sabato 8 maggio 2021

UNA TERRA CHIAMATA ALENTEJO

JOSÈ SARAMAGO



È un libro di terra, sangue, sudore. 
La tramandata storia di lavoratori contadini condannati alla miseria, ad ore di lavoro massacranti, all’ignoranza, alla depressione. La vita di tanti che hanno vissuto miseramente e tristemente per produrre e arricchire poche persone. 

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Un libro scritto nel 1980, che racconta la vita dei contadini portoghesi per tutto il Novecento, fino agli anni '70, in una economia basata sul latifondo dove regnavano i soprusi. 
Tutto il mondo è paese, è successo in tanti altri luoghi del mondo, ma in Portogallo questa situazione è durata a lungo perché vi è stata una dittatura fino al 1974. 
In Italia ad esempio negli anni '50 si assisteva ad una rinascita democratica e civile, in Portogallo è arrivata 25 anni più tardi.

Un Saramago emozionante, la scrittura è potente e mi commuove.
 Fin dall’incipit del libro ne percepisco il senso: "La cosa più abbondante sulla terra è il paesaggio." 

La scrittura di Saramago è ampia, descrittiva, velocemente travalica il confine e diventa surreale, onirica, altrettanto velocemente ritorna e descrive la realtà fatta storia, la realtà del popolo vinto.
Può fare tutto anche con la sintesi, brevi frasi che descrivono il mondo intero e arriva
  subito la prima sassata al cuore: "Non mancano i colori a questo paesaggio. Ma non solo colori. Ci sono giorni duri come il loro freddo, altri in cui non sembra che ci possa essere aria per tanto caldo: il mondo non è mai contento, e come potrebbe, tant’è sicuro della morte." 

Sono tre le generazioni che animano il racconto, il cui capostipite è Domingos Mau-Tempo. 
Ai suoi tempi si lavorava e si subiva poi, con la seconda generazione si iniziò a scioperare per ottenere una paga dignitosa utile alla sopravvivenza. 

Il racconto di Saramago acquista potenza con la narrazione dei primi scioperi.
 I contadini arrivano da ogni parte, per scioperare e unirsi numerosi, ma li aspettano le guardie, pagate dai padroni.
E allora i contadini sono i tori arrivati nell’arena. 
Alcuni di loro, interrogati dalle guardie per ottenere i nomi dei sindacalisti, verranno uccisi di botte. Le formiche, uniche testimoni, nella stanza di tortura approfittano per cibarsi del loro sangue. Olè!

In un contesto di miseria e privazione, due giovani si fidanzano, sfidando la vita poco magnanima, seguendo la potenza dei loro sentimenti. Sono analfabeti e non possono scriversi lettere d’amore quando lui lavora lontano. Ma ha carattere e sfida il potente, che un giorno gli aveva rifiutato il pane, non accettando il passaggio sul carro, 20 km a piedi per andare al lavoro.
Il padre della sua ragazza decide che è proprio un bravo ragazzo, e se ci fossero mai state 33 ragioni (come gli anni di Cristo) per accoglierlo, la prima di tutte erano quei 20 km percorsi a piedi.
"In questa maniera, e come sempre accaduto da che mondo è mondo, il vecchio ha imparato dal giovane".

E siamo a maggio, il mese dei fiori.
Cinque scioperanti si ritrovano sul monte con un appuntamento, due parole e poi se ne vanno dispersi verso un lavoro che li tratta da schiavi.
Il racconto si serve di angeli distratti, nella volta celeste, e di un nibbio che invece li vede nitidi, lancia un grido e se ne va. 

Sono passati tre anni e i due ragazzi innamorati si sposano, lei 20 anni, lui 27.
Un matrimonio di povera gente che si rivela fra i più belli.
Dopo aver congedato padre Agamedes, ipocrita colluso con il potere, Antonio Mau-Tempo, fratello della sposa, tiene un discorso fermo e di riscatto, raccontando la posizione incrollabile dello sciopero di gruppo nell’arena, uomini impavidi dinanzi alle armi puntate verso di loro e dinanzi allo sciopero della fame, per non essere trattati come maiali, tanto per usare un paragone alle loro vite bestiali.

"Dio del cielo, come puoi non vedere queste cose?
Questi uomini e queste donne che, dopo aver inventato un Dio, hanno dimenticato di dargli gli occhi, oppure lo hanno fatto apposta, perché nessun Dio è degno del proprio creatore, e perciò non dovrà vederlo."

Una-terra-chiamata-alentejo-©Mirco Bianchi-1983.
©Mirco Bianchi, 1983.


João Mau-Tempo, padre della sposa, viene incarcerato a Lisbona, ma lui non sa perché, e se lo chiede fino a sera. 
"Si chiude la porta, il mondo è finito. Tuttavia non diciamo, per stupidi paragoni superstiziosi, che questa è l’ora dei pipistrelli, dei gufi e delle civette, povere bestie che non hanno alcuna colpa di essere brutte, magari tu sei convinto di essere bello, guarda che stupido."

Il giorno dopo João capisce perché è stato incarcerato: qualcuno ha fatto il suo nome, ma lui non partecipa alle lotte sindacali già da quattro anni.
Il carcere per credergli impiega sei mesi e qualche tortura corporale. 
Nel viaggio di ritorno verso casa trova due preziosi tesori, due fatti inattesi:
I compagni del carcere hanno fatto una colletta per il suo viaggio di ritorno e Ricardo Reis (eteronimo di Fernando Pessoa) lo ospita nella sua casa a Lisbona e, insieme alla moglie, gli offre la cena e un letto su cui dormire prima di affrontare il lungo viaggio. 

Mentre João viaggia si racconta una storia del latifondo di cui si può anche ridere.
Adalberto, padrone, vede un gregge nella sua proprietà, chiama i gendarmi e minaccia il pastore con le armi, intimandogli che dovrà pagare una multa salata per l’affronto.
Quando il pastore parla dice che le pecore sono dello stesso Adalberto e lui è un suo dipendente.
Ah ah ah!! Si può ridere di questo?

Nelle terre del latifondo si raccontano anche storie fantastiche, per combattere la vita noiosa, faticosa e grama. 
Antonio Mau-Tempo racconta di quando andava a caccia e di quando lasciò andare un coniglio che, avendo un buco ad un orecchio, si era incastrato con un grosso spino fra le felci. 
Era un coniglio-padre, il più grosso, e non meritava di essere catturato in quel modo.
In realtà quel giorno Antonio si vergognava di essere tornato a casa senza bottino. 

Una-terra-chiamata-alentejo©Mirco Bianchi-1983.
©Mirco Bianchi, 1983.



È nata Maria Adelaide, figlia degli sposi. 
Come i tre re Magi arrivano nell’ordine il nonno João Mau-Tempo, lo zio Antonio, e ultimo il padre, a notte fonda dopo ore di cammino dal luogo in cui lavora. 
Solo due ore può rimanere, per ripetere il nome di sua moglie e per vedere gli occhi azzurri di sua figlia, che si aprono al suo arrivo.
Deve tornare al lavoro, e la notte è ancora lunga. 

Gli animali che seguono il racconto fin dall’inizio, cani, formiche e nibbio, si ritrovano uniti in un’allegoria, quando i braccianti si sono di nuovo riuniti numerosi sotto le mura del potere a scioperare e lanciare sassi, uniche loro armi.
Un piccolo ereditiere fantasioso dice guardando dall’alto delle mura: sembrano formiche! Ma il padre rettifica: sembrano formiche, ma sono cani. Il nibbio osserva e vede che sparano sulla folla, che protesta e sciopera per un salario migliore.
Un morto e due feriti, la sorte non guarda in faccia a nessuno.

Gli uomini schiavi del latifondo si preparano all’insurrezione generale e sembra un mare interno in movimento, con le correnti e le maree, movimenti lenti ma inesorabili.
Come direbbero i padroni del latifondo: si stanno muovendo formiche e cani, e il nibbio vola sempre più alto. 

È il 1 maggio, festa dei lavoratori, e gli uomini vanno in piazza pacificamente con il loro vestito buono, rattoppato per l’occasione.
Si raccontano episodi di schiavitù e mortificazioni, e il giorno dopo si presentano al campo per otto ore di lavoro e una paga migliore per non morire di fame, contro le 12 ore massacranti che li vede invecchiare prima del tempo.
Il padrone li manda via, perché...o 12 ore o niente.
Il giorno dopo ritornano, non per scioperare, ma con la stessa richiesta, mentre la guardia e la PIDE¹ montano sul piede di guerra.

João Mau-Tempo ha 77 anni e, sul letto di morte, cerca gli occhi azzurri di sua nipote Maria Adelaide, 17 anni. 
Non vuole fare un torto alla moglie, ma quegli occhi sono anche i suoi, ora opachi e spenti dalla vecchiaia e dalla malattia, un tempo azzurri splendenti come quelli della nipote, quando corteggiava sua moglie.

"Che ora è? È una domanda che si fa sempre, e sempre ottiene risposta, sapere l’ora, ci si distrae pensando al tempo che ancora manca o è già passato, e una volta saputa l’ora nessuno ci pensa più, è stato il bisogno di interrompere qualcosa o mettere in movimento ciò che era fermo."

E mentre ci chiediamo che ora è, il tempo passa, Maria Adelaide lavora a Lisbona, lontano dai suoi monti, Monte Lavre è la sua casa natale. 
Ci sono notizie alla radio su una rivoluzione che ha dato i suoi frutti, la Liberazione del Portogallo, è il 1974.
Ma la radio si spegne e Maria fa ritorno a Monte Lavre, per unirsi alla sua gente e capire meglio.
Finalmente a casa.
Ora apprende che il 1 maggio sarà festeggiato liberamente. 
Non ci sono garofani dalle sue parti, ma coglierà ramoscelli di arancio in fiore per abbellire la finestrella di casa come il balcone di un castello.

Le lotte non finiranno, perché si è già visto, il latifondo è un mare interno, con i suoi barracuda, piranha e piovre. 
Per i padroni i lavoratori continuano ad essere mosche da ammazzare, così, ad ogni loro richiesta, si mostreranno "sorridenti e pieni di buona volontà, senz’altro, prego, e agire al contrario, perfezionare l’inganno, si prelevano i soldi in banca e si mandano all’estero." 
E gli uomini, senza lavoro e cibo, continueranno, come fanno le formiche rosse, ad alzare la testa come i cani. 
In questo 1 maggio non si è mai visto un formicaio così ingente, che si sparpaglia per il latifondo, così come avviene durante 'le nozze' di questa terra, in primavera.
Da una prima margherita sbocciata, ne nascono migliaia tutte uguali.
Questa volta la guardia non può sparare, sono ordini superiori, ma il padrone non cambierà idea, e di lotte ce ne saranno ancora.

Nel mare interno del latifondo passo passo si uniscono le genti, 500, 600… 1000 persone.
Camminano da podere a podere e raccolgono i lavoratori, le mogli, le figlie, tutti quelli che hanno lavorato e lavoreranno duramente la terra.
A loro si unisce qualche guardia che li comprende, ma non si vedono i padroni.
In questo mare interno ci sono anche i morti, quelli che se ne sono andati perché uccisi, torturati o morti di malattia e consunzione di una vita massacrante.
Lo dobbiamo ricordare sempre perché "come mai questi vivi non si accorgono di niente? Credono di essere soli, di andarsene tranquilli per i fatti loro da gente viva, chi è morto viene sepolto, la pensano così."

Una-terra-chiamata-alentejo-saramago

Cerchiamo di guardare da lassù, dall’altitudine del nibbio, e vedremo che stanno camminando tutti insieme, i vivi e i morti. 
Di tanti non sappiamo i nomi, ma conosciamo le loro vite.








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¹Polícia Internacional e de Defesa do Estado.
È stata la polizia politica del regime portoghese di Antonio Salazar fra il 1945 e il 1969. 
La denominazione è rimasta fino al 1974, anno della Rivoluzione dei Garofani, anche se aveva cambiato nome.

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Universale Economica Feltrinelli Editore Milano, seconda edizione, luglio 2010.
Traduzione dal portoghese di Rita Desti.

©1980 Josè Saramago & Editorial Caminho, SA, Lisboa.

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©sinossi di Monica Galeotti 📝
©testo del libro virgolettato con diritto di citazione



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