lunedì 10 aprile 2023

MODENA primo percorso


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Primo percorso:

1 - FONTANA DEI DUE FIUMI MODENESI
2 - TEATRO STORCHI 

3 - I SITI UNESCO:
 . PIAZZA GRANDE
. DUOMO/Musei del Duomo
. TORRE GHIRLANDINA

4- PALAZZO COMUNALE/Acetaia
5 - MERCATO STORICO ALBINELLI
6 - CHIESA DI SAN FRANCESCO
7 - COMPLESSO DI SAN PIETRO APOSTOLO

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©google earth - ©mappatura Monica Galeotti




1 - FONTANA DEI DUE FIUMI MODENESI
Largo Garibaldi

I due fiumi che fiancheggiano Modena senza attraversarla sono il fiume Secchia e il fiume Panaro.


L’opera è dello scultore modenese Giuseppe Graziosi e fu attivata il 25 luglio 1938 per inaugurare il nuovo acquedotto cittadino. 


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Il fiume Panaro.



Le due statue rappresentano i fiumi e i getti d’acqua sono orientati ognuno verso il rispettivo alveo, mentre il bacino centrale della fontana rappresenta Modena.


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2 - TEATRO STORCHI
Largo Garibaldi, 15


Fatto costruire dal commerciante Gaetano Storchi a proprie spese e a scopi benefici, dopo che un incendio aveva distrutto il vecchio teatro, fu progettato dall’architetto Vincenzo Maestri, inaugurato nel 1889.


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Storchi allo stesso tempo fondò un’opera pia per soccorrere i bisognosi con l’utilizzo di parte degli introiti serali.


Dal 1981 al 1990 è stato restaurato e gestito dal Comune di Modena. 

Viene attualmente gestito dall’ERT, Emilia-Romagna teatro fondazione, un ente culturale che gestisce altri sei teatri fra Modena, Bologna e Cesena.


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3 - i siti UNESCO:
. PIAZZA GRANDE
. DUOMO/Musei del Duomo
. TORRE GHIRLANDINA



. PIAZZA GRANDE

La piazza principale di Modena è inserita insieme al Duomo e alla Torre Ghirlandina nei siti protetti dall’UNESCO.

Un tempo era il luogo del mercato.


L’armonia di questa piazza è dovuta alla bellezza degli edifici che la circondano: il già citato Duomo, il Palazzo Comunale e la sede della Cassa di Risparmio.


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A ridosso del Palazzo Comunale si trova la Preda Ringadora, "pietra dell’arringa", una grossa pietra di marmo rosa veronese.


Questa pietra ha avuto diversi usi: durante il medioevo veniva usata come palco dagli oratori per arringare le folle.

Era anche il luogo dove venivano eseguite punizioni di ladri e malfattori, sentenze di morte e si esponevano i cadaveri per il riconoscimento dei morti non identificati.


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Risale al Medioevo, 1268, anche la statua che appare sopra il portico di Palazzo Comunale chiamata Bonissima. La tradizione popolare racconta che Bona, nobildonna modenese, fu molto generosa verso i poveri.

In realtà probabilmente la statua era simbolo della Buona stima (in dialetto bonésma), cioè precisione in fatto di misure e compravendite, così come le antiche misure mercantili modenesi che erano incise ai suoi piedi.

Si presume reggesse con la mano una bilancia, oggi perduta.


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. DUOMO

Si trova nella cripta del Duomo il santo patrono della città, San Geminiano. 

Per la storia della costruzione dell'architetto Lanfranco e l’illustrazione degli ornati dovuti al grande maestro scultore Wiligelmo, rimando alla pubblicazione dedicata:

IL DUOMO DI MODENA




. MUSEI DEL DUOMO

La visita ai Museo Lapidario e Museo del Duomo permettono di approfondire la storia della cattedrale.

Anche per questa visita rimando ad una pubblicazione dedicata.

MUSEI DEL DUOMO




. TORRE CAMPANARIA DETTA GHIRLANDINA

Simbolo della città, si innalza a fianco dell’abside del Duomo e raggiunge l’altezza di 86,12 metri.

Pende leggermente verso il Duomo per via di cedimenti del terreno.


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La torre fu innalzata gradatamente nel corso dei secoli: nel 1160 aveva un’altezza di 11 m, nel 1184 si arrivò al quinto piano, nel 1261 fu costruito il sesto piano, infine, nel 1319, fu ultimata con la cuspide ottagonale disegnata da Enrico da Campione.


Ed è proprio questa cuspide ottagonale, di gusto gotico, che dà il nome alla torre, perchè ornata da due "ghirlande" (ringhiere) di marmo.


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INTERNO

All’interno si può visitare la Stanza dei Torresani, così chiamata per il nome che veniva dato ai custodi, che qui abitavano.

Si possono ammirare i notevoli capitelli scolpiti.


La torre è la campanaria del Duomo ma fin dalle origini le sue funzioni sono state squisitamente civiche:

i "Torresani" segnalavano l'ora di apertura delle porte della città, le situazioni d'allarme e di pericolo e vigilavano sulla "sacrestia" del comune, dove venivano custoditi atti pubblici e oggetti di valore simbolico, come la famosa "secchia rapita", contesa fra modenesi e bolognesi durante la Battaglia di Zappolino del 1325.

Nella torre è esposta una copia, mentre l’originale si trova al Palazzo Comunale.      



ESTERNO

L’esterno presenta un rivestimento lapideo, con materiale proveniente dalla Mutina romana.


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Nella piccola Piazza Torre, sul lato della torre che si affaccia sulla via Emilia, è collocato il Sacrario dei Partigiani Modenesi caduti nella Seconda Guerra Mondiale.
Al centro della piazza il monumento ad Alessandro Tassoni, autore del poema "La secchia rapita", dello scultore modenese Alessandro Cavazza. 

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Nel 1972 il Sacrario fu rimodernato e nella bacheca centrale venne riportata la motivazione della Medaglia d’Oro al Valor Militare conferita alla città di Modena.

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Nel 1938 dalla torre si buttò, in segno di protesta contro le leggi razziali, l’editore Angelo Formiggini, precipitando su un breve spazio di selciato che lui stesso, in una delle ultime lettere, aveva ironicamente chiesto di chiamare "Al tvajol ed furmajin", il tovagliolo del formaggino, in dialetto modenese, e una lapide oggi lo ricorda.


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L’editore Giulio Calabi ricevete una sua lettera a morte avvenuta dove scriveva che si sarebbe gettato con in tasca una missiva per il Re ed una per Mussolini, e con le tasche piene di soldi perché i fascisti non potessero dire che si fosse ucciso per motivi economici, ma ai giornali fu imposto il silenzio. L’urna con le sue ceneri si conserva al Cimitero Municipale di San Cataldo.

Indro Montanelli e Mario Cervi in "L’Italia del Novecento", scrissero che l’avvenimento fu "la più alta e tragica protesta contro l’odiosa persecuzione verso gli ebrei, causata dalle leggi razziali".



4- PALAZZO COMUNALE/Acetaia Comunale

Il palazzo chiude il lato est della Piazza Grande ed è ancora oggi sede del Comune di Modena. 

A partire dal 1046, anno di costruzione, è stato ristrutturato nel Sei-Settecento più volte, aggiungendo numerose costruzioni tutte a funzione amministrativa.

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All’interno vi sono cinque sale storiche visitabili:
1- Camerino dei Confirmati
2- 
Sala del Vecchio Consiglio
3- Sala degli Arazzi
4- Sala dei Matrimoni
5- Sala del Fuoco

Entro nel palazzo.

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1- Camerino dei Confirmati
La saletta fu decorata da Giuseppe Carbonari e Girolamo Vannulli nel 1770, ma ciò che attrae è la famosa Secchia Rapita, uno dei simboli della città che, dopo essere stata custodita per secoli nella Ghirlandina, ora si trova qua.

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Si tratta di un normalissimo secchio di legno che ricorda ai modenesi la gloriosa vittoria ottenuta contro i bolognesi nel 1325 nella Battaglia di Zappolino.

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Secondo una vecchia cronaca del '600, i modenesi sottrassero la secchia a un pozzo bolognese e la riportarono in città come trofeo.

Inoltre dà il titolo al poema eroicomico di Alessandro Tassoni "La secchia rapita".



2- Sala del Vecchio Consiglio
Il soffitto, 1604-1608, è decorato da Bartolomeo Schedoni e da Ercole dell’Abate.

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Al centro della volta l'insegna municipale sorretta dall'aquila estense, di Ercole dell'Abate.
Nelle quattro tele d'angolo episodi sul tema del buon governo e dell'amor patrio.

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Nella fascia inferiore le Storie di San Geminiano.

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3- Sala degli Arazzi

In questa sala vi sono dipinti su tela a finto arazzo.
Le pitture sono di Girolamo Vannulli per le figure e di Francesco Vaccari per le cornici.

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La narrazione vede episodi legati alla Pace di Costanza per celebrare il Comune di Modena nelle vicende della Lega Lombarda.
In questo riquadro il "Podestà riceve l'omaggio dei capi della Comunità".

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Al soffitto uno splendido lampadario di Murano.

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4- Sala dei Matrimoni
Nella Sala dei Matrimoni è ben rappresentata la ritrattistica; nel loro complesso i dipinti costituiscono un'ideale galleria dei modenesi dell'Ottocento.

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La volta è dipinta da Vaccari e Carbonari, seconda metà del Settecento.
Notevole il lampadario veneziano.

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5- Sala del Fuoco
La Sala del Fuoco, chiamata così per il grande camino del '500 di Gaspare da Secchia, ha un significato molto importante:
in passato era sempre attivo un braciere dove il popolo poteva prelevare le braci per la propria abitazione, un servizio pubblico molto apprezzato. 
Per associazione collego questa vicenda al Tempio di Vesta al Foro Romano.
Le Vestali erano incaricate di alimentare il fuoco sacro per la popolazione romana. 
Vedi → Foro Romano seconda parte.

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Pregevolissimi i fregi eseguiti da Nicolò dell’Abate nel 1546, con gli episodi della Guerra di Modena del 44 a.C.: ancora una volta si parla di Roma perché nel dipinto "L'incontro dei triunviri" sono raffigurati i personaggi di Marco Antonio, Ottaviano e Lepido (incontro che sancì la fine della guerra civile e la nascita del secondo Triunvirato, aprendo la strada all'impero) riuniti su un isolotto del fiume Lavino, in uno sfondo tipicamente emiliano in cui appaiono vedute della città di Modena.

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ACETAIA COMUNALE
Nel sottotetto di Palazzo Comunale si trova l’Acetaia Comunale, curata dalla Consorteria dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP.
L’ingresso è possibile dal venerdì alla domenica in orari stabiliti: una visita guidata a conoscere la storia e il metodo di produzione di questo aceto famoso in tutto il mondo.

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In questo sottotetto il caldo dell'estate e il freddo dell'inverno agiscono direttamente sulle trasformazioni del balsamico.
Una vera e propria lezione di 45 minuti, tenuta da un esperto, proprietario di una acetaia per passione.

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Così ho imparato che:

l’aceto balsamico si divide in
-affinato: 12 anni di invecchiamento.
-extra vecchio: 25 anni di invecchiamento.

Come si fa questo aceto?
Le prime cose indispensabili sono due:
la scelta delle uve e la scelta delle botti.



La scelta delle uve
L'aceto balsamico di fa con uve nere di Lambrusco modenese, nelle varie versioni, uve bianche di Trebbiano modenese e Trebbiano di Spagna. Queste ultime uve sono profumatissime.

Da 1 quintale di uva si ricavano circa 60 litri di mosto; poi viene effettuata una bollitura di circa 13 ore per permettere il passaggio dai 18° zuccherini ai 30° zuccherini e in seguito occorrono anni in botticelle, dove avviene il deposito e l’evaporazione.
Alla fine delle operazioni il risultato è meno di 1 litro di prodotto. 

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Ecco perché questo aceto rimane di nicchia: costo altissimo di produzione e costo altissimo di acquisto.
I modenesi dicono che, se venduti al chilo, l'Aceto Balsamico e la Ferrari avrebbero lo stesso prezzo.

Chi lo vende non fa grossi affari, si tratta perlopiù di grande passione.


La scelta delle botti
Nel disciplinare c’è il tipo di legno da utilizzare: gelso, rovere, ciliegio, castagno, frassino, robinia.
In ogni batteria vi sono legni diversi perché ogni legno ha una sua densità, quindi il prodotto andrà inserito nella botte giusta secondo il grado di maturazione.
Ognuno di questi legni cede all'aceto note diverse, dai profumi di resina a quelli di vaniglia, secondo reazioni chimiche ancora in gran parte sconosciute.

Analisi, rabbocchi, travasi e prelievi fatti annualmente forniscono all'aceto le condizioni per maturare e invecchiare, raggiungendo le caratteristiche inimitabili.

La prima fase di acidificazione avviene nelle botti madre, in barrique. 
Nella Acetaia Comunale ci sono tre botti madre, chiamate Badessa, da 100 e 200 litri, che alimentano le batterie.

Le batterie qui presenti sono tre:
le prime due piccole, da sei botti ciascuna, chiamate "Secchia" e "Panaro", e una più grande da dieci botti intitolata alla Torre Ghirlandina.

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Le tre batterie hanno cominciato a produrre aceto "affinato" nel 2015, mentre "stravecchio" lo sarà nel 2028.

Le acetaie certificate devono dare una garanzia al consumatore e per fare questo il prodotto viene inserito in bottigliette da 100 cc disegnate da Giorgetto Giugiaro, un'ampolla sferica sorretta da un cubo.

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Un tempo invece i destinatari finali dell'aceto balsamico erano i tragni, che contenevano l'aceto prelevato ogni inverno dalla piccola botte finale della batteria.
In essi l'aceto continuava ad invecchiare dal momento che la ceramica, spesso non completamente coperta dall'ingobbio, consentiva il passaggio di aria e ossigeno.

Ne esistevano di due tipi:
1- il cosiddetto tragn, caratterizzato da 2 o 4 "orecchie" per il passaggio di una corda per essere trasportati a mano, su carri oppure appesi dalle "rezdore" ad una trave del soffitto per essere difesi dai pericoli e dai bambini golosi.
2- al zucot, che non ha passanti e veniva usato come bottiglia in cucina e sulla tavola.

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Il tragn e al zucot.



Vi sono tantissime aziende che producono aceto balsamico, ma non sono certificate quindi non hanno diritto all'imbottigliamento "Giugiaro". Sono aceti di buona qualità ma non possono avere la denominazione di Aceto Balsamico Tradizionale.
L'Aceto Balsamico di Modena è un’altra cosa ancora:
 si tratta di un prodotto che, per intenderci, si trova anche al supermercato, si produce in pochissimo tempo e non ha niente a che vedere con l’Aceto Balsamico Tradizionale.

Si pensa che la sua scoperta sia stata casuale, dovuta ad un mosto cotto e dimenticato per anni, e la sua storia è documentata già dall'epoca del ducato estense.

Da questa incredibile svista è nato un prodotto straordinario, che si può utilizzare in tante ricette ma che regala particolari sapori su parmigiano reggiano, gelato e fragole.




5 - MERCATO STORICO ALBINELLI

È un mercato storico coperto inaugurato nel 1931, con tutti i prodotti della tradizione culinaria modenese.

Bellissime cancellate in ferro battuto si trovano su via Albinelli 13 (entrata principale) e su via Mondatora, 18.

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Via Albinelli.



 Al centro la fontana della "Fanciullina con canestro di frutta", opera di Giuseppe Graziosi.

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Si allarga su circa 1000 m quadri, con file parallele di banchi, coperti da pensiline in ferro e ghisa in stile tardo liberty.


Botteghe in muratura ai lati con eleganti insegne nero e oro e banchi in marmo rosa per la vendita del pesce.

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In alcuni banchi ci si può sedere per mangiare qualcosa e fare aperitivo. 

Dal 1997 è monumento di interesse storico nazionale.

È aperto dalle 7:00 alle 15:00, escluso la domenica.
Dal 15 settembre al 31 maggio il sabato orario continuato dalle 7:00 alle 19,00.





6 - CHIESA DI SAN FRANCESCO
piazza San Francesco d'Assisi


La chiesa, in stile gotico emiliano, fu costruita a partire dal 1244 e venne intitolata a San Francesco d’Assisi poco dopo la sua morte (1226). 
L’edificazione durò parecchi decenni, fino al 1445. 

A seguito di un terremoto violentissimo, che danneggiò gravemente la chiesa e il campanile, fu ristrutturata nel 1535. 

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Nel 1798, con l’avvento di Napoleone, la parrocchia fu abolita e l’edificio adibito a usi militari. Subì un rapido degrado fino al 1828 quando fu nuovamente restaurata e dedicata al culto.

L'interno è piuttosto rimaneggiato ma colpisce la bella decorazione del soffitto.

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L’edificio è di particolare importanza perché conserva all’interno 13 statue realizzate intorno al 1523 da Antonio Begarelli: rappresentano la Deposizione di Cristo dalla Croce.

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7 - COMPLESSO DI SAN PIETRO APOSTOLO
via San Pietro, 7


Il complesso è costituito dalla chiesa e dal monastero, intitolati a San Pietro Apostolo.

Testimonianza del Rinascimento Modenese è, dal punto di vista storico e artistico, secondo solo al Duomo.

Il monastero risale al 996 e, tranne per un breve periodo negli anni del fascismo, fu sempre abitato dai Padri Benedettini.


LA CHIESA

ESTERNO 
La chiesa, sorta accanto al monastero, risale al XV secolo e fu consacrata nel 1518.
La facciata è suddivisa in tre settori, entro i quali si inseriscono i portali marmorei d’ingresso, e due ali ai lati.

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È ornata da un fregio orizzontale in terracotta, di soggetto mitologico, opera dei modenesi Andrea, Camillo e Paolo Bisogni. 

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INTERNO
L’interno si suddivide in cinque navate sorrette da pilastri trilobati con capitelli in terracotta.

In fondo alla navata centrale, sopra l’altare maggiore, un grande frontone in cui è dipinta la "Consegna delle chiavi a San Pietro da parte di Cristo", opera del 1866 di Ferdinando Manzini e Carlo Goldoni.

Risaltano le sei statue che adornano i pilastri delle navate, di Antonio Begarelli, raffiguranti una Madonna con Bambino e vari santi.

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Navata destra
Sempre di Begarelli, nona cappella, a destra del transetto, il grandioso altare dedicato ai santi Pietro e Paolo, chiamato Altare delle Statue.
Questo altare funge anche da tomba dell'artista: una lapide ricorda il Begarelli e il trasporto delle sue spoglie in questo luogo nel 1875.

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In fondo alla navata, alla destra del presbiterio, la Pietà del Begarelli, terracotta, 1544.

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Navata sinistra
La prima cappella contiene affreschi e la tela di Ercole dell'Abate "Annunciazione".

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In fondo, una lapide ricorda Alessandro Tassoni (1565 - 1635), poeta modenese autore del poema eroicomico "La secchia rapita", le cui spoglie sono qui riposte dal 1866.

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Sacrestia
Notevole è la sacrestia, affrescata con motivi floreali da Girolamo da Vignola nel '500.

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Al centro, Cristo benedicente, sempre del Girolamo.

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L’organo a canne del 1524
Opera di Gian Battista Facchetti, autore di altri importanti organi, come quello della Chiesa di Sant’Agostino (a breve illustrata nel prossimo secondo itinerario).

Nel 1546 Giovanni Taraschi dipinge gli sportelli dell’organo e il pontile sottostante.
Negli sportelli sono dipinti i miracoli dei santi Pietro e Paolo. 
Lungo la balconata del pontile il trasporto dell’Arca Santa, mentre nei sottarchi Storie di David.
Questi bellissimi dipinti si ispirano ai cartoni di Raffaello per gli arazzi della Cappella Sistina.

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L’organo, insieme alla sua decorazione pittorica, è stato gravemente danneggiato dal sisma del 2012 e restaurato attraverso varie donazioni.


Di recente è stato scoperto un suggestivo affresco di architettura illusoria, dipinta in ambito ecclesiastico, raffigurante "San Benedetto incontra il Re Totila" (1626), attribuito a Bernardino Cervi (1596 - 1630).
Si riferisce ad un episodio fondamentale della vita di San Benedetto: il santo avrebbe smascherato l'inganno del re ostrogoto Totila, presentatosi a lui sotto mentite spoglie. 
Cervi, allievo di Guido Reni, ambienta la scena, avvenuta all'ingresso del Monastero di Montecassino, davanti a una loggia di gusto rinascimentale.

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Esco dalla chiesa ammirando, sopra i tendaggi rossi nella controfacciata, il dipinto "Nozze di Cana", di Ettore Setti, 1589.

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Entro nella spezieria che si trova nel portone accanto.

SPEZIERIA
La spezieria monastica fu importantissima dal '500 fino alla seconda metà del XVIII secolo come servizio medico-farmaceutico della città e dell’intero ducato.
Fa parte di questo monastero fin dal X secolo poi, dal 1796 ha subìto un lungo periodo di chiusura fino al 2007. 
Attualmente è funzionante un locale aperto al pubblico dove vengono venduti anche prodotti di altri monasteri benedettini.

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Cortile della spezieria
Sull’area già occupata dalla demolita chiesa antica e dalla necropoli monastica vi erano i campi dell’orto officinale.

In seguito alle soppressioni napoleoniche il cortile divenne frutteto e vitigno, poi campo da calcio per i ragazzi del quartiere.

Oggi, con i lavori degli ultimi anni seguiti a ricerche ed indagini, lo spazio è stato recuperato come nuovo giardino monastico scegliendo la vegetazione della tradizione storica.

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Si è concluso il primo percorso, che dalla via Emilia entrando in città, mi ha portato a visitare la parte meridionale del centro storico.



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Bibliografia:
-pannello illustrativo Acetaia Comunale
-lezione di 45 minuti Acetaia Comunale


Sitografia:





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