giovedì 10 maggio 2018

SESTIERE DORSODURO - 2° percorso - Venezia

(torna a Dorsoduro primo percorso)



Il secondo percorso:

1- COLLEZIONE PEGGY GUGGENHEIM

2- CA' DARIO

3- CAMPO SAN BARNABA

4- PONTE DEI PUGNI

5- CA' MACANA


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Il percorso è dominato dalla

 1- COLLEZIONE PEGGY GUGGENHEIM

 alla quale sarebbe bene dedicare qualche ora.

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Nelle foto il cancello laterale di entrata, di Claire Falkenstein, 1961.

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La Collezione Peggy Guggenheim di Venezia è uno dei più importanti musei italiani sull'arte europea e americana della prima metà del XX secolo.
Abbraccia opere che vanno dal Cubismo al Surrealismo e all'Espressionismo, attraverso circa 200 artisti fra cui l'ex marito di Peggy, Max Ernst, e Jackson Pollock (uno dei suoi numerosi presunti amanti), Mark Chagall, Picasso, Salvador Dalì, Lucio Fontana e tanti altri.

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Peggy, il cui vero nome era Marguerite Guggenheim, eredita una fortuna alla morte del padre, morto nell'affondamento del Titanic.
Stringe un forte legame col mondo dell'arte frequentando i salotti bohémien di Parigi, dove conosce i primi artisti dell'avanguardia europea, molti dei quali emigrati statunitensi: Man Ray (per il quale poserà) e Marcel Duchamp.
Inaugura una lunga serie di collezioni fra Parigi e Londra, che la renderanno la più importante sostenitrice dell'avanguardia europea.
Nel 1941, con l'avanzata dell'esercito tedesco verso Parigi, la collezionista statunitense decide di lasciare la città perchè ebrea, e tornare a New York.
Con la fine del conflitto Peggy decide di stabilirsi a Venezia dove la sua collezione viene esposta nel 1948 alla Biennale d'Arte e successivemente a Palazzo Venier dei Leoni sul Canal Grande, acquistato nel 1949, che sarà la sua residenza fino alla morte, avvenuta nel 1979 all'età di 81 anni.

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Peggy Guggenheim (©biografieonline.it)



Palazzo Venier dei Leoni, della famiglia Venier, iniziato nel 1749, è un palazzo incompiuto: un basamento e un piano terra infatti sono tutto ciò che esiste.
La lunga e bassa facciata forma comunque una piacevole pausa fra i palazzi che si affacciano sul Canal Grande.

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Nessuno sa perchè fu lasciato incompiuto e non è nemmeno noto come il nome del palazzo sia giunto ad associarsi ai leoni. 
Sebbene si sia detto che nel giardino veniva una volta tenuto un leone, è più probabile che il nome sia nato dalle teste di leone sbadigliante fatte in pietra d'Istria che ricoprono la facciata al livello dell'acqua.

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L'entrata principale si trova a Dorsoduro 704.

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La sala di entrata del palazzo rispecchia la disposizione degli anni '60.

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Le foto della Guggenheim ritratta nelle stanze del palazzo sono appese alle pareti, e mostrano com'erano arredate le stanze: uno stile irresistibilmente eccentrico.
Nella sala da pranzo un magnifico cassone rustico veneziano, e tavolo e sedie nel tipico stile cinquecentesco dell'Italia settentrionale.

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Nella camera da letto con uno degli amati cagnolini Lhasa Apso. Le pareti e il copriletto sono del suo colore preferito, il turchese, e la testiera in argento di Alexander Calder, incorniciata dai supporti del letto.

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La testiera è tutt'ora visibile in quella che in origine era la camera da letto.

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Di seguito alcune opere fra le tante:

"Alchemy", Jackson Pollock, 1947.
Il sostegno dato da Peggy Guggenheim alla carriera di Pollock segnò l'inizio del suo riconoscimento come pioniere dell'Espressionismo Astratto. Lo aiutò finanziariamente e nel 1943 gli allestì la sua prima personale. 
Averlo sostenuto viene considerato da lei stessa il maggior traguardo come mecenate e collezionista.

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Di Alexander Calder anche gli orecchini in ottone e filo d'argento, 1938, e quelli di Yves Tanguy in argento, oro, perle e olio su conchiglia, 1938.

Nel 1942, scappata dall'Europa per il pericolo nazista, Peggy aprì a New York la sua galleria-museo "Heart of this Century", nella 57à strada, già sostanzialmente quella che possiamo ammirare oggi.
Della serata inaugurale scrisse:"Portavo da una parte uno dei miei orecchini di Tanguy e dall'altra uno di Calder, per mostrare la mia imparzialità fra l'arte surrealista e quella astratta."

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Le "Sculture da disegni di Picasso", 1964, sono di Egidio Costantini, maestro vetraio, allineate suggestivamente ad una finestra del palazzo.

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"Ragazza con il bavero alla marinara", Amedeo Modigliani, 1916, donata dalla collezionista veneziana Luisa Toso.

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"Il surrealista", di Victor Brauner, 1947.
 Il pittore ricava dai tarocchi l'idea base per realizzare un ritratto di sè giovane.
Il Giocoliere, prima carta nel mazzo di Marsiglia, fa riferimento alla capacità di ogni individuo di forgiare la propria personalità con l'intelligenza, l'ingegno e la creatività, e di creare così il proprio futuro allo stesso modo con cui il Giocoliere maneggia la sua bacchetta.

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"La nostalgia del poeta", Giorgio de Chirico, 1914.
L'opera appartiene ad una serie di dipinti che hanno per tema la figura del poeta. Gli oggetti raffigurati apparentemente non hanno nessuna relazione fra loro, sono qui compressi in un formato stretto e verticale che crea uno spazio enigmatico e una sensazione di claustrofobia.


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Sulla banchina d'attracco del palazzo campeggia il bronzo provocatorio "L'Angelo della città" di Marino Marini, 1948.
Marini attinge alla tradizione della scultura etrusca e nord europea per rappresentare un'immagine mitica ma adatta ad un contesto contemporaneo.
Il tema della figura equestre è ricorrente nella sua opera: il cavallo è piantato immobile sul terreno, il collo allungato e le orecchie abbassate indietro; affermazione ed enfasi di forza associata esplicitamente con la potenza sessuale.

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Hannelore e Rudolph Schulhof sono stati una coppia di collezionisti di arte contemporanea americana ed europea e diventano spesso amici degli artisti di cui comprano le opere.
Nel 1980 Hannelore è fra i soci fondatori del Comitato Consultivo della Collezione Peggy Guggenheim, diventando socia emerita.
Nel 2012, alla sua morte, lascia le sue opere qui esposte come da promessa mantenuta. 


"Senza titolo", Mark di Suvero, 1962 (→ vedi MAST, Bologna).

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A sinistra "Senza titolo", Cy Twombly, 1967.
A destra "Fiori", Andy Warhol, 1964.

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Il Giardino delle Sculture.

La Guggenheim riuscì a riempire ogni spazio disponibile di opere d'arte, all'interno e all'esterno.
Separato dal palazzo, un padiglione per mostre temporanee e una bella caffetteria.

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Nel giardino opere di Moore, Giacometti, Max Ernst.
Qui vediamo l'opera "Changing Place Changing Time Changing Thoughts Changing Future" di Maurizio Nannucci fare da sfondo alla scultura "Pomona" di Marino Marini, 1945.

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"Leone urlante II", Mirko, 1956.

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"Senza titolo", opera in lucente blocco di granito nero di Anish Kapoor, 2007 (→ vedi Fondazione MAST, Bologna).

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Nel 1979 la città di Venezia acconsentì che Peggy venisse sepolta accanto ai suoi adorati cagnolini in un angolo del giardino.

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Nel 1969 Peggy Guggenheim donò il suo palazzo e le opere d'arte alla Fondazione Solomon R. Guggenheim, che presiede il museo di New York creato dallo zio di Peggy e sistemato nella famosa struttura a spirale di Frank Lloyd Wright, nella 5à strada.
Quindi la Fondazione gestisce entrambe le Collezioni, sebbene si siano formate indipendentemente l'una dall'altra, e comunque contengono opere di pari importanza degli stessi artisti del XX secolo.

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Il trono pseudo-bizantino in pietra bianca e marmo greco ritrae Peggy in tutta la sua singolarità.

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Libretto Fondazione Solomon, 1985.





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Il merito della Guggenheim in Italia fu quello di riaccendere un vero interesse per l'arte italiana contemporanea, che era stata compromessa dall'ascesa al potere di Mussolini e dalle vicende della seconda guerra mondiale.
Riportando al centro dell'attenzione e della rivalutazione opere come quelle di Giorgio Morandi, Giorgio de Chirico, il lavoro degli artisti veneziani Emilio Vedova e Giuseppe Santommaso, riuscì a redimere la reputazione di alcuni nomi del futurismo italiano il cui stile era stato assunto a liguaggio della propaganda fascista.




2- CA' DARIO

Gli edifici più prestigiosi al mondo si trovano sul Canal Grande e di questi fa parte la splendida Ca' Dario, la cui facciata in marmi policromi fu immortalata niente meno che da Claude Monet.

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Cà Dario (©Wikipedia)



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Cà Dario, Claude Monet, 1908 (©wikipedia)



Tuttavia sul palazzo sembra incombere una maledizione, dal momento che molti dei suoi abitanti hanno subìto bancarotta o morte violenta, a partire dalla figlia del proprietario originale Giovanni Dario, che si suicidò.
Le morti misteriose dei suoi proprietari sono diverse, fra cui Kit Lambert, ex manager degli Who, che nel 1981 morì a Londra poco dopo averlo acquistato.

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Alla fine degli anni 80 il palazzo viene acquistato dal finanziere Raul Gardini, intenzionato a farne dono alla figlia. Gardini in seguito al coinvolgimento nello scandalo di Tangentopoli si suicidò nel 1993, e dopo la sua morte nessuno volle più comprare Cà Dario.

Alla fine degli anni 90 il regista Woody Allen pareva intenzionato all'acquisto, ma desistette.
Nel 2002, dopo aver affittato Cà Dario per una vacanza, il bassista degli Who, John Entwistle, al suo ritorno a Las Vegas ebbe un brutto attacco di cuore che gli fu fatale.

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Al momento sembra ci sia un acquirente ignoto ed è in fase di restauro.

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3- CAMPO SAN BARNABA

Da Cà Dario il percorso prosegue verso Campo San Barnaba, ed è tutta una passeggiata.
Il Campo è dominato dalla mole della chiesa di San Barnaba, con la sua imponente facciata neoclassica.
Fu progettata dall'architetto Lorenzo Boschetti, il cui unico altro edificio a Venezia è Palazzo Venier dei Leoni che ospita la Collezione Guggenheim appena descritta.
Le critiche giudicano la facciata della chiesa un pò oppressiva, il che non fa rimpiangere che Palazzo Venier non sia mai stato completato.

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Per le sue caratteristiche particolarmente scenografiche il Campo è stato usato molto spesso come set cinematografico.
Fra i più famosi, il film "Indiana Jones e l'ultima crociata" con Harrison Ford.
La chiesa è stata utilizzata per ambientarvi un'immaginaria biblioteca, ma gli interni furono in realtà filmati in un teatro di posa.

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L'area del Campo vicina al canale, sempre guardando la facciata della chiesa, è stata invece usata per girare la scena nella quale Harrison Ford esce da un tombino in mezzo ai tavolini scandalizzando gli eleganti clienti seduti.

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©beniculturalionline.it







Da Campo San Barnaba si diramano tre destinazioni molto diverse fra loro che possiedono caratteristiche curiose a mio avviso irrinunciabili.

La prima è un luogo del cibo e si chiama
 Partendo da Campo San Barnaba e imboccando Calle San Barnaba, si trova veramente a pochi metri.


La seconda destinazione è
 la BARCA della verdura e della frutta, una nota di mercato notevole.
Basterà allontanarsi di poco da Campo San Barnaba costeggiando il Rio de San Barnaba e subito la si vedrà.

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E' una delle più fotografate e ha ispirato diversi pittori, un vero mercato galleggiante.
"La Barca", così come viene brevemente chiamata, rimanda alla sensazione della "Venezia com'era".

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4- PONTE DEI PUGNI

Il ponte si trova rasente la barca e ha una storia importante.
Dal punto di vista architettonico non è un granchè, ma lo si ricorda per un'antica tradizione che non esiste più:
la Guerra dei Pugni.

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All'origine di quest'usanza c'era la grande rivalità fra la fazione dei Nicolotti, pescatori vestiti con la cintura e berretto neri del quartiere di San Nicolò dei Mendicoli, e i Castellani, pescatori residenti nella parte opposta della città, che per distinguersi usavano berretto e cintura rossi.

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Probabilmente la sfida pugilistica nacque per stabilire chi dovesse avere la precedenza sul ponte con i carri.
Il combattimento si disputava una volta l'anno e durava per ore; la vittoria consentiva di piantare le proprie insegne sul ponte.

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Un tempo quasi nessun ponte aveva le ringhiere ai lati e lo scopo della sfida era quello di gettare gli avversari nei rio sottostante.
Vinceva la squadra che riusciva a tenere i suoi uomini sul ponte.
L'armamento era regolamentato e potevano essere portati corazze, elmi, scudi e bastoni, ma a volte si sceglieva di combattere a mani nude senza armi nè protezioni.
I contendenti affittavano perfino le case vicine per poter lanciare coppi e sassi.
Si trasformava spesso in una rissa colossale con ogni volta almeno una decina di vittime.

Joseph Heintz il Giovane, Competizione al ponte dei pugni a Venezia, 1673
"Competizione al ponte dei pugni a Venezia",  Joseph Heintz il Giovane, 1673.


Sulla superficie del ponte vi sono delle impronte in pietra d'Istria dove i campioni delle due squadre ponevano i propri piedi nel combattimento individuale, che precedeva lo scontro a squadre.
Il ponte venne ricostruito nel 1870 e vennero aggiunte le ringhiere di ferro.

L'impronta in pietra d'Istria sul Ponte dei Pugni (©veneziatiamo.eu)



 5- CA' MACANA

 calle delle Botteghe 3172.
 Fra i tanti belli e meno belli che esistono a Venezia, questo è un magnifico negozio di maschere e costumi dove poter acquistare attraverso una vasta scelta.
E' possibile, anche senza prenotazione, partecipare a laboratori, per osservare artigiani modellare maschere di cartapesta, imparare tecniche di base e portarsi a casa una maschera a scelta e un libro sulla manualità e la tecnica.

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Il negozio è diventato noto alla fine degli anni '90 perchè Stanley Kubrick ordinò un notevole quantitativo di maschere per il suo ultimo film "Eyes Wide Shut".

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Quello di Calle delle Botteghe è la sede storica, mentre un secondo negozio è stato aperto in Calle della Toletta, entrambi nella zona di San Barnaba.

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Il 3° e ultimo itinerario a Dorsoduro, dove protagonista sarà







Bibliografia:
-Guida Peggy Guggenheim Collection, a cura della Solomon R. Guggenheim Foundation, 1985
-Bell'Italia n. 50, giugno 1990
-Bell'Italia n. 62, giugno 1991


Sitografia:
www.wikipedia.solomon/R/Guggenheimmuseum
www.wikipedia.peggyguggenheim
www.guggenheim-venice.it
www.camacana.com
www.veneziatiamo.eu
www.beniculturalionline.it






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