale a varie riprese dal 1948 al 1972, contribuendo per esempio alla risistemazione del padiglione italiano, oggi Padiglione Centrale, costruito in epoca fascista da Duilio Torres (1932).
Entriamo dunque nel Padiglione Centrale dove sono esposte le opere di quest'anno 2017.
"ALL IMAGES FROM A BOOK" di Ciprian Mureșan, artista nato in Romania, 1977, vive e lavora a Cluj.
Come si intuisce dal titolo dell'opera di Ciprian, questa è la mostra degli Artisti e dei Libri, che interroga l'organizzazione della società e i suoi valori.
L'indagine è fra otium e negotium, ozio e azione.
L'ozio, oggi tradotto impropriamente in pigrizia, implica al contrario quel tempo libero, quel momento di inoperosità e di disponibilità, di inerzia laboriosa e di lavoro dello spirito, di tranquillità e azione, in cui appunto nasce l'opera d'arte.
La scelta stessa di essere artista, implica una posizione sociale che non mette in discussione nè il ruolo lavoro, come valore assoluto del mondo contemporaneo, nè quello del denaro.
La prossima performance mi ha coinvolta personalmente: "IL PIACERE DEL GIARDINO" - When Beauty Visits, di Lee Mingwei, Taiwan.
Una esecutrice si è avvicinata, incoraggiandomi a godere di un momento di pace su una sedia del giardino per 3 minuti (nella foto la persona coinvolta dopo di me).
La performance finisce con un dono, una lettera, per aiutare a connettersi con un'esperienza di bellezza in futuro.
La custodirò con cura.
Il PADIGLIONE UNGHERESE è del 1909, progettato in stile secessionista da Géza Rintel Maroti.
Il progetto "Peace on Earth", di Gyula Vàrnai ci parla della necessità delle utopie e del bisogno di nuove visioni per gli scopi dell'umanità. Potremmo avere motivi per essere pessimisti, ma Vàrnai ci offre uno scenario che ci incoraggia a non rinunciare alla nostra fede nell'arrivo di un'epoca migliore.
Crea le sue opere con le più svariate tecniche, le sue fonti sono spesso reliquie della guerra fredda e fanno riferimento al gusto estetico dei dintorni industriali della città in cui è cresciuto e vive tutt'ora, Dunaùjvàros, l'antica Città Stalin ungherese.
"ARCOBALENO" è montato da ottomila distintivi originali di varie associazioni, società, città e movimenti degli anni '60-'70.
L'opera evoca una promettente futura visione di pace.
Una menzione speciale all'OPTICAL BAR, di Tobias Rehberger, che nel 2009 per quest'opera ha vinto il Leone d'Oro alla Biennale di Venezia.
Il caffè servito in bicchierini di plastica non è un granchè, ma sedersi qui è fantastico. La caffetteria è caratterizzata da interni optical, ispirati al camouflage delle navi da guerra.
Il PADIGLIONE AUSTRALIANO si affaccia sul Rio dei Giardini ed è stato inaugurato nel 2015.
Una 'scatola nera', costituita da pannelli in granito nero apribili su tre lati, a seconda delle esigenze di ogni mostra. Un edificio camaleontico che può mostrarsi chiuso e misterioso così come aperto e visivamente accessibile.
All'interno una mostra straordinaria: "MY HORIZON", di Tracey Moffatt.
L'artista, regista e cinefila, crea delle sequenze di immagini delle proprie composizioni coreografiche con meticolosità cinematografica. Queste immagini si possono vedere anche come delle scene di un film degli anni '40 del 900 che non è mai stato girato.
Dice la Moffatt:"Nella vita ci sono dei momenti in cui tutti noi riusciamo a vedere cosa sta 'arrivando oltre l'orizzonte', ed è in quel momento che ci attiviamo. Oppure non facciamo nulla e ce ne stiamo ad aspettare qualsiasi cosa stia per arrivare".
"Poliziotto con bambino" e il "poliziotto motociclista dall'aria furtiva", fanno parte della serie fotografica PASSAGE - TRAVERSATA.
La serie fotografica BODY REMEMBERS - IL CORPO RICORDA è una sequenza sensuale e desolata di 10 grandi fotografie color seppia. Riesce a rendere il senso della desolazione, rappresentando un luogo sperduto in un deserto inesorabile che appare spoglio e misterioso.
Il PADIGLIONE AUSTRIACO imbiancato a calce è un capolavoro in stile secessionista progettato da Josep Hoffman nel 1934.
Due artisti occupano questo padiglione, due diverse espressioni che vogliono mettere in evidenza le nozioni di scultura e spazio.
Erwin Wurm si presenta per primo con una istallazione esterna: "Stare tranquilli e guardare fuori sul mare Mediterraneo".
Wurm utilizza l'immagine del mezzo di trasporto per affrontare il tema della mobilità in relazione alle sfide attuali della migrazione di massa.
Brigitte Kowanz utilizza la luce, lavorando con gli specchi per moltiplicare lo spazio fisico, come lingua e come codice. Pertanto, l'architettura del padiglione austriaco è trasformata in uno spazio dati, utilizzando la luce non per illuminare o colorizzare, ma per diffondere e comunicare informazioni.
Il Padiglione Greco è stato costruito nel 1934 dall'architetto George Papandreu e dall'italiano Brenno del Giudice.
E' un edificio in stile neobizantino costruito su una base a gradini sulla quale si erge un triplice arco con due colonne di marmo bianco.
All'interno l'interessante opera di George Drivas "Laboratory of Dilemmas".
Una trascrizione contemporanea della tragedia di Eschilo Le Supplici.
Attraverso il percorso del labirinto, che siamo chiamati a percorrere, l'artista ci interroga:
"Quanto pesa la nostra responsabilità sul destino del prossimo?".
Fra un padiglione e l'altro non mancano i punti ristoro, con tavolini e sdraio per un relax sul prato.
Nel Padiglione dei Paesi Nordici colpisce "Onda Volante", della norvegese Siri Aurdal. L'opera, composta da una sequenza di tubi aperti in poliestere e fibra di vetro, che ricorda un rotolo di tessuto caduto dallo scaffale di una merceria e poi solidificato, si dispiega nello spazio creando una superficie ondosa che al contempo avvolge e mette in mostra chi la percorre dall'interno.
Nel Padiglione Russo la bellissima istallazione "Il cambiamento della democrazia", di Grisha Bruskin, che invita lo spettatore a sperimentare un mondo apocalittico, con figure che proiettano ombre sinistre.
Ricordano le torri del Cremlino di Mosca, le piramidi egizie, i grattacieli di New York.
Spiega Bruskin: "Il mio progetto è dedicato al nuovo ordine mondiale in cui il terrorismo ha mutato la nostra psicologia e la nostra coscienza".
Il Padiglione tedesco di Anne Imhof vince quest'anno 2017 il Leone d'Oro alla biennale con l'opera "Faust".
Un'opera complessa spiegata magistralmente dal sito Artribune.
Lo spettatore osserva i performer come in uno zoo, osserva gli altri spettatori e, viceversa, i performer osservano gli spettatori. Quindi chi controlla la scena? La domanda rimane sospesa.
Il Padiglione Coreano, 1966, è ricavato in modo brillante da una centrale elettrica.
Geoffrey Farmer è l'artista scelto per il Padiglione Canadese. All'esterno un opera esplosiva: il tetto strappato, le pareti e le assi rimosse e cadute dentro una fontana, dalla quale esce un getto di acqua perpetua.
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