martedì 26 novembre 2024

GLI ASILI DEL POPOLO E LE SCUOLE COMUNALI DELL'INFANZIA DI REGGIO EMILIA


Prima di Loris Malaguzzi, Reggio Emilia vide la nascita delle scuole materne, oggi conosciute in tutto il mondo, grazie al coraggio di donne e uomini sostenuti da UDI e CLN, che occuparono locali fascisti o ricostruirono spazi distrutti dalla guerra, offrendo diritti ai bambini.


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"La mia famiglia", 50x70, Monica Galeotti, Scuola Comunale dell'Infanzia Robinson, III S,
Reggio Emilia 1970.



Per comprendere meglio questa storia, è necessario fare un ulteriore passo indietro nel tempo.


Storicamente, l’educazione dell’infanzia (0-6 anni) è stata spesso trascurata, salvo eccezioni come ComenioFröbel e Aporti.


Un contributo decisivo è arrivato dalla pedagogia italiana contemporanea, grazie alle sorelle ROSA E CAROLINA AGAZZI (periodo di attività dal 1890 ai primi decenni del '900)


Rosa e Carolina Agazzi

 MARIA MONTESSORI (periodo di attività dal 1907 fino agli anni '50).


Maria Montessori



Pur con approcci diversi, hanno rivoluzionato l’educazione infantile, e la loro genialità risulterà ancora più evidente se mettiamo a confronto la loro moderna capacità di affrontare le problematiche dell'infanzia, l'attivismo dei metodi adottati e l'atmosfera gioiosa e serena degli istituti da loro creati, con il tedio, il formalismo scolastico, l'aridità e il verbalismo che caratterizzavano il giardino di Fröbel a l'asilo di Aporti alla fine dell'Ottocento.

Il bambino non è più spettatore, ma protagonista attivo del proprio apprendimento, partecipando in modo diretto e creativo alle attività educative attraverso l'esplorazione, il gioco e l'interazione con il mondo circostante.

Hanno realizzato con povertà di mezzi e passione grandissima.



Tuttavia, il loro lavoro, pur essendo pionieristico e innovativo, non riuscì a tradursi in una diffusione capillare su scala nazionale, perché gli asili esistenti erano spesso privati, religiosi o gestiti da enti di beneficenza, senza il supporto strutturale dello Stato.

Durante il Ventennio fascista (1922-1943), l’educazione dei bambini più piccoli non fu una priorità per il regime.

L’attenzione era rivolta piuttosto alla formazione patriottica e fisica dei giovani a partire dall’età scolare.

L’educazione prescolare era considerata una questione secondaria, affidata per lo più alle famiglie o alla Chiesa.


Le donne erano principalmente confinate al ruolo di madri e casalinghe.

Non esisteva una pressione sociale per creare asili pubblici, poiché la cura dei bambini piccoli era vista come un dovere domestico.


La scarsità di risorse economiche e la mancanza di infrastrutture limitarono la possibilità di creare una rete capillare di asili.

L’Italia era un paese con profonde disuguaglianze, e molte aree rurali non avevano nemmeno le scuole elementari.



REGGIO EMILIA
DAGLI ASILI DEL POPOLO ALLE SCUOLE COMUNALI DELL'INFANZIA
La storia raccontata da Loretta Giaroni


Loretta Giaroni, a Reggio Emilia coordinatrice provinciale dell’UDI (1957-1967) e assessore alla scuola (1965-1975), rievoca la storia delle donne e degli uomini con cui ho introdotto questo racconto.


Dopo la Liberazione, le donne desideravano lavorare ma necessitavano di un luogo per i loro bambini, poiché le scuole parrocchiali mancavano di personale qualificato. Così, si decise di creare una "scuola nuova e diversa", così veniva chiamata, con insegnanti diplomate.


Loretta racconta che nel 1945, appena finita la guerra, le donne dell’UDI (Unione Donne Italiane) di cui faceva parte, si rivolsero al CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) con la proposta di vendere i resti delle attrezzature militari tedesche abbandonate:

UN CARRO ARMATO, SEI CAVALLI, TRE CAMION e il resto del bottino di guerra dei partigiani, per finanziare la costruzione di una scuola.


Gli uomini preferivano investire in un teatro, ma le donne insistettero per costruire un asilo, e così si fece.


La progettazione e la scelta del luogo avvennero in modo collettivo, a Villa Cella, e il terreno di via dell'Oldo fu donato dalla famiglia Davoli.


Questo Collettivo partecipò personalmente ai lavori, raccogliendo ghiaia dal fiume Enza e i mattoni delle case bombardate, completando la struttura in due anni.

Un tecnico, messo a disposizione dalla cooperativa muratori, sovrintese ai lavori, mentre un falegname realizzò le seggiole per i bambini.


Costruzione dell'Asilo del Popolo di Villa Cella - ©Archivio Scuole e Nidi d'infanzia, Istituzione del Comune di Reggio Emilia, 1946 - ©livello9.it



La scuola fu inaugurata il 13 gennaio 1947 dal sindaco della Liberazione, Cesare Campioli, insieme alla maestra Elena Zanni e alla cuoca tuttofare Leontina Brugnoli, detta Tita.

I bambini accolti furono 30.

Per mantenere la scuola e retribuire la maestra si raccoglieva grano come contributo economico e i contadini donavano uova per nutrire i bambini.


Asilo del Popolo di Villa Cella - ©Archivio Scuole e Nidi d'infanzia, Istituzione del Comune di Reggio Emilia, 1946 - ©livello9.it




Era nato il primo asilo autogestito dalla comunità locale e laico di Reggio Emilia:

l'ASILO DEL POPOLO, a VILLA CELLA.


Asilo del Popolo di Villa Cella, 1960 circa - ©Fototeca Biblioteca Panizzi, Foto Studio Vaiani - ©livello9.it


L'ex Asilo del Popolo di Villa Cella oggi (foto 2018), Scuola XXV Aprile di Villa Cella - ©Archivio Istoreco, Foto Andrea Mainardi - ©livello9.it


Queste donne, animate da una visione progressista, avevano avviato la creazione di asili affidati a personale qualificato, per offrire ai bambini un’educazione innovativa e inclusiva, con un'attenzione che li vede non più solo come oggetti di cura, ma come cittadini con diritti e speranze, partendo dalle risorse locali e dal coinvolgimento attivo della comunità.


È proprio qui che risiede la differenza fondamentale rispetto alla pedagogia di inizio secolo: una prospettiva comunitaria e partecipativa.



A seguito del primo asilo a Cella, le donne ne aprirono altri otto in città e una ventina in provincia.


E questo fu solo l’inizio:

oltre ad averli voluti, costruiti e autogestiti dopo la Liberazione, sono sempre state le donne, negli anni Sessanta, a spingere perchè il Comune li prendesse in carico trasformandoli in pubblici.


Nel 1959, durante una conferenza regionale del PCI, con presenti personalità come Togliatti, Nilde Iotti e Pioli, Loretta Giaroni si alzò e domandò:

"Perché a Reggio Emilia, con 160.000 abitanti, non c’è ancora una scuola comunale?".

La sua domanda risuonò e trovò un terreno fertile, con alcuni sindaci lungimiranti, tra cui Renzo Benassi, che capirono la necessità di investire nell’educazione, anche a costo di chiudere il bilancio in rosso.


Dal 1963 al 1975, il sindaco Benassi inaugurò tutte le scuole dell’infanzia comunali di Reggio Emilia: quattro costruite ex novo e sedici ricavate in locali adattati, oltre a otto nidi comunali.

La scuola "Robinson" di via Pastrengo fu la prima a entrare in funzione nel 1963.


Il sindaco di Reggio Emilia Renzo Benassi insieme a Loretta Giaroni, inaugura la Scuola Comunale dell'infanzia XXV Aprile (ex Asilo del Popolo di Villa Cella) nel 1967.



Loris Malaguzzi, un visionario dell’educazione, collaborò con Loretta Giaroni e il sindaco Renzo Benassi, che gli fornirono i fondi necessari.

Prima di trasferirsi a Reggio, Malaguzzi aveva lavorato a Modena, dove il sistema delle scuole comunali era già ben avviato, ma non aveva ottenuto il finanziamento per realizzare una cucina interna nelle scuole, a cui teneva molto.

Per questo, decise di portare il suo impegno e le sue idee innovative a Reggio Emilia.


Il metodo pedagogico di Loris Malaguzzi acquisì grande notorietà, al punto che il Centro Internazionale di Reggio Emilia porta il suo nome.

Tuttavia, fu solo nel 1985 che riconobbe pienamente il valore rivoluzionario dell’iniziativa promossa dalle donne dell’UDI nell’immediato dopoguerra.

Disse:"Ho ricevuto una lezione da uomini e donne dagli ideali intatti, che prima di me avevano capito che la storia poteva essere cambiata appropriandosene (cioè facendo le risorse), cominciando dal destino dei bambini".


Prese quindi le idee di questo movimento, che aveva gettato le basi per un modello educativo destinato a diventare un punto di riferimento a livello internazionale.


Il libro "Una storia presente", di Canovi-Borghi, mette ordine alla memoria e verità storica di quegli anni.




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LA MIA STORIA

La mia storia si intreccia con quella degli Asili del Popolo di Reggio Emilia, una città che ha visto nascere e crescere un modello educativo unico al mondo.

Mia nonna, Alma Sforacchi, partigiana durante la Resistenza e poi bidella nelle scuole elementari, rappresenta per me il legame tra il passato di lotta e il futuro di speranza che quegli asili hanno incarnato.


Ho vissuto a Reggio Emilia fino ai sei anni, frequentando l’intero ciclo della scuola comunale dell’infanzia dal settembre del 1967 a giugno 1970.

Di quel periodo conservo ricordi vividi e fotografie che mi riportano agli anni trascorsi fra la Scuola Robinson (che si trova in via Pastrengo dove abitava mia nonna), prima Scuola Comunale, oggi dedicata a Renzo Bonazzi, sindaco di Reggio Emilia dal 1962 al 1976, dove ho concluso gli ultimi mesi del mio percorso, e un altro edificio, un'antica villa, per la quale non ho certezze.


Alcuni dettagli restano nitidi:

un pulmino giallo passava davanti a casa mia, in via Catalani 3, per raccogliere i bambini e portarli in una villa antica, a due o tre piani, e un grande spazio verde davanti al portone principale.


All'interno, al piano terra, si pranzava in lunghe tavolate, mentre al primo piano c'era una sala dedicata al disegno, che forse era anche una sala della musica.

Ricordo distintamente "La Danza delle Ore" di Ponchielli come sottofondo musicale.


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Monica Galeotti, Scuola Robinson, Reggio Emilia, 1970.



Si faceva il pane e si vendemmiava: i bambini pigiavano l'uva a piedi nudi dentro tinozze.


Nella foto che segue, sto versando una cassa di grappoli d'uva insieme ad un compagno.

I grembiuli verdi erano decorati con un quadrato di stoffa su cui era raffigurato un animale, assegnato ad ogni bambino.

Il mio animale era la lince.


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Gli interni di un antico edificio, un tempo sede dell'asilo, anni 1967-69. 



In seguito frequentai la Scuola dell'Infanzia Robinson, il cui nome richiama il romanzo "Robinson Crusoe" di Daniel Defoe, di cui conservo un libro del 1969, che per me è diventato un cimelio per il suo valore affettivo. 


"Robinson Crusoe", versione di Marinella Pagura,
illustrazioni di Sani, 
Fratelli Fabbri Editori, 1969.


Nel maggio del 1970 si mise in scena una rappresentazione ispirata al libro, e fui scelta per interpretare Venerdì, il personaggio indigeno salvato da Robinson Crusoe da un gruppo di cannibali.

Venerdì diventa fedele compagno e servitore di Robinson, mostrando gratitudine e grande capacità di apprendimento.


Robinson dona il latte a Venerdì.


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"Robinson Crusoe", illustrazioni di Sani, 1969,
Fratelli Fabbri Editori.




Robinson dona il pane a Venerdì.


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Qui, in esterno, i caseggiati visibili sullo sfondo della foto non si trovano nei pressi della Scuola Robinson di via Pastrengo.
Pertanto, la rappresentazione di Robinson Crusoe, ispirata al nome della scuola, si svolse in un antico edificio dove frequentai quasi l'intero ciclo della scuola materna.
Nonostante i miei sforzi per risalire al nome di questo edificio, non sono riuscita ad avere informazioni certe.
Il sito Progetti Infanzia Bassa Reggiana, mi suggerisce la scuola Gulliver che dal 1969 era ospitata presso il Mauriziano in via Pasteur, a San Maurizio.
Per colmare questa incertezza, tornerò al Centro di documentazione presso il Centro Malaguzzi, dove andrò appena mi sarà possibile.

Scene di caccia: nell'albero un grande pappagallo di polistirolo!


monica_galeotti_asilo_reggio






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Il pappagallo cotto alla brace.


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Il romanzo evoca l'idea di un percorso educativo in cui i bambini sono incoraggiati a esplorare e crescere in modo creativo, anche rispetto alle tematiche di interculturalità.


monica_galeotti_asilo_reggio




Nel settembre del 1970, proprio l’anno in cui mi trasferii a Bologna, Reggio Emilia inaugurava la Scuola Diana, ai Giardini del Popolo, che sarebbe diventata un simbolo del Reggio Emilia Approach di Loris Malaguzzi.

Quel pensiero pedagogico, così rivoluzionario, affondava le sue radici nell’impegno delle donne del dopoguerra, che avevano già costruito un sistema di istruzione capace di guardare al futuro.

Questo filo, che lega generazioni e idee, passa anche attraverso la mia esperienza e la memoria viva di quegli anni: è stato un viaggio emozionante nel passato, un'età in cui i sogni sono sogni e l'immaginazione vera immaginazione.


UN CARRO ARMATO, SEI CAVALLI, TRE CAMION...

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RIFERIMENTI:

Libri:
-Antonio Canovi e Ettore Borghi, "Una storia presente", ed. Istoreco 2001 e Corsiero 2020.

Siti web:


Videografia: