BOLOGNA, 7 novembre - 14 dicembre 2025
(vai alla pagina della Biennale Foto/Industria)
La mostra di Moira Ricci rimarrà aperta fino all'11 gennaio 2026.
10 - MOIRA RICCI
MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna
via Don Giovanni Minzoni, 14
![]() |
| Foto Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci |
Moira Ricci è nata a Orbetello, Grosseto, nel 1977.
La sua ricerca, spesso autobiografica, esplora l’identità personale e sociale, la storia familiare e il legame con il territorio, mescolando invenzione tecnologica e immagini della vita quotidiana.
Ha esposto in Italia e all’estero.
La mostra"QUARTA CASA"
Quarta Casa, è la prima retrospettiva dedicata all’artista, cioè una mostra che raccoglie le sue opere principali realizzate in diversi periodi, per far vedere l’evoluzione del suo lavoro e della sua ricerca nel tempo. Non si concentra su un singolo progetto, ma offre una panoramica completa della sua carriera, raccogliendo circa 25 anni di lavori.
Il tema centrale della mostra è la casa, intesa non solo come spazio abitativo, ma come contenitore di ricordi, relazioni e legami con il territorio, dove si intrecciano vita privata e collettiva.
Il tema della casa viene esplorato in due modi principali:
1. I luoghi d’origine: la Maremma e le sue comunità, leggende e natura.
Documenta la cultura contadina in via di estinzione e dà voce sia alle storie reali sia a quelle immaginarie della terra.
2. La dimensione familiare: i genitori e la propria storia personale.
La mostra evidenzia anche l’approccio transdisciplinare: l’artista usa diversi mezzi o strumenti – fotografia, video, scultura, musica, performance – scegliendo ogni volta quello più adatto per raccontare la sua idea.
La scelta del mezzo non è mai casuale: ogni forma espressiva contribuisce a trasmettere meglio il messaggio e le emozioni dell’opera.
La "quarta casa" è un luogo simbolico e interiore, costruito dall'arte fatta di ricordi, fotografie, memoria familiare e territorio, una casa della memoria e dell'identità.
❀❀❀
Introduzione:
all’ingresso si trova un calco in gesso del corpo di Moira Ricci:
faccio un giro e torno (2001)
![]() |
| Calco in gesso, miniature in materiali vari, microtelecamera, video, 2001. |
Racconta il legame di Moira Ricci con due luoghi importanti della sua vita: la Maremma, dove è nata, e Milano, dove ha studiato e lavorato.
L’artista crea un percorso che segue la forma del suo corpo e lungo il tragitto inserisce piccoli oggetti che rappresentano ricordi, emozioni e immagini della sua storia.
La Maremma è posta ai piedi, a indicare le sue radici, mentre Milano è sulla testa.
Le due zone sono unite da strade che attraversano la Toscana e il passo della Cisa, arrivano a Milano e ritornano al punto iniziale dall’altra parte del corpo, dando l’idea di un viaggio circolare.
Una minuscola macchina con una microcamera percorre questo corpo-paesaggio e filma tutto, creando un video che mostra il viaggio da vicino, come se lo spettatore fosse dentro la piccola macchina e vedesse il viaggio con i suoi occhi.
❀❀❀
Corpo centrale: i luoghi d'origine
La parte centrale dell’esposizione racconta i luoghi d’origine dell’artista attraverso installazioni artistiche dedicate al territorio e alla memoria del paesaggio.
dove il cielo è più vicino (2014)
Cresciuta nella campagna maremmana, Moira Ricci si interessa al rapporto tra uomo e natura e alla vita contadina, ancora poco cambiata rispetto al mondo moderno.
il diavolo mietitore
Nel video si vede come in un campo l'artista traccia due cerchi e li incendia, creando un gesto rituale e simbolico verso il cielo.
Il diavolo mietitore è un manifesto inglese xilografato del 1678, intitolato Il diavolo mietitore o notizie strane da Herefordshire.
Racconta la storia di un ricco proprietario terriero che si rifiutò di pagare di più a un bracciante per mietere il suo campo.
Il bracciante imprecò: "Che lo mieta il diavolo, allora!". Quella notte il campo di avena sembrò incendiarsi, e al mattino era perfettamente mietuto. Non si sa se a mietere fosse stato il diavolo o un altro demone, di certo non un essere umano; il padrone provò ad avvicinarsi alle balle d’avena, ma non riuscì né a sollevarle né a portarle via.
poderi
Fotografie di case contadine abbandonate con porte e finestre cancellate, a simboleggiare edifici muti e senza identità.
trebbia-astronave – video 58'34"
Una vecchia mietitrebbia trasformata in un’astronave, simbolo del desiderio di partire e ricominciare altrove.
contadini
Ritratti di contadini con lo sguardo rivolto al cielo, collegando la terra al mistero e alle speranze.
Il progetto dove il cielo è più vicino invita a pensare al futuro mantenendo un contatto con la storia e con ciò che ci osserva dall’alto.
❀❀❀
da buio a buio (2009)
È un progetto iniziato nel 2009 e concluso nel 2015. Racconta quattro storie misteriose: La bambina cinghiale, Il lupomannaro, L’Uomosasso e I gemelli.
Le storie si ispirano a leggende popolari che l’artista ascoltava da bambina in campagna.
Per raccontarle, ha raccolto fotografie e vari materiali, mescolando ricordi personali e tradizioni popolari.
Le storie vengono presentate come se fossero avvenute davvero, giocando tra realtà e fantasia.
Il lupo mannaro
Negli anni ’60, a Montiano (Toscana), si raccontava di un uomo chiamato Vasco Lumediluna che, nelle notti di luna piena, si trasformava in lupo mannaro.
Camminava lungo fossi e fiumi per alleviare un prurito, spaventando chi incontrava senza però ferire gravemente nessuno.
Di giorno si comportava normalmente. Oggi è molto anziano e vive ritirato in casa, mentre foto, video e testimonianze dell’epoca sono state raccolte dall’artista.
La bambina cinghiale
Nel 1940, a Sant’Andrea (Grosseto), nacque una bambina con tratti simili a un cinghiale: viso, mani e naso ricordavano un suino, il corpo era normale ma coperto di peli e la voce emetteva grugniti.
La famiglia la tenne nascosta e negò la sua esistenza. Alcuni dicono che sia morta a sei anni, altri che possa essere ancora viva.
Le fotografie della bambina sono state conservate dal figlio del fotografo locale, Fausto Meravigli, che ha mantenuto intatto l’archivio storico.
❀❀❀
Sezioni laterali: la dimensione familiare
Ai lati dell’edificio espositivo, come ad abbracciare i luoghi maremmani, si sviluppa il tema della dimensione familiare, esplorando legami, ricordi e storie personali.
loc. Collecchio, 26 (2001)
Moira Ricci ha realizzato un’opera per salutare la sua casa d’infanzia prima che venisse ristrutturata e cambiata per sempre.
Tornando a casa da Milano, vedeva i cambiamenti e sentiva che i ricordi di quando era bambina sparivano. L’opera è fatta con fotografie messe in quattro scatole di legno, una per ogni stanza: cucina, salotto, camera da letto e bagno.
Le foto mostrano mobili, oggetti di famiglia e la stessa artista nella casa.
![]() |
| Scatola della camera da letto. |
![]() |
| Scatola del salotto |
Nel video, ogni foto "parla" ripetendo una frase legata a quel momento, creando un insieme di ricordi.
Il video dura 4'39".
a Lidiput (2003)
Tra il 2002 e il 2004, lavora come fotografa sulla spiaggia a Lido di Savio (Ravenna), ma i continui rifiuti delle persone trasformano l’iniziale entusiasmo in un lavoro faticoso e frustrante.
Per esprimere questo disagio, crea un autoritratto: il suo corpo sdraiato nella sabbia è coperto da sagome di persone che camminano e giocano senza accorgersi di lei.
❀❀❀
20.12.53 –10.08.04 (2004-2014)
Nell'ultima commovente installazione, intitolata con le date di nascita e morte della madre, l'artista lavora su 50 fotografie.
In ogni immagine studia luce, colori, luogo e persone, poi inserisce se stessa nella scena, vestita e truccata per adattarsi alla foto originale (con un photo shop molto rudimentale, perchè era un software appena nato).
In alcune foto la madre appare più giovane, in altre coetanea dell’artista.
Con la sua presenza l'artista desidera dire alla madre quello che le sarebbe successo, avvertirla (è morta improvvisamente a causa di un incidente domestico), in un dialogo ovviamente impossibile.
Il suo sguardo, sempre rivolto alla madre è cupo e pieno di dolore. Così l’artista cerca di elaborare il lutto, entrando nelle foto di famiglia come unico modo per "stare" con la madre, anche solo per un istante.
Nell’ultima immagine della mostra, l’artista è vista di spalle mentre guarda attraverso una finestra, oltre la quale si trova sua madre.
Con questa composizione, Moira Ricci esprime la consapevolezza della distanza incolmabile tra loro e, allo stesso tempo, una forma di accettazione della realtà, riconoscendo lo stato delle cose così com’è.
❀❀❀
_________________________
11 - KELLY O'BRIAN
Palazzo Zambeccari (Spazio Carbonesi)
via De' Carbonesi, 11
![]() |
| Foto Format Festival.com |
Kelly O’Brien, nata a Derby, nel Regno Unito nel 1985, in una famiglia operaia di origine irlandese, realizza un lavoro artistico che unisce più linguaggi, influenzato dal suo ambiente d’origine e dalle sue esperienze personali.
È interessata a tutto ciò che normalmente non si vede: per lei l’assenza è un modo per immaginare nuove possibilità.
Lavorando insieme alle persone che ritrae, affronta temi come classe sociale, lavoro, genere e famiglia.
La mostra
"NO REST FOR THE WICKED"
(Nessun riposo per i malvagi)
Lo Spazio Carbonesi di Palazzo Zambeccari, in cui è allestita la mostra, ha uno splendido affresco:
"L'Olimpo", di Giuseppe Rolli e Giacomo Alboresi.
L'esposizione racconta la storia della famiglia di Kelly O’Brien e soprattutto il lavoro faticoso della mamma e della nonna.
Kelly viene da una famiglia proletaria e ha vissuto in una casa popolare in Inghilterra.
Sua nonna fu la prima a immigrare dall'Irlanda, sua madre lavorava come addetta alle pulizie.
Per più di vent’anni ha fotografato in silenzio le due donne mentre lavoravano in casa tutti i giorni.
La casa, che per molti è un posto dove riposarsi, per loro era un posto dove continuare a lavorare: pulire, cucinare, sistemare tutto. Un lavoro senza fine, senza visibilità.
Il titolo della mostra No rest for the wicked, è un’espressione di origine biblica da Isaia (57:21) che afferma: "Non c’è pace per i malvagi, dice il mio Dio", ed è una condanna spirituale, cioè coloro che si allontanano da Dio e agiscono malvagiamente, non troveranno mai riposo o pace interiore, ma solo tribolazione.
Nel linguaggio moderno però, la frase è usata in senso figurato per descrivere una condizione di lavoro incessante: si continua a faticare senza mai una vera pausa, come in un ciclo infinito di impegni e stanchezza.
Le foto in bianco e nero mostrano quanta fatica dovessero sopportare le donne della sua famiglia.
In una foto, la mamma è collegata al detto inglese "A chip on your shoulder" (Avere il dente avvelenato).
Kelly si è ispirata anche alla nonna, che era molto religiosa e aveva tante immagini sacre in casa.
Per questo, Kelly ritrae la mamma coperta dal mocio, come a nascondere l'identità per rendere universale la figura della "cleaner" e, allo stesso tempo, trasformarla in una santa moderna, circondata da candele.
Su ogni candela c’è il nome di una donna che lavora tanto per gli altri, che cura e si sacrifica.
Gli scarponi, i grembiuli, i moci e i flaconi di detersivo mostrano in modo concreto anni di lavoro nascosto.
Oggetti così semplici diventano "reliquie" per raccontare la fatica di generazioni.
I televisori accesi e i video presenti nell’allestimento fanno sentire la presenza reale delle persone di cui si parla. Non sono immagini perfette, ma scene di vita quotidiana, che spesso passano inosservate.
Nelle opere più nuove, Kelly utilizza oggetti domestici dai colori forti e scritte ironiche per ridicolizzare i giudizi e gli stereotipi rivolti alle donne proletarie.
Il grembiule con la scritta "La pulizia è prossima alla santità", santifica un lavoro che nella realtà è usato per opprimere o marginalizzare.
Le sue foto non mostrano quasi mai i volti: a volte sono girati, sfocati o nascosti.
Così Kelly ci fa capire la vergogna che provano queste donne e al tempo stesso il loro desiderio di essere rispettate.
La casa è sacra, proprio perchè è il luogo dove si è consumata tutta quella fatica silenziosa.
Ma non è un vero rifugio, perchè per queste donne è sempre stata anche un luogo di lavoro continuo.
Così, attraverso le figure di sua madre e di sua nonna, Kelly O'Brien denuncia la disuguaglianza di genere e di classe, e allo stesso tempo rivendica dignità e "presenza" per chi è stata spesso invisibile.
__________________________
NOTE:
-Mentre le altre mostre della Biennale chiuderanno il 14 dicembre 2025, quella di Moira Ricci al MAMbo e quella di Forensic Architecture a Palazzo Bentivoglio Lab, resteranno aperte fino all'11 gennaio 2026, e la mostra di Jeff Wall al MAST fino all'8 marzo 2026.
-Le opere qui pubblicate, pur non essendo complete, seguono fedelmente il percorso dell’esposizione e hanno un valore proprio. Le condivido non solo come invito a visitare la mostra, che è un’esperienza oltretutto gratuita, ma soprattutto come lettura per tutti coloro che esplorano il mondo anche da casa.
-Tutte le foto sono di Monica Galeotti, salvo le foto personali delle artiste (fonti indicate).
-Per vedere le foto in alta risoluzione, clicca sull'immagine.
Per una visione ottimale consiglio il PC.
FONTI:
-pieghevole MAST
-cartellonistica in loco



















































































