1 - FONTANA DEI DUE FIUMI MODENESI
2 - TEATRO STORCHI
3 - I SITI UNESCO:
L’opera è dello scultore modenese Giuseppe Graziosi e fu attivata il 25 luglio 1938 per inaugurare il nuovo acquedotto cittadino.
Il fiume Panaro. |
Le due statue rappresentano i fiumi e i getti d’acqua sono orientati ognuno verso il rispettivo alveo, mentre il bacino centrale della fontana rappresenta Modena.
2 - TEATRO STORCHI
Largo Garibaldi, 15
Fatto costruire dal commerciante Gaetano Storchi a proprie spese e a scopi benefici, dopo che un incendio aveva distrutto il vecchio teatro, fu progettato dall’architetto Vincenzo Maestri, inaugurato nel 1889.
Storchi allo stesso tempo fondò un’opera pia per soccorrere i bisognosi con l’utilizzo di parte degli introiti serali.
Dal 1981 al 1990 è stato restaurato e gestito dal Comune di Modena.
Viene attualmente gestito dall’ERT, Emilia-Romagna teatro fondazione, un ente culturale che gestisce altri sei teatri fra Modena, Bologna e Cesena.
3 - i siti UNESCO:
. PIAZZA GRANDE
. DUOMO/Musei del Duomo
. TORRE GHIRLANDINA
. PIAZZA GRANDE
La piazza principale di Modena è inserita insieme al Duomo e alla Torre Ghirlandina nei siti protetti dall’UNESCO.
Un tempo era il luogo del mercato.
L’armonia di questa piazza è dovuta alla bellezza degli edifici che la circondano: il già citato Duomo, il Palazzo Comunale e la sede della Cassa di Risparmio.
A ridosso del Palazzo Comunale si trova la Preda Ringadora, "pietra dell’arringa", una grossa pietra di marmo rosa veronese.
Questa pietra ha avuto diversi usi: durante il medioevo veniva usata come palco dagli oratori per arringare le folle.
Era anche il luogo dove venivano eseguite punizioni di ladri e malfattori, sentenze di morte e si esponevano i cadaveri per il riconoscimento dei morti non identificati.
Risale al Medioevo, 1268, anche la statua che appare sopra il portico di Palazzo Comunale chiamata Bonissima. La tradizione popolare racconta che Bona, nobildonna modenese, fu molto generosa verso i poveri.
In realtà probabilmente la statua era simbolo della Buona stima (in dialetto bonésma), cioè precisione in fatto di misure e compravendite, così come le antiche misure mercantili modenesi che erano incise ai suoi piedi.
Si presume reggesse con la mano una bilancia, oggi perduta.
. DUOMO
Si trova nella cripta del Duomo il santo patrono della città, San Geminiano.
Per la storia della costruzione dell'architetto Lanfranco e l’illustrazione degli ornati dovuti al grande maestro scultore Wiligelmo, rimando alla pubblicazione dedicata:
. MUSEI DEL DUOMO
La visita ai Museo Lapidario e Museo del Duomo permettono di approfondire la storia della cattedrale.
Anche per questa visita rimando ad una pubblicazione dedicata.
. TORRE CAMPANARIA DETTA GHIRLANDINA
Simbolo della città, si innalza a fianco dell’abside del Duomo e raggiunge l’altezza di 86,12 metri.
Pende leggermente verso il Duomo per via di cedimenti del terreno.
La torre fu innalzata gradatamente nel corso dei secoli: nel 1160 aveva un’altezza di 11 m, nel 1184 si arrivò al quinto piano, nel 1261 fu costruito il sesto piano, infine, nel 1319, fu ultimata con la cuspide ottagonale disegnata da Enrico da Campione.
Ed è proprio questa cuspide ottagonale, di gusto gotico, che dà il nome alla torre, perchè ornata da due "ghirlande" (ringhiere) di marmo.
INTERNO
All’interno si può visitare la Stanza dei Torresani, così chiamata per il nome che veniva dato ai custodi, che qui abitavano.
Si possono ammirare i notevoli capitelli scolpiti.
La torre è la campanaria del Duomo ma fin dalle origini le sue funzioni sono state squisitamente civiche:
i "Torresani" segnalavano l'ora di apertura delle porte della città, le situazioni d'allarme e di pericolo e vigilavano sulla "sacrestia" del comune, dove venivano custoditi atti pubblici e oggetti di valore simbolico, come la famosa "secchia rapita", contesa fra modenesi e bolognesi durante la Battaglia di Zappolino del 1325.
Nella torre è esposta una copia, mentre l’originale si trova al Palazzo Comunale.
ESTERNO
L’esterno presenta un rivestimento lapideo, con materiale proveniente dalla Mutina romana.
Indro Montanelli e Mario Cervi in "L’Italia del Novecento", scrissero che l’avvenimento fu "la più alta e tragica protesta contro l’odiosa persecuzione verso gli ebrei, causata dalle leggi razziali".
4- PALAZZO COMUNALE/Acetaia Comunale
A partire dal 1046, anno di costruzione, è stato ristrutturato nel Sei-Settecento più volte, aggiungendo numerose costruzioni tutte a funzione amministrativa.
1- Camerino dei Confirmati
2- Sala del Vecchio Consiglio
1- Camerino dei Confirmati
La saletta fu decorata da Giuseppe Carbonari e Girolamo Vannulli nel 1770, ma ciò che attrae è la famosa Secchia Rapita, uno dei simboli della città che, dopo essere stata custodita per secoli nella Ghirlandina, ora si trova qua.
Inoltre dà il titolo al poema eroicomico di Alessandro Tassoni "La secchia rapita".
2- Sala del Vecchio Consiglio
Il soffitto, 1604-1608, è decorato da Bartolomeo Schedoni e da Ercole dell’Abate.
In questa sala vi sono dipinti su tela a finto arazzo.
La Sala del Fuoco, chiamata così per il grande camino del '500 di Gaspare da Secchia, ha un significato molto importante:
Per associazione collego questa vicenda al Tempio di Vesta al Foro Romano.
Le Vestali erano incaricate di alimentare il fuoco sacro per la popolazione romana.
Vedi → Foro Romano seconda parte.
Pregevolissimi i fregi eseguiti da Nicolò dell’Abate nel 1546, con gli episodi della Guerra di Modena del 44 a.C.: ancora una volta si parla di Roma perché nel dipinto "L'incontro dei triunviri" sono raffigurati i personaggi di Marco Antonio, Ottaviano e Lepido (incontro che sancì la fine della guerra civile e la nascita del secondo Triunvirato, aprendo la strada all'impero) riuniti su un isolotto del fiume Lavino, in uno sfondo tipicamente emiliano in cui appaiono vedute della città di Modena.
L’ingresso è possibile dal venerdì alla domenica in orari stabiliti: una visita guidata a conoscere la storia e il metodo di produzione di questo aceto famoso in tutto il mondo.
-affinato: 12 anni di invecchiamento.
-extra vecchio: 25 anni di invecchiamento.
Come si fa questo aceto?
Le prime cose indispensabili sono due:
la scelta delle uve e la scelta delle botti.
La scelta delle uve
L'aceto balsamico di fa con uve nere di Lambrusco modenese, nelle varie versioni, uve bianche di Trebbiano modenese e Trebbiano di Spagna. Queste ultime uve sono profumatissime.
Da 1 quintale di uva si ricavano circa 60 litri di mosto; poi viene effettuata una bollitura di circa 13 ore per permettere il passaggio dai 18° zuccherini ai 30° zuccherini e in seguito occorrono anni in botticelle, dove avviene il deposito e l’evaporazione.
Alla fine delle operazioni il risultato è meno di 1 litro di prodotto.
Ecco perché questo aceto rimane di nicchia: costo altissimo di produzione e costo altissimo di acquisto.
Chi lo vende non fa grossi affari, si tratta perlopiù di grande passione.
La scelta delle botti
Nel disciplinare c’è il tipo di legno da utilizzare: gelso, rovere, ciliegio, castagno, frassino, robinia.
In ogni batteria vi sono legni diversi perché ogni legno ha una sua densità, quindi il prodotto andrà inserito nella botte giusta secondo il grado di maturazione.
La prima fase di acidificazione avviene nelle botti madre, in barrique.
Nella Acetaia Comunale ci sono tre botti madre, chiamate Badessa, da 100 e 200 litri, che alimentano le batterie.
Le batterie qui presenti sono tre:
le prime due piccole, da sei botti ciascuna, chiamate "Secchia" e "Panaro", e una più grande da dieci botti intitolata alla Torre Ghirlandina.
Le acetaie certificate devono dare una garanzia al consumatore e per fare questo il prodotto viene inserito in bottigliette da 100 cc disegnate da Giorgetto Giugiaro, un'ampolla sferica sorretta da un cubo.
L'Aceto Balsamico di Modena è un’altra cosa ancora: si tratta di un prodotto che, per intenderci, si trova anche al supermercato, si produce in pochissimo tempo e non ha niente a che vedere con l’Aceto Balsamico Tradizionale.
5 - MERCATO STORICO ALBINELLI
Bellissime cancellate in ferro battuto si trovano su via Albinelli 13 (entrata principale) e su via Mondatora, 18.
In alcuni banchi ci si può sedere per mangiare qualcosa e fare aperitivo.
Dal 1997 è monumento di interesse storico nazionale.
6 - CHIESA DI SAN FRANCESCO
piazza San Francesco d'Assisi
L’edificazione durò parecchi decenni, fino al 1445.
A seguito di un terremoto violentissimo, che danneggiò gravemente la chiesa e il campanile, fu ristrutturata nel 1535.
Nel 1798, con l’avvento di Napoleone, la parrocchia fu abolita e l’edificio adibito a usi militari. Subì un rapido degrado fino al 1828 quando fu nuovamente restaurata e dedicata al culto.
7 - COMPLESSO DI SAN PIETRO APOSTOLO
via San Pietro, 7
Il monastero risale al 996 e, tranne per un breve periodo negli anni del fascismo, fu sempre abitato dai Padri Benedettini.
LA CHIESA
INTERNO
L’interno si suddivide in cinque navate sorrette da pilastri trilobati con capitelli in terracotta.
In fondo alla navata centrale, sopra l’altare maggiore, un grande frontone in cui è dipinta la "Consegna delle chiavi a San Pietro da parte di Cristo", opera del 1866 di Ferdinando Manzini e Carlo Goldoni.
Risaltano le sei statue che adornano i pilastri delle navate, di Antonio Begarelli, raffiguranti una Madonna con Bambino e vari santi.
Sempre di Begarelli, nona cappella, a destra del transetto, il grandioso altare dedicato ai santi Pietro e Paolo, chiamato Altare delle Statue.
Questo altare funge anche da tomba dell'artista: una lapide ricorda il Begarelli e il trasporto delle sue spoglie in questo luogo nel 1875.
L’organo a canne del 1524
Opera di Gian Battista Facchetti, autore di altri importanti organi, come quello della Chiesa di Sant’Agostino (a breve illustrata nel prossimo secondo itinerario).
Negli sportelli sono dipinti i miracoli dei santi Pietro e Paolo.
Lungo la balconata del pontile il trasporto dell’Arca Santa, mentre nei sottarchi Storie di David.
Questi bellissimi dipinti si ispirano ai cartoni di Raffaello per gli arazzi della Cappella Sistina.
SPEZIERIA
La spezieria monastica fu importantissima dal '500 fino alla seconda metà del XVIII secolo come servizio medico-farmaceutico della città e dell’intero ducato.
Fa parte di questo monastero fin dal X secolo poi, dal 1796 ha subìto un lungo periodo di chiusura fino al 2007.
Attualmente è funzionante un locale aperto al pubblico dove vengono venduti anche prodotti di altri monasteri benedettini.
Sull’area già occupata dalla demolita chiesa antica e dalla necropoli monastica vi erano i campi dell’orto officinale.
In seguito alle soppressioni napoleoniche il cortile divenne frutteto e vitigno, poi campo da calcio per i ragazzi del quartiere.
Oggi, con i lavori degli ultimi anni seguiti a ricerche ed indagini, lo spazio è stato recuperato come nuovo giardino monastico scegliendo la vegetazione della tradizione storica.
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