lunedì 17 luglio 2017

L'ARSENALE - SESTIERE CASTELLO

SECONDA PARTE



aggiornato 2021

Fondato nel 1104, ma probabilmente è una data fittizia, l'Arsenale di Venezia diventò ben presto il maggiore cantiere navale d'Europa e il più vasto complesso produttivo del mondo. Grazie alle sue grandi risorse economiche (all'arsenale veniva destinato il 10% dei proventi della città) e ai suoi 4.000 operai specializzati chiamati 'arsenalotti', rappresentava il cuore della potenza mercantile e militare della Repubblica.


Venezia-Arsenale





La parola "arsenale" proviene dall'arabo "Dār al-ṣinā'
a", che vuol dire "casa del mestiere", da cui derivano, attraverso la mediazione del veneziano, la parola "darsena" e quindi "arsenale".


Ancora oggi è completamente circondato da 3,2 km di mura merlate.

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Al culmine della sua attività, l'Arsenale doveva suscitare uno stupore incredibile: i calderoni di pece fumante, il frastuono delle seghe e gli incessanti colpi di martello sui metalli impressionarono anche Dante, che si ispirò proprio all'Arsenale, dopo averlo visitato nel 1312, per la descrizione delle Malebolge nella Divina Commedia (Inferno; Canto XXI, 7-21).
Molte vie di Castello devono il loro nome alle attività dell'Arsenale, come Calle della Pece, del Piombo, delle Ancore e delle Vele.

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 Si può dire che le radici della Rivoluzione Industriale non affondano nell'Inghilterra del 18° secolo, bensì nella Venezia medievale. Nell'Arsenale della Repubblica infatti, fu messo in atto un sistema di produzione molto simile alla catena di montaggio: ogni nave veniva assemblata in singole fasi di progettazione realizzate in successione in una serie di capannoni, e la nave in costruzione si spostava attraverso i canali, da uno stadio della costruzione all'altro. 
Come risultato di questa innovazione si potevano mandare in produzione contemporaneamente circa 100 galee. L'Arsenale si avvalse anche della consulenza di Galileo. Il trattato che egli scrisse in seguito, attingendo alla sua esperienza, è considerato un testo fondamentale della scienza dei materiali. 

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Gli arsenalotti lavoravano ciascuno con la propria specializzazione, dagli addetti alla costruzione dello scafo a quelli che applicavano la pece, quelli che montavano le vele e così via. Le donne erano specializzate nella fabbricazione delle vele e i bambini, che iniziavano l'apprendistato all'età di 10 anni, intrecciavano i fili di canapa per intrecciare le cime.
Il lavoro all'Arsenale aveva una sua dignità riconosciuta, giacchè gli arsenalotti ricevevano una buona paga e godevano di privilegi speciali, fedeli al Doge e allo Stato per tutta la durata della Repubblica.
I requisiti richiesti erano competenza professionale, forza fisica e discrezione.
Gli arsenalotti dovevano imparare a tacere anche nei chiassosi bacari del sestiere di Castello, mantenendosi sempre sul vago se interpellati circa la giornata lavorativa appena trascorsa.
Nessuno doveva rivelare come si lavorava all'interno del cantiere e lo 'spionaggio industriale' era considerato alto tradimento, punibile con l'esilio o con la morte. Se altre potenze marittime avessero imparato a costruire navi con l'abilità e la rapidità di Venezia, la piccola Repubblica avrebbe facilmente potuto soccombere a uno dei suoi avversari.
Anche al di fuori del luogo di lavoro gli arsenalotti tendevano a rimanere tra di loro, si sposavano tra di loro e avevano perfino un loro mercato ortofrutticolo per ridurre al minimo il contatto con il resto della popolazione.

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Il prestigio dell'Arsenale è rassicurato anche dal suo aspetto esteriore, caratterizzato da un design all'avanguardia.

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Il complesso orbita intorno al cosiddetto Arsenale Vecchio che racchiude un edificio in cui era custodito il BUCINTORO, la galea cerimoniale del Doge, in pratica un palazzo galleggiante a più piani, interamente rivestito in lamina d'oro. Per essere manovrato richiedeva la forza di 168 rematori, tutti arsenalotti: la voga del Bucintoro era uno dei privilegi che spettavano a questa maestranza altamente specializzata.
I visitatori che arrivavano a Venezia e si assiepavano sulla Riva degli Schiavoni per vederla passare, erano migliaia, e rimanevano a bocca aperta, tra le acclamazioni, il rombo delle artiglierie, la sfarzosa scorta nautica per la celebrazione del tradizionale, antichissimo rito annuale dello Sposalizio del Mare, che simboleggiava il dominio marittimo di Venezia.

Il Bucintoro fu incendiato dalle truppe napoleoniche, ma una fondazione sta portando avanti il progetto di una ricostruzione a grandezza naturale per un costo previsto di circa 15 milioni di euro; è stata aperta una sottoscrizione per raccogliere i fondi.

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Venezia, modellino del Bucintoro conservato al Museo Storico Navale - ©Museo Storico Navale





IL PERCORSO DELL'ARSENALE E L'ISOLA DI SAN PIETRO:


1- LE CORDERIE o La Tana

2- ARSENALE NUOVO E NUOVISSIMO

3- LE GAGGIANDRE

4- TORRE DELLA PORTA NUOVA

5- PORTA MAGNA o Dei Leoni

6- GIARDINO DELLE VERGINI

7- ISOLA DI SAN PIETRO


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1- LE CORDERIE o La Tana

La grande corderia detta La Tana è il primo ampliamento dell'Arsenale, dove venivano fabbricati i cordami (1304).
 Lunga 317 metri in tre navate, oggi corrisponde all'ENTRATA della Biennale d'Arte ed è uno degli spazi migliori.

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2- ARSENALE NUOVO E NUOVISSIMO

L'Arsenale Nuovo (1325) e il Nuovissimo (1473) si aggiunsero alle Corderie.

Nella foto l'Arsenale Nuovissimo.

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3- LE GAGGIANDRE

Dopo la caduta di Costantinopoli nel 1453, rinacque la minaccia della flotta ottomana che dominava il Mediterraneo, così l'Arsenale fu potenziato per produrre le galeazze, navi da guerra, e furono realizzati gli squeri (bacini di carenaggio) delle gaggiandre.

Furono costruite fra il 1568 e il 1573 da Jacopo Sansovino.

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Le gaggiandre furono dotate di due grandi tettoie acquatiche.

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Sansovino era celebre, aveva grande competenza tecnologica e capacità espressiva di bellezza.
Coniugava due aspetti che la città di Venezia voleva fossero sempre presenti.

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4- TORRE DELLA PORTA NUOVA

Dalle gaggiandre si ammira la Torre della Porta Nuova, del 1810, situata sulla darsena Nuovissima.

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5- PORTA MAGNA o Dei Leoni

Entro nell'Arsenale: attraverso le opere d'arte esposte alla Biennale andrò a percorrere i luoghi appena descritti.

In primo luogo la Porta Magna, che era l'ingresso da terra dell'Arsenale, sormontata dal Leone di San Marco, simbolo della città, in possesso di un libro che rappresenta il potere, la saggezza, la giustizia.
Ai piedi delle statue e della cancellata sono collocati quattro leoni marmorei, portati a Venezia da Atene come bottino di guerra dal condottiero veneziano Morosini.

1- A sinistra il Leone del Pireo, IV secolo a.C., seduto sulle zampe posteriori, le anteriori tese, il corpo eretto.
 Faceva originariamente parte della decorazione di una fontana del Pireo, l'antico porto di Atene.
Reca incise sul fianco destro alcune rune vichinghe, identificate dagli studiosi come iscrizioni dell'XI secolo. In sostanza una singolare manomissione, resoconto dell'episodio di mercenari norvegesi che combatterono al soldo dei bizantini nel sedare una rivolta greca.
Una copia di questo leone è stata ricollocata nella posizione che occupava nel porto del Pireo.

2- A destra della cancellata il Leone dell'Hephaisteion, completamente accovacciato a terra. Proviene dalle vicinanze della Via Sacra, tra Atene ed Eleusi, probabilmente monumento funerario. La testa non è pertinente, ma di restauro.

3- Il terzo leone è il più antico, VII secolo a. C.
Seduto sui posteriori, proviene dalla Terrazza dei Leoni, isola di Delo, arcipelago delle Cicladi, sede di un celebre santuario di Apollo ✲

4- Ultimo, accanto al Rio dell'Arsenale, di minori dimensioni e più modesto livello qualitativo, è del 320 a. C. circa. La testa è di restauro.
Si ritiene non identificabile con un leone, bensì di un cane accovacciato, una sorta di mastino o pseudo-molosso.

Alla destra del portale vi è un busto che raffigura Dante Alighieri a ricordare la sua visita a Venezia nel 1321.

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✲ Fra le rovine del santuario di Apollo, isola di Delo, sono ancora visibili cinque esemplari analoghi.



L'entrata all'Arsenale-Biennale è in Campiello Tana, 2199/F; vi si arriva lungo il Rio de L'Arsenal.

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All'entrata il bookshop con una rilassante caffetteria al piano rialzato.

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Nell'edificio delle corderie l'opera di Michel Blazy (Principato di Monaco, 1966), che più di tutti ha centrato il significato del titolo della Biennale "Viva Arte Viva", con una parete di vecchie scarpe da cui spuntano piante: un invito poetico al riciclo ecologista.

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Nell'area delle Tradizioni un gruppo di sculture figurative imbevute di riferimenti etnici e culturali, di Francis Upritchard.

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Yee Shookyung presenta una gigantesca scultura di 4 metri con pezzi di porcellana tradizionale cinese.

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Nell'area degli Sciamani, la tenda gigantesca "Sacret Places", di Ernesto Neto, ispirata ai riti sciamanici dell'Ha'in Kuin Amazzonica (alcuni Huni Kuin sono presenti alla Biennale come partecipanti a rituali performativi).
E' un argomento di tendenza nel mondo dell'arte, ma già iniziato negli anni '70 con Joseph Beuys e molti si definiscono 'artista sciamano'.

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Area dionisiaca, opera di Huguette Caland.

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L'area dei Colori conclude la lunga sala delle Corderie dell'Arsenale: probabilmente una delle più fotografate, l'opera molto colorata di Sheila Hicks, fatta di gigantesche palle di tessuto. Sensualità e piacere dei colori.

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L'area del Tempo e dell'Infinito.
L'opera "Square", di Liu Jianhua, visivamente bellissima, vuole esprimere una varietà di flussi e potenze di materiali che si inseriscono in modo apparentemente ordinato, nello spazio e nel tempo.

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Una sala surreale di specchi è l'opera "Welten Linie", di Alicja Kwade. Gli spettatori passano dentro e fuori dai vetri riflettenti e dai telai metallici, cancellando o inserendo altri visitatori dalla linea della visuale, dando all'intero spazio una sensazione di tempo e di realtà alterata.

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L'opera del filippino Lani Maestro.

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Suggestiva l'istallazione "Werken", di Bernardo Oyarzun, cileno. Una foresta di maschere Mapuche.
La storia dei Mapuche è quella di resistenza nella loro terra di origine contro i Conquistadores e l'istallazione  è dedicata a tutti i popoli che la storia ha condannato a morte, una metafora per rappresentare le minoranze di tutti i continenti.

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All'esterno degli edifici Alicja Kwade, che aveva già sorpreso con l'opera "Welten Linie", costruisce una galassia di 13 pietre-pianeti riformulando la sintassi dell'universo: "Pars pro Toto".
Sullo sfondo l'Arsenale Nuovo.

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Così arrivo alle Gaggiandre, dove una navetta, ad orari stabiliti, con un viaggio di andata e ritorno, mi trasporta all'Arsenale Nuovissimo.

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Con Napoleone, Venezia divenne una base navale per la flotta dell'Impero ma, con il Trattato di Campoformio (1797) e la cessione di Venezia all'Austria, la Repubblica Veneta finì e la città rimase agli austriaci per cinquant'anni.
Con la caduta della Repubblica della Serenissima, Venezia muore insieme all'Arsenale e il predominio navale si esaurisce, cessando di essere quello di un tempo.

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L'ultimo significativo ampliamento dell'Arsenale avvenne dal 1872 al 1878, con opere che trasformarono la funzionalità dell'intero complesso.
Furono istallate gru e demoliti alcuni edifici per consentire la costruzione di due grandi scali scoperti.
Nel 1880 fu edificato l'edificio dei Congegnatori-aggiustatori e creato un nuovo comando della base navale.
Eravamo alla vigilia dei tempi nuovi.

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Nel 2013 una parte dell'Arsenale è passata al Comune di Venezia, mentre la parte residua resta affidata alla Marina Militare Italiana.

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Negli spazi dell'Arsenale Nuovissimo oggi sono in corso lavori di riqualificazione che prevedono la creazione di aree per la manutenzione delle navi moderne, negozi, ristoranti, spazi espositivi e un centro studi.

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L'importanza dell'Arsenale è una costante nella storia di Venezia, che ebbe una caratteristica rara: essere punto d'incontro fra Oriente e Occidente.
Il mezzo che ha permesso di dominare i mari grazie alle navi che erano di ottima fattura e, allo stesso tempo, di importare dall'Oriente ed esportare i prodotti verso l'Occidente cristiano.

Ciò che più di tutto importava a Venezia era la pace, perchè solo con la pace era possibile commerciare.


6- GIARDINO DELLE VERGINI

Il Giardino delle Vergini conclude la visita alla Biennale e all'Arsenale.
E' un'area verde di grande fascino e di grande ispirazione per gli artisti che ne hanno fatto un luogo espositivo e creato suggestive istallazioni.

Michael Blazy (già incontrato con le vecchie scarpe ecologiste) ha creato "Forêt de balais"-"Foresta di scope".
Fin dagli ultimi anni 80, Blazy ha incorporato materiali organici nelle proprie opere, che mutano di natura e aspetto nel corso della loro esposizione.
Nelle scope di saggina Blazy ha cosparso i gambi di semi, i quali permettono alla scopa di evolversi e di ritornare alla sua natura originaria. Le sue opere non si possono controllare del tutto e non sono frutto di una benchè minima programmazione. Piuttosto sono altamente ricettive e si adattano agli eventi imprevisti del loro ambiente, sviluppando una vita propria. Una visione d'arte profondamente aperta. 

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7- ISOLA DI SAN PIETRO

  Il Giardino delle Vergini corrisponde all'uscita dell'Arsenale della Biennale e una breve camminata mi porta verso l'Isola di San Pietro.

Attraversato il Rio delle Vergini imbocco Calle Larga Rosa: il ponte di San Pietro mi porterà all'isola.

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 BASILICA DI SAN PIETRO DI CASTELLO

Fu la cattedrale di Venezia dal 1451 al 1807.

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Ammiro il bel campanile in pietra bianca d'Istria

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e la grande cupola.

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Alcuni scorci dell'isola solitaria di San Pietro, dove abitavano la maggior parte degli arsenalotti, durante la piacevole passeggiata.

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Venezia-Isola di San Pietro






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Questo secondo percorso ha attraversato l'Arsenale e mi ha portata a concludere la perlustrazione di un'area vastissima, Isola di San Pietro compresa.

Venezia-Isola di San Pietro

Cristine Macel, curatrice della Biennale 2017, alla domanda "Qual'è il ruolo dell'artista oggi e a cosa serve l'arte contemporanea nella società odierna?" - risponde - "Il compito dell'autore è quello di resistere, di aggiungere qualcosa di nuovo alla realtà. Un atto di resistenza contro la banalità oppure contro la perdita di utopie e speranza. L'arte serve a sperimentare una vita più interessante. A sognare e a inventare un mondo di domani". 

Quindi, dopo tanto incendio di colori e godimento dello spirito, decido che la miglior definizione sull'arte l'ha scritta Gustave Flaubert:

"Ama l'arte, fra tutte le menzogne è ancora quella che mente di meno".



                                                                                      → Castello parte terza


                                    → Venezia



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