giovedì 11 dicembre 2025

BIENNALE FOTO/INDUSTRIA 2025 | MOIRA RICCI – KELLY O'BRIEN

BOLOGNA, 7 novembre - 14 dicembre 2025
(vai alla pagina della Biennale Foto/Industria)

La mostra di Moira Ricci rimarrà aperta fino all'11 gennaio 2026.



10 - MOIRA RICCI
MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna
via Don Giovanni Minzoni, 14


Foto Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci


Moira Ricci è nata a Orbetello, Grosseto, nel 1977. 
La sua ricerca, spesso autobiografica, esplora l’identità personale e sociale, la storia familiare e il legame con il territorio, mescolando invenzione tecnologica e immagini della vita quotidiana. 

Ha esposto in Italia e all’estero.


La mostra
"QUARTA CASA"

Entrata alla mostra Quarta Casa di Moira Ricci al MAMbo di Bologna, Biennale Foto Industria 2025.


Quarta Casa, è la prima retrospettiva dedicata all’artista, cioè una mostra che raccoglie le sue opere principali realizzate in diversi periodi, per far vedere l’evoluzione del suo lavoro e della sua ricerca nel tempo. Non si concentra su un singolo progetto, ma offre una panoramica completa della sua  carriera, raccogliendo circa 25 anni di lavori.

Il tema centrale della mostra è la casa, intesa non solo come spazio abitativo, ma come contenitore di ricordi, relazioni e legami con il territorio, dove si intrecciano vita privata e collettiva.

Il tema della casa viene esplorato in due modi principali:

1. I luoghi d’origine: la Maremma e le sue comunità, leggende e natura.
Documenta la cultura contadina in via di estinzione e dà voce sia alle storie reali sia a quelle immaginarie della terra.

2. La dimensione familiare: i genitori e la propria storia personale.

La mostra evidenzia anche l’approccio transdisciplinare: l’artista usa diversi mezzi o strumenti – fotografia, video, scultura, musica, performance – scegliendo ogni volta quello più adatto per raccontare la sua idea.

La scelta del mezzo non è mai casuale: ogni forma espressiva contribuisce a trasmettere meglio il messaggio e le emozioni dell’opera.

La "quarta casa" è un luogo simbolico e interiore, costruito dall'arte fatta di ricordi, fotografie, memoria familiare e territorio, una casa della memoria e dell'identità.

❀❀❀

Introduzione:

 all’ingresso si trova un calco in gesso del corpo di Moira Ricci:

faccio un giro e torno (2001)

Installazione Faccio un giro e torno di Moira Ricci, calco in gesso e video, 2001, Biennale Foto Industria Bologna.
Calco in gesso, miniature in materiali vari, microtelecamera, video, 2001.


 Racconta il legame di Moira Ricci con due luoghi importanti della sua vita: la Maremma, dove è nata, e Milano, dove ha studiato e lavorato.
L’artista crea un percorso che segue la forma del suo corpo e lungo il tragitto inserisce piccoli oggetti che rappresentano ricordi, emozioni e immagini della sua storia.
La Maremma è posta ai piedi, a indicare le sue radici, mentre Milano è sulla testa. 

Le due zone sono unite da strade che attraversano la Toscana e il passo della Cisa, arrivano a Milano e ritornano al punto iniziale dall’altra parte del corpo, dando l’idea di un viaggio circolare.


Primo piano del calco in gesso di Moira Ricci con oggetti che seguono il corpo, mostra Quarta Casa, Bologna.


 Una minuscola macchina con una microcamera percorre questo corpo-paesaggio e filma tutto, creando un video che mostra il viaggio da vicino, come se lo spettatore fosse dentro la piccola macchina e vedesse il viaggio con i suoi occhi.


Primo piano della testa di Moira Ricci che rappresenta Milano, mostra Quarta Casa, MAMbo Bologna.

❀❀❀

Corpo centrale: i luoghi d'origine

La parte centrale dell’esposizione racconta i luoghi d’origine dell’artista attraverso installazioni artistiche dedicate al territorio e alla memoria del paesaggio.

dove il cielo è più vicino (2014)
Cresciuta nella campagna maremmana, Moira Ricci si interessa al rapporto tra uomo e natura e alla vita contadina, ancora poco cambiata rispetto al mondo moderno.

il diavolo mietitore
Nel video si vede come in un campo l'artista traccia due cerchi e li incendia, creando un gesto rituale e simbolico verso il cielo.


Installazione video Il Diavolo Mietitore di Moira Ricci, Biennale Foto Industria Bologna.

Il diavolo mietitore è un manifesto inglese xilografato del 1678, intitolato Il diavolo mietitore o notizie strane da Herefordshire.
Racconta la storia di un ricco proprietario terriero che si rifiutò di pagare di più a un bracciante per mietere il suo campo.
Il bracciante imprecò: "Che lo mieta il diavolo, allora!". Quella notte il campo di avena sembrò incendiarsi, e al mattino era perfettamente mietuto. Non si sa se a mietere fosse stato il diavolo o un altro demone, di certo non un essere umano; il padrone provò ad avvicinarsi alle balle d’avena, ma non riuscì né a sollevarle né a portarle via.

Copertina del 1678 del Diavolo Mietitore, manifesto inglese xilografato.


poderi
 Fotografie di case contadine abbandonate con porte e finestre cancellate, a simboleggiare edifici muti e senza identità.

Case contadine abbandonate nella serie Poderi di Moira Ricci, dal progetto Dove il cielo è più vicino.



trebbia-astronave – video 58'34"
Una vecchia mietitrebbia trasformata in un’astronave, simbolo del desiderio di partire e ricominciare altrove.

Case contadine abbandonate nella serie Poderi di Moira Ricci.



Trebbia-astronave di Moira Ricci, mietitrebbia trasformata in astronave nel progetto Dove il cielo è più vicino.



contadini
Ritratti di contadini con lo sguardo rivolto al cielo, collegando la terra al mistero e alle speranze.

Ritratti di contadini con lo sguardo al cielo nella serie Contadini di Moira Ricci.



Ritratti di contadini con lo sguardo al cielo nella serie Dove il cielo è più vicino, di Moira Ricci.

Il progetto dove il cielo è più vicino invita a pensare al futuro mantenendo un contatto con la storia e con ciò che ci osserva dall’alto.


❀❀❀

da buio a buio (2009)
È un progetto iniziato nel 2009 e concluso nel 2015. Racconta quattro storie misteriose: La bambina cinghiale, Il lupomannaro, L’Uomosasso e I gemelli.

Le storie si ispirano a leggende popolari che l’artista ascoltava da bambina in campagna.
Per raccontarle, ha raccolto fotografie e vari materiali, mescolando ricordi personali e tradizioni popolari.
Le storie vengono presentate come se fossero avvenute davvero, giocando tra realtà e fantasia.

Progetto Da buio a buio di Moira Ricci, quattro storie ispirate a leggende popolari.


Il lupo mannaro
Negli anni ’60, a Montiano (Toscana), si raccontava di un uomo chiamato Vasco Lumediluna che, nelle notti di luna piena, si trasformava in lupo mannaro.

Panoramica della stanza che ospita il progetto Da buio a buio di Moira Ricci.


Camminava lungo fossi e fiumi per alleviare un prurito, spaventando chi incontrava senza però ferire gravemente nessuno.
Di giorno si comportava normalmente. Oggi è molto anziano e vive ritirato in casa, mentre foto, video e testimonianze dell’epoca sono state raccolte dall’artista.


Foto dedicate alla storia del lupo mannaro nel progetto Da buio a buio di Moira Ricci.


La bambina cinghiale
Nel 1940, a Sant’Andrea (Grosseto), nacque una bambina con tratti simili a un cinghiale: viso, mani e naso ricordavano un suino, il corpo era normale ma coperto di peli e la voce emetteva grugniti.
La famiglia la tenne nascosta e negò la sua esistenza. Alcuni dicono che sia morta a sei anni, altri che possa essere ancora viva.
Le fotografie della bambina sono state conservate dal figlio del fotografo locale, Fausto Meravigli, che ha mantenuto intatto l’archivio storico.


Foto della storia della bambina cinghiale nel progetto Da buio a buio di Moira Ricci.



❀❀❀

Sezioni laterali: la dimensione familiare

Ai lati dell’edificio espositivo, come ad abbracciare i luoghi maremmani, si sviluppa il tema della dimensione familiare, esplorando legami, ricordi e storie personali.


loc. Collecchio, 26 (2001)
Moira Ricci ha realizzato un’opera per salutare la sua casa d’infanzia prima che venisse ristrutturata e cambiata per sempre.

Tornando a casa da Milano, vedeva i cambiamenti e sentiva che i ricordi di quando era bambina sparivano. L’opera è fatta con fotografie messe in quattro scatole di legno, una per ogni stanza: cucina, salotto, camera da letto e bagno.
Le foto mostrano mobili, oggetti di famiglia e la stessa artista nella casa.


Scatola della camera da letto dalla serie Collecchio di Moira Ricci.
Scatola della camera da letto.



Scatola del salotto dalla serie Collecchio di Moira Ricci.
Scatola del salotto


Nel video, ogni foto "parla" ripetendo una frase legata a quel momento, creando un insieme di ricordi.
Il video dura 4'39".

Serie Collecchio di Moira Ricci con quattro scatole di legno e video che dà voce alle stanze di casa sua.



a Lidiput (2003)
Tra il 2002 e il 2004, lavora come fotografa sulla spiaggia a Lido di Savio (Ravenna), ma i continui rifiuti delle persone trasformano l’iniziale entusiasmo in un lavoro faticoso e frustrante.
Per esprimere questo disagio, crea un autoritratto: il suo corpo sdraiato nella sabbia è coperto da sagome di persone che camminano e giocano senza accorgersi di lei.


Immagine grande formato Lidiput di Moira Ricci.

❀❀❀


20.12.53 –10.08.04 (2004-2014)
Nell'ultima commovente installazione, intitolata con le date di nascita e morte della madre, l'artista lavora su 50 fotografie.

In ogni immagine studia luce, colori, luogo e persone, poi inserisce se stessa nella scena, vestita e truccata per adattarsi alla foto originale (con un photo shop molto rudimentale, perchè era un software appena nato).


Prima immagine del progetto 20.12.53 – 10.08.04 di Moira Ricci, dedicato alla madre.

In alcune foto la madre appare più giovane, in altre coetanea dell’artista.
Con la sua presenza l'artista desidera dire alla madre quello che le sarebbe successo, avvertirla (è morta improvvisamente a causa di un incidente domestico), in un dialogo ovviamente impossibile.


Seconda immagine del progetto 20.12.53 – 10.08.04 di Moira Ricci, dedicato alla madre.

Il suo sguardo, sempre rivolto alla madre è cupo e pieno di dolore. Così l’artista cerca di elaborare il lutto, entrando nelle foto di famiglia come unico modo per "stare" con la madre, anche solo per un istante.


Terza immagine del progetto 20.12.53 – 10.08.04 di Moira Ricci, dedicato alla madre.



Quarta immagine del progetto 20.12.53 – 10.08.04 di Moira Ricci, dedicato alla madre.


Nell’ultima immagine della mostra, l’artista è vista di spalle mentre guarda attraverso una finestra, oltre la quale si trova sua madre.
Con questa composizione, Moira Ricci esprime la consapevolezza della distanza incolmabile tra loro e, allo stesso tempo, una forma di accettazione della realtà, riconoscendo lo stato delle cose così com’è.


Quinta immagine del progetto 20.12.53 – 10.08.04 di Moira Ricci, dedicato alla madre.


❀❀❀

_________________________


11 - KELLY O'BRIAN
Palazzo Zambeccari (Spazio Carbonesi)
via De' Carbonesi, 11

Foto Format Festival.com

Kelly O’Brien, nata a Derby, nel Regno Unito nel 1985, in una famiglia operaia di origine irlandese, realizza un lavoro artistico che unisce più linguaggi, influenzato dal suo ambiente d’origine e dalle sue esperienze personali.
È interessata a tutto ciò che normalmente non si vede: per lei l’assenza è un modo per immaginare nuove possibilità.

Lavorando insieme alle persone che ritrae, affronta temi come classe sociale, lavoro, genere e famiglia.


La mostra
"NO REST FOR THE WICKED"
(Nessun riposo per i malvagi)


Ingresso di Palazzo Zambeccari allo Spazio Carbonesi per la mostra di Kelly O’Brien 2025.


Lo Spazio Carbonesi di Palazzo Zambeccari, in cui è allestita la mostra, ha uno splendido affresco:
"L'Olimpo", di Giuseppe Rolli e Giacomo Alboresi.


Affresco “L’Olimpo” di Rolli e Alboresi sul soffitto dello Spazio Carbonesi in Palazzo Zambeccari.

L'esposizione racconta la storia della famiglia di Kelly O’Brien e soprattutto il lavoro faticoso della mamma e della nonna.

Kelly viene da una famiglia proletaria e ha vissuto in una casa popolare in Inghilterra.
Sua nonna fu la prima a immigrare dall'Irlanda, sua madre lavorava come addetta alle pulizie.

Per più di vent’anni ha fotografato in silenzio le due donne mentre lavoravano in casa tutti i giorni.

La casa, che per molti è un posto dove riposarsi, per loro era un posto dove continuare a lavorare: pulire, cucinare, sistemare tutto. Un lavoro senza fine, senza visibilità.

Vista panoramica della mostra di Kelly O’Brien allestita nello Spazio Carbonesi.


Il titolo della mostra No rest for the wicked, è un’espressione di origine biblica da Isaia (57:21) che afferma: "Non c’è pace per i malvagi, dice il mio Dio", ed è una condanna spirituale, cioè coloro che si allontanano da Dio e agiscono malvagiamente, non troveranno mai riposo o pace interiore, ma solo tribolazione.

Nel linguaggio moderno però, la frase è usata in senso figurato per descrivere una condizione di lavoro incessante: si continua a faticare senza mai una vera pausa, come in un ciclo infinito di impegni e stanchezza.

Le foto in bianco e nero mostrano quanta fatica dovessero sopportare le donne della sua famiglia.


Fotogrammi in bianco e nero che raccontano gesti di lavoro quotidiano nella mostra di Kelly O’Brien.


In una foto, la mamma è collegata al detto inglese "A chip on your shoulder" (Avere il dente avvelenato).


Fotogramma ravvicinato della madre che lava i piatti, legato al detto inglese “A chip on your shoulder”.


Kelly si è ispirata anche alla nonna, che era molto religiosa e aveva tante immagini sacre in casa.
Per questo, Kelly ritrae la mamma coperta dal mocio, come a nascondere l'identità per rendere universale la figura della "cleaner" e, allo stesso tempo, trasformarla in una santa moderna, circondata da candele.


Altare con candele dedicate a donne lavoratrici e ritratto della madre coperta dal mocio come santa moderna.

Su ogni candela c’è il nome di una donna che lavora tanto per gli altri, che cura e si sacrifica.

Gli scarponi, i grembiuli, i moci e i flaconi di detersivo mostrano in modo concreto anni di lavoro nascosto.
Oggetti così semplici diventano "reliquie" per raccontare la fatica di generazioni.


Scarponi consumati esposti come simbolo della fatica e del lavoro domestico invisibile.


I televisori accesi e i video presenti nell’allestimento fanno sentire la presenza reale delle persone di cui si parla. Non sono immagini perfette, ma scene di vita quotidiana, che spesso passano inosservate.


Televisori con video che mostrano scene di vita quotidiana.


Nelle opere più nuove, Kelly utilizza oggetti domestici dai colori forti e scritte ironiche per ridicolizzare i giudizi e gli stereotipi rivolti alle donne proletarie.
Il grembiule con la scritta "La pulizia è prossima alla santità", santifica un lavoro che nella realtà è usato per opprimere o marginalizzare.


Grembiule esposto come oggetto che rappresenta il lavoro domestico invisibile di molte donne.


Le sue foto non mostrano quasi mai i volti: a volte sono girati, sfocati o nascosti.
Così Kelly ci fa capire la vergogna che provano queste donne e al tempo stesso il loro desiderio di essere rispettate.

La casa è sacra, proprio perchè è il luogo dove si è consumata tutta quella fatica silenziosa.

Ma non è un vero rifugio, perchè per queste donne è sempre stata anche un luogo di lavoro continuo.


Così, attraverso le figure di sua madre e di sua nonna, Kelly O'Brien denuncia la disuguaglianza di genere e di classe, e allo stesso tempo rivendica dignità e "presenza" per chi è stata spesso invisibile.


__________________________



> LA PAGINA DI FOTO/INDUSTRIA



Ti è piaciuto questo post? Condividilo sui social e iscriviti alla mia newsletter: è il modo migliore per supportare il mio lavoro.



NOTE:

-Mentre le altre mostre della Biennale chiuderanno il 14 dicembre 2025, quella di Moira Ricci al MAMbo e quella di Forensic Architecture a Palazzo Bentivoglio Lab, resteranno aperte fino all'11 gennaio 2026, e la mostra di Jeff Wall al MAST fino all'8 marzo 2026.

-Le opere qui pubblicate, pur non essendo complete, seguono fedelmente il percorso dell’esposizione e hanno un valore proprio. Le condivido non solo come invito a visitare la mostra, che è un’esperienza oltretutto gratuita, ma soprattutto come lettura per tutti coloro che esplorano il mondo anche da casa.

-Tutte le foto sono di Monica Galeotti, salvo le foto personali delle artiste (fonti indicate).

-Per vedere le foto in alta risoluzione, clicca sull'immagine.
Per una visione ottimale consiglio il PC.


FONTI:

-pieghevole MAST
-cartellonistica in loco

Nessun commento:

Posta un commento