Nel 1712 l'incisore Mitelli disegnò il gioco dell'oca con le insegne delle osterie più famose di Bologna. È un documento importante perchè testimonia un grande numero di luoghi ormai scomparsi, ad eccezione de Il Sole e La Fontana. E testimonia il fatto che a Bologna le osterie erano importanti per la comunità.
Nel gioco le osterie sono 59 , ognuna identificata con la propria specialità culinaria.
Fu a partire dalla seconda metà del 1200 che le osterie si diffusero e già nel '300 ve ne erano circa 150.
Questo era dovuto al fatto che Bologna faceva e fa ancora parte di un passaggio obbligato per viaggiatori, studenti e commercianti.
Qui passavano e spesso si fermavano.
Cos'era l'osteria?
Un locale dove si serviva vino.
Quando non si trattava di sola mescita, il menù consigliava pochi piatti:
pasta e fagioli, polpette e friggione (cipolla e pomodoro).
Chi riforniva di vino le osterie era la Compagnia dell'Arte dei Brentatori, in via dei Pignattari (fianco destro di San Petronio), dove una targa ricorda l'edificio in cui si trovava, oggi sede di un albergo.
La Compagnia, oltre a consegnare il vino, ne riscuoteva le tasse su quantità e qualità.
Gli addetti venivano chiamati 'brentatori' perchè trasportavano il vino con la 'brenta', un caratteristico cesto allungato portato sulle spalle.
I brentatori avevano anche il compito di caricare acqua anzichè vino, al suono della campana degli Asinelli, che allertava per spegnere gli incendi.
In pratica sono stati i primi pompieri di Bologna.
©anticheistituzionibolognesi.org |
A metà dell' 800 Bologna, che si riorganizzava a seguito di una delusione post-unitaria, era in pieno fermento con ideali anarchici e socialisti (seguaci di Bakunin e Andrea Costa).
Gli incontri informali che si tenevano a parlare di politica, riguardavano la piccola e piccolissima borghesia, una parte di cittadini definiti dagli informatori della Pubblica Sicurezza: quelli della Bologna degli "oziosi e malfattori".
Ed è grazie a questi resoconti di "sorveglianza speciale", che oggi sappiamo quale sia stata la progettualità, sotto il profilo dell'attività mutualistica e dell'associazionismo solidaristico, che rese Bologna una città d'avanguardia.
Perchè ho inserito questa informazione?
Perchè le giornate di questi "malfattori" erano spese all'interno dei caffè e delle osterie.
Come l'Osteria del Chiù e l'Osteria del Sole.
L'Osteria del Chiù, oggi scomparsa, esisteva ancora agli inizi del '900, ma esisteva sicuramente dal XVII secolo perchè ricordata da Alessandro Tassoni nella "Secchia rapita", 1622.
©genus bononiae - Osteria del Chiù |
Come scrive Guccini nel suo libro "Nuovo dizionario delle cose perdute": "Le osterie (quelle autentiche) sono come gli animali in via d'estinzione, forse dovrebbero essere protette dal WWF.
Prima son scomparse nei paesi, sostituite dai bar: banconi lucidi di acciaio, tavoli col ripiano di formica, luci al neon, avventori più portati al caffè corretto che al bicchier di vino.
In città han resistito un pò di più, col quartino, mezzo o col litro."
Negli anni '60 le osterie conobbero un nuovo boom come ritrovo del movimento dei cantautori.
Il costo del vino era basso (una bottiglia 300 lire), si portavano le chitarre e via con i brani.
Al vino si aggiunsero altre bevande e altri cibi, come i crostini e il tiramisù. Valeva sempre la regola del cibo a buon prezzo perchè i soldi in tasca erano pochi.
In tempi più recenti si sono aggiunte le ricette della tradizione: la tagliatella, il ragù, le lasagne verdi, la cotoletta.
Nel 1974 Guccini scrisse "La canzone delle osterie di fuori porta":
🎵 Sono ancora aperte come un tempo le osterie di fuori porta,
ma la gente che ci andava a bere, fuori o dentro, è tutta morta:
qualcuno è andato per età, qualcuno perchè già dottore e insegue una maturità, si è sposato, fa carriera ed è una morte un pò peggiore 🎵
Francesco Guccini durante una partita a carte all'Osteria delle Dame, 1972.
© pubblico dominio - foto Marcello Salustri |
Se negli anni '70-'80 le osterie non erano più quelle dove si beveva e si parlava di politica fino a tardi, figuriamoci oggi.
Le moltissime di stampo medievale sono scomparse per far posto a palazzi e negozi.
Quelle nate più tardi, quasi tutte scomparse; alcune sopravvissute hanno mantenuto il nome e sono collocate nel medesimo luogo.
Meritano di essere citate ed illustrate per continuare ad essere inserite in un contesto storico importantissimo di Bologna.
Almeno fino a quando non ci saranno nuove gestioni che cambieranno completamente il volto dei locali.
L'unica osteria rimasta tale e quale ai tempi antichi è
l'OSTERIA DEL SOLE,
del 1465,
in Vicolo Ranocchi, 1, una stradina microscopica al Mercato di Mezzo.
L'osteria mantiene due record:
quello di essere la più antica osteria di Bologna e quello di avere un'unica offerta, quella del vino.
Infatti non hanno la cucina e il cibo te lo porti da casa o lo acquisti nei negozi alimentari del Mercato di Mezzo:
il cosiddetto 'scartuzen'.
Per questo si può affermare che si tratta dell'unica osteria ancora esistente in città.
Nella classifica delle più antiche osterie d'Italia sembrerebbe essere la seconda, dopo l'Osteria "Al Brindisi" di Ferrara, documentata fin dal 1435.
Che poi si chiamava "Chiuchiolino" (da ciuc, ubriaco).
L'Osteria del Sole ha sempre avuto una gestione e un'offerta semplice ed è riuscita a mantenerla nel tempo, anche grazie ad un intervento nel 2009, che la salvò da una malaugurata chiusura.
Dal 1940 viene gestita dalla famiglia Spolaore ma, quando il proprietario dei muri decise di vendere, non esisteva la possibilità di acquistarla.
Se la famiglia ha potuto continuare nella gestione di sempre e consegnarcela così come oggi ci appare è stato grazie all'intervento della Fondazione Carisbo che la acquistò.
Per approfondire, dal sito Osteriadelsole → la storia.
Quindi, entro e siedo dove c'è posto con il mio "scartuzen" e poi mi dirigo al bancone a prendere il vino.
Un piccolo viaggio dentro l'Osteria.
In fondo a destra, la "sala" dedicata a Fabio Roversi Monaco, che dell'acquisto, tramite Carisbo, fu promotore.
Un piccolo cortile interno è dedicato a Fabio Testoni (musicista bevente), storico componente degli Skiantos.
Un quadro "d'annata": la Gioconda con bicchiere.
Sono andata a visitare tutte le osterie che hanno mantenuto la denominazione storica.
Rispetto agli anni '80, alcuni locali sono cambiati poco, altri molto, e il vino non è più quello di un tempo, oggi è migliore...son cambiati i tempi.
In ogni caso, a seguire, quelli che possono meritarsi, a mio avviso, di mantenere la denominazione di un tempo.
1- In primis, la già citata OSTERIA DEL SOLE
8 → OSTERIA DA VITO (excursus)
Nella speranza che questi luoghi non siano prossimi a scomparire del tutto, godiamoceli, insieme a un bicchiere di buon vino.
Bibliografia:
-Francesco Guccini, "Nuovo Dizionario delle cose perdute", ristampa 2015, ed. Oscar Mondadori.
-Francesco Guccini, "Nuovo Dizionario delle cose perdute", ristampa 2015, ed. Oscar Mondadori.
Sitografia:
-www.wikipedia/osteria
-www.archiviodistatobologna/la-bologna-degli-oziosi-e-malfattori
-www.originebologna/via-del-chiù
-www.bolognatoday/cronaca/osteria-sole
-www.osteriadelsole/storia
-www.archiviodistatobologna/la-bologna-degli-oziosi-e-malfattori
-www.originebologna/via-del-chiù
-www.bolognatoday/cronaca/osteria-sole
-www.osteriadelsole/storia
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