martedì 2 dicembre 2025

BIENNALE FOTO/INDUSTRIA 2025 | FORENSIC ARCHITECTURE

BOLOGNA, 7 novembre - 14 dicembre 2025

(vai alla pagina della Biennale Foto/Industria)



7 – FORENSIC ARCHITECTURE
Sottospazio – Palazzo Bentivoglio Lab
via Mascarella, 2

Forensic Architecture (FA) è un gruppo di ricerca multidisciplinare con sede alla Goldsmiths University di Londra che utilizza strumenti e tecniche dell'architettura per indagare sulle violazioni dei diritti umani in tutto il mondo, commessi da stati, forze di polizia, corpi militari e aziende, conducendo vere e proprie indagini di tipo forense.

Il team comprende architetti, studiosi, artisti, registi, programmatori, giornalisti investigativi, archeologi, avvocati e scienziati.


Il team di Forensic Architecture nella sede centrale operativa di South London.
Foto Forensic Architecture.


Il progetto di ricerca è stato fondato da Eyal Weizman, architetto e professore universitario, e collabora con comunità, tribunali e organizzazioni per i diritti civili, impiegando tecnologie avanzate per ricostruire eventi complessi attraverso prove architettoniche, materiali e digitali.


Eyal Weizman nel 2012 – Foto Ekaterina Izmestieva


 Il gruppo ha condotto oltre 100 indagini nel mondo, i cui risultati sono stati ripresi da media internazionali, mostre, tribunali e organismi come la Corte penale internazionale, il Tribunale internazionale dell'Aja, la Corte europea dei diritti dell’uomo e l’ONU.

Tra queste ricerche rientrano anche studi commissionati da organizzazioni come Amnesty International, Human Rights Watch, Medici senza frontiere e la Croce Rossa.
Ha ricevuto nel 2021 un Peabody Award per il proprio lavoro.

Il termine "architettura forense" identifica anche un campo accademico dedicato allo studio e alla presentazione di queste prove.

FA ha esposto in numerosi contesti internazionali ed è presente nella collezione permanente del Victoria and Albert Museum di Londra.



La mostra
"LOOKING FOR PALESTINE"


Entrata della mostra Looking for Palestine di Forensic Architecture al Palazzo Bentivoglio Lab di Bologna.


In questa mostra il tema della casa viene affrontato in modo più ampio e anche con una prospettiva politica: la casa come territorio, come identità,
ma anche come oggetto di ricerca, mettendo in relazione il genocidio attualmente in corso a Gaza con la storia della Nakba, "catastrofe" in arabo, ovvero l’espulsione dei palestinesi dai loro villaggi da parte delle forze sioniste tra il 1947 e il 1949. 

Oggi due persone su tre a Gaza sono rifugiati, cioè sopravvissuti alla Nakba o loro discendenti. Per questo, parlare degli effetti del colonialismo di insediamento israeliano significa anche riconoscere un trauma che dura da generazioni, segnato da violenze, espropri e continui spostamenti forzati.

La mostra Looking for Palestine racconta come, ieri e oggi, i palestinesi siano stati costretti a lasciare le loro case. Per farlo usa diversi strumenti: attraverso mappe della memoria, video e materiali d’archivio. Tutti strumenti pensati per contrastare l’amnesia storica che permette a questi cicli di ripetersi.

In un contesto segnato da bombardamenti e continui ordini di evacuazione, per i palestinesi la casa è diventata un luogo mentale più che fisico.

Tuttavia, dopo ogni distruzione, la popolazione continua a ricostruire: appartamenti, ospedali improvvisati, rifugi, accampamenti temporanei.

Di fronte a questa costante volontà di cancellazione, ogni gesto di ricostruzione, grande o piccolo, individuale o collettivo, diventa un atto essenziale di resistenza.

Ed è attraverso questi gesti, forma di resistenza, che la Palestina si rigenera e torna a vivere.


⟷⟷⟷

Mi trovo nel Sottospazio di Palazzo Bentivoglio Lab, ricavato dalle antiche cantine del palazzo, e sento subito la forza del luogo: un ambiente storico, essenziale, che sembra fatto apposta per accogliere Looking for Palestine, la mostra di Forensic Architecture che considero la più intensa e significativa di questa Biennale Foto/Industria 2025.

Entro e, sulla sinistra, vedo il cartellone fissato alla parete che riporta la poesia We Are Looking for Palestine, di Mosab Abu Toha, da cui la mostra prende il titolo.
Un invito a entrare nel tema dell’esilio e della memoria prima ancora che nel percorso visivo.


Il sole sorge e si muove.
Tramonta per visitare altri luoghi.
E noi, noi stiamo cercando la Palestina.

Gli uccelli si svegliano e cercano cibo.
Cinguettano sugli alberi in fiore, carichi di frutti, di pesche, mele, albicocche e arance.
E noi, noi stiamo cercando la Palestina.

Le onde del mare lambiscono la riva.
Brillano e danzano con le barche dei pescatori.
E noi, noi stiamo cercando la Palestina.

La gente viaggia dai parenti e dagli amici.
Prenota biglietti di andata e ritorno, riempie le valigie di regali, libri e vestiti.
E noi, noi stiamo ancora cercando la Palestina.

Signore, non abbiamo aeroporti né porti;
nessun treno, nessuna autostrada.
Non abbiamo strade percorribili, signore!
Abbiamo solo stampelle e sedie a rotelle.
Giovani uomini con una o nessuna gamba,
incapaci di lavorare, come se ci fosse lavoro.

Viaggiamo in Cisgiordania o in Egitto per un’operazione
o per sistemare una gamba rotta.
Sono vicini a noi, ma abbiamo bisogno di un permesso per entrare.
Riempiamo le valigie di fotografie e ricordi.
Pesano troppo a terra;
non possiamo portarli, né le strade possono sostenerli.
Sfregiano la superficie della terra.

Ci perdiamo nel passato, nel presente e nel futuro.

Quando nasce un bambino, proviamo tristezza per lui o per lei.
Un bambino nasce per soffrire qui, signore!

Una madre sente il grande dolore del parto.
Un bambino piange dopo aver lasciato il luogo buio, ma sicuro.

In Palestina è sempre buio.
In Palestina, i bambini piangono sempre.

Se vogliamo viaggiare, partiamo molte volte.
A Gaza, un luogo che conosco bene,
si parte via Erez o Rafah,
cosa molto difficile da fare.

(Vorrei vedere Tom Cruise e la sua squadra di Mission Impossible farlo.)
Poi cerchiamo un posto dove avere il colloquio per il visto.
Il Cairo? Istanbul? Amman?
(Ma non in Palestina!)
Viaggiamo nell’ansia.

Non abbiamo ambasciate, signore!
Quella a Gerusalemme è molto difficile da raggiungere.
È a soli 97 km da Gaza,
ma è lontano come la Galassia di Andromeda.
Andromeda è a 2,5 milioni di anni luce.
Ma tutto ciò che abbiamo sono anni bui.
Dovrebbero volerci trilioni di anni.

Signore, non siamo i benvenuti da nessuna parte.
Solo i cimiteri non si dimenticano dei nostri corpi.

Non stiamo più cercando la Palestina.
Stiamo morendo.
Presto, sarà la Palestina a cercarci,
per i nostri sussurri, per i nostri passi,
per le nostre fotografie sbiadite cadute dai muri invecchiati dal silenzio.


Cartello con titolo e poesia We Are Looking for Palestine di Mosab Abu Toha nella mostra di Forensic Architecture.


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La mostra è articolata in sezioni per mostrare come questo odio si inscriva in un continuum che ha origine nel 1948.
Il 1948 è il cuore della Nakba: è l'anno della guerra arabo-israeliana, della proclamazione dello Stato di Israele, della maggior parte delle espulsioni e della distruzione di centinaia di villaggi palestinesi.

Gli episodi più noti e più documentati, come il massacro di Deir Yassin (aprile 1948) e quello di al-Dawayima (ottobre 1948), avvengono proprio in quell’anno.

In termini numerici, la maggior parte dei 700.000–750.000 palestinesi sfollati lo furono nel 1948.


LE MAPPE DELLA MEMORIA DI AL-DAWAYMA
Lungo il corridoio ci sono le prime mappe della memoria, dedicate al villaggio di Al-Dawayima.

Panoramica della prima sala con mappe della memoria sospese nel sottospazio del Palazzo Bentivoglio Lab.


Il 29 ottobre 1948, l'89° battaglione dell'esercito israeliano, allora chiamato Haganah, invase diversi villaggi vicino alla Striscia di Gaza.

Senza forze armate regolari, quindi non potendo difendersi, i villaggi furono soggetti a un’operazione di pulizia etnica totale e molto violenta: massacri, distruzione delle case e delle infrastrutture.
Molti di quei luoghi hanno perso ogni memoria visiva e cartografica, e con il passare delle generazioni la memoria storica si tramanda ormai solo a voce dai sopravvissuti, oggi molto anziani.

Prima mappa della memoria in primo piano, sospesa nella mostra Looking for Palestine di Forensic Architecture.


Il ricercatore Mohammad Rajab Abu Khudra (Abu Yasser), originario del villaggio ha disegnato e raccolto decine di mappe basate sui ricordi degli abitanti, e si sono rivelate riferimenti essenziali per identificare i punti chiave dell'attacco israeliano: la moschea principale di Al-Zawiya, i pozzi, le vie principali, il santuario dello sceicco Salama, le abitazioni dei vecchi e nuovi Mukhtar, botteghe, cimiteri, scuole.

Tre mappe della memoria sospese al soffitto nella mostra Looking for Palestine al Palazzo Bentivoglio Lab.



Grazie all’incrocio tra queste mappe, testimonianze e foto d’archivio, Forensic Architecture è riuscita a individuare per la prima volta la probabile posizione della grotta di Tur al-Zagh — luogo di un massacro — e del forno (latoun), usato come fossa comune.


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MODELLO DELLA GROTTA DI TUR AL-ZAGH
Questo modello ricostruisce la grotta basandosi sulla testimonianza di Abu Bassam, che vi si rifugiò da bambino durante l’invasione del 1948.

La zona davanti alla grotta fu teatro di uno dei massacri più gravi ad al-Dawayima.

All’epoca, Abu Bassam, che aveva dieci anni, si rifugiò nella grotta con tre generazioni della sua famiglia e con molte altre persone in fuga.

Il modello dà forma a quei ricordi e contribuisce a contrastare il tentativo di cancellare quel massacro.

Modello della grotta di Tur Al-Zagh esposto nella mostra Looking for Palestine di Forensic Architecture.


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MODELLO DEL VILLAGGIO DI AL-DAWAYIMA
Questo modello mostra il paesaggio di al-Dawayima e dei suoi dintorni.
Sopra di esso vengono proiettate fotografie aeree che scorrono in ordine cronologico tra il 1945 e il 1984.
Testimoniano la distruzione del villaggio e la crescita dell’insediamento israeliano di Amatzya sul suo territorio.

Le prime sono state scattate dall’impero britannico, e mostrano il territorio prima della Nakba; le successive, realizzate dalla Haganah, documentano i cambiamenti del paesaggio fino al 1984.
Attraverso ricostruzioni tridimensionali, si vede come i villaggi siano stati sostituiti da insediamenti israeliani, come i kibbutz, e i punti segnati in giallo indicano le grotte dei massacri del ’48, ormai scomparse ma documentate.

Modello del villaggio di Al-Dawayima con proiezioni di fotografie aeree nella mostra Looking for Palestine.


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AL-DAWAYIMA PRIMA DELLA DISTRUZIONE
Questa sezione mostra una selezione di immagini del villaggio e dei suoi abitanti, scattate dal personale medico britannico nel 1922, durante una campagna di vaccinazione, prima dell’occupazione, quando il territorio era diviso tra Francia e Inghilterra.


Immagini storiche del villaggio di Al-Dawayima prima della distruzione, con architetture e usanze oggi perdute.


Mostrano architetture e usanze completamente perdute, demolite con la creazione dei nuovi insediamenti.


Fotografia di un edificio che somiglia all’ingresso di una grotta o a una piccola abitazione tradizionale, del villaggio di Al-Dawayima.



Dopo l’invasione e lo sgombero, al-Dawayima venne distrutta per far posto al nuovo insediamento ebraico-israeliano di Amatzya, che oggi occupa l’area dell’antico villaggio.
Per questo motivo esistono pochissime fotografie di al-Dawayima, se non negli archivi ufficiali e nelle fonti coloniali.

Edificio con persone in fila per la vaccinazione fotografate dal personale medico britannico nel 1922.


Forensic Architecture ha utilizzato immagini d’archivio: quelle del 1922 insieme ad altre realizzate nel 1955 durante l’inaugurazione di Amatzya.
Grazie a queste fotografie è stato possibile ricostruire le principali zone del villaggio e riconoscere alcune strutture originali, come la moschea di al-Zawiya e la casa dell’antico Mukhtar (Courtesy Wellcome Collection)


Grande edificio storico del villaggio di Al-Dawayima nella mostra Looking for Palestine di Forensic Architecture.


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VIDEO
IL MASSACRO DI TUR AL-ZAGH: AL-DAWAYIMA, 29 OTTOBRE 1948
La mostra prosegue con un video del 2025, di 27:14 min, frutto dell'indagine di Forensic Architecture con il sostegno di alcune organizzazioni palestinesi: Palestine Land Society; Al-Dawayima Cultural Association (Amman); Mohammad Rajab Abu Khudra; Ahmad Adarbeh.

Immagine del video sul massacro di Tur Al-Zagh ad Al-Dawayima del 29 ottobre 1948, presentato da Forensic Architecture.


I testimoni raccontano massacri, stupri, saccheggi, distruzione di case e infrastrutture, e fame.
I sopravvissuti lo hanno definito "un’altra Deir Yassin", e alcuni ministri israeliani hanno in seguito riconosciuto che lì furono commessi "atti simili a quelli nazisti".

Forensic Architecture mostra come, grazie a software di ricostruzione 3D, sia possibile ridare forma a quei luoghi.
È commovente vedere persone lontane dalla loro terra riconoscerla attraverso queste immagini digitali.

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SFOLLAMENTO INTENZIONALE
Si passa poi alla Gaza contemporanea, con un approfondimento sui metodi usati dall’IDF, le forze di difesa israeliane, come il volantinaggio di propaganda e di intimidazione, che confonde la popolazione e la equipara ingiustamente ai gruppi armati.


Sala della sezione Sfollamento intenzionale con tavolo e foto che illustrano le tecniche di volantinaggio intimidatorio.


Secondo le Nazioni Unite, dall’ottobre 2023 almeno il 90% dei palestinesi di Gaza è stato costretto a lasciare la propria casa una o più volte.

 Le modalità degli ordini di evacuazione, imprevedibili, contraddittori e senza luoghi sicuri, insieme ai volantini intimidatori e alla distruzione delle infrastrutture, indicano una strategia mirata a esercitare pressione psicologica e a rendere impossibile la vita nella Striscia di Gaza.


Forensic Architecture ha analizzato oltre cento ordini di evacuazione emessi da Israele dal 2023, mostrando come lo sfollamento forzato sia stato guidato da comunicazioni confuse, spostamenti obbligati in più direzioni, bombardamenti su aree dichiarate sicure, trasferimenti verso zone inabitabili e la criminalizzazione di chi non poteva evacuare.



Volantino del 13 ottobre 2023
"Agli abitanti di Gaza City: le organizzazioni terroristiche hanno iniziato una guerra contro Israele, Gaza City è ora diventata un campo di battaglia. Dovete evacuare immediatamente le vostre case e trasferirvi a sud di Wadi Gaza".

Volantino del 13 ottobre 2023 mostrato nella sezione sullo sfollamento intenzionale e sulle strategie di pressione sui civili.


Con questo volantino Israele ha ordinato a 1,1 milioni di abitanti di Gaza City di lasciare le loro case entro 24 ore e spostarsi verso sud.
Il nord è stato dichiarato zona proibita e il sud è stato colpito da attacchi aerei mentre i civili venivano indirizzati lì.
L’ONU e l’OMS hanno condannato questo ordine come uno spostamento forzato contrario al diritto internazionale umanitario.


Volantino del 15 ottobre 2023
"Residenti di Gaza City e della zona settentrionale di Gaza, nei giorni scorsi vi abbiamo esortato a trasferirvi nella zona meridionale per la vostra sicurezza. Desideriamo informarvi che l’IDF non effettuerà alcuna operazione lungo questo percorso dalle 10:00 alle 13:00. In questa finestra temporale, vi preghiamo di cogliere l’occasione per spostarvi verso sud dalla zona settentrionale di Gaza".
(@IDF Twitter/X)

Volantino del 15 ottobre 2023 utilizzato nelle campagne di volantinaggio analizzate da Forensic Architecture.


Il messaggio, pubblicato in arabo e in inglese solo due giorni dopo, era rivolto sia ai palestinesi sia al pubblico occidentale, per mostrare un’apparente attenzione umanitaria. Lo stesso giorno, il portavoce dell’esercito israeliano ha diffuso un video in inglese sostenendo che "Hamas sta bloccando l’evacuazione dei civili".

La strada Salah al-Din, indicata come principale "via sicura" verso sud, è stata invece colpita più volte nei due anni successivi. Già il 13 ottobre un convoglio civile che seguiva le istruzioni di evacuazione era stato bombardato, causando settanta vittime.


Volantino del 18 ottobre 2023
L’esercito israeliano dichiara al-Mawasi una "zona umanitaria sicura" invitando i residenti di Gaza City a trasferirvisi per protezione. Questa zona è stata indicata più volte come destinazione sicura.

Volantino del 18 ottobre 2023 che mostra messaggi di evacuazione e intimidazione esposti nella mostra.


Tuttavia, nell’agosto 2024 era sovraffollata: molti palestinesi non trovavano spazio e non potevano trasferirsi. L’acqua e i servizi igienici erano scarsi, e la zona non era attrezzata per accogliere tante persone.

Al-Mawasi non era davvero sicura: è stata colpita da diversi attacchi aerei israeliani, il più grave nel luglio 2024, e i confini della cosiddetta "zona umanitaria" sono stati cambiati più volte.


Volantino del 22 ottobre 2023
"Chiunque scelga di non lasciare il nord della Striscia di Gaza per recarsi a sud di Wadi Gaza potrà essere identificato come complice di un’organizzazione terroristica."

Volantino del 22 ottobre 2023 con avvisi di evacuazione analizzati nella sezione dedicata allo sfollamento intenzionale.


Questo volantino lanciato dal cielo minacciava tutti i palestinesi rimasti nel nord di Gaza, facendoli sembrare terroristi. Lo stesso metodo è stato usato in tutti gli ordini di evacuazione dall’8 ottobre 2023 in poi: civili che non potevano o non volevano obbedire venivano considerati nemici. Così, gli ordini giustificavano di colpire aree civili confondendo deliberatamente obiettivi militari e civili.


Volantino del 2 dicembre 2023
"Agli abitanti di al-Qarara, Khuza’a, Abasan e Bani Suhaila: dovete evacuare immediatamente e recarvi nei rifugi di Rafah. La città di Khan Younis è diventata una pericolosa zona di combattimento."


Volantino intimidatorio del 2 dicembre 2023 lanciato dall’esercito israeliano, esposto nella mostra Looking for Palestine a Bologna.


Tra il 24 e il 30 novembre c’è stato un cessate il fuoco temporaneo. Il giorno dopo la sua fine, Israele ha di nuovo ordinato l’evacuazione di gran parte di Khan Younis in vista di un’invasione terrestre.

Le direttive sono cambiate: invece di spostarsi solo dal nord verso sud, centinaia di migliaia di civili già rifugiati a Khan Younis e nel sud della Striscia sono stati costretti a muoversi ancora più a sud, fino a Rafah, al confine della Striscia di Gaza.


Volantino del 18 gennaio 2024
"Oh popolo di Khan Younis, rinnegate Hamas. Stanno sparando dall’interno dell’ospedale, mettendovi in pericolo. Hamas sta agendo in modo sconsiderato nei vostri confronti e nei confronti del vostro futuro. E chiunque tra voi si allei con loro, allora è davvero uno di loro."

Volantino intimidatorio del 18 gennaio 2024 lanciato dall’esercito israeliano, esposto nella mostra Looking for Palestine a Bologna.


Il volantino è stato lanciato vicino al Nasser Medical Hospital.
Faceva parte della propaganda israeliana che accusava falsamente Hamas di condurre attività all'interno degli ospedali. Pochi giorni dopo, l’ospedale, il più grande del sud di Gaza, è stato assediato e bombardato, e a marzo era completamente fuori servizio.


Volantino del 4 marzo 2024
"Per contribuire a migliorare le condizioni umanitarie e l’accesso degli aiuti nella Striscia di Gaza settentrionale, fate spazio agli aiuti umanitari e astenetevi dal saccheggio, dal furto e dagli atti di caos, affinché il cibo raggiunga i bisognosi e i poveri in tutta la regione."

"O credenti! Non divorate illegalmente le ricchezze gli uni degli altri, ma commerciate piuttosto di comune accordo" (Corano, Sura an-Nisa 4:29).

"Tutto ciò che appartiene a un musulmano è proibito a un altro musulmano: il suo sangue, i suoi beni e il suo onore" (Maometto).

Volantino intimidatorio del 4 marzo 2024 lanciato dall’esercito israeliano, esposto nella mostra Looking for Palestine a Bologna.

Il volantino, lanciato nel quartiere Sheikh Radwan a Gaza City, accusava i palestinesi di saccheggiare gli aiuti e citava il Corano e un hadith di Maometto per convincerli a rispettare le regole e lasciare il cibo ai bisognosi.


Volantino del 7 novembre 2024
"Cari residenti di al-Maghazi, il prezzo di una sigaretta prima del 7 ottobre: uno shekel e mezzo. Il prezzo di una sigaretta dopo il 7 ottobre: 150 shekel. Il motivo: Hamas opprime il popolo, ruba le sigarette e le vende ai commercianti a prezzi irragionevoli. Perché? Per finanziare i propri membri e le loro vite fastose. Siete stanchi dell’ingiustizia dei Mujaheddin degli hotel e delle jeep? Volete porre fine all’ingiustizia e andare avanti con la vostra vita?"

Volantino intimidatorio del 7 novembre 2024 lanciato dall’esercito israeliano, esposto nella mostra Looking for Palestine a Bologna.

Nel campo di al-Maghazi (zona centrale di Gaza), l’esercito israeliano ha lanciato questi volantini, mostrando Yahya Sinwar sul fronte e accusando Hamas di rubare e aumentare i prezzi.
Lo scopo è sempre quello di far sembrare Hamas responsabile della scarsità di beni e della sofferenza della popolazione.


Volantino del 9 settembre 2025
L’esercito israeliano ordina l’evacuazione totale di Gaza City, il più grande sfollamento dall’ottobre 2023.
Nello stesso periodo, gli attacchi aerei hanno colpito gli ultimi grattacieli residenziali ancora in piedi, tra le poche strutture che potevano ospitare migliaia di famiglie sfollate.

Centinaia di migliaia di palestinesi, tornati alle rovine delle proprie case durante il cessate il fuoco di inizio 2025, sono stati nuovamente costretti a fuggire verso la costa e poi a sud, in aree sovraffollate e prive dei beni essenziali per vivere.

Volantino intimidatorio del 9 settembre 2025 esposto nella mostra Looking for Palestine



Due cellulari esposti sul tavolo mostrano due filmati con piccoli atti quotidiani di resistenza: ordini di evacuazione riutilizzati come coni per falafel, e volantini raccolti da bambini come combustibile a Gaza City.






VIDEO "TRE GIORNI ALL'UNIVERSITÀ AL-AZHAR"
28–30 gennaio 2024
Su un lato della sala è installato il video del 2025 di Forensic Architecture (12:35 min.), un'indagine che segue la storia di Nadia e Ahmad, una giovane coppia di Beit Hanoun, per mostrare l'uso distorto degli aiuti umanitari, cioè gli ordini di evacuazione in presunte "zone sicure" (come si è visto dai volantini) che hanno costretto i palestinesi di Gaza a spostarsi continuamente in aree senza condizioni minime di vita e spesso bombardate.

La storia mostra come questa "violenza umanitaria" si vive sul campo.

Video Tre giorni all’Università Al-Azhar sulla distorsione degli aiuti umanitari nella mostra Looking for Palestine.

Voce narrante: Teju Cole
Registrazioni e fotografie: Susan Abu Lhawa
Ringraziamenti speciali: Raz Segal, Amos Goldberg



IMMAGINI AEREE PRECEDENTI ALLA NAKBA
Le fotografie aeree mostrano i villaggi di al-Lydd e al-Ramla tra il 1917 e il 1948, provengono da tre raccolte storiche e hanno tutte origine militare.
All’inizio del Novecento, la fotografia aerea serviva per mappare territori e controllarli.

Tra il 1917 e il 1918, la Squadriglia Aeronautica Bavaria fotografò al-Tira, al-Lydda e al-Ramla per monitorare l’esercito britannico durante la Prima guerra mondiale. Tra il 1920 e il 1948, anche la Royal Air Force britannica fece ricognizioni aeree in Palestina per mappare il territorio.

Le immagini di al-Tira del 1944 e di al-Lydd e al-Ramla del 1947-1948 furono raccolte dall’Haganah, il precursore dell’esercito israeliano, nel progetto "Village Files".
Lo scopo era ottenere informazioni dettagliate sui villaggi palestinesi per preparare l’occupazione, culminata nel Piano Dalet e nell’espulsione di massa dei palestinesi nel 1948, ad opera delle forze sioniste.


Immagini aeree precedenti alla Nakba esposte su una parete della mostra Looking for Palestine.


Precursore degli ordini di evacuazione di oggi a Gaza, un volantino fu diffuso a luglio 1948 nei villaggi palestinesi di al-Lydd e al-Ramla, indirizzato "a tutti i musulmani":
"Se non vi arrenderete immediatamente, vi esporrete ai pericoli e agli orrori della guerra, e i vostri leader saranno responsabili dello spargimento del vostro sangue e della distruzione delle vostre case".
Entrambi i villaggi furono evacuati con la forza durante l’Operazione Dani, che provocò anche la morte di molti civili.


VIDEO "MORTE PER MILLE TAGLI"
Il video di Forensic Architecture è stato realizzato nel 2025, con materiali provenienti da account social, e ha una durata di 2:31 minuti.
Si vede la raccolta degli ordini di evacuazione lanciati dall’esercito israeliano su Gaza, da ottobre 2023 a oggi.

Didascalia informativa del video Morte per 1000 tagli esposta nella mostra Looking for Palestine.


Il titolo Morte per mille tagli può essere letto come una metafora della sofferenza graduale e cumulativa: ogni ordine di evacuazione, diffuso tramite volantini intimidatori dall’esercito israeliano, contribuisce a un danno continuo.
Questo ricorda simbolicamente la pratica storica cinese del Lingchi, la cosiddetta Morte dai mille tagli, anche se il riferimento non è indicato dagli autori.

Lingchi non era solo un'esecuzione: era uno spettacolo progettato per spezzare il corpo e la mente del condannato... lentamente.

Frame del video Morte per 1000 tagli 2025 sulla raccolta degli ordini di evacuazione lanciati su Gaza.


I volantini lanciati dall’alto contengono messaggi intimidatori o derisori, e diventano uno strumento di paura. Nei video girati dai palestinesi, la loro caduta può sembrare quasi innocua, ma nella realtà generano panico e insicurezza.

Seconda immagine del video Morte per 1000 tagli 2025 sugli ordini di evacuazione a Gaza.


Il modo in cui vengono diffusi questi ordini ricorda le pratiche del 1948, quando Israele lanciò volantini sui villaggi palestinesi per minacciare i civili e costringerli ad andarsene, con l’obiettivo di provocare uno sfollamento permanente.

Con la distruzione diffusa di edifici e infrastrutture civili, l’obiettivo appare quello di rendere Gaza invivibile: spingere i palestinesi ad abbandonarla definitivamente e non lasciare loro nulla a cui tornare.


Terza immagine del video Morte per 1000 tagli 2025 che documenta la raccolta degli ordini di evacuazione.



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SUONI IPPOCRATICI: SEI NOTTI AL NASSER MEDICAL CENTER
In una sala successiva, una finestra riproduce suoni registrati per sei notti nell’ospedale di al-Nasser di Khan Younis a Gaza: qualcuno che russa, qualcuno che piange, le bombe.
Nel 2024 il chirurgo americano Chandra Hassan ha lavorato nell’ospedale, dove il personale è costretto a vivere per l’impossibilità di spostarsi in sicurezza.

Anche quando finiva i turni, il dottor Hassan ha scelto di continuare a fare da testimone. Ogni sera lasciava il telefono acceso per registrare i suoni della notte che entravano dalla finestra della sua stanza.

Ha poi condiviso decine di queste registrazioni con Earshot, che le ha unite in una sequenza e trasformate in un’installazione in 3D: la stanza da cui quei suoni provenivano.

Installazione sonora 3D di Earshot alla Biennale Foto Industria 2025 di Bologna, documenta abusi e violenze.


Anche in un luogo pensato come sicuro, la realtà è tutt'altro, e questo rimane un documento sugli attacchi agli ospedali, usati anche come rifugi, mostrando come Israele sperimenti i limiti della propria impunità.


Informazioni su Earshot
Earshot, fondata da Lawrence Abu Hamdan, è un’organizzazione che usa l’audio come prova nelle indagini sui diritti umani, trasformando materiali sonori in testimonianze precise e utili a rivelare abusi.

L’organizzazione lavora con comunità colpite da violenze statali, aziendali o ambientali e trasforma materiali sonori molto fragili, messaggi vocali, video tremolanti fatti col telefono, registrazioni ottenute in situazioni difficili, in prove sonore di alta qualità, molto più dettagliate di quanto può mostrare una telecamera.

Dettaglio in 3D della finestra della sala sonora di Earshot alla Biennale Foto Industria 2025 di Bologna.



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RITORNO AD AL-MA'IN 
La parte finale della mostra è dedicata a un progetto che unisce ricerca storica, ricostruzione e testimonianza.

In questa grande sala viene presentato un video che racconta la storia di al-Ma’in (o Ma’in Abu Sitta), un villaggio palestinese che si trovava nella zona di Beer al-Saba.
Durante la Nakba del 1948 e negli anni successivi, il villaggio fu completamente distrutto: sparirono le case, le fattorie, i frutteti, le strade, le scuole, i pozzi e le dighe. Al suo posto oggi ci sono quattro kibbutz israeliani: Magan, Nirim, Ein Hashlosha e Nir Oz.

Il video, di 31:04 min., è il prodotto di un'indagine di Forensic Architecture in collaborazione con il dott. Salman Abu Sitta, storico palestinese (Palestinian Land Society).

Video finale alla Biennale Foto Industria 2025 di Bologna sulla storia di al-Ma’in, villaggio palestinese distrutto nel 1948.


Al-Ma’in è il villaggio natale di Abu Sitta, che ha dedicato la sua vita a ricostruire la storia della sua terra.
Per farlo ha raccolto mappe, fotografie, testimonianze orali e documenti che coprono gli ultimi due secoli.
Da questo lavoro è nato l’Atlante della Palestina, una delle ricerche cartografiche più complete sulla regione.

In collaborazione con lui, Forensic Architecture ha realizzato un modello di al-Ma’in com’era negli anni Quaranta, mostrando l’avanzata tecnologia agricola già presente all’epoca e mettendo in discussione la narrativa secondo cui tali innovazioni sarebbero arrivate solo con i coloni israeliani.

Come accade per il caso di al-Dawayima, dove le tracce della vita precedente sono state cancellate, questa ricostruzione restituisce memoria e contrasta le narrazioni che cercano di riscrivere la storia.
La ricostruzione di al-Ma’in non è solo un’operazione storica: sostiene anche le richieste della comunità palestinese per il diritto al ritorno nei territori da cui è stata allontanata.



Dopo la visione del film su al-Ma’in, il visitatore può seguire la discussione che si è svolta al termine della prima proiezione, organizzata da Forensic Architecture al Curzon Soho di Londra il 14 maggio 2025, con Eyal Weizman, direttore di Forensic Architecture, e Salman Abu Sitta, protagonista del film (video, 2025, 1:14:16 ore).

Piccolo video della discussione post-proiezione alla Biennale Foto Industria 2025 di Bologna, 14 maggio 2025.



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RIFLESSIONI FINALI
Chiudo il racconto di questa mostra con alcune riflessioni personali, nate dall'esperienza diretta e dalla profondità dei temi affrontati.

Di solito lavoro sulla sintesi dei testi museali, per non appesantire le pubblicazioni già ricche di fotografie selezionate. Allo stesso modo procedo con i racconti di viaggio, che per loro natura sono già una sintesi dell’esperienza.

In questo caso, invece, la sintesi è stata minima. Qui il lettore può davvero immergersi completamente nella mostra. Mancano naturalmente i video, che si possono vedere solo visitando fisicamente la mostra, ma per il resto è presente tutto.

È presente tutto perché l’argomento trattato non è solo uno dei più profondi della Biennale dedicata alla casa, ma anche un tema politico importante di lunga durata, purtroppo sempre attuale.

Molti conoscono il conflitto israelo-palestinese, ma i più distratti, non sanno davvero cos’è la Nakba: la "catastrofe" del 1948, che segnò l’esodo forzato di centinaia di migliaia di palestinesi dopo la nascita dello Stato di Israele, avvenuta nel contesto del movimento sionista, nato per dare una patria agli ebrei perseguitati in Europa e rafforzato dopo l'Olocausto.


Per chi desidera approfondire ulteriormente, segnalo il documentario capolavoro "NO OTHER LAND", dei co-registi Yuval Abraham (israeliano) e Basel Adra (palestinese), vincitore premio Oscar 2025 come miglior documentario.
Il film, che in Italia ha generato accese polemiche e diversi rinvii nella programmazione televisiva, con discussioni su una possibile censura politica, racconta con forza la vita dei palestinesi in Cisgiordania, da decenni sottoposti a forme sistematiche di violenza e pressione da parte dei coloni e dell'esercito israeliano.
Ancora una volta, emerge con chiarezza la banalità del male.




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 > parte 6 - SISTO SISTI, Palazzo Paltroni (Fondazione del Monte) | ALEJANDRO CARTAGENA, Palazzo Vizzani
(a breve)





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NOTE:
-La mostra è curata da Elizabeth Breiner con Shourideh Molavi.

-Le opere qui pubblicate seguono fedelmente il percorso dell’esposizione e hanno un valore proprio. Le condivido non solo come invito a visitare la mostra, che è un’esperienza oltretutto gratuita, ma soprattutto come lettura per tutti coloro che esplorano il mondo anche da casa.

-Tutte le foto sono di Monica Galeotti, salvo la foto di gruppo di FC e la foto personale di Eyal Weizman (fonti indicate).

-Per vedere le foto in alta risoluzione, clicca sull'immagine. Per una visione ottimale consiglio il PC.

FONTI:
-resoconto di visita con guida interna
-pieghevole MAST

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