domenica 26 ottobre 2025

OPIFICIO E FONDAZIONE GOLINELLI: arte, scienza e formazione a Bologna

 via Paolo Nanni Costa, 14 – BOLOGNA


L’Opificio Golinelli nasce dalla trasformazione di un vecchio stabilimento industriale, recuperato e adattato a centro culturale e scientifico.

Al suo interno si svolgono oggi tutte le attività della Fondazione Golinelli, nata per volontà di Marino Golinelli, imprenditore e filantropo.

Veduta artistica dell’Opificio Golinelli e del Centro Arti e Scienze di Bologna al tramonto, edifici della Fondazione Golinelli.


MARINO GOLINELLI
(1920-2022)

Golinelli proveniva da una famiglia semplice, di San Felice sul Panaro, che aveva fatto molti sacrifici per farlo studiare a Bologna. 

 Dopo la laurea, nel 1948 fondò un piccolo laboratorio con otto dipendenti, la Alfa Chimici; poi, grazie a investimenti e viaggi negli Stati Uniti riuscì ad acquistare la Wassermann, creando così la Alfa-Wassermann.

Oggi l’azienda è diventata il grande gruppo Alfasigma, conosciuto e presente in tutto il mondo.

La sua industria si distinse per farmaci innovativi, come il Normix e il Vessel, che contribuirono a far conoscere l’azienda anche all’estero.

Negli anni Ottanta, già affermato, sentì il desiderio di restituire parte della sua fortuna alla collettività, in particolare per sostenere i giovani e aiutarli a costruire il proprio futuro.

Nel 1988 nasce così la Fondazione Golinelli, con l’obiettivo di promuovere educazione, cultura e ricerca scientifica, e inizia le sue prime attività filantropiche con donazioni a ospedali e progetti di ricerca, con particolare attenzione all’ambito pediatrico: il Sant’Orsola, l’Ospedale Maggiore, l’Ospedale di Modena. Ancora oggi la famiglia continua a sostenere economicamente la ricerca in questi istituti.

Nel 2000 si avviano i primi laboratori scientifici nella zona di via Beverara, a Bologna, collaborando e sfruttando spazi universitari già esistenti, mettendo strumenti e risorse.

Le ricerche scientifiche continuano per quindici anni, il seme di quello che poi sarebbe diventato l’Opificio Golinelli.

Un’altra importante tappa fu nel 2005, con l’iniziativa in Piazza Maggiore: la famiglia prese in affitto gli spazi di Palazzo Re Enzo e del sottopasso di via Rizzoli per offrire laboratori e attività gratuite, soprattutto dedicate ai bambini.

Infine, nel 2015, nasce questo spazio: l’Opificio Golinelli, la realizzazione concreta del sogno di Marino, seguito dal Centro Arti e Scienze, aperto nel 2017, spazi pensati per i giovani e per la comunità.

Considerato uno dei maggiori mecenati italiani, rimase attivo fino a cent’anni, convinto che il futuro e il progresso passassero dalla conoscenza, dalla scienza e dalla creatività.

Foto olivettiana.it


LA CITTADELLA IN MOVIMENTO DELLA FONDAZIONE GOLINELLI

La realtà della Fondazione Golinelli e del suo Opificio è complessa e articolata: la fondazione ha costruito nel tempo un vero ecosistema che intreccia cultura, educazione, formazione, ricerca e innovazione d’impresa.

Per approfondire la complessità del Centro, allego il link alla 🔗pagina dedicata alla Fondazione.

Qui racconto l'Opificio, in virtù della visita guidata che mi ha permesso di vedere spazi e laboratori normalmente chiusi al pubblico.

Il Centro è compreso in due edifici separati:

- l’OPIFICIO GOLINELLI, edificio principale, ex stabilimento SABIEM, dove si formano studenti e si sperimentano idee (fino alla nascita delle start-up): scuola e impresa.
Si potrebbe dire un "laboratorio della conoscenza".

- il CENTRO ARTI E SCIENZE, aperto al pubblico solo in occasione di mostre ed eventi.

Plastico espositivo della Fondazione Golinelli all’ingresso dell’Opificio Golinelli di Bologna, con i modelli dell’Opificio e del Centro Arti e Scienze.
Plastico espositivo all’ingresso dell'Opificio.


L'OPIFICIO GOLINELLI

L’Opificio Golinelli è stato realizzato attraverso il recupero dell’ex stabilimento industriale delle Fonderie SABIEM, un’azienda bolognese attiva nel XX secolo, specializzata nella produzione di ascensori e montacarichi. Nel 2008, la SABIEM cessò la sua attività e l’area fu acquisita dalla Fondazione Golinelli nel 2013.

Il progetto di riqualificazione è stato affidato allo studio bolognese diverserighestudio e ha visto la luce nel 2015.

L’intervento, con un investimento complessivo di 12 milioni di euro, ha trasformato l’area di 9.000 m² in un centro culturale e educativo, mantenendo la struttura industriale originaria e integrandola con nuovi spazi funzionali.

Il progetto ha ottenuto il Premio Urbanistica 2015 nella categoria "Qualità delle infrastrutture e degli spazi pubblici".

L’Opificio Golinelli e il Centro Arti e Scienze di Bologna visti dai lati opposti dell’ingresso principale della Fondazione Golinelli.

L’Opificio Golinelli oggi ospita laboratori, aule, uffici, un auditorium, una scuola e una zona start-up.

È il cuore operativo della Fondazione.

Edificio esterno della fondazione Golinelli che ospita la scuola e gli spazi dedicati alle start-up.
Opificio: la scuola e gli spazi dedicati alle start-up.



LA VISITA

Ingresso visitatori della Fondazione Golinelli a Bologna con portone in vetro e riflesso della fotografa Monica Galeotti.
Ingresso all'Opificio Golinelli.

All'ingresso accoglie l'opera Cow of the Future (2014), in fibra di vetro, del collettivo Atelier Van Lieshout (AVL).

Rappresenta una mucca "del futuro", ridotta ai soli organi vitali per produrre latte. Parte della serie New Tribal Labyrinth, l’opera denuncia la deriva produttivista e invita a riflettere su sostenibilità, sfruttamento delle risorse e benessere animale in un mondo tecnologicamente avanzato ma eticamente fragile.

Scultura Cow of the Future di Atelier Van Lieshout all’ingresso dell’Opificio Golinelli di Bologna, opera di arte contemporanea in fibra di vetro.



AUDITORIUM

Qui mi siedo ad ascoltare Michele, tutor con formazione artistica, che spiega l’approccio educativo della Fondazione.

L'area che andrò a visitare riguarderà: la scuola media interna e le aule per le attività di laboratorio, che vengono utilizzate dalla scuola media interna e dalle scuole esterne (medie e superiori) che ne fanno richiesta, con laboratori gestiti da un team di tutor multidisciplinari, in linea con la visione del Cavaliere Marino Golinelli: mettere in dialogo scienze, tecnologia, arti e discipline umanistiche.

Si sottolinea l’importanza dell’interdisciplinarità, difficile da mantenere nella scuola tradizionale, ma centrale nella filosofia dell’Opificio.

Molti conoscono la Fondazione per il suo approccio scientifico e tecnologico, ma la famiglia Golinelli ha sempre tenuto a sottolineare che qui trovano spazio anche le discipline umanistiche e le arti in tutte le loro forme: non solo scultura, ma anche musica, fotografia, letteratura. Tutte in costante dialogo con la scienza e la tecnologia.

Interno dell’auditorium dell’Opificio Golinelli a Bologna, grande salone polifunzionale per eventi.
Auditorium dell’Opificio Golinelli


Fino a quando ha potuto, il signor Golinelli era presente ogni mattina ai laboratori, e tenerlo lontano era praticamente impossibile: amava partecipare, osservare, dialogare con i bambini e con gli adulti di ogni età.

Perché questo vuole essere un luogo aperto a tutti: senza distinzioni di età o di competenze.

Qui entrano persone di ogni formazione, perché tutti i saperi si incontrano e si contaminano, attraverso un team eterogeneo, che collabora e si arricchisce continuamente, scambiandosi le rispettive competenze e sviluppando laboratori STEAM.

Non a caso, l’Opificio è conosciuto come la cittadella della ricerca, dell’innovazione e della cultura.

Ora mi sposto nelle aule dedicate ai laboratori.

Uscita dall’auditorium con vista sulla parte posteriore del salone, Opificio Golinelli a Bologna.
Uscita dall’Auditorium.


AULA PER LE SCUOLE SUPERIORI

Qui si svolgono attività di microbiologia, chimica e biotecnologie.

A terra, per esempio, c'è il disegno del cadavere come nei film: serve per le simulazioni di analisi del DNA.

Aula dell’Opificio Golinelli dedicata a microbiologia, chimica e biotecnologie per scuole superiori.
Aula dedicata a microbiologia, chimica e biotecnologie per scuole superiori.

Si preparano anche prodotti come shampoo o sapone, imparando concretamente come si sviluppano processi scientifici.

Questa aula è la più attrezzata: è riservata alle scuole superiori e dispone di strumenti che normalmente non si trovano nelle scuole pubbliche. Le altre aule, invece, sono multifunzione. L’obiettivo della Fondazione è offrire ai ragazzi esperienze e strumenti che altrimenti non avrebbero modo di conoscere, mantenendo sempre costi bassissimi o gratuiti.

Inoltre, non avrebbe senso una fondazione che si rivolgesse solo a una piccola parte della popolazione: per questo vengono scuole da tutta Italia.

I tutor che lavorano in Fondazione si spostano molto: fuori ci sono dei furgoni-laboratorio con cui viaggiano per portare le attività in altre città d'Italia.

Tutto questo per portare la scienza e la creatività ovunque, anche dove i ragazzi hanno meno possibilità di accesso, come accadeva a Marino Golinelli nella sua giovinezza.

AULA PER LA DIDATTICA MULTIFUNZIONALE

La prossima aula, di fronte a quella appena visitata, è al servizio dei bambini dalla scuola dell’infanzia fino alle medie.

Grazie alle pareti di vetro, i ragazzi possono vedere gli spazi più avanzati di fronte e immaginare cosa faranno "da grandi".

Qui si tengono anche corsi di formazione per insegnanti e studenti universitari di Scienze dell’Educazione primaria.

Tutte le aule hanno la stessa forma perché si trovano all’interno di grandi container di vetro trasparenti, che permettono di vedere dentro e fuori.

Sono però completamente modulari e riconfigurabili: si possono spostare, ingrandire o ridurre, a seconda delle necessità, compreso i pannelli interni, i banchi e le sedie: tutto si può aprire, chiudere, spostare, permettendo di trasformare lo spazio in base alle esigenze.

Anche questa è un’aula davvero versatile: vi si tengono laboratori, incontri e anche i campi estivi.

Questo continuo adattamento fa sì che l’Opificio sia come una piccola città che si riorganizza nel tempo, sempre viva e flessibile.

Aula multifunzionale all’interno dell’Opificio Golinelli, spazio dedicato alla didattica innovativa e interdisciplinare.
Aula multifunzionale Opificio Golinelli.


LE DUE PIAZZE: AUDITORIUM E BAR

L'Auditorium e l'area bar sono due ambienti comunemente denominati "Piazze".

La prima piazza è l’Auditorium già visto: uno spazio dedicato agli incontri pubblici e agli eventi aziendali, meeting, conferenze, fiere.

Questa invece è una piazza più informale, con un bar, pensata come luogo di incontro e scambio tra i ragazzi. Qui succede spesso che studenti di età diverse si conoscano e si confrontino: i più piccoli fanno domande ai grandi, magari incuriositi dai camici bianchi dei laboratori, e i grandi rispondono o li aiutano spontaneamente.

È uno spazio dove nasce un clima piacevole, spontaneo, a volte anche emozionante: proprio lo spirito con cui è stato ideato, e che continua a funzionare molto bene.

Spazio informale con bar all’Opificio Golinelli, luogo di incontro e socializzazione tra studenti e docenti.

All'opificio sono presenti alcune opere della Collezione d'Arte Contemporanea Marino e Paola Golinelli.

Le opere sono esposte a rotazione, fra le oltre 700 raccolte, provenienti da tutto il mondo.

Molti pensavano che i loro viaggi fossero vacanze, ma in realtà andavano a visitare direttamente gli studi degli artisti.

Golinelli amava conoscere gli autori di persona, osservarli lavorare prima di acquistare un’opera, come nel caso di un artista filippino che lo ospitò nel suo studio: ogni mattina Golinelli si sedeva in silenzio a guardarlo dipingere.

Non amava definirsi "collezionista": preferiva essere chiamato ricercatore d’arte, perché per lui la collezione era una forma di ricerca, un’estensione naturale della sua curiosità scientifica. Tutte le opere che ha scelto riflettono questo dialogo tra arte, scienza e tecnologia.

Oggi la famiglia conserva circa 250 opere nella loro abitazione, altre in varie sedi, e parte della collezione è depositata in un centro di conservazione e restauro di Bologna, simile a quelli presenti anche a Roma, Milano e Venezia, dove si custodiscono opere di musei e privati.

Per anni, durante la White Night di Arte Fiera, la famiglia Golinelli apriva la propria casa al pubblico, permettendo di ammirare le opere della collezione. Poi hanno dovuto smettere perché arrivava troppa gente.

La casa stessa è stata progettata in funzione delle opere: alcune sono esposte persino sotto un pavimento di plexiglas trasparente, su cui si cammina con grande attenzione. Come ama dire la signora Paola: "Questa casa è stata fatta per le opere, non per noi."

La collezione dei Golinelli è molto particolare: si concentra su artisti del Sud-est asiatico, della Cina, dell’India e dell’Africa, lontani dai circuiti più tradizionali europei e americani.

Molti di loro, scoperti e sostenuti da Golinelli, sono oggi nomi affermati a livello internazionale.

Tra questi Jorge e Lucy Orta, coppia di artisti argentino-britannica oggi celebri in tutto il mondo ma allora agli esordi.

Una loro opera è presente qui nella piazza della zona bar: OrtaWater — Purification Station, 2005.

È un'installazione composta da scafo, struttura metallica e sistemi di filtrazione e imbottigliamento; esplora accesso, purificazione e distribuzione dell’acqua come problema sociale e politico.

Installazione Purification Station di Lucy e Jorge Orta, opera sull’acqua e la sostenibilità esposta all’Opificio Golinelli.
Installazione Purification Station, di Lucy e Jorge Orta.

 Un'altro artista oggi famoso è Martin Jason, che ha esposto anche alla Biennale di Venezia, dove la Fondazione Golinelli fa parte del direttivo del Museo Guggenheim.

La signora Paola continua ancora oggi l’attività di collezionista e di ricerca: viaggia molto, visitando fiere e mostre soprattutto in Africa.

Tra queste, > la fiera 1-54 (54 sono i paesi africani), dedicata all’arte contemporanea africana, che si tiene in numerosi musei, gallerie e spazi di Marrakech e altre città del mondo, e rappresenta un punto di riferimento per artisti emergenti.

La famiglia Golinelli ha sempre preferito scoprire nuovi talenti nei contesti meno frequentati, invece delle grandi fiere internazionali come Basilea, Londra o Miami.

Il risultato è una collezione unica e bellissima, frutto di passione, ricerca e apertura verso il mondo.

AULA VIOLA

Aula viola dell’Opificio Golinelli al piano superiore, spazio moderno e luminoso destinato alle attività didattiche.
Aula viola dell’Opificio Golinelli al piano superiore.

In questa aula al piano superiore si svolgono laboratori di scienze e tecnologia, e rappresenta perfettamente l’idea che l’arte debba essere vissuta e sentita negli spazi quotidiani. L’opera collocata al centro della stanza è di Nader Ahriman, nato in Iran nel 1964 e residente a Berlino.

Nel dipinto Malende gestalt des selbstbewusstseins beim akt der kopulation del 2007, unisce figure e simboli per riflettere sul rapporto tra essere umano e tecnologia. Con uno stile ricco di riferimenti e dettagli, l’artista cerca di mostrare come mente, corpo e strumenti moderni possano convivere e influenzarsi a vicenda, sintetizzando la visione della Fondazione.

Opera di Nader Ahriman del 2007, Malende gestalt des selbstbewusstseins beim akt der kopulation, esposta all’Opificio Golinelli.
Nader Ahriman, Shiraz, Iran, 1964
 Malende gestalt des selbstbewusstseins beim akt der kopulation, 2007
Acrilico su tela – 218 x 314 x 4 cm



AULA 2

Aula due dell’opificio Golinelli, spazio didattico con microscopi per lo studio di vegetali, chimica e corpo umano.

Qui si trovano i microscopi e si studiano i vegetali, la chimica e il corpo umano.

Si analizza ad esempio l’acqua stagnante al microscopio, si osservano organismi viventi, si studia il pH e si fanno esperimenti di laboratorio: è uno spazio dedicato alle attività scientifiche più pratiche.

Primo piano sui microscopi e sul plastico del corpo umano nell’aula due dell’opificio Golinelli.



L'UFFICIO STORICO DI MARINO GOLINELLI

Sempre al piano superiore, si può vedere l’ufficio che era di Marino Golinelli, dove alla finestra si affaccia una scultura molto particolare.

È opera di Pascale Marthine Tayou, un artista del Camerun, nato a Yaoundé nel 1967.

È considerato tra i più affermati artisti africani contemporanei, con una carriera internazionale che lo ha portato a partecipare a numerose mostre e biennali d’arte in tutto il mondo. Le sue opere sono sostenute e rappresentate da alcune delle gallerie più importanti della scena artistica globale.

Lui realizza figure in cristallo rappresentando gli africani che intraprendono il viaggio verso l’Europa in cerca di una vita migliore.

La Fondazione possiede due opere di questo artista.

In una, il personaggio è quasi spoglio, indossa solo una gonnellina di paglia: simboleggia chi parte senza nulla, lasciando la propria terra e la propria cultura, e si avventura verso un mondo nuovo, ignoto.

In quest’altra, invece, il viaggiatore si mette in cammino e lungo il percorso raccoglie ciò che trova. L’artista lo ha voluto rappresentare con oggetti dell’infanzia, giocattoli da spiaggia, bocce, frutta, verdura, cose semplici e allegre che evocano curiosità e scoperta.

L’opera si intitola "Fashion Street", ovvero via dello shopping: una metafora del viaggio come incontro e conoscenza.

Qui la lettura è positiva, il personaggio si integra, si apre al nuovo, e comunica gioia e vitalità.

Opera Fashion Street di Pascale Marthin Tayou all’Opificio Golinelli di Bologna, installazione contemporanea dai colori vivaci.
Fashion Street, di Pascale Marthin Tayou.


LA SCUOLA

Ora mi sto dirigendo nello spazio dedicato alla scuola media della Fondazione Golinelli.

Corridoio dell’opificio Golinelli che precede la scala d’accesso agli spazi della scuola media della fondazione.

L’Opificio ospita da tre anni una scuola media STEAM, composta da tre classi di circa 16-18 alunni ciascuna.

Essendo una scuola privata non sovvenzionata dallo Stato, come dovrebbero essere anche tutte le altre, la retta è di circa 6.000 € l’anno, esclusi libri e mensa. La fondazione assegna ogni anno circa otto borse di studio a copertura totale dei costi.

Particolare attenzione è riservata alle ragazze, per contrastare la sottorappresentazione femminile nelle discipline scientifiche e tecniche.

Le borse di studio sono infatti pensate in particolare per le ragazze che vogliono intraprendere un percorso scientifico o tecnico, così da incoraggiare una maggiore presenza femminile in questi ambiti.


La prima scuola STEAM in Italia.

La scuola media dell’Opificio è la prima scuola media STEAM d’Italia, dove le discipline scientifiche e artistiche (Scienza, Tecnologia, Ingegneria, Arte e Matematica) vengono integrate in un approccio multidisciplinare.

Insieme a questo approccio, la scuola adotta un metodo pratico, con laboratori, compresenze tra docenti di diverse materie, lavori di gruppo e strumenti avanzati direttamente in aula.

Gli studenti partecipano anche a visite presso aziende partner della Fondazione, per osservare concretamente il mondo del lavoro e incontrare modelli di leadership femminile, che ispira le studentesse a proseguire gli studi in ingegneria o matematica.

Quest’anno esce per la prima volta una terza media. Alcuni si chiedono come i ragazzi si troveranno, una volta inseriti in scuole tradizionali.

Oggi a Bologna è attivo anche il liceo STEAM, come già a Rovereto e Parma; mancano invece scuole primarie e secondarie di primo grado con lo stesso approccio.

Un team di ricerca della Fondazione seguirà questi studenti per monitorare il loro percorso nelle scuole successive e verificare l’efficacia del metodo.

La scalinata arancione dell’opificio Golinelli che conduce alle aule della scuola media.
La scalinata arancione che conduce alle aule della scuola media.


Un approccio multidisciplinare per il mondo del lavoro.

Nel mondo di oggi, e ancor più in quello di domani, non basta saper fare una sola cosa. Le aziende cercano persone con competenze trasversali, capaci di lavorare in team multidisciplinari, una qualità richiesta anche nei curricula europei.

Questa scuola, dunque, prepara già i ragazzi a ragionare in modo flessibile e aperto, qualità indispensabili in un contesto in continua evoluzione.

Infine, è importante distinguere tra scuola STEM e scuola STEAM: la A sta per Arts, e indica l’inclusione delle discipline umanistiche accanto a quelle scientifiche.

Non a caso, la preside è un’insegnante di arte, che dirige anche l’area educativa "0-13" della Fondazione.

Perché, come amava ricordare Golinelli, "se sei solo uno scienziato, non vai da nessuna parte".

Solo il dialogo tra scienza e umanesimo può formare persone complete, curiose e creative.



IL CENTRO ARTI E SCIENZE

Adiacente all'opificio sorge il Centro Arti e Scienze, progettato da Mario Cucinella Architects, con attenzione alla sostenibilità e all’efficienza energetica, tanto che è stato premiato per l’urbanistica e selezionato alla Biennale di Venezia nel 2016.

Il centro arti e scienze Golinelli, progettato da Mario Cucinella, adiacente all’opificio a Bologna.

Non ho visitato il Centro Arti e Scienze in questa occasione, ma lo farò appena se ne presenterà l'occasione.

È un padiglione scenografico e luminoso che ospita una selezione di opere della collezione privata Golinelli.

လလလ

In sintesi, l’Opificio (che è la scuola con i suoi laboratori) non è aperto al pubblico, mentre il Centro Arti e Scienze lo è, seppur non in modo continuativo:

è visitabile in occasione di mostre o eventi organizzati dalla Fondazione, il cui calendario viene aggiornato sul sito, sui canali social e tramite newsletter.

Sono due luoghi complementari: uno dove si sperimenta, l’altro dove arte e scienza si incontrano.

Veduta notturna del centro d’arte e dell’opificio Golinelli, con edifici illuminati e architettura contemporanea.

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NOTE:

-L'itinerario descritto è stato effettuato domenica 28 settembre 2025, in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio, attraverso un r
esoconto di visita con guida interna.

-tutte le foto sono di Monica Galeotti, per gentile concessione poichè le aule sono state fotografate in assenza di studenti.


FONTI:

-Pannelli informativi in loco per le opere d'arte della collezione.

domenica 19 ottobre 2025

CHIESA DEI SANTI BARTOLOMEO E GAETANO

Strada Maggiore, 4
BOLOGNA


È una delle chiese più antiche di Bologna: la prima documentazione certa risale al 1288 con un monastero femminile cluniacense e una chiesa dedicata a San Bartolomeo (nel 1253 se ne costruiva il chiostro e si ricorda una cripta).


Veduta della chiesa di San Bartolomeo e Gaetano a Bologna ripresa dalla Torre degli Asinelli.
Veduta della chiesa di San Bartolomeo e Gaetano a Bologna,
ripresa dalla Torre degli Asinelli, dal post Le due torri : Asinelli e Garisenda, 2016.



DOVE SI TROVA

La chiesa si trova dietro le Due Torri: la facciata, realizzata dai Teatini nel Seicento, era rivolta verso Piazza di Porta Ravegnana, mentre oggi l’ingresso principale è su Strada Maggiore.

L'impressione è che le Torri ne oscurino la facciata, mentre in realtà esistevano già da secoli.

I Teatini orientarono consapevolmente la facciata verso la piazza, sacrificando la piena visibilità, perchè volevano un legame prestigioso con lo spazio pubblico.

Vista aerea della chiesa dei Santi Bartolomeo e Gaetano a Bologna, situata dietro le Due Torri su Piazza di Porta Ravegnana.
Bologna da Google Earth – didascalie Monica Galeotti



LA STORIA DELLA CHIESA DEI SANTI BARTOLOMEO E GAETANO

La storia la raccontano i suoi esterni, con il portico cinquecentesco, che ha pilastri imponenti e decorazioni di candelabre in arenaria, con ornati e fregi rinascimentali, oggi logorate dal tempo.

Esterni della chiesa dei Santi Bartolomeo e Gaetano a Bologna con ingresso sotto portico decorato in arenaria.



Particolare del portico della chiesa dei Santi Bartolomeo e Gaetano a Bologna ornato con candelabre in arenaria.
Particolare del portico ornato con candelabre in arenaria.


Questo portico si deve alla decisione del pronotario apostolico e governatore di Modena e Reggio, Giovanni Gozzadini che, secondo alcune fonti, ne avviò la costruzione nel 1512.

L'incarico fu affidato ad Andrea da Formigine.

L’ambiziosa opera, ispirata a modelli romani, era parte di un progetto palaziale, non pensato per una chiesa, ma per un edificio civile e di rappresentanza.

 Rimase però incompiuta: Gozzadini fu assassinato nel Duomo di Reggio Emilia nel 1517, vittima di una congiura.

Portico integrale della chiesa dei Santi Bartolomeo e Gaetano a Bologna, resto del palazzo incompiuto di Giovanni Gozzadini.


Nel 1599 l'edificio passò ai padri Teatini.

Più di cinquant'anni dopo, tra il 1653 e il 1684, in piena epoca barocca, decisero di ricostruire l'edificio proprio nel luogo dove avrebbe dovuto innalzarsi il palazzo del Gozzadini.

Lì dove il progetto del palazzo era rimasto incompiuto i religiosi lo riadattarono alle strutture già esistenti della chiesa medievale, consegnandoci l'aspetto che ancora oggi vediamo affacciarsi su Strada Maggiore.

Eleganti sono cupola e campanile, dalle linee barocche. Il campanile, costruito nel 1694 (guglia nel 1748), si innalza per circa cinquanta metri ed è tra i più alti di Bologna, anche se la sua imponenza risulta in parte offuscata dalla vicina e dominante presenza delle Due Torri, Garisenda e Asinelli.

Campanile e cupola della chiesa dei Santi Bartolomeo e Gaetano incorniciati dalle Due Torri di Bologna.


Prima di entrare nella chiesa, vale la pena soffermarsi sul bel portone del XVI secolo, collocato nel braccio laterale del portico.

Fa parte del progetto civile di Gozzadini e ricorda l'origine del complesso come palazzo incompiuto.

Portale quattrocentesco della chiesa di San Bartolomeo e Gaetano a Bologna rivolto verso le Due Torri.
Portale del XVI secolo, da una mia foto del 2018.


GLI INTERNI

Entro nella chiesa e resto subito colpita dall’eleganza raffinata dello spazio: il contrasto tra la luce intensa che filtra dai grandi finestroni della cupola, le colonne ioniche dorate e i toni scuri degli arredi e delle pareti.

Alzo lo sguardo verso la volta della navata maggiore: Angelo Michele Colonna e Giacomo Alboresi l’hanno dipinta nel 1667.

L’edificio è articolato in tre navate con brevi cappelle che si aprono lungo i fianchi laterali, un transetto e un’abside semicircolare, il tutto arricchito da una decorazione affrescata di gusto barocco.

Interno della chiesa dei Santi Bartolomeo e Gaetano a Bologna con impianto a tre navate.



ricche decorazioni barocche nella chiesa dei Santi Bartolomeo e Gaetano a Bologna.
Le ricche decorazioni barocche nella chiesa.


La grande cupola, posta all’incrocio del transetto, fu dipinta dai fratelli Antonio e Giuseppe Rolli: al centro Incoronazione di San Gaetano e cacciata di Lucifero, 1689-1692.

Cupola affrescata dai fratelli Antonio e Giuseppe Rolli con la Gloria di San Gaetano e la cacciata di Lucifero.


Nei pennacchi i quattro Dottori della Chiesa.

Nei pennacchi della cupola della chiesa dei Santi Bartolomeo e Gaetano i quattro Dottori della Chiesa



Raffigurazione dei quattro Dottori della Chiesa nei pennacchi della cupola dei Santi Bartolomeo e Gaetano a Bologna.



Nelle cappelle hanno particolare rilevanza alcuni dipinti:

PARETE DESTRA

Nella II cappella, un dipinto maturo di Ludovico Carracci raffigurante San Carlo inginocchiato al Sepolcro di Varallo con l'angelo, 1614.

Dipinto di Ludovico Carracci, San Carlo inginocchiato al sepolcro di Varallo con l’angelo, 1614, Bologna.


Nella IV cappella trovo l’Annunciazione, di Francesco Albani, uno dei migliori allievi dei Carracci.

La straordinaria bellezza dell’Arcangelo ha valso all’opera il titolo popolare di "Madonna Annunziata dal bell’Angelo".

La Vergine appare sorpresa, quasi turbata dalle parole di Gabriele, proprio come narra il Vangelo di San Luca, mentre dall’alto schiere di angeli e serafini la contemplano con intensa attenzione.

Dipinto di Francesco Albani raffigurante l’Annunciazione conservato nella chiesa di San Bartolomeo e Gaetano a Bologna.



PARETE SINISTRA

La cappella del Santissimo Sacramento custodisce una piccola tela ovale di Guido Reni, La Madonna del Suffragio, dove il Bambino dorme sereno tra le braccia della madre.

La delicatezza di quest’opera nasconde una vicenda rocambolesca: nel 1855 fu rubata da due malviventi che si erano nascosti nel campanile.

Solo nel 1859 la tela fu riconosciuta a Londra e, grazie a fortunate circostanze, ritornò a Bologna nel 1860.

La Madonna del Suffragio, piccola tela ovale dipinta da Guido Reni nella chiesa dei Santi Bartolomeo e Gaetano a Bologna.

Ai piedi del dipinto si trova il baldacchino processionale della Beata Vergine di San Luca.

Commissionato nel 1746 per accompagnare la solenne processione in città, fu realizzato dalle Putte del Baraccano su disegno dei fratelli Toselli, e rappresenta uno dei capolavori della tappezzeria bolognese.

In velluto rosso di seta ricamato con fili d’argento e sormontato da un angelo in cartapesta e coppie di statue ai quattro lati, veniva sollevato da otto portantini.

Ritenuto perduto, è stato recentemente ritrovato e oggi viene esposto qui (solitamente nella Cattedrale di Bologna durante la settimana di permanenza dell’immagine), in attesa di restauro.

Baldacchino processionale del 1746 per l’immagine della Beata Vergine di San Luca, prezioso manufatto di tappezzeria bolognese.


IL BATTISTERO della CHIESA DEI SANTI BARTOLOMEO E GAETANO

Il Battistero venne ricavato nel Cinquecento, trasformando l'antico oratorio, e custodisce il prezioso dipinto Madonna delle Grazie, di Lippo di Dalmasio, pittore bolognese (1355 circa–1410).

Vista esterna del battistero della chiesa dei Santi Bartolomeo e Gaetano a Bologna.
Vista esterna del battistero in una foto del 2018.

Per capire le vicissitudini di questo dipinto, e quindi il motivo per cui oggi si trova in questo battistero, è utile sapere quali siano stati i proprietari della Torre Garisenda, che ha un collegamento strettissimo con il dipinto.

La torre è situata proprio di fronte al Battistero.

Originariamente costruita dai Garisendi, passò successivamente ai Zambeccari, all’Arte dei Drappieri, ai Ranuzzi, ai Malvezzi-Campeggi, ai Franchetti e, infine, al Comune di Bologna, sotto la cui tutela è posta tutt’oggi dal 1904.

Quando la torre era di proprietà della Compagnia dei Drappieri, essi fecero costruire, nel 1710, la chiesetta della Madonna delle Grazie – detta anche della Madonna di Porta o della Garisenda – per custodire il dipinto di Lippo di Dalmasio.

La chiesetta sorgeva addossata alla torre, tanto che l’immagine sacra era collocata direttamente sul suo muro, sul lato di fronte a strada San Donato, ora via Zamboni.

Quando la torre fu acquistata da Piriteo Malvezzi nel 1804, egli acquistò anche la chiesetta, con tutti gli arredi sacri e la statua di San Petronio.

Chiesa della Madonna delle Grazie prima del 1871, anonimo > archivio fotografico Fondazione Carisbo


Nel 1871 il Comune di Bologna ordinò l’abbattimento delle costruzioni ai piedi della Torre Garisenda per agevolare la viabilità di Piazza Ravegnana: tra gli edifici demoliti figuravano due botteghe artigiane (ciabattini e battirame) e la piccola chiesa.

Si era ritenuta l'operazione necessaria in quanto le costruzioni impedivano "il libero transito" nelle vie San Donato e San Vitale, rendendo "molto angusta" l'imboccatura di queste strade; erano inoltre considerate aggiunte estranee rispetto all'aspetto originario della torre, alla quale fu poi applicato alla base un rivestimento in selenite.

Secondo l’inventario parrocchiale della Chiesa di San Bartolomeo, dopo la demolizione l’immagine rimase murata alla torre fino al 1885, quando fu staccata e trasferita nel Battistero nel 1886 dai fratelli Alfonso e Francesco Malvezzi (eredi di Piriteo).

I due fratelli si erano spesi per trovare al dipinto la giusta collocazione chiedendo al parroco della Chiesa di San Bartolomeo di trovare un luogo adatto.

Su proposta del parroco, si scelse di creare una cappella nel Battistero: era infatti l’unico spazio che potesse rispondere a tale esigenza.

I due fratelli accettarono con entusiasmo e, a proprie spese, fecero eseguire i lavori necessari.

All'ingresso del Battistero è appesa una targa con un'iscrizione latina che ricorda l'evento.

Targa con iscrizione latina posta all’ingresso del battistero della chiesa dei Santi Bartolomeo e Gaetano a Bologna.




Traduzione:

Questa antichissima immagine della Vergine Maria,

già dipinta da secoli sul muro addossato alla Torre Garisenda,

accanto a un piccolo oratorio presso la porta, comunemente chiamata di Ravenna,

dove veniva venerata pubblicamente o custodita,

e il cui possesso era dei conti Ranuzzi, Geronimo e Piriteo,

quando il terreno doveva essere liberato per l’apertura della strada,

fu trasferita in un nuovo oratorio da Alfonso e Francesco, fratelli, marchesi Malvezzi Campeggi,

eredi,

e fu restituita alla sua primitiva venerazione

nell’anno del Signore 1885.


Nelle carte si legge di una nuova cappellina, ornata con una decorazione elegante e dotata di un altare in marmo ben proporzionato, così come appare oggi, con l'antichissima immagine della Vergine Maria di Lippo di Dalmasio.

L’artista, conosciuto come il "Madonnaro" bolognese, non ha lasciato una data certa per questo dipinto.

È tuttavia verosimile che l’opera sia stata realizzata dopo il 1387, anno del suo ritorno a Bologna, e più probabilmente tra il 1390 e il 1400, periodo a cui risalgono molte delle sue celebri Madonne.

Dipinto di Lippo di Dalmasio, Madonna delle Grazie, situato all’interno del battistero della chiesa dei Santi Bartolomeo e Gaetano a Bologna.


Dipinto di Lippo di Dalmasio, Madonna delle Grazie, all’interno del battistero della chiesa dei Santi Bartolomeo e Gaetano a Bologna.


Anche Giosuè Carducci, in qualità di segretario della Reale Deputazione di Storia Patria, si era speso con forza affinchè fosse preservato l'antico dipinto:

"che vedesi sur una delle pareti della chiesetta, che è pur parete esterna della torre", importante "come monumento di storia patria".


Nel battistero si conserva anche una tela di Giuseppe Valoti raffigurante Le tre Marie al sepolcro di Cristo.

Panoramica dell’interno del battistero della chiesa dei Santi Bartolomeo e Gaetano a Bologna.
Panoramica dell’interno del Battistero.


Dipinto di Giuseppe Valoti, Le tre Marie al sepolcro di Cristo, esposto nel battistero della chiesa dei Santi Bartolomeo e Gaetano a Bologna.
Le tre Marie al sepolcro di Cristo, di Giuseppe Valoti.



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NOTE:

-Tutte le foto sono di Monica Galeotti.

-La mappa iniziale è tratta da Google Earth, con didascalie personalizzate a cura dell'autrice.
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FONTI:

Libri:
- Corrado Ricci e Guido Zucchini, "Guida di Bologna", ed. Alfa Bologna, 1976, pp. 83-84.


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