martedì 19 dicembre 2023

LE POESIE DI NONNA SARA

 

"Fragile, opulenta donna, matrice del Paradiso
sei un granello di colpa anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre per l'emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza 
 e rimane uno scheletro d'amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra
e innalzi il tuo canto d'amore."
ALDA MERINI
   


A Reggio Emilia, in una casa con il tetto coperto di tegole antiche, viveva mia nonna paterna, si chiamava Sara.
La sua vita era un racconto di semplicità e poesia, un mondo dove le parole prendevano vita anche senza la sofisticata eloquenza della letteratura: aveva la quinta elementare.


Sara_Secchi_foto_monica_galeotti



Come Alda Merini, la celebre poetessa, Sara aveva una voce nascosta tra le righe di quaderni e biglietti scritti a matita e, come lei, ha vissuto frammenti della sua vita immersa in un disordine importante, che abbracciava sia l'aspetto materiale che mentale.

Ed è stato proprio sfogliando un libricino dedicato ad Alda Merini ("Fuori da quelle mura", a cura di Pino Bertelli, Massari Editore, 2012), che mi sono ritrovata a pensare alle poesie scritte da nonna Sara, lasciatemi da papà, suo figlio Paolo. Nascoste con cura in una cartella da lui intitolata "Curiosità e ricordi da rivedere ogni tanto", ho riscoperto il quaderno di Sara.

Sara_Secchi_foto_monica_galeotti


La mia infanzia trascorsa a Reggio Emilia è stata plasmata da un'educazione prevalentemente al femminile. Mia madre e mia nonna materna Alma, vedova di guerra, hanno giocato un ruolo fondamentale. 

Il nonno Vivaldo, marito di Sara, ci lasciò quando ero piccola, e i ricordi di quel periodo sono appannati.
La mia famiglia si trasferì da Reggio Emilia a Bologna quando avevo 6 anni, e i pranzi della domenica erano principalmente presso nonna Alma.
Per quanto riguarda nonna Sara, il nostro incontro durante i trasferimenti si limitava a brevi saluti.

Le informazioni su Sara mi sono giunte principalmente attraverso i racconti di papà, una presenza indiretta nella mia crescita, ma pur sempre al femminile!

Nel 2014, al momento della scomparsa di papà, io e mia sorella abbiamo fatto una scoperta significativa: i suoi diari.
Si trattava di annotazioni che aveva tenuto per tutta la vita, accuratamente nascosti dietro la vasta collezione di libri nella sua abitazione.

Questo mi ha permesso di conoscere alcune esperienze, anche negativamente forti, vissute da nonna Sara, e di intravederne la personalità.

Scopro così che Sara, negli anni '50, scompare da casa per alcuni giorni. Il marito e i tre figli, nel mezzo dell'angoscia, la cercano disperatamente. Quando finalmente torna, è coperta di macchie di sangue, segno delle ferite inflitte nel tentativo di togliersi la vita.


CHI ERA SARA SECCHI
(1915-1997)

Sara e Vivaldo, entrambi sarti presso la sartoria da uomo Manfredini, a Reggio Emilia, si sono conosciuti sul lavoro. Inizialmente godevano della prontezza del titolare nel pagamento, e Sara era abile nel confezionare due paia di pantaloni alla settimana.

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Dopo il matrimonio, Sara diventa madre di tre figli: Raffaella, Paolo e Leonardo, il più piccolo.

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Anno 1950


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Anni '50


Vivaldo era un uomo irruento, le tensioni a casa aumentano, con litigi e urla in Via dell'Abbadessa, tanto che i vicini si lamentano e, quando la famiglia si trasferisce in via Astico, tirano tutti un sospiro di sollievo.
Fino al 1954 risultano ancora impiegati presso la sartoria.

Vivaldo, in seguito assunto in una rivendita di dolci all'ingrosso, apprende dai clienti di presunti incontri di Sara con un altro uomo. È forse in questo contesto che Sara prende la decisione di fuggire di casa.

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Vivaldo in via Astico, 3, Reggio Emilia, 1956.


Zia Raffaella rievoca litigi incessanti, anche sulle scale di casa, e ricorda un episodio al cinema in cui Sara era seduta accanto a un uomo che non era suo padre.

Vivaldo muore nel 1971 a soli 64 anni (era nato nel 1907), Raffaella e Paolo si sono già sposati e Sara trascorre diversi anni con il figlio più piccolo, Leonardo, il quale la sostiene.
A causa delle circostanze (l'eccentricità e la stravaganza), Sara può lavorare solo saltuariamente durante la vendemmia per raccogliere l'uva.

 Scrive e dipinge
 (i suoi quadri sono andati perduti).

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I figli diventano il sostegno economico di Sara per tutta la vita, i successivi 26 anni. Ricordo la casa colonica in affitto in Via Cugini, dove per qualche anno ha vissuto con il figlio Leonardo, seguita da un'altra casa più piccola, ma in cui pioveva all'interno.

Un giorno, insieme a mia madre, passammo a salutarla: Sara si stava sottoponendo a un "trattamento estetico" con un mix di erbe e sapone da lei inventato.
 Si era spalmata il composto sul corpo applicando bendaggi fatti in casa, preparandosi per una serata danzante.

Nonostante il caos assoluto in casa, con catinelle per raccogliere l'acqua che gocciolava dal soffitto, Sara amava ballare. Mia nonna era così.

Raffaella interviene, comprandole una piccola casa a Pieve Modolena, una grossa frazione del comune di Reggio (Collezione Maramotti).

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Un giorno a Bologna, suonò il campanello: era arrivata in bicicletta da Reggio Emilia!
Restò con noi per qualche tempo, ma un giorno scomparve. Dopo ore di ricerca, la trovammo a qualche centinaio di metri, seduta su una panchina in Piazza dell'Unità.
Diceva di trovarsi in un posto meraviglioso, mai visto prima, anche se la piazza non è particolarmente bella. Forse solo storicamente significativa come cuore della Bolognina, dove si sciolse il PCI e nacque il Partito Democratico della Sinistra.
Voglio immaginare che, guidata dalla sua innata sensibilità artistica, avvertiva che quella piazza aveva qualcosa di speciale: la Sinistra!

Sara è spesso considerata una persona eccentrica, un pò fuori di testa. Alla fine, la necessità di inserirla in una struttura si fa pressante, Ospedale Psichiatrico San Lazzaro*, a San Maurizio di Reggio Emilia, e sarà lì che morirà a 82 anni, a seguito di un ictus.

*oggi questo ex ospedale ospita il Museo di Storia della Psichiatria.

Dai diari di Paolo, 25 novembre 1997: "La mia mamma è morta. Alla camera mortuaria, ricomposta, è bellissima. Ora è andata in Paradiso a raggiungere Vivaldo. Chissà se litigheranno anche lì".

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LE POESIE
Le poesie di Sara sono la testimonianza di una donna con un'animo in disordine, che ha dipinto il suo mondo frammentato con versi imprevedibili.

 Le poesie rappresentano un tentativo di fuga dalla realtà, scaturito dagli eventi negativi della sua vita. 
E, involontariamente guidata da un istinto naturale, ritengo che la poesia sia divenuta per lei, per l'intera esistenza, un sforzo per instaurare ordine e armonia in un mondo in cui, seguendo la poetica capolavoro del Decalogo di Kieslowski, la ricerca del significato della vita avviene nel quotidiano ed è dettata dal caso.

Ma senza andare troppo lontano posso citare anche Pirandello e il suo sentimento della casualità, dell'imprevedibilità, della relatività delle vicende umane dove, nel caso di Sara, regna un frenetico caos di eventi impazziti.



Le prime 10 poesie:

1.

Una

Una fanciulla assai sportiva
sta leggendo alla stazione,
sta seduta là come me,
pure l’aria intorno c’è.

Sotto alle gambe sue, sbuca
un film di fumo; la cicca è,
la cicca va, rotola, rotola
pian piano;
mi diverto nel vedere
la più minima delle cose
perché pure io il treno
debbo aspettare.


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2.

Loro bevevano, noi ci siamo e beviamo (1955)

Cosa diversa abbonda
più del tempo remoto
dissetar l’arsura, a tutte le ore,
pur l’operaio pure il ricco.
Nei tempi remoti v’era il vino e poco più
e non stona, dicevan: "osteria che sbornia!"
gente allegra eh?

I nonni nostri son muti, 
non trovan più l’osteria.
Ma il vino lo fanno, 
anche se d’uva meno ce n’è,
suvvia nonni andiamo al Bar Caffè. 
-caffè? E tutto il resto cos’è?-

Acque moderne e liquori di tutti colori.
Colori! Beh! Io voglio il colore del vino.
Men lontano si va d’un tempo
di ogni luccicante bar caffè, si vede l’altro due tre. 
Di cosa vi bagnate gente di quest’era
godete di questo, quasi in ogni posto di lavoro;
avreste ragione il bere d’un tempo era migliore
vino e generoso, come latte, acqua pura fresca di fontana. 
La grappa? Questo non so.


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3.

Istantanea, la rosa (1967)

Senza pennello
e quel che serve per far fotografia
(non sempre i poteri sono qui),
allora mi ispiri poesia, rosa.

Esser in casa, più volte t’ammiro
ti sono amica, rosa rossa sei fiorita
esponi il tuo colore, sei di velluto,
forse dei fiori sei la regina
regali il tuo profumo a chi lavora.
Non stoni nel vasetto che traspare,
prima teneva profumi d'arrosto,
tutto è in armonia, sopra la macchina
da cucire, la rendi più nobile.

Ho paura di un lamento in coro
le foglie verdi qui intorno;
perdonatemi, se di voi non ho parlato prima,
da molto mi tenete compagnia,
care.
La rosa esplode, è fragrante,
non dura assai, voi,
non sfiorite, col vostro colore verde
date eleganza, sempre pur nell’inverno
e in ogni occasione;
suvvia fate onor pure voi alla rosa 
presto essa deve dormire. 
(come me ora)


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4.

Gran bel tipo (1967)

Giovane alto bello distinto;
chi mai scegli per vita tua?
Tu lo sai come sei, o lo sai troppo.

Se lo sai appena
tutte fan per te;
se lo sai troppo non ti ingannano,
ti inganni da solo
tanto vale non esser bello.

(così pure le donne)


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5.

Così dissi a uno scultore (1968)

Quella ragion io dissi,
menti senza voler.
La scabra bestemmia
che io donna, è in mio potere,
detta all’uomo che ne fa sì tesor. 
Speranza in me che intenda
l’ispirazione nell’animo.

L’arte che intendo non è dover
come di consueto,
di un arabesco comune.
Amar l’arte, capirla, scoprirla, viverla
non sia di tutti;
rettificar voglio per mio rispetto
donna che così si perde.


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6.

Così sempre lieta (1968)

Se il desiderio
è di uscir di festa,
nel divertirmi
lieta del piacere mio, pur del ritorno.
Se resto alla casa mia
lo sguardo segue nel ritorno
le copie, e a me sembran
pieni di stanchezza e mesti.


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7.

Le tre ere 

Ragion della giovinezza
tutto è nostro tutto abbonda,
quand'è primavera in noi
si aspetta il domani e belle cose
viver così la prima era.

Passan varie primavere
e pian piano ci si accorge
che non così cambiar si doveva
spezzati i sogni frivoli
per la seconda era.

Allor riaffiora un ricordo,
poteva esser vita nostra
ancor si sogna un po' di splendor
che ancor inanzi potrebbe,
ma taci e nascondersi si deve,
per la terza era.

Il piacere del sarto
s'è annullato,
ma poi è risorto il ballo
e ci stiam bene,
pure nella nostra quarta era.

(il destino mi ha fatto vedova; un proverbio dice: "Impara l'arte e mettila da parte".
Ho imparato l'arte del ballo. Ora fra gli anziani, così noi non impotenti balliamo fino a che possiamo, allegria! Ho imparato l'arte, poco s'invecchia, la mia quarta era, bene l'ho cominciata)


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8.

Nismozza*

Ah...meravigliosa piazza fra i monti,
tanti non sanno che tu li aspetti
far goder loro la frescura e il sole;
tu sei fatta da madre natura!
Insolita piazza sembri per pochi
eppure sei al pari dei monti,
ti passano accanto sottostanti
cercando un'oasi e tu vista non sei.
Oh... piazza sei quasi per me
qui il sole e il vento sono amici,
contemplo i secolari castagni intorno intorno
le lucide foglie, si sbattono, col fruscio
sfidano le cascate d'acqua e ruscelli.
Qui soli non è solitudine, è beatitudine
lieta son di questa fortuna, ma…
presto me ne andrò lontana
fra tanta gente della città
che l'autunno fa riunire.


*Comune di Busana, alle pendici del monte Ventasso.


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9.

Vivere a Nismozza

In questo monte e valle mi sono fermata,
han nomi famosi, Cusna e Ventasso;
sulla bella via, nascosti son i bei luoghi ricercati.
In tutto, lo sguardo si posa, non c'è lato
è tutta una catena.
Innanzi alla finestra su un tetto
appoggiar sembra il monte Ventasso
poi il cielo sereno; se è grigio, batuffoli di bambagia,
vagheggiar sotto la cima del monte.
Gli alberi più in vista dondolano frequenti
dando il respiro desiderato.
Voltarsi volendo,
si ammira il superbo Cusna
col pizzico di neve, e panorama.
Di tanto in tanto dove si cammina,
si ode acqua che scorre (la famosa fontana dell'Amore).
I fiori son vari piccoli e belli
hanno un loro mistero,
le cinque punte come la loro neve.
In questo bel punto della terra,
pochi son i paesani, per l'esilio del
gran mondo pieno di spine pungenti.


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10.

La vendemmia (1968)*

Il desiderio in cuore è di ognuno vendemmiare
saper staccare l'uva certo è semplicità,
sì e no, no e sì.
Il primo a dedicarsi è il potatore ecc. ecc.
L'uva non è tutta a penzoloni, com'è la fantasia.
Bello è certo, vendemmiare a gruppo,
ed uno o due uomini solamente,
 fra le donne e il padrone.
Non c'è tristezza pur non cantare; quante risate!
In tutte le parole, frasi dette da costoro se fossero registrate,
l'enciclopedia sarebbe al completo,
e non esser letterati; in più chi vendemmia
gode il sole, l'aria pura, il venticello e l'aereo
che ogni giorno ci viene a salutare.
Con quest'arte fruttuosa per ognuno, è pittoresco,
con tante umili cose.
A metà ottobre, cioè alla fine, di ora in ora
si fa sentir l'autunno, e per noi lavoranti
si chiude la stagione.


*Sara andrà a vendemmiare per 10 anni (1968-1978)


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La memoria della mia nonna prende vita in questa canzone: leggendo le sue poesie, parole e musica si fondono nel brano struggente dei Chili Peppers che le ho dedicato.


Red Hot Chili Peppers - Road Trippin'
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Gentile lettore, se vorrai ancora immergerti in altre poesie,

 "Via Cugini", "La luna è di tutti, ne parlo pure io", "Rubinstein-Teatro Valli", "Un giorno al Mare", ecc...



2 commenti:

  1. Complimenti Monica, trovo molta passione ben descritta anche in questo racconto di nonna Sara, con il suo vissuto! Bella idea anche il volerlo mettere in luce.👏

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  2. Grazie mille! Sono contenta tu abbia apprezzato. Il suo vissuto, sebbene tragico, rende speciale questo racconto.

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