lunedì 30 giugno 2025

REGGIO EMILIA A PIEDI – Itinerario 2: la zona SUD del centro storico

(torna al primo percorso LA VIA EMILIA)

 Dopo aver percorso il tratto della via Emilia compreso tra Porta Santo Stefano a Porta San Pietro, vado a percorrere un secondo itinerario, pensato per ottimizzare il cammino attraverso i luoghi più significativi della ZONA SUD del centro storico, tra chiese antiche, vicoli silenziosi e luoghi simbolo della memoria civica.


1- DUOMO (Cattedrale di Santa Maria Assunta)
2- BASILICA DI SAN PROSPERO
3- VICOLO BROLETTO
4- MUSEO DEL TRICOLORE
5- BIBLIOTECA PANIZZI
6- CHIESA DI SAN GIORGIO
7- BASILICA DELLA GHIARA
8- CHIESA DEI SANTI GIROLAMO E VITALE

Mappa del secondo percorso a piedi nella zona sud del centro storico di Reggio Emilia.


1- DUOMO (Cattedrale di Santa Maria Assunta)
Piazza Prampolini


Il mio cammino nella zona sud comincia dal Duomo della città.
Con la sua facciata incompiuta e l'interno ricco di opere d'arte, custodisce secoli di storia religiosa.
L'ho raccontato nel dettaglio in due post dedicati:

Il duomo di Reggio Emilia visto dalla piazza, inizio del percorso.



2- BASILICA DI SAN PROSPERO
Piazza San Prospero

La Basilica di San Prospero, con la sua scenografica piazza e la facciata rinascimentale, è dedicata al patrono della città.

Basilica di San Prospero, dedicata al patrono, nel cuore della città.

Per raggiungerla percorro Vicolo Broletto, uno dei passaggi più suggestivi del centro, che collega le due chiese.

Alla Basilica di San Prospero ho dedicato un post dettagliato, dove parlo anche del Broletto, soffermandomi sulle origini di questa via, che si sviluppa lungo il fianco meridionale del Duomo.

Qui lascio il link ↦ BASILICA DI SAN PROSPERO



3- VICOLO BROLETTO

Mi sembra interessante aggiungere ora qualche dettaglio più vivo su questa piccola via: i negozi storici che resistono al tempo, insieme agli alimenti simbolo di Reggio, e un ricordo del dopoguerra.

Vicolo Broletto è senza dubbio la strada più graziosa della città.


L'ERBAZZONE

Partendo da piazza San Prospero, incontro Melli, un panificio storico, luogo ideale per assaporare un prodotto tipico ormai celebre: l'erbazzone, una torta salata a base di bietole, unica nel suo genere.

Come in molte panetterie e salumerie, non si vende solo da asporto: questi locali sono diventati anche piccoli ristoranti dove si può mangiare direttamente sul posto.

Basilica di San Prospero, dedicata al patrono San Prospero, nel cuore della città.



Qui a Reggio l'erbazzone si gusta a colazione o a pranzo, una tradizione profondamente radicata nella cultura del territorio.

L'erbazzone, torta salata tradizionale della cucina reggiana con bietole.


Ora invece mi trovo all’interno di una storica salumeria di Reggio Emilia, proprio all'inizio del Broletto, al civico n.1.

 Oggi possiede anche una piccola ristorazione, e un nome che molti in città conoscono bene: Pancaldi.

Uno scorcio del caratteristico Vicolo Broletto, tra il Duomo e la basilica di San Prospero.


Fino a poco tempo fa, prima della ristrutturazione, c’era ancora l’affettatrice a manovella, quella che taglia il prosciutto senza usare la corrente elettrica. Ora il figlio del proprietario ha installato una versione più moderna, ma lo spirito del luogo resta intatto.

Il prosciutto crudo stagionato, simbolo della gastronomia reggiana.



IL PARMIGIANO REGGIANO

Le due specialità principali di questo territorio sono il Parmigiano Reggiano, in particolare quello di Vacca Rossa di Cavriago, e i prosciutti.

Negli ultimi anni il parmigiano è spesso abbinato all’aceto balsamico, diventato tradizione in cucina, condiviso con quella modenese.


IL TOSONE

Il tosone è la rifilatura del Parmigiano Reggiano, ottenuta tagliando gli angoli della forma appena fatta per darle la giusta sagoma, evitando che il formaggio assuma un aspetto troppo squadrato.

È quindi un formaggio giovane, non stagionato.


I PROSCIUTTI

 L’altra specialità sono i prosciutti, simbolo di una cultura gastronomica profondamente legata al maiale.

Come racconta Giuseppe Caliceti, nel podcast "Le Meraviglie" di Radio 3: "Bastano due dati per capire quanto siano importanti: primo, in provincia di Reggio Emilia ci sono più maiali che abitanti; secondo, si tiene ogni anno una delle più grandi fiere suinicole d’Italia".

A proposito di maiali, vale la pena ricordare una delle manifestazioni culturali più originali mai organizzate: "I Porci Comodi".

 Era il 1982, nacque da un’idea di Ivanna Rossi, allora assessore alla cultura di Reggio Emilia, e celebrava il maiale in ogni sua forma: da un punto di vista artistico, culturale e persino filosofico.

 D'altronde si sa: "Del maiale non si butta via niente".

Il prosciutto crudo stagionato, simbolo della gastronomia reggiana.

Il figlio di Pancaldi descrive i tre tipi di culatello: con cotenna, tradizionale (scotennato e insaccato in vescica), e quello di Zibello, identico ma prodotto con marchio IGP. Tutti fatti con carne italiana.

Poi ci sono i CICCIOLI, ottenuti dalla parte interna delle costine del maiale. Dalle costine si ricava lo strutto e la parte magra rimanente, dopo la cottura (non fritta), diventa ciccioli, spesso serviti con l’aperitivo.

Ricorda che nei salumi e formaggi di qualità prevalgono i grassi "buoni", polinsaturi, più facili da metabolizzare.


IL CLIMA E LA NEBBIA

Il vero segreto del Parmigiano Reggiano e del Prosciutto di Parma non è solo la qualità delle materie prime, ma la stagionatura, che avviene in Emilia, dove l’umidità e il clima giocano un ruolo fondamentale.

Nonostante i tentativi, questi prodotti non si riescono a replicare altrove proprio per le condizioni ambientali uniche.

Il clima emiliano, con le sue nebbie invernali e le estati umide e afose, è la cosa peggiore di questo territorio, faticoso da vivere, ma essenziale per dare vita a queste eccellenze.

Parmigiano Reggiano stagionato, prodotto d'eccellenza tipico del territorio.


La nebbia qui è anche leggenda: si racconta che San Prospero, patrono di Reggio, salvò la città dall'invasione dei Barbari, facendo comparire all'improvviso una fitta nebbia che nascose la città ai loro occhi.


IL LAMBRUSCO

Il Lambrusco reggiano, un vino rosso a lungo considerato di serie B o addirittura C, perché leggero e frizzante, spesso viene etichettato come "vino da donne", perpetuando stereotipi antiquati (in realtà molte donne apprezzano vini strutturati, tannici, e molti uomini bevono prosecco a litri).

 Oggi questo vino è sempre più apprezzato, soprattutto in America, dove il suo carattere fresco e beverino l’ha reso un successo commerciale invidiato nel mondo.

Alla salumeria mi sono lasciata consigliare: ho provato lo spritz Pancaldi, uno spritz sorprendente a base di Lambrusco!

Lambrusco frizzante, vino rosso simbolo della convivialità emiliana.




E infine, la Casa del Miele, storica bottega che dal 1945 addolcisce Reggio con miele e dolci d'altri tempi.

Casa del Miele a Reggio Emilia


IL BALLO LISCIO

Qui sotto al Broletto, verso le cinque o le sei del pomeriggio i direttori d’orchestra, nel dopoguerra, si incontravano per decidere i repertori e contrattare le serate, come al mercato: "Tu vieni con la tua? Quanto mi dai?".

Uno scorcio del caratteristico Vicolo Broletto, tra il Duomo e la basilica di San Prospero.


Com'è nato tutto questo?

Negli anni '50 e '60 le Case del Popolo organizzavano serate di musica liscio.

A differenza degli altri eventi gratuiti, le serate di liscio erano a pagamento, segno del valore crescente di questa nuova forma di intrattenimento.

Queste serate nascevano in contrapposizione a quelle delle parrocchie, che organizzavano spettacoli teatrali e balli "casti" come i salterelli, dove le coppie non potevano toccarsi: si ballava saltando uno accanto all’altro.

 Il liscio rappresentò una rivoluzione: per la prima volta le coppie potevano toccarsi e ballare abbracciate, segnando un primo passo verso l’emancipazione femminile.

Una donna che si lasciava sfiorare, che ballava tenendosi per mano con un uomo (un gesto che allora era considerato audace), era vista come una donna moderna.

Insomma, qui al Broletto si vendeva la musica, e con essa, un pezzo di libertà.


Una volta compreso che il Broletto unisce due luoghi religiosi fra i più importanti e intreccia la sua storia con la tradizione delle eccellenze culinarie, si scopre che è anche un ponte ideale verso l'istituzione civica per eccellenza: 

il Palazzo Comunale, sede del Museo del Tricolore.


4- MUSEO DEL TRICOLORE
Piazza Antonio Casotti, 1


Il museo è una tappa fondamentale per comprendere la storia italiana e l'identità di Reggio Emilia, città che ha visto nascere la bandiera nazionale.
Ne ho scritto nel dettaglio in un post dedicato, dove racconto le sue esposizioni e il valore simbolico di questo luogo.
Lascio il link per approfondire → MUSEO DEL TRICOLORE

La Sala del Tricolore, sede storica del primo Parlamento e simbolo dell'unità nazionale.



5- BIBLIOTECA PANIZZI
via Farini, 3

La Biblioteca Panizzi, ospitata nell’ex convento di San Giorgio, è intitolata ad Antonio Panizzi, celebre bibliotecario di origini reggiane che diresse la British Library di Londra, nell'Ottocento.

Oltre ai servizi bibliotecari, ospita mostre, incontri e attività educative, ed è sede della Biblioteca Digitale Reggiana, che valorizza il patrimonio locale.

Anche alla Biblioteca ho dedicato un post specifico

 BIBLIOTECA PANIZZI

La biblioteca civica Antonio Panizzi, centro della vita culturale reggiana.



6- CHIESA DI SAN GIORGIO

Di fronte alla biblioteca, sull'altro lato di via Farini, si affaccia la chiesa di San Giorgio, a cui il convento era originariamente annesso.

Veduta della Chiesa di San Giorgio a Reggio Emilia ripresa da una finestra, con cupola e campanile che si stagliano tra i tetti del centro storico.
Dal Museo del Tricolore uno scorcio su cupola e campanile
della Chiesa di San Giorgio.

La chiesa risale al XVII secolo, presenta una sobria facciata barocca con un portale sormontato da un altorilievo raffigurante San Giorgio a cavallo nell’atto di trafiggere il drago con una lancia in ottone.

Divenuta proprietà comunale, è rimasta chiusa dopo il terremoto del 1996 ed è stata riaperta in occasione della Settimana Europea della Fotografia, dopo interventi di restauro al tetto e alla facciata.

L’interno, a navata unica, ha perso gran parte della decorazione pittorica originale: i dipinti, ad eccezione di quelli dell’abside, sono conservati nei depositi del Palazzo dei Musei.

L’altare maggiore, in legno argentato, proviene dalla Basilica di San Prospero.

Di particolare interesse la Cappella Pernicelli, restaurata nel 2009, che conserva una pala d’altare di Alessandro Tiarini del 1640.

La chiesa mantiene la sua funzione religiosa, affidata alla comunità greco-cattolica ucraina.

Rimane aperta soltanto durante le celebrazioni (Divina Liturgia) o in occasione di eventi.



7- BASILICA DELLA GHIARA

Dalla Chiesa di San Giorgio, in pochi minuti a piedi raggiungo uno dei luoghi simbolo di Reggio Emilia: la Basilica della Beata Vergine della Ghiara.

Ho raccontato la storia e l'arte di questa basilica in un post dedicato BASILICA DELLA GHIARA.

Esterno della Basilica della Ghiara, importante luogo di culto mariano.


8- CHIESA DEI SANTI GIROLAMO E VITALE
via San Girolamo, 24

Questa chiesa è uno degli edifici religiosi più affascinanti e meno conosciuti della città, progettata nel 1646 dall’architetto e scenografo Gaspare Vigarani.

La facciata è austera, e niente lascia intendere si tratti di una chiesa, o che possieda splendidi interni, solo una piccola croce sul tetto.

La chiesa dei Santi Girolamo e Vitale, lungo il percorso del centro sud storico.
Fotografia di Monica Galeotti,
da pieghevole della chiesa di San Girolamo.


Architettura e ambienti interni

La chiesa è un capolavoro barocco che racchiude al suo interno quattro ambienti sacri interconnessi, ispirati ai luoghi della Passione di Cristo.

- L'Atrio con la "Scala Santa": una scala di 28 gradini che i fedeli percorrono in ginocchio durante la Settimana Santa, rievocando la salita di Gesù al palazzo di Pilato.

- L'Oratorio dei confratelli San Girolamo e San Vitale.

- La Rotonda, dedicata ai santi Simone e Giuda: una chiesa a pianta circolare con altare centrale, circondata da colonne e nicchie contenenti statue di santi in stucco. 

- La Cripta: situata nel livello sotterraneo, che ospita una riproduzione fedele del Santo Sepolcro di Gerusalemme, basata sulle misurazioni effettuate nel 1600 da Ippolito Pratonieri, membro della Confraternita di San Girolamo.

La chiesa dei Santi Girolamo e Vitale, mappa interna.
Fotografia di Monica Galeotti, da pieghevole della chiesa di San Girolamo.


Aperture e visite

La chiesa è generalmente chiusa al pubblico, ma apre durante la Settimana Santa, offrendo ai fedeli la possibilità di partecipare al rito della Scala Santa. Inoltre, a partire dal 2 febbraio 2024, è visitabile in autonomia ogni primo venerdì del mese dalle 15:00 alle 18:00, mentre un sabato al mese l’associazione Città di Reggio offre visite guidate su prenotazione e a offerta libera.

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Nel prossimo itinerario esplorerò la → ZONA NORD (A BREVE)


Centro storico di Reggio Emilia da Google Earth – ©didascalie Monica Galeotti



torna a REGGIO EMILIA PRESENTAZIONE


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NOTE:

-Tutte le foto sono di Monica Galeotti.

-Le mappe sono tratte da Google Earth, con didascalie personalizzate a cura dell'autrice.


RIFERIMENTI:

Libri:
-Emilia-Romagna, Touring Editore, 2010.



Podcast:
-"Basilica di San Prospero a Reggio Emilia raccontata da Giuseppe Caliceti", programma "Le Meraviglie", Radio 3, 17 dicembre 2017.



lunedì 23 giugno 2025

CHE GUEVARA tú y todos

MOSTRA
27 marzo - 30 giugno 2025
Museo Civico Archeologico
via dell'Archiginnasio, 2 - BOLOGNA
aperta tutti i giorni dalle 10:00 alle 19:00
(escluso il martedì)
ingresso € 13,00



Cartellone d'ingresso della mostra dedicata a Che Guevara esposta a Bologna.



La vita e l’eredità di Ernesto Guevara de La Serna, noto al mondo come Che Guevara (Rosario 1928 – La Higuera 1967), figura simbolo della rivoluzione e icona di intere generazioni.



LA MOSTRA
"Tú y todos"


Cartellone d'ingresso della mostra dedicata a Che Guevara esposta a Bologna, con titolo grafico in rosso.



CHE GUEVARA OGGI: IL SENSO DI UNA MOSTRA

Daniele Zambelli, direttore creativo di Simmetrico e curatore della mostra, scrive che lavorare su Ernesto Guevara ha significato confrontarsi con una figura complessa e controversa, capace ancora oggi di dividere come poche. Due anni di studio e progettazione sono stati necessari per affrontarne la profondità e l’ambivalenza.

Che Guevara è un eroe per molti, un cattivo maestro per altri. Di certo è una figura che ha segnato l’immaginario di intere generazioni, lasciando un’impronta culturale potente nella nostra storia recente.

È significativo che non si riesca a "normalizzarlo", se non attraverso forzature narrative rassicuranti: viene etichettato come romantico, utopista, fanatico, ingenuo. Ma queste definizioni dicono più della nostra ignoranza che di lui.

Dall’ideale dialogo con Guevara emerge invece il ritratto di un uomo intenso, che ha dedicato se stesso a un’idea apparentemente folle: costruire un’umanità il cui imperativo morale sia evolvere verso una società più giusta. 

Dietro l’icona rivoluzionaria, c’è una persona che sente su di sé lo schiaffo inflitto dal potere a milioni di donne e uomini privati di dignità e speranza.

Un uomo che ha cercato, con radicalità, di rispondere a una domanda che riguarda tutti: che cosa fare, in un mondo in cui l’ingiustizia sociale e lo sfruttamento sono la norma?

Una domanda che risuona ancora oggi — la stessa che anche Papa Francesco, altro argentino celebre, ha posto alla coscienza collettiva.

La figura del Che ci obbliga a uscire dalla nostra zona di comfort intellettuale, a prendere posizione.

Il fine della mostra non è alimentare l’epica del personaggio né schierarsi in un giudizio sulle sue scelte. L’obiettivo è stimolare una riflessione profonda: sul suo percorso umano, sulle sue domande, e su un periodo storico che ci aiuta a comprendere il presente.

Zambelli conclude con un pensiero affettuoso a Camilo Guevara, a cui la mostra è dedicata, ricordando con gratitudine la sua generosa disponibilità nell’aprire l’archivio del Centro de Estudios Che Guevara e il suo impegno nella divulgazione della figura del padre.

Ernesto Guevara ragazzo, anni '50.



UN VIAGGIO NELLA VITA DI CHE GUEVARA ATTRAVERSO TRE LIVELLI NARRATIVI

Contesto storico
Di taglio giornalistico, offre uno sguardo sul quadro geopolitico dell’epoca, descrivendo lo scenario e le condizioni in cui Che Guevara ha operato.
Biografia
Attraverso materiali d’archivio inediti, ripercorre gli eventi pubblici e privati che hanno segnato la vita di Che.
Dimensione intima
Emergono scritti personali: diari, cartoline e lettere ai familiari, oltre a registrazioni inedite dedicate alla moglie, che svelano il volto più umano di Guevara.


Quindi in apertura una serie di pannelli ripercorrono la storia di Cuba dal 1492 al 1952, anno in cui ha inizio la dittatura di Fulgencio Batista.


I DUE VIAGGI CHE CAMBIARONO IL CHE

Quattro grandi album sfogliabili con proiezioni video raccontano l’infanzia e la giovinezza di Ernesto, esplorando i viaggi intrapresi.

Al centro dello spazio, la leggendaria Poderosa II, replicata fedelmente alla motocicletta con cui Guevara percorse il mitico viaggio del 1952 attraversando il Sudamerica.

Fu utilizzata durante le riprese del film "I diari della motocicletta".

La motocicletta Norton, Poderosa II, che portò Che Guevara in viaggio per il Sud America, esposta nella mostra bolognese.





La Poderosa II – Norton "model 18" del 1939.

La motocicletta Norton, Poderosa II, che portò Che Guevara in viaggio per il Sud America, esposta nella mostra bolognese.




La bicicletta, invece, è quella originale: adattata con un un piccolo motore Garelli Mosquito, fu utilizzata da Ernesto nel 1950 per il suo primo viaggio attraverso le province del Nord dell'Argentina, un percorso di oltre 4.000 chilometri.

Bicicletta Garelli Mosquito usata da Che Guevara prima della Rivoluzione, presente nell'allestimento della mostra.


All'età di 21 anni decide infatti di esplorare il proprio paese per osservare da vicino le condizioni sanitarie e sociali, anche in funzione dei suoi studi di medicina.

È il suo primo contatto diretto con la povertà, l'ingiustizia e le diseguaglianze in aree marginali.

Il viaggio risveglia in lui una sensibilità sociale che andrà rafforzandosi negli anni a venire.

Bicicletta Garelli Mosquito usata da Che Guevara prima della Rivoluzione, presente nell'allestimento della mostra.


Il successivo viaggio con la motocicletta Poderosa II Norton, sarà quello che trasformerà definitivamente la sua visione del mondo.

A 23 anni, con il compagno di viaggio Alberto Granado, amico e biochimico, percorre in 8 mesi oltre 8.000 km attraverso l'America Latina, da Buenos Aires al Venezuela, con l'obiettivo di conoscere il continente e visitare ospedali e lebbrosari.

Durante gran parte del viaggio fu Granado a guidare, con Ernesto come passeggero, anche se in alcuni tratti si alternavano alla guida.

Dopo varie disavventure e guasti, la moto si ruppe in Cile, e da quel momento i due continuarono il loro viaggio con mezzi di fortuna, camion, barche, treni e anche a piedi, fino a raggiungere il Venezuela.

Guevara assiste alle condizioni di sfruttamento, disuguaglianza e abbandono in tutto il Sudamerica.

Nasce in lui la consapevolezza che il cambiamento non può avvenire solo attraverso la medicina, ma attraverso l'azione politica e rivoluzionaria.

La motocicletta Norton, Poderosa II, che portò Che Guevara in viaggio per il Sud America, esposta nella mostra bolognese.


Superata la linea gialla sul pavimento – che rappresenta simbolicamente il momento della presa di coscienza politica di Guevara – la narrazione si sviluppa lungo una linea del tempo che ripercorre le tappe fondamentali della guerriglia a Cuba. Sono gli anni più duri della lotta contro la dittatura di Fulgencio Batista, in cui il Che non solo combatte, ma organizza scuole rurali, istruisce i contadini e cura i feriti, anche quelli nemici, in condizioni di vita estreme, tra marce forzate e crisi d’asma.

Dalla liberazione di Cuba nel 1959, la mostra prosegue con immagini storiche, filmati e registrazioni che documentano gli anni degli incarichi istituzionali: Guevara contribuisce a costruire il socialismo cubano, riorganizzando l’amministrazione e la struttura economica dell’isola.

Iconico ritratto di Che Guevara realizzato da Alberto Korda, esposto fra le fotografie della mostra.



Iconico ritratto di Che Guevara realizzato da Alberto Korda, esposto fra le fotografie della mostra.
5 marzo 1960 - diventerà l'immagine simbolo del Che.



Che Guevara incontrò Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir nel 1960, all'Avana, poco dopo la rivoluzione cubana.

I due si recarono a Cuba tra febbraio e marzo di quell'anno per osservare da vicino gli sviluppi del processo rivoluzionario.

Sartre intervistò Guevara e ne rimase profondamente colpito, definendolo "l'uomo più completo del nostro tempo".

L'incontro avvenne in un clima di entusiasmo internazionale per la rivoluzione cubana, e contribuì a rafforzare l'immagine di Guevara anche in Europa, come figura carismatica e intellettualmente impegnata.

Che Guevara incontra Sartre e de Beauvoir all'Avana nel 1960, durante la visita degli intellettuali francesi a Cuba.


15 maggio 1960 – fotografato da Alberto Korda in barca insieme a Fidel Castro durante il torneo di pesca al marlin intitolato a Ernest Hemingway, al largo delle coste di Cuba.

Il torneo fu istituito da Hemingway stesso nel 1950 e con il tempo fu associato alle élite e agli stranieri, fino a quando Fidel Castro e Che Guevara decisero di partecipare simbolicamente per riappropriarsene dimostrando che la rivoluzione poteva entrare in tutti gli ambiti della società cubana.

Alberto Korda fotografa Fidel castro e Che Guevara durante un torneo di pesca al marlin, a bordo di una barca al largo di Cuba.



8 agosto 1960 – Il Che è sulla copertina di "Time", che dedica a lui e a Cuba l'articolo principale.

La striscia gialla "Comunism's Western Beachhead", l'avamposto del comunismo nell'emisfero occidentale, intende segnalare l'isola di Cuba come un pericoloso punto d'ingresso del comunismo nel "cortile di casa" degli Stati Uniti.

Che Guevara ritratto sulla copertina della rivista Time dell'8 agosto 1960.



2 settembre 1960 – Nella Plaza de la Revolución, davanti a una grande folla, Fidel Castro legge la prima Dichiarazione de L'Avana, riaffermando i principi e la direzione della Rivoluzione e il diritto all'autodeterminazione dei popoli latinoamericani.

È la risposta forte e simbolica alla dichiarazione di San Josè, in Costa Rica, approvata dall'OSA, l'Organizzazione degli Stati Americani, nella quale Cuba veniva definita dagli USA "sottomessa all'influenza extra continentale", una presa di posizione contro la rivoluzione cubana.

Fidel Castro pronuncia la dichiarazione dell' Avana in plaza de la revolucion, di fronte a una folla immensa, 2 settembre 1960.
Fidel Castro presenta al popolo cubano
la prima Dichiarazione de L'Avana.



2 agosto 1961 – Guevara con Salvador Allende all'Università di Montevideo.

A Punta del Este, in Uruguay, ha luogo il summit economico dei paesi dell'OSA.

Pianificata dagli Stati Uniti con il proposito apparente di dare forma a un progetto regionale chiamato "Alleanza per il Progresso", per Guevara la conferenza ha come vero obiettivo la realizzazione di un piano per soffocare la rivoluzione cubana.

La delegazione guidata dal Che ha la missione di mettere in chiaro le basi e i principi del sistema sociale di Cuba, anche senza contare sull'appoggio delle nazioni dell'area.

Che Guevara incontra Salvador Allende a Santiago del Cile il 2 agosto 1961 durante una visita diplomatica latino americana.



In questa immagine vengono mostrate le installazioni missilistiche sovietiche a Cuba, fotografate dagli aerei spia americani il 15 ottobre 1962, dando inizio alla Crisi dei missili.

Il 22 ottobre Kennedy minaccia pubblicamente la minaccia nucleare e il giorno dopo impone un blocco navale intorno all'isola.

Dopo giorni di tensione, si raggiunge un compromesso: l'URSS ritira i missili da Cuba in cambio della promessa americana di non invadere l'isola e del ritiro segreto dei missili Usa dalla Turchia e dall'Italia, senza consultare Cuba.

Immagine aerea delle installazioni missilistiche sovietiche a Cuba scattata dagli Stati Uniti durante la crisi del 1962.



L'Avana, 1962 – Primo discorso di Che Guevara all'Unione dei Giovani Comunisti (poi UJC).

Che Guevara pronuncia il suo primo discorso pubblico all'Unione dei giovani comunisti cubani, all'Avana nel 1962.


Gennaio 1963 – Che Guevara durante la raccolta della canna da zucchero.

Nella provincia di Camagüey, in un momento di difficoltà economica aggravata dal blocco statunitense, Guevara partecipa in prima persona alla raccolta della canna da zucchero, utilizzando una macchina falciatrice progettata dai tecnici del Ministero dell'Industria.

Ritratto da Alberto Korda, il suo gesto non è solo simbolico: il giorno seguente, 27 gennaio, intervenendo alla Plenaria Nazionale dello Zucchero, ribadisce che la meccanizzazione è una necessità imprescindibile per lo sviluppo economico e per la stessa rivoluzione.

È questa, afferma, la vera battaglia da vincere.

Afferma che l'operaio d'avanguardia deve diventare "eroe venerato del lavoro", creando una nuova leggenda rivoluzionaria, pari a quella del combattente armato.

Che Guevara partecipa alla raccolta della canna da zucchero nel 1963, fotografato da Alberto korda durante una giornata di lavoro volontario.



3 febbraio 1963 – A L'Avana il fotografo svizzero Renè Burri, fra i più grandi del '900, ritrae il Che mentre scrive, beve e fuma il sigaro.

Le foto faranno il giro del mondo.

Che Guevara fuma un sigaro nello studio del Ministero, ritratto da Renè  Burri in una celebre fotografia del 1963.



Che Guevara sorride con sguardo disteso durante una pausa, ritratto da Renè  Burri in uno degli scatti più noti.


25 marzo 1964 – Che Guevara alla Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo.

In rappresentanza di Cuba, Che Guevara interviene a Ginevra alla prima conferenza UNCTAD, denunciando con forza lo squilibrio economico tra Nord e Sud del mondo.

Il suo messaggio è chiaro: "la única solución correcta es la supresión absoluta de la explotación de los países pobres por los países ricos".

Per lui, lo sviluppo non può nascere dalla carità, ma dalla fine dell'ingiustizia strutturale nelle relazioni internazionali, quella che impedisce ai paesi poveri di svilupparsi, anche se lavorano, producono, esportano:

1- I Paesi ricchi (ex colonizzatori o potenze industriali) impongono condizioni commerciali, finanziarie e tecnologiche che mantengono i Paesi poveri in una posizione di dipendenza e sottosviluppo.

2- Le materie prime dei Paesi del Sud del mondo sono acquistate a prezzi bassi, mentre i prodotti finiti del Nord sono venduti a prezzi alti.

3- Le regole del commercio internazionale (banche, prestiti, mercati) sono fatte per favorire chi è già forte economicamente.

Quindi no a riforme o aiuti: serve rompere con le regole imposte dal sistema economico globale.

Che Guevara rappresenta Cuba alla prima conferenza ONU sul commercio e lo sviluppo, a Ginevra il 25 marzo 1964.


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Fotografie, lettere e materiali d’archivio accompagnano il visitatore, passando per la celebre lettera d’addio a Fidel Castro e le lettere inviate alla moglie, ai figli e ai genitori.


LETTERA A FIDEL CASTRO
31 marzo 1965

Ernesto "Che" Guevara scrive a Fidel Castro una lettera d’addio in cui rinuncia a ogni incarico e alla cittadinanza cubana per continuare la lotta antimperialista rivoluzionaria in altri paesi del mondo.

Nonostante dopo la rivoluzione cubana fosse divenuto figura centrale del nuovo governo, dentro di sè non si sentiva un uomo da scrivania.

La lettera non viene resa pubblica per non attirare l'attenzione, né dei cubani, né dei servizi segreti stranieri, e Fidel la conserva segretamente.

Guevara lascia Cuba per l'Africa a condurre anche in Congo la lotta contro l'imperialismo.

È un testo intenso, personale e politico, che esprime riconoscenza verso Fidel e riafferma l’impegno militante del Che come scelta di vita e di coerenza.

Il tono è grave ma affettuoso, pieno di riconoscenza e di lealtà. È il saluto di un uomo che si prepara a scomparire nel silenzio e nella clandestinità, convinto che il suo posto sia ovunque vi sia una causa giusta da difendere.


A Fidel Castro
L’Avana, “Anno dell’Agricoltura”, 31 marzo 1965


Fidel,

mi ricordo in questa ora molte cose: di quando ti ho conosciuto in casa di María Antonia, di quando mi proponesti di venire, di tutta la tensione dei preparativi. Un giorno vennero a chiedere chi avrebbero dovuto avvisare in caso di morte, e la possibilità reale di quel fatto ci colpì tutti. Dopo abbiamo capito che era vero: in una rivoluzione si vince o si muore (se è vera). Molti compagni caddero lungo il cammino verso la vittoria.

Oggi tutto ha un tono meno drammatico perché siamo più maturi, ma il fatto si ripete. Sento di aver adempiuto alla parte del mio dovere che mi legava alla rivoluzione cubana nel suo territorio, e mi congedo da te, dai compagni, dal tuo popolo, che ormai è il mio.

Rinuncio formalmente ai miei incarichi nella Direzione del Partito, al mio posto di Ministro, al mio grado di Comandante, alla mia condizione di cubano. Nulla di legale mi lega a Cuba, solo legami di un altro tipo — quelli che non si possono spezzare come un mandato.

Rivedendo la mia vita passata, credo di aver lavorato con sufficiente onestà e dedizione per consolidare il trionfo della Rivoluzione. La mia unica grave mancanza è non aver avuto più fiducia in te fin dai primi momenti della Sierra Maestra, e non aver compreso abbastanza rapidamente le tue qualità di conducente e rivoluzionario.

Ho vissuto giorni magnifici e, al tuo fianco, ho sentito l’orgoglio di appartenere al nostro popolo nei giorni luminosi e tristi della Crisi dei Caraibi. Raramente uno statista ha brillato tanto, come allora. Mi inorgoglisce anche averti seguito senza esitazioni, identificandomi con la tua visione dei pericoli e dei principi.

Altri paesi del mondo reclamano il mio modesto contributo. Posso fare ciò che a te è negato per responsabilità alla guida di Cuba, ed è giunta l’ora di separarci.

Fallo sapere: lo faccio con una miscela di gioia e dolore. Qui lascio il più puro delle mie speranze di costruttore e i più cari tra i miei affetti… e lascio un popolo che mi ha accolto come un figlio; questo ferisce una parte del mio spirito. Nei nuovi campi di battaglia porterò la fede che mi hai trasmesso, lo spirito rivoluzionario del mio popolo, la sensazione di adempiere al più sacro dei doveri: combattere l’imperialismo ovunque esso sia; questo consola e cura più di ogni ferita.

Ripeto ancora una volta che esonero Cuba da ogni responsabilità, salvo quella derivante dal suo esempio. Se mi cogliesse l’ultima ora sotto altri cieli, il mio ultimo pensiero sarà per questo popolo e, in modo speciale, per te. Ti ringrazio per i tuoi insegnamenti e il tuo esempio, ai quali cercherò di essere fedele fino alle ultime conseguenze delle mie azioni.

Mi sono sempre identificato con la politica estera della nostra Rivoluzione e lo sono tutt'ora. Ovunque io sia, mi sentirò responsabile di essere un rivoluzionario cubano, e come tale agirò. Non lascio nulla di materiale né a mia moglie né ai miei figli, e non me ne dolgo; anzi, mi rallegra che sia così. Non chiedo nulla per loro, perché lo Stato provvederà loro quanto basta per vivere e studiare.

Avrei molte cose da dirti e da dire al nostro popolo, ma sento che non sono necessarie: le parole non possono esprimere ciò che vorrei, e non ha senso riempire pagine.

Hasta la victoria siempre.
Patria o muerte!

Ti abbraccio con tutto il fervore rivoluzionario.


Che


Che Guevara ritrattoaccanto alla lettera d'addio inviata a Fidel Castro prima di partire per l'Africa, datata 31 marzo 1965.

Dove fosse andato Che Guevara era oggetto di continue speculazioni, persino sua moglie Aleida non sapeva dove si trovasse.
Mentre da più parti si premeva per avere spiegazioni sulla scomparsa, Fidel Castro decise di rendere pubblica la lettera, sei mesi dopo averla ricevuta: era il 3 ottobre 1965.
La lettera suscitò un forte impatto emotivo. A partire da quel testo, il cantautore cubano Carlos Puebla compose "Hasta siempre, Comandante".
L’espressione riprende l’ultima frase della lettera:
"Hasta la victoria siempre!"

Il ritornello più noto dice:
"Aquí se queda la clara, la entrañable transparencia
de tu querida presencia, Comandante Che Guevara."
("Qui resta chiara, la trasparente tenerezza
della tua amata presenza, Comandante Che Guevara.")

È diventata un vero inno internazionale in memoria del Che, reinterpretata da decine di artisti nel mondo.

Carlos Puebla incise il brano nel 1965.

Qui allego la versione originale "Hasta Siempre", brano interpretato da Carlos Puebla (YouTube, pubblicato dal canale Democrito Leucipo Epicuro).



In seguito i Buena Vista Social Club nel 1996 hanno offerto una versione corale e immensa, rivolgendola non solo al Che, ma alla nazione intera, sostituendo nel testo "Te seguimos, y con Fidel" con "Te seguimos, y con Cuba", sottolineando l'idea che l'eredità del Che appartiene non solo a Fidel Castro, ma a tutti i cubani.

"Hasta Siempre", brano interpretato dai Buena Vista Social Club (YouTube, pubblicato dal canale Pedro Demetrion).



 

LA CATTURA E L'ASSASSINIO

Congo (1965) – Dopo aver scritto la lettera d'addio a Fidel, dice ai suoi collaboratori del Ministero dell'Industria che sarebbe andato in Canada per una missione tecnica legata alla produzione di zucchero, in realtà aveva già preparato un viaggio clandestino in Africa.
Parte in incognito passando da Praga, ed entra nel Congo orientale per aiutare i ribelli di Laurent-Désiré Kabila. L’esperienza è un fallimento: mancanza di disciplina, scarso sostegno locale e contrasti politici portano Guevara a ritirarsi dopo pochi mesi.

Tanzania e Praga (fine 1965) – Dopo il ritiro dal Congo, si rifugia per qualche tempo in Tanzania, e poi di nuovo a Praga, dove scrive il suo diario africano.

Cuba (in segreto, metà 1966) – Fidel Castro e la dirigenza cubana gli offrono nuovamente sostegno; rientra in gran segreto e organizza una nuova impresa: la Bolivia.
Vive isolato, sotto copertura, per allenarsi con un piccolo gruppo di guerriglieri cubani e ripartire, senza nessun contatto esterno, neppure con i familiari.

Bolivia (fine 1966 – 1967) – Guevara entra in Bolivia sotto falso nome e inizia a formare un nuovo focolaio rivoluzionario. Ma anche qui incontra enormi difficoltà: isolamento politico, nessun appoggio da parte del Partito Comunista Boliviano e crescente pressione dell’esercito boliviano con il supporto della CIA.

8 ottobre 1967 – Nella Quebrada del Yuro, in Bolivia, il gruppo di guerriglieri guidato da Che Guevara viene sorpreso da cinque battaglioni dell’esercito. Durante lo scontro, Guevara viene ferito e catturato. Viene poi trasferito nel piccolo villaggio di La Higuera, a circa 8 km di distanza. I prigionieri, incluso il Che, vengono rinchiusi nella scuola del villaggio. Qui Guevara è sottoposto a interrogatorio.

9 ottobre 1967 – La mattina successiva, da La Paz giunge l’ordine di eseguire la condanna a morte.

Che Guevara viene fucilato in una stanza della scuola. Il suo corpo viene trasportato in elicottero all’ospedale Señor de Malta, a Vallegrande, dove viene adagiato su un tavolo e esposto pubblicamente ai giornalisti, alle televisioni e ai fotografi, per dimostrare che era davvero morto.

Una delle ultime foto di Che Guevara ancora vivo, scattata durante la sua cattura nella selva boliviana nell'ottobre del 1967.
Una delle ultime foto del Che vivo.


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Sospesa nello spazio, l’opera Che: Portrait of Ernesto Che Guevara dello scultore statunitense Michael Murphy, pioniere della Perception Art.

L'immagine prende forma solo da una certa distanza in un effetto visivo che sorprende.

Installazione artistica sospesa nello spazio, di Michael Murphy, che ritrae Che Guevara attraverso un effetto visivo tridimensionale.


L'opera lateralmente compare come la firma del Che.

Installazione artistica sospesa nello spazio, di Michael Murphy, che ritrae la firma di Che Guevara attraverso un effetto visivo tridimensionale.












Tú y todos (tu e tutti)
Il titolo di questa mostra, Tú y todos, riprende un verso di una poesia che Guevara scrisse alla moglie Aleida March durante il periodo in cui, tornato segretamente a Cuba per ripartire verso la Bolivia, viveva isolato e sotto copertura, senza contatti neppure con la famiglia.
Quel testo fu lasciato in custodia affinchè fosse consegnato solo in caso di morte.

"Mia unica al mondo: furtivamente ho rubato dalla credenza di Hickmet questo unico verso innamorato, per farti sentire l'esatta dimensione del mio amore. Eppure, nel labirinto più profondo della conchiglia taciturna si incontrano e respingono i poli del mio spirito: tu e TUTTI.[...]"





 Qui si trovano anche le parole di Camilo Guevara (1962-2022), a cui questa mostra è dedicata, che riflettono sull'eredità simbolica lasciata da suo padre.
Camilo è il secondogenito che Guevara ha avuto con Aleida, sua seconda moglie.

Una riflessione di Camilo Guevara March, figlio del Che, sulla memoria e l'eredità politica del padre, 2017.



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CONCLUSIONI

Questa mostra, personalmente, mi ha restituito molto. È un invito ad approfondire, a mettersi in cammino alla ricerca dei frammenti meno noti della vita del Che.

Un’icona riconosciuta in tutto il mondo, che per decenni abbiamo visto stampata su magliette e manifesti, qui smette di essere simbolo statico: diventa uomo.

Un uomo che sembra prendere vita, parlare alla sua gente, al suo popolo, ai compagni di lotta, per condividere ideali che — incredibilmente — non sono di tutti.

E se questo mio stupore potrà sembrare, a chi la pensa diversamente, ingenuo, utopico o presuntuoso, mi riconosco e unisco a quanto scrive Daniele Zambelli in apertura della mostra: se vi è sfuggito, con un colpo di mouse potete tornare indietro a rileggerlo.

La figura di quest’uomo mi coinvolge ed emoziona, soprattutto oggi, in tempi segnati da derive autoritarie, partiti estremisti e nuovi dittatori.

Può esistere ancora un filo di speranza chiamato Rivoluzione?

Autoritratto di profilo di Che Guevara nel 1959, mentre fuma un sigaro.
Che Guevara, autoritratto, 1959.

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NOTE:

-ho visitato la mostra il 16 giugno 2025.

-tutte le foto e il video sono di Monica Galeotti, ad eccezione del giovane Ernesto Guevara senza barba, immagine di pubblico dominio.

-tutto il materiale della mostra proviene dagli Archivi degli Studios Che Guevara, riconosciuti dall’UNESCO come patrimonio della "Memoria del Mondo".

Ideazione:
la mostra è frutto di due anni di lavoro del team di Simmetrico Cultura, composto da dieci figure tra autori, curatori, docenti e archivisti. Durante tre mesi di studio a Cuba, presso il Centro de Estudios Che Guevara, sono stati analizzati oltre 2.000 documenti, 100 ore di materiali audiovisivi storici e più di 14 ore di registrazioni di discorsi ufficiali. La base bibliografica include oltre 40 titoli tra pubblicazioni cubane ed europee, a cui si aggiungono più di 100 tra tesi, saggi e articoli internazionali.
La realizzazione ha coinvolto, in sei mesi di lavoro, oltre 20 professionisti: architetti, art director, sound designer, tecnici luci e video, grafici e montatori. La colonna sonora originale è firmata da Andrea Guerra.

Produzione:
Simmetrico Cultura, Alma, Centro de Estudios Che Guevara.
Curatori: Daniele Zambelli, Flavio Andreini, Camilo Guevara, María del Carmen Ariet García
Ricerca storica: Coordinata dal Prof. Luigi Bruti Liberati, con il supporto dell’Università degli Studi di Milano e dell’Università di Storia dell’Avana.

Patrocini:
– Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO
– Ambasciata di Cuba in Italia
– Regione Emilia-Romagna
– Comune di Bologna

In collaborazione con:
Settore Musei Civici Bologna – Museo Civico Archeologico