(torna alle poesie parte prima)
21 poesie:
dalla numero 11 alla numero 31.
11.
Estate (1973)
Fortunati si son quelli
dei luoghi vedon sempre nuovi
il viaggio dove li porta
del divertirsi e speranza pel dopo
e goder pace.
Bello ad entrar e uscir
da alberghi nobil un sia;
povera io sono, un ricordo m'è impresso:
nel camminare a piedi presso quei luoghi
nell'aver fame provvisoria
sogno sarebbe entrare e uscire,
l'odorato mio raccoglie essenze
di pranzi che fanno i gran cuochi.
Il picchiettar continuo di piatti
entra nella mia mente, perfin
vedo di là dal muro
la gola mia ha sofferto un poco;
per tanti che non sanno
i giorni sono tutti eguali
dove non c'è il confronto;
forse lor non sanno far poesia
io la trovo pura, sotto l'ombra d'alberi
a pane duro.
E ben venga acqua se c'è.
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12.
D'estate, in via Cugini (1973-1976)
In questo momento di rilassamento, io
sdraiata sull'erba in una carreggiata;
erba di qua, erba di là
un mare di steli, più alti di me.
Il sole sta calando
non mi guarda più,
vedo di là dal salice
il cielo ancora azzurro,
le rondini cinguettano ancora
alcune alte sopra di me come immobili
riposano come me.
Osservando penso e sento;
c'è chi nasce, c'è chi muore, c'è giovinezza,
sento sibillare con gusto le loro moto
così continua la vita.
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13.
In via Cugini (1973-1976)
Che bello d'estate!
Vado a respirar l'aria pura d'argento
dopo esser rimasta sola;
che luna alta alta e piena vedo,
nell'uscir dal portico antico.
Passeggio calma sull'erba come a meditare
cosa strana, fermar mi tocca
ad un palo dell'orto, tra me, con voce dico:
come sono ricca! Come sono ricca!
Codesta vastità del cielo e chiaro
e case lontane; non sento, non vedo vuoto
vedo i colori dell'amore, nella deliziosa luce della luna.
Qui scrivere vorrei
far rimaner l'impronta dell'ore vissute.
Voglio goder ancor la visione del creato
già le luci false lontano sono,
passeggio nella carrata erbosa e scura
per restare nei bei pensieri.
Ahimè! Due fari vengon verso
la mia desolata sassosa via,
poi le luci hanno spento
il mio sguardo si fa più severo,
io non ho l'amore, è ben ch'io sia forte;
ritorno alla mia beatitudine
anche la luna pare non abbia fretta,
e ancor passeggio sulla moquette di Dio;
penso di ritornare sui miei passi
poi come legge, tutto ha fine,
è umiliante dover ritornar fra le mura.
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14.
Verze a gennaio (1973-1976)
Insignificante codesto nome (verza)
si per la vostra bellezza
io vi chiamerei "verugiada",
siete come fiori verdi nell'orto
siete commestibili in vari usi.
Delicate son le mie dita
toglier chi si nasconde e vi divora
a qualcuna, una schiera di molluschi;
voi siete assomiglianti alla rosa.
Il colore non sì ardito ma riposante,
è pena per me spezzar le vostre membra
il vostro fragil ammette un suono
e irrompe la vostra quiete.
All'alba coperte voi siete d'un velo d'argento
sembra aspettiate tutto volente,
il sole, l'aurora, la notte, la pioggia,
la neve, il gelo, come sempre contente.
Lo so mi preparate un dono,
il vostro bel dono, arriva in cucina,
vi tramutate in nostro cibo,
che è di tanta salute.
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15.
Non è ancora sera (1973-1976)
Io Sara sto camminando per la mia via,
non è sera, è in inverno
eppur s'è fatto scuro e nebbia c'è;
fin che si ode i rumori d'auto non si è soli.
Le luci scarse sono, nebbia così l'ho vista mai
e perché si stringa a me.
Ma guarda ho sbagliato la via,
sarà l'altra dopo, la curva dov'è?
E vado, vado, e ben ch'io sia forte
non vedo da codesta intima barriera scura,
so di essere viva, e cammino ancora, sì!
è la strada mia,
le sbarre bianche della ferrovia vedo appena,
mi fermo, guardo verso il cielo,
le stelle non vedo, mi giro intorno
eppur so e sento lo spazio della campagna,
c'è silenzio, neppure il ronzino della città,
come ieri; ma l'ultima curva dov'è?
Non l'ho capita, eppur sono quasi a casa mia,
in basso due occhi verdi vedo, è il miao del gatto mio.
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16.
Come fosse giovinezza (1973)
Tempo in questi anni come fosse giovinezza,
goder la frescura di queste sere
è dir cosa che un cerca
chi per udir suono, e ballar trova
chi trova ben lontano
chi trova all'aria tra le stelle stelle;
ben io come tanti, le stelle fuori le lascio
bensì vedendo là, la piscina illuminata.
Ballando la pelle brilla
che grave l'acqua scende così è normale.
Il danzare penetra a gran festa
e chi si stanca mai!
La buona orchestra per noi canta e suona
che mai lamentar sia udito,
goder queste serate l'ora è breve
ci si consola pensando del ritorno.
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17.
Come si deve dir (20 maggio 1974)
Nel maggio di mattino
di quel che fa mostrar il sole
in casa, del minimo sporco ogni dove,
il sole dà più lavoro e
fa volentieri uscir dai muri.
Vedo nell'orto le belle margherite,
feci bene a toglierle dalla strada,
or qui sono esemplari.
Passando là, dove eran le sorelle
tra polvere e sassi, esse son troppo snelle
poi nulla là è rimasto,
eran accanto ad un ponte;
vo nel tardo pomeriggio con la bici;
cala l'oblio, tutto sembra stanco
come or son'io, ma al mattino tutto si risveglia
a far fiorire ogni cosa,
poi ai colori ci pensa Dio.
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18.
La luna è di tutti ne parlo pure io
Vorrei viver sotto alla luna;
bella luna a noi sembri sola
piccola e raggiante:
tu vedi i tuoi riflessi
ma non la tua ombra.
Al tuo primo apparir
è sempre sorpresa
tanto ci ispiri, ci affascini
lo sai?
Dimmi luna, parlami se è ver
che son millenni che vedi già,
dimmi qualcosa che non so
qualcosa di bello che fu.
"Nulla posso dir
tante cose le sapete,
ho solo segreti che mai a nessuno
ho voluto dir
parlo solo
con le mie amiche stelle".
Ripudianti a non finire sono
le luci della strada
nel volersi goder la bella luna!
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19.
Temporale vero (1975)
(sotto al vecchio portico,
con il mio dolce figlio non sposato ancora)
Aria pulita
aria piovosa
le nuvole chiare
le nuvole scure e ciel sereno;
i lampi i tuoni bombardano
acqua che scroscia e vento,
sradicando alberi, due vicini i pioppi,
la via delle querce, tre grandi alberi spaccati inclinati
tronchi superiori caduti;
eppure guardando nei cieli nulla si è visto
tutto scuro al nord, più chiaro al sud
almeno c'è color di primavera
del 10 maggio, ogni giorno bel tempo si spera!
Ci siamo divertiti ad osservare un vero temporale.
(vissuto da Sara e Leonardo)
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20.
In bici al lavoro (1976)
Quante luci chiare,
e il tramonto piano piano se ne va
mille son le luci chiare,
più chiare delle stelle;
luna chiara,
leggero il vento accarezzar pare;
quante luci chiare,
le luci non son pari
come qui nelle officine e via.
Lo spettacolo io afferro che mi affascina
con l'aria pulita, molto pulita;
nel pedalar la bici
io ho canticchiato
ritornando dal lavoro
di sei chilometri ogni dì (più sei)
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21.
Rubinstein
(al Municipale di Reggio Emilia)
Inaspettata è stata la gran folla
nella lussuosa caverna,
già d'un artista si sapeva
come un mostro benigno
muove lento e pazzesco le dita
sui tasti bianchi e neri,
spandendo nella nostra aria
il profondo colorito suono.
Coi lenti tocchi, riposa la fretta nostra,
passeggia un nella notte e,
sazia nella quiete di più ancora,
e penetra commuove, che paga in lode.
Risalgon a copie i dolci suoni
saltellando di gioia immacolata
cadono a pezzi di cristallo come buttati
e si fanno riuniti ancora;
in noi ci dà un'abitudine
a non voler venga la fine.
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22.
Dalla radio (1983)
Ahimè cosa ho udito!
La voce che penetra in ogni casa.
Di questa era, privar chi si diletta
col pensier e penna,
ovvero il diritto è dei pochi perché,
non è merito di ogni lembo dell'universo?
Le piante, gli alberi con la grazia
pur dei rami spogli, appaion flessibili
a tutte le loro età, è tutta bellezza
l'ostacolo è sempre assente.
Dio iniziò a coprir con fili dove crebbe
e dignità all'uomo;
di cosa stupenda, di folti fili verdi e fiori
pur se uno, degrada la terza!
Via i poeti, via i poeti!
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23.
A Reggio Emilia
A passeggiar per la via Emilia
provo un senso di malia*
dalle cinque alle otto
è gran festosità; chi passeggia perlopiù
bambolin bambolon
per veder il rococò dei ciuffetti
e ciuffettini capricciosi e fantasiosi
sono i divi della città,
son le luci, zampillano colorate
ne fan schiera zig e zag
è gran festività, dal 1960 al 70,
e auto non poche, come un formicaio.
Il sabato è mutata con bambolini e rococò,
disturbati son meno da cicli e motocicli.
1980 zona pedonale e senso unico, meno ancora.
Fine 1984, il sabato neppure,
così sabato e domenica bambolin e bambolon
sono più tranquilli, indisturbati.
Il formicaio è fatto di pedoni in via Emilia.
Il lusso nell'abbigliamento v'è maggiore nei negozi
più che a passeggio.
*incantesimo
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24.
È sera son sola
Siedo su un muretto a meditare
e mi consolo,
vedo luci fra gli alberi e macchine
e la sera serena;
sento una mandola che suona
una voce calma l'accompagna,
io non lontana ascolto e m'avvicino
vedo tra lo scuro appena
un uomo tutto solo
curvo ad un muro.
Io pian piano m'avvicino,
lo lascio indisturbato,
lui non sa che v'è un che l'ascolta,
tra me dico: "suona, suona, non ti fermare!"
Cosa che appartiene a noi, pare!
È come la mia solitudine,
la voce ancor l'accompagna
i rintocchi si fan più radi,
forse un rimpianto d'amore?
Tace, è triste, ho capito.
Con rancore corro via e lui m'ha sentita
Ehi! Chi sei? Ritorna!
Capì che fui donna, io fuggii,
così non lo delusi.
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25.
Il poeta tutto vorrebbe saper (1985)
Mi rattrista quando non può capir
come è da sempre il forte e la natura
e di natura viva, come fosse sciocchezza
tagliando un cappuccio di verza a metà luglio
quell'umil cappuccio tondo
si dice: "ma chi l'ha fatto? ".
Io Sara, l'ho capita,
è di scienza perfetta, modesta
a tal punto che è per pochi.
Perfino Immacolata
strato per strato, eppure,
affinchè le nostre dita
leggermente a sfogliare
per cucinare ed esce la bontà.
Io Sara, l'ho capita,
da pianticella come tutte,
e da adulta non è conosciuta come tale è.
Io non posso dir cos'è.
Nell'anno del capire 1967,
misi la forma su pittura.
Madonna come io la vedo, visto
la bellezza del vestito che svolazza.
Dov'è questa Madonna moderna?
In casa mia.
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26.
Al tempo del galli galli*
Or le donne son belle,
pettinate all'insù
con il nero negli occhi,
per farli allungar, allungar
hanno sempre il sorriso,
della lor gioventù
han sempre vent'anni
prima o dopo, fan credere
per farsi più amar;
allor ballano il twist, il twist
e il galli galli,
e il valzer non sanno ballar
della mamma non sanno che far!
Quando vanno a ballare,
dicon spesso di no,
voglion solo il loro tipo
dicon: la reginetta io son,
il più bello voglio
per ballare con me.
*hully gully che, italianizzato, divenne alligalli.
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27.
La cipolla
Sta canzone molto strana,
sta canzone molto strana,
sian cuoche o sian massaie
lo sanno tutti quante.
La cipolla ha il vestito,
la cipolla ha il vestito,
il vestito rosso o giallo,
il vestito rosa o giallo,
la sottana e le mutande
(pa pa pa ♪)
Le mutande son di seta, ma di seta,
le mutande son di seta,
tutte bianche,
che più belle non ce n'è!
Sì sì, le mutande sono di seta,
le mutande son di seta,
tutte belle, tutte bianche,
tutte belle, tutte bianche.
(pa pa pa ♪)
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28.
Un giorno al mare
Desiderio mio s'avvera
correre dentro il mare
danzar con l'onde
che arrivan fino alla gola
guardo l'acqua verde blu
vedo l'orizzonte
il ciel sereno
ad occhi chiusi mi volto verso il sole
poi:
"Dimmi fanciulla
lezioni di nuoto dammi,
servirà?".
"Così signora così si fa,
energia ci vuole
poi la calma arriverà".
Provo e ci riprovo
guizzar nell'acqua per nuotare,
ingozzata di sale e bevute piene
e quella sorride e se ne va;
ricorderò questo mare
l'acqua verde e blu
vedo moscone bianco e uomo nero
motoscafi e barche a vela
testine sopra il mare,
di tutto non mi scorderò.
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29.
Si è capito dopo
Nel soggiorno ci si posa,
d'obbligo è a tratti corromper la pace
di quel che segna l'ore, il tic tac.
Ci si immerge col profumo e ai commensali.
Quel che distrae, del guastar subito tutto
è l'amore e discussione, l'amore,
e di qual tipo, tutto fa passare ogni rancore.
Il tic toc, come un robot d'un compito solo
se avesse il sentimento, chieder vorrei
amar più vuoi la solitudine nel vuoto
o confusioni di voci e rumori?
Già si sa per la dovuta casalinga,
compito da giocolieri, è un godere sì,
sciogliere il raduno di polvere e cose,
convinta debbono così restare.
Se nella storia di famiglia poco restasse,
un giorno fra le mani comparisse
un gioco già veduto, guardati attorno,
è caro come il santo, mettilo sul tic tac
l'orologio vecchio caro amico,
muta il silenzio dell'altra era,
più allegria dà del piccolo nipote grandicello ormai,
che poco da te verrà.
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30.
Ho settant'anni e ho capito, non solo io.
Nell'apparir all'orecchi tuoi
nervi tesi per ben poco si perde,
e con sé la vita tua devi passare
così mai il tuo amore, più non conta
fa d'esser come cieca e sorda.
Con quelle inutili voci sovrapposte
i tanti anni più lieti devi passar;
e se sei tu, dal sistema nevrotico
all'altro così parlo.
(Nel manifestarsi ai sensi,
i nervi tesi si sciolgono per poco,
la vita ho dovuto attraversare,
il tuo amore ormai non conta più,
sono come cieca e sorda.
Con voci inutili sovrapposte
devono passare gli anni più lieti;
e se sei la mia mente,
parlo da un sistema nevrotico all'altro.)
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31.
O 40, o 50, o 60, o 70
Già che delizie son già scadute
di forte amor sono vissuta
non più posso toccar mano
dei più belli fiori umani;
riunito l'amor ho voluto
così ancora con fantasia ho pur disegnati
dell'altro bello or più non conta,
per forza, o ragion che tempo vola.
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"Se impariamo a considerare ogni persona del nostro sistema familiare una risorsa (sì, anche la nonna più scapestrata!), ci sentiremo ricchi.
Perchè ogni persona che ha inciampato può insegnarci qualcosa della vita." Ameya Canovi
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"Se la mia poesia mi abbandonassecome polvere o vento,
se io non potessi più cantare,
come polvere o vento,
io cadrei a terra sconfitta
trafitta forse come la farfalla
e in cerca della polvere d'oro
morirei sopra una lampadina accesa, se la mia poesia non fosse come una gruccia
che tiene su uno scheletro tremante, cadrei a terra come un cadavere
che l'amore ha sconfitto."
ALDA MERINI
Dall'antologia "Fuori da quelle mura", poesie e prose inedite donate personalmente da Alda Merini al curatore Pino Bertelli, Massari Editore, 2012.
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Ringraziamenti:
-la mia gratitudine a zia Raffaella per la lunga chiacchierata che ha contribuito a colmare alcune lacune sulla vita di nonna Sara.
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