FRANCESCO GUCCINI
Sottotitolo: "Quasi un’autobiografia".
Il filo conduttore è l'esistenzialismo.
"Siamo qualcosa che non resta..", la frase che mi ronza in testa durante la lettura, come le stoviglie color nostalgia.
("Incontro")
Oggi Guccini compie 82 anni.
È stato un libro "impegnativo", anche per lo spunto discografico della seconda parte, scritta da Alberto Bertoni, che mi ha ispirata ad ascoltare l’intera opera discografica.
Nel leggere e nell’ascoltare, ho ripercorso per due volte la vita di Guccini.
Il primo capitolo si intitola "IL MULINO".
I ricordi di un mondo che non esiste più, quelli della vita dura della gente di montagna, dove i nonni di Guccini avevano un mulino a Pavana, nel pistoiese, a pochi metri dal confine emiliano, oltre Porretta Terme, con deviazione al Ponte della Venturina, quasi in parallelo con il lago di Suviana.
Una vita quasi del tutto autosufficiente, con gli animali, l’orto e il bosco di castagni.
I ricordi sono indelebili al fiume Limentra, che Guccini percorreva saltando sui sassi, il primo cinema e l’armonica a bocca Honer.
Poi si susseguono i ricordi dell’università, delle osterie, dei concerti.
Il Guccini di oggi è inzuppato, grondante di quella vita là, quella che non esiste più.
Fa bene a mantenerne la memoria, percependone il valore, che rimane presente nella consapevolezza, per tutta la vita.
RADICI
La copertina dell’album "Radici" racconta la più vicina indagine dell’albero genealogico dei Guccini: i bisnonni con i loro quattro figli.
Nella foto le due figlie, il più alto nonno Pietro e l’altro, l’Amerigo della canzone, il bisnonno "Francescone", colui che ha costruito il mulino di Pavana.
Le indagini a ritroso, portano a stabilire che la provenienza familiare fin dal 1500 é da collocarsi a Monteacuto delle Alpi, paese impervio e bellissimo ai piedi del Corno alle Scale.
PAVANA
Qui si ritorna al periodo del primo capitolo e gli stessi ricordi sono arricchiti di particolari.
Negli anni della guerra Pavana non subì ripercussioni e drammi dopo l’8 settembre, quando i tedeschi da alleati si trasformarono in carnefici.
Mamma Ester si capiva da che parte stava quando, alla richiesta di due tedeschi di requisire il fieno ebbe a dire: "Andate a prenderlo a Hitler e Mussolini, il fieno!".
I protagonisti a Pavana sono gli americani, soprattutto agli occhi di un bambino.
Alla centrale elettrica, quella che aveva interrotto il lavoro dei mulini, gli americani avevano la cucina militare e lui il solo bambino cui era concesso farvi parte.
Così Guccini scopre la Coca-Cola, il burro di arachidi, il pancake.
ESTER, MIA MADRE
Dopo il ritorno dal campo di concentramento in Germania del padre, Guccini si trasferisce a Modena, dove il padre riprende il lavoro di impiegato alle poste.
Era da Modena che proveniva la madre Ester, per la precisione Carpi, ed è qui che si stabilisce la famiglia Guccini, dove vive quasi tutta la numerosa famiglia Prandi, da parte di madre.
Ester, casalinga per tutta la vita, muore a quasi 95 anni.
Persona semplice, permalosa ma "caciarona".
Quella semplicità trasmessa che fa parte dell’uomo Francesco Guccini.
CHITARRE
Breve excursus sulle chitarre della sua vita, come fossero donne amate.
Strumento imprescindibile, compagna di tante serate conviviali, di osterie, di concerti; ne porta sempre una con sé, ma viene accompagnato da tutte quante, in ogni momento.
VIA EMILIA
Il passaggio dalla montagna padana alla città Modena segna anche il passaggio di riferimento stradale: dalla Porrettana alla via Emilia.
E la via Emilia in quegli anni era come il West americano; la stazione e dietro il nulla, campi e poche case.
Poche auto e un tratto di strada conosciuto vicino a casa.
Quella era la via Emilia per Guccini a 16 anni.
Poi si sa, studiando si impara che la via Emilia i romani l’avevano costruita da Rimini a Piacenza, e ancora oggi resiste, nonostante l’autostrada, i semafori, il traffico.
IL GIORNALE
Dopo aver sostenuto qualche esame universitario in campo umanistico Guccini approda alla "Gazzetta dell’Emilia" nel 1958, per intraprendere la carriera di giornalista e in seguito scrittore (aspirante).
Infine, dopo articoli di poco conto e lavoro precario, incontra e saluta un conoscente, futuro batterista dell’Equipe 84.
Nel complesso da ballo in cui suona han bisogno di un chitarrista-cantante e Guccini decide di lasciare il giornale.
BALERE
L’esperienza del gruppo "da balera" inizia su modello dei Golden Rock Boys, dove alla batteria suonava un certo Andrea Mingardi.
Diventarono "I Gatti", con tanto di giacche di lamé e repertorio rock anni '50, esibendosi in regione e fino al Cadore e addirittura in Svizzera.
I genitori nel frattempo si stabiliscono a Bologna e, dopo qualche tempo, decide che la vita dell’orchestrale non fa per lui.
Gli amici di Bologna sono tutti universitari e gli viene voglia di riprendere gli studi, ma deve partire per il servizio militare.
Siamo nel 1962, gli studi devono attendere.
I PRIMI PEZZI
Guccini rispolvera alcuni pezzi giornalistici scritti per la Gazzetta dell’Emilia nel 1959/60.
Scrive di uno scherzo di gruppo fatto ad un amico, da cui si evince una embrionale e naturale predisposizione a raccontare storie.
Quando scrisse la storia di Carpi, città della madre, e ne pubblicarono anche la seconda parte, Guccini aveva capito che alla redazione del giornale i suoi articoli piacevano.
Notevole e divertente la considerazione che interessa Guccini in prima persona, sulla cosiddetta superiorità dei cittadini rispetto alla gente di montagna: la sentì dire fra i banchi di scuola una volta arrivato a Modena.
La valutazione viene da lui completamente ribaltata: furono gli abitanti dell’Appennino a colonizzare la pianura con i primi villaggi.
La storia insegna.
Infine una breve intervista a Domenico Modugno al Teatro Storchi di Modena dopo il concerto.
Modugno, che è stato il primo cantautore a vincere Sanremo, gli trasmette il primo impulso a scrivere la sua prima canzone, "L’Antisociale", 1961.
BONVI
Insieme ad aneddoti e ricordi amicali, qui lascia una considerazione amara e commovente dedicata a Bonvi, amico fin dalla naja, quella vita di caserma che ha ispirato il fumettista a inventare le Sturmtruppen.
La considerazione è condivisibile: "Bonvi ci ha lasciato prima del tempo, noi siamo ancora qua.
Invecchiare e lasciarsi indietro un mucchio di gente è, tutto sommato, sopravvivere."
OSTERIE
Una disanima chiara e divertente dei cambiamenti occorsi nel tempo alle osterie e la constatazione della loro inesorabile fine.
Avviene al passaggio di consegna, dal vecchio oste al nuovo imprenditore, il quale appende al muro una pentola ramata che fa tanto rustico e inserisce bottiglie da sommelier al posto della vecchia mescita a poco prezzo.
Non sente nostalgia per l’osteria a tempo, come quella di Ghiton, anche se ha fatto la storia a Bologna e il suo ricordo è patrimonio culturale.
Si pagavano cinque minuti col cucchiaio legato al tavolo e tutto quello che ci stava in quel tempo lo si poteva trangugiare.
Al giorno d’oggi sarebbe cosa estrema.
Una certa nostalgia, anche parecchia, né ha invece provata quando andò a morire l'Osteria de' Poeti, col vecchio oste Paolo andato in pensione.
MA IL CINEMA è IL CINEMA
Guccini ricorda di avere avuto una minima esperienza di attore.
Aspirava a diventare giornalista, scrittore… fare l’attore gli è capitato.
Fra le numerose comparsate quella del barista burbero nel film di Luciano Ligabue "Radiofreccia", in quel di Correggio.
E poi qualche film di Pieraccioni, da sempre fan sfegatato di Guccini.
A S'VA A LETTO PER DORMIRE, MIA PER LÉGG'RE
I libri?
Vitali come l’acqua, il cibo (il vino), Guccini da sempre legge avido, fin da quando, perché non c’era altro, divorava libercoli leggeri e riviste d’epoca, trovati nel mulino del nonno.
Parte con un piccolo scaffale di libri perché di soldi per acquistarli ce ne erano pochi e li leggeva soprattutto in biblioteca, all’Archiginnasio ma più che altro alla John Hopkins, dove la domanda/offerta era più veloce e si poteva persino fumare, fino ad arrivare alle numerose scaffalature/librerie aumentate nel corso degli anni nella casa di via Paolo Fabbri e a Pavana.
Il sogno più grande?
La catalogazione, per trovare immediatamente e riporre al suo posto.
O forse no, per Guccini il libro rimane un ossimoro: "Dolce maledizione".
CONCERTO
I primi concerti con il grande pubblico sono stati fonte di panico, come succede a molti musicisti, per salire sul palco occorrevano canzoni e qualche bicchiere di vino.
L’esperienza delle, se così si può dire, "esibizioni", fino ad allora erano state più che altro ritrovo fra amici o poco più.
Il 1969 fu un anno irripetibile, quello in cui frequentava un’osteria dove passavano a suonare perlopiù studenti universitari di diverse nazionalità.
Si ritrova a suonare con due persone stimolanti: Alex Devezoglu, greco e Debora Koperman, nordamericana.
Alex tornò in Grecia, mentre Debora collaborerà in futuro a molti suoi lavori.
Dal '70 al '73 Guccini apre l’Osteria delle Dame in società con un frate domenicano.
Ancora Guccini non si considera un professionista, l’adrenalina arriva dallo stare insieme e mangiare e bere fino a tardi.
E arriva il '78.
Con l’uscita del quarto album Radici, un concerto a Varese dove credeva di esibirsi nella sede di un’associazione, invece si ritrova in un Palasport con 1000 persone, l’incontro con l’attuale manager Fantini, il chitarrista Flaco e la nascita della figlia, decide di diventare professionista; ma forse lo era già, a sua insaputa.
LA LOCOMOTIVA
Per chi non lo sapesse, il titolo di questo libro è l’incipit della Locomotiva e il pezzo è quello che chiudeva sempre i concerti di Guccini.
L’editore di questa autobiografia vorrebbe chiudere con una paginetta legata all’argomento.
Guccini si scoccia amabilmente (quante volte se ne è scritto!), ma poi la paginetta la fa, e così la locomotiva finisce per chiudere quello che di sé Guccini aveva da dire, e anche la prima parte di questo libro.
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VITA E OPERE DI FRANCESCO
La seconda parte del libro è scritta da Alberto Bertoni, professore universitario di letteratura italiana a Bologna e amico del cantautore.
L’analisi dell’intera discografia è attenta, precisa e intelligente, così ho approfittato per riascoltare alcuni dischi e colmare la lacuna ascoltando ex novo gli altri.
La dedica all'ascolto si è tradotta in uno spazio di tempo misurato fra malinconia e felicità, sorpresa e incanto.
Ed è un tempo da prendersi che mi sento di consigliare.
Bertoni dice: "Spesso Guccini parte da un dato culturale alto, è un erudito e soprattutto un lettore onnivoro, curioso e instancabile.
Poi trasforma tale dato e lo rende comunicabile, lo volgarizza senza però banalizzarlo mai.
La sua intera opera è l’incessante ricerca di senso dell’esistenza."
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Guccini dal 1989 scrive anche racconti e romanzi gialli e a riguardo dice: "I miei romanzi dovrebbero essere letti a voce alta, come se uno li raccontasse."
Vai tranquillo Francesco, sono anni ormai che leggo tutti i libri a voce alta, perciò anche questa ("quasi"?) autobiografia.
Quel che Guccini ha pensato, scritto e generosamente tradotto in canzone viene dalla sua curiosità, da una lettura continua. Un divoratore di libri fin da Pavana, compresi i sussidiari per le scuole rurali dei nonni, che si erano fermati alla terza elementare.
Oggi si concede poco al pubblico, ritirato a Pavana a conservare i ricordi.
Ricordi qui contenuti, che ci concedono di entrare nel mondo dell'uomo Guccini e anche in un tempo che non esiste più, in una immaginaria conversazione, da rinnovare quando si vuole.
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¹"Non so che viso avesse, quasi un’autobiografia“, di Francesco Guccini, Mondadori 2010.
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