sabato 24 ottobre 2020

FONDAZIONE CINI

Isola di San Giorgio - Venezia

(torna a Giudecca e Isola di San Giorgio presentazione - Basilica di San Giorgio) 


L’ex monastero della Basilica di San Giorgio è oggi occupato interamente dalla Fondazione Cini. 


Il monastero fu abbandonato dall’882 al 1806.
Dopo quasi 150 anni di occupazione militare, nel 1951 fu costituita la fondazione da Vittorio Cini in memoria del figlio Giorgio. 


A Bologna conosciamo Vittorio Cini per

aver finanziato la → Casa di Riposo per Artisti alla morte della moglie Lyda Borelli, nel 1959, attrice del cinema muto. 

Casa di riposo, oggi edificio storico, che porta il suo nome. 



Vittorio Cini era un imprenditore e funzionario fascista che si pentì presto della sua scelta, tanto che fu mandato a Dachau, da dove riuscì a fuggire grazie al figlio Giorgio. 

Il figlio, che aveva ricavato denaro vendendo tutti i gioielli della madre Lyda Borelli, riuscì a farlo evadere corrompendo le SS. 

Giorgio morì nel 1949 in un incidente aereo e da quel momento Vittorio Cini si ritirò dagli affari, dedicando la sua vita a opere di filantropia. 

Dopo avere ricevuto in concessione dallo Stato l’intera Isola di San Giorgio finanziò i lavori di restauro e istituì la Fondazione Giorgio Cini. 


La fondazione non è lucrativa e vuole essere di utilità sociale promuovendo il restauro del complesso monumentale dell’isola e favorire lo sviluppo nel territorio attraverso istituzioni educative, sociali, culturali ed artistiche, facendone un centro internazionale. 


All’interno infatti vi sono numerosi istituti che interessano la ricerca e la scienza:

Istituto di Storia dell’Arte, Istituto per la Storia della Società e dello Stato veneziano, Istituto per la Musica e il Centro studi del Vetro, sono solo i principali. 


La Fondazione è inoltre sede museale e biblioteca. 


Il percorso di visita è diviso in due parti:

1- BOSCO CON LE VATICAN CHAPELS

2- FONDAZIONE GIORGIO CINI


isola-san-giorgio-©google earth - ©Monica Galeotti mapping
©google earth - ©Monica Galeotti mapping




1- BOSCO CON LE VATICAN CHAPELS

Il bosco, grande circa un ettaro e mezzo, è "arredato" da 10 cappelle progettate da 10 architetti internazionali per la partecipazione della Santa Sede Città del Vaticano alla 16ª biennale di architettura, anno 2018. 


Il Progetto ha riguardato un’indagine sui luoghi della spiritualità contemporanea, ispirandosi al

 "Cimitero del bosco" di Stoccolma

(Skogskyrkogården) diventato patrimonio dell’UNESCO nel 1994. 


Qui all’isola di San Giorgio le cappelle non sono identificate come parte di una chiesa ma rimangono isolate in un ambiente naturale e astratto e diventano metafora del peregrinare della vita. 


Dopo l’esposizione del 2018 il bosco è accessibile solo con visita guidata. 



Le 10 cappelle sono anticipate dal

 PADIGLIONE ASPLUND,

 dedicato all'esposizione dei disegni dell'architetto Gunnar Asplund (1885-1940), ideatore della Cappella nel Bosco del Cimitero di Stoccolma.

È l'unica struttura non espressamente religiosa.


Fondazione-Cini-venezia







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Gli architetti e le 10 Vatican Chapels.


1- TERUNOBU FUJIMORI

La Cappella e la Croce.


Nella cultura giapponese la croce è un simbolo associato al Cristianesimo.

Il progetto di questo artista nasce da una riflessione su questo simbolo, introdotto in Giappone nel XVI secolo. 


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Evocando la Collina del Golgota a Gerusalemme, evidenziando la croce, che emerge dalla luce, sulla quale Cristo fu crocifisso, inserisce foglie d'oro per simboleggiarne l'ascensione.


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2- JAVIER CORVALÁN


L'architetto paraguayano Corvalán sceglie di creare una cappella sospesa su una "briccola" (in veneziano bricola), una struttura nautica utilizzata per indicare le vie d'acqua nelle lagune veneziane.


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3- NORMAN FOSTER


Una croce modellata come una tensegrity structure.


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Si trova in un luogo del giardino dove due vecchi alberi incorniciano la vista verso la laguna.


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4- ANDREW BERMAN

Una forma precisa di origini anonime.


Una struttura semplice, edificata con materiali facilmente reperibili per offrire riparo.


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5- RICARDO FLORES, EVA PRATS

La cappella del mattino.


Si trova lungo uno dei sentieri di questo bosco/giardino, poco prima che raggiunga la riva dell'acqua.


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Nel muro della cappella, parallelo al percorso, si apre una porta, paragonabile al destino, che offre la possibilità di lasciare il sentiero per entrare nel bosco, abbandonando un tragitto lineare per muoversi verso l'ignoto con il rischio di perdere l'orientamento.


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La cappella offre anche riparo dal sole e dalla pioggia, un luogo dove sostare.


Fondazione-Cini-FOTO-Monica-Galeotti




6- FRANCESCO CELLINI

Una riflessione costruita.


Di questo si tratta: di una riflessione. 

Fatta da un architetto rispettoso ma non credente. Cellini parte dal presupposto che ogni cappella sia già in se stessa un simbolo, piuttosto che un edificio ad uso rituale.

Prende spunto dalle piccole chiese di campagna, troppo piccole per lo svolgimento di una messa, dove si accoglie il credente per invitarlo alla sosta e alla riflessione su un santo, un miracolo, un evento.


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Quest'altra "riflessione" vede un'idea di raccoglimento già in atto, data dalla configurazione del giardino, con radure e grandi alberi, quindi l'edificio è privo del suo involucro.


La costruzione non poggia quasi sul terreno, quando invece per tradizione dovrebbe pesare tanto sulla terra.


Gli unici elementi, scarni e figurativi, sono quelli di una mensa (un semplice piano) e un libro.


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7- SMILJAN RADIC


Una cappella come una animita sul bordo della strada.


Animita è un termine cileno per indicare minuscole cappelle dove persone in lutto depositano fiori e candele per coloro che sono deceduti tragicamente.

Secondo un detto popolare cileno una animita è una trappola per l'anima.


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L'autore di questo edificio vuole dirci che una cappella, qualsiasi cappella, è sempre animata dall'aspirazione a essere più grande di quello che è.

Finge di essere una chiesa o un tempio, la sua scala è sempre un inganno.


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Questa costruzione possiede una porta compressa che consente ad una sola persona di entrare e il muro è un piano opaco, privo di aperture, che ne tradirebbe la dimensione privata.


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8- SEAN GODSELL

Un'identità capace di sopravvivere a migliaia di chilometri di distanza.


L’autore è stato educato dai gesuiti, i cui missionari portavano la parola di Dio, l’educazione e la cultura ovunque giungessero, instillandogli l’idea della Chiesa come una solida e dinamica entità capace di sopravvivere anche a migliaia di chilometri lontano da Roma. 

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Riprende e amplia questa idea creando una cappella che possa essere trasportata e ricollocata in qualsiasi parte del mondo. 

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9- CARLA JUAÇABA

Una panca e una croce.


La bellezza di questa opera architettonica si confonde con lo spazio verde e l’acqua di Venezia. 
Quattro travi di acciaio lunghe 8 m sono tutto: una è una panca, l’altra una croce. 

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Le travi sono in acciaio inossidabile a specchio per riflettere quanto avviene intorno e la cappella può anche sparire alla vista.

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In certi momenti la sua ombra può risultare più evidente della costruzione.
Per Carla Juaçaba l’uso di una panca e di una croce appartiene all’eternità. 




10- EDUARDO SOUTO DE MOURA

No, non è...


L'autore ci dice che: "...no, non è una cappella, non è un santuario e comunque non è neppure un sepolcro. È soltanto un muro racchiuso fra quattro muri di pietra, mentre un'altra pietra al centro potrebbe essere un'altare.


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L'ingresso è schermato da un albero che desideriamo conservare.


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I muri, all'interno, hanno una sporgenza su cui possiamo sederci e attendere...

attendere con i piedi sulla terra e la testa fra le mani."


‖Sono le cose stesse che sanno quando debbono accadere‖

(David Mourão Ferreira)




Qui finisce l'itinerario delle Vatican Chapels nel bosco della Fondazione Cini. 

Purtroppo la visita guidata, con audioguida e accompagnatrice impaziente, non mi ha permesso di fruirne al meglio.

La colonna sonora musicale è molto suggestiva, ma interrotta dalle brevissime soste.




Il viaggio musicale nel bosco, con le musiche di Antonio Fresa.

℗d'Uva Producer - ℗Antonio Fresa artist






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2- FONDAZIONE GIORGIO CINI


Il complesso comprende:
a- il Labirinto Borges
b- due chiostri
c- lo Scalone del Longhena
d- il Refettorio Palladiano

isola-sa-giorgio-©google earth - ©Monica Galeotti mapping
©google earth - ©Monica Galeotti mapping




a- LABIRINTO BORGES
Un primo impianto scenografico si apre al visitatore. 
L’architetto Randoll Coate progettò il labirinto in onore dello scrittore argentino Jorge Luis Borges, in occasione dei 25 anni dalla sua morte. 

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b- CHIOSTRI
Per primo il CHIOSTRO DEI CIPRESSI, parte più antica del complesso. 
È un esempio di architettura rinascimentale, completato nel 1526 da Andrea Buora. 

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A seguire il CHIOSTRO PALLADIANO, ultimato nei primi anni del Seicento.
Quattro ali porticate con colonnine binate. 

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c- SCALONE DEL LONGHENA
Il monumentale scalone era purtroppo non agibile al momento della mia visita per via di un restauro reso necessario dopo i danni provocati dall'acqua alta a Venezia nell'autunno 2019.

Lo scalone permetteva l’accesso alle sale superiori dell’abbazia mediante due rampe scenografiche. 

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d- REFETTORIO PALLADIANO 
Questo imponente refettorio, restaurato nel 2012, vede sullo sfondo il famoso dipinto di Paolo Veronese “Le nozze di Cana“.

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In realtà è una perfetta copia realizzata da Michele de Lucchi. 
Il dipinto originale si trova al Louvre, trafugato da Napoleone nel 1797.
È conservato nella stessa sala della Gioconda; purtroppo questo capolavoro assoluto viene quasi ignorato da milioni di visitatori perchè tutti si dirigono ad ammirare la Monna Lisa di Leonardo.
La riproduzione è stata effettuata con tecniche all'avanguardia, tanto che se il visitatore non sa che l'originale è al Louvre, sembra un quadro autentico.

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LE STANZE DEL VETRO 


È un progetto culturale avviato nel 2012 per lo studio e la valorizzazione dell’arte vetraria del '900. 

Per questo, oltre alle mostre, vengono organizzati seminari e laboratori.

Le mostre vedono uno spazio espositivo nell'edificio riqualificato dell'ex convitto, ala ovest.

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Ogni anno vengono realizzate due esposizioni, una primaverile e una autunnale.

 Quest’anno, autunno 2020, la mostra si intitola:

 “VENEZIA E LO STUDIO GLASS AMERICANO“ 

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Lo Studio Glass era un movimento artistico della seconda metà del '900 il cui obiettivo era quello di usare il vetro a servizio dell’arte contemporanea, quindi il vetro non più solo prodotto industrialmente in serie da comitati di designer, ma realizzato direttamente nello studio dell’artista. 

Gli artisti dello Studio Glass avevano guardato all’Europa, in particolare a Venezia e ai soffiatori di vetro di Murano. 

La mostra vede una selezione di opere in vetro, 155 pezzi e 60 artisti americani e veneziani, dagli anni Sessanta ad oggi. 

Osservando le magnifiche opere d’arte possiamo sviluppare due analisi:
-l’impatto che Venezia ha avuto sull’arte vetraria americana contemporanea.
-come dall’incontro fra i due linguaggi, artisti americani e maestri veneziani, siano nate magnifiche opere d’arte. 


Le opere d'arte esposte sono uniche o in edizione limitata, realizzate negli atelier degli artisti.

Tutti gli artisti presenti in mostra hanno lavorato a Venezia e nelle loro creazioni artistiche adottano tecniche veneziane.

PIONIERI AMERICANI
La prima importante stanza introduttiva ruota intorno agli artisti che per primi visitarono Venezia allo scopo di lavorare con il vetro e negli anni Sessanta fondarono il movimento dello Studio Glass.

Harvey K. Littleton (1922-2013) - "Blue Projectile Impact", 1984.
Vetro antiproiettile colpito da uno sparo di fucile Springfield 30-06 con proiettili perforanti, vetro lavorato a caldo, base in legno.

Fondazione-Cini-
©Harvey K. Littleton - Foto ©Monica Galeotti




Harvey K. Littleton - "Blue Crown", 1988.
Vetro al bario/potassa lavorato a caldo con sovrapposizioni multiple di Kugler Colors, assemblato.

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©Harvey K. Littleton - Foto ©Monica Galeotti




Richard Marquis - "Lord's Prayer Murrina", 1972.
Vetro fuso a mosaico (murrine), tagliato, assemblato.

Questa murrina complessa con le parole del Padre Nostro, fece parte della tesi di laurea di Marquis per l'Università di Berkeley, California.
Il tema del Padre Nostro ha una lunga storia nell'arte popolare americana e straniera.
Marquis fu ispirato dalla famosa serie tascabile americana "Ripley's Believe It or Not", che pubblicava imprese come l'incisione del Padre Nostro sulla punta di uno spillo.

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©Richard Marquis - Foto ©Monica Galeotti





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©Richard Marquis - Foto ©Monica Galeotti




Dale Chihuly - "Cadmium Orange Venetian #350", 1990.
Realizzato con Lino Tagliapietra.
Vetro soffiato e lavorato a caldo, decorazioni applicate.

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©Dale Chihuly - Foto ©Monica Galeotti




LINO TAGLIAPIETRA E LA SUA CERCHIA
Dale Chihuly nel 1971 fondò la Pilchuck Glass School.
Insieme ad altri artisti come Marquis, non poteva però competere con i maestri veneziani.
Il talentuoso veneziano Lino Tagliapietra viene invitato ad insegnare alla Pilchuck nel 1979, dove tornò anno dopo anno, ampliando il suo programma in altre scuole d'arte e università negli Stati Uniti.

Il tema "Lino Tagliapietra e la sua cerchia" non vuole indicare il maestro e i suoi seguaci, ma si tratta di una cerchia di artisti vicini a Tagliapietra, i cui lavori si sovrappongono.
Ogni artista attinge in maniera diversa alla storia del vetro veneziano, per creare opere d'arte, e Tagliapietra ha ispirato quasi tutti gli artisti dello Studio Glass Americano.


Nancy Callan - "The Robber", 2016.

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©Nancy Callan - Foto ©Monica Galeotti




Joey Kirkpatrick e Flora Mace, "Zanfirico Apple e pesca", 1997.
Vetro soffiato con pick-up in canna zanfirico.

Conosciutisi alla Pilchuck Glass School nel 1979, dopo aver esplorato vari argomenti, sono diventati noti per i loro frutti giganteschi, alcuni realizzati singolarmente, altri assemblati come natura morta.
Molti sono dipinti utilizzando vetro colorato in polvere, applicato durante il processo di soffiatura.
In numero minore i frutti chiari, soffiati con canne di zanfirico, variamente disegnati e colorati.

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©Joey Kirkpatrick e Flora Mace - Foto ©Monica galeotti




CALICI
Il calice rappresenta la forma d'arte più pura per il vetro, da molti è considerato il virtuosismo assoluto.
Questi calici meravigliosi sono ispirati alle grandi sculture a forma di frutta degli stessi artisti.

Joey Kirkpatrick e Flora Mace, "Fruits Gobiets", 1993.
Vetro soffiato e lavorazione a caldo.
Frutta in vetro soffiato e polveri di vetro applicate a caldo.

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©Joey Kirkpatrick e Flora Mace - Foto ©Monica Galeotti





Si conclude qui l'itinerario all'Isola di San Giorgio Maggiore.

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    vedi  → LA GIUDECCA



    → VENEZIA




Bibliografia:

-audioguida "Vatican Chapels".

-audioguida "Fondazione Cini".

-legende mostra "Venezia e lo Studio Glass Americano", anno 2020.

-plico informativo "Venezia e lo Studio Glass Americano", anno 2020.



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