via Cesare Battisti, 18
angolo via IV novembre
BOLOGNA
Dal 1136, questo luogo fu sede dei Canonici regolari di Santa Maria in Reno.
La chiesa attuale conserva la tavola della Madonna della Vittoria, originariamente appartenente alla Chiesa del Monte (oggi Villa Aldini), il polittico di Vitale da Bologna e la tomba di Giovanni Francesco Barbieri, noto come il Guercino.
Si trova all'angolo fra via Cesare Battisti e via IV Novembre, vicinissima a Piazza Roosevelt e Piazza Maggiore.
©google earth - ©screenshot e didascalie Monica Galeotti |
STORIA DELL'EDIFICIO
"Nel 1136, Olivario Diacono costruì una chiesa a Bologna dedicata a San Salvatore per i canonici di Santa Maria di Reno, originariamente insediati presso l'omonima chiesa a Casalecchio di Reno.
La presenza di monaci greci prima del 1136 è suggerita, ma la conferma della congregazione di Santa Maria di Reno giunge da Innocenzo II nel medesimo anno.
Un documento del settembre 1136 rivela l'esenzione dalle decime per il monastero di Santa Maria di Reno e San Salvatore, indicando che San Salvatore apparteneva ai monaci prima del 1136, che probabilmente se ne servivano come ospizio.
L'inaugurazione della Congregazione Renana avvenne nel 1136, con un Primus Prior (Primus indica primo fra molti, Prior primo fra due) menzionato nei documenti della chiesa.
Nel 1149, una sentenza del cardinale Ubaldo riguardo al dominio della chiesa del Salvatore è registrata."*
La struttura è stata più volte rifatta nei secoli.
Nel 1474 iniziarono i lavori di ricostruzione dell'edificio e del monastero, curati da Gaspare Nadi.
L'aspetto attuale è frutto del rifacimento totale (1606-1623) eseguito da Vincenzo Porta su progetto dell'architetto barnabita Ambrogio Mazenta e Tommaso Martelli, in conformità ai nuovi dettami della chiesa dopo il Concilio di Trento, e occupata dai Canonici regolari lateranensi.
Dopo secoli questi hanno abbandonato la chiesa del Salvatore per occuparsi di due nuove parrocchie a Bologna.
Nel 2009, la comunità di San Giovanni, fondata nel 1975 da Marie Dominique Philippe, un domenicano francese, ha preso il loro posto.
FACCIATA
La nobile facciata, dalle linee semplici, richiama quella di Santa Maria dei Monti a Roma, e ospita quattro statue in cotto raffiguranti gli evangelisti, realizzate da Giovanni Tedeschi e inizialmente dipinte a imitazione del bronzo, a rappresentare l'annuncio del Vangelo.
Sulla sommità, si trovano altre tre statue in rame:
il Salvatore Gesù Cristo e due angeli.
Oltre alla facciata, notevole il fianco maestoso su via IV Novembre, di fronte a Palazzo Marescalchi.
GLI INTERNI
L'interno della chiesa, a navata unica, custodisce notevoli opere d'arte nelle otto cappelle laterali.
Il fulcro spirituale della chiesa risiede nel presbiterio, evidenziato dal dipinto di Guido Reni, raffigurante il Salvatore.
Le opere più importanti:
PARETE DESTRA
II cappella
"La Resurrezione", di Donducci Giovan Andrea detto il "Mastelletta" (1575-1655).
Il Malvasia descrive la pittura del Mastelletta dicendo che, nelle sue opere, evita sempre di ritrarre figure nude, ma a volte, per esigenze narrative o storiche, si sente costretto a farlo. Tuttavia, riesce a farlo in modo non del tutto sgradevole, come evidenziato nel dipinto del Cristo risorto.
IV cappella
Questa cappella è di grande importanza per il significato delle sue opere d'arte.
"Il miracolo del crocifisso di Beirut", di Jacopo Coppi, olio su tela, 1579.
È una delle rarissime immagini del Crocifisso di Beirut, una devozione ormai estinta nel cristianesimo.
Questo miracolo è coinvolto in una polemica secolare tra cristiani ed ebrei.
L'opera fu commissionata dagli stessi canonici; due anni prima il pittore ne aveva realizzato uno analogo per la chiesa di San Pietro in Vincoli a Roma.
Il tema è insolito ma molto importante per questa chiesa: ben cinque dipinti ripropongono lo stesso evento.
La leggenda narra che nella città di Beirut in Siria, un ebreo prese in affitto una casa con un crocifisso dimenticato dal precedente inquilino.
Un suo ospite, anch'esso ebreo, lo rimproverò.
Venuto a conoscenza del fatto, il rabbino volle infliggere i segni della passione all'immagine, così avvenne il miracolo della lancia che fa scaturire acqua e sangue dal costato ligneo, portando gli ebrei a convertirsi e trasformare la sinagoga in chiesa.
"L'enfatizzazione della conversione degli ebrei sembra riflettere la visione della chiesa militante durante il pontificato di Gregorio XIII, che istituì collegi e seminari in Europa per rinnovare la classe sacerdotale, considerandola come un nuovo esercito impegnato a contrastare ogni forma di eresia, compresa quella ebraica.
Quindi una scelta iconografica antisemita"¹, ma oggi il racconto è spesso interpretato come un dialogo costruttivo tra cristiani ed ebrei, sottolineando il mistero eucaristico del sacrificio di Gesù crocifisso, tema portante di questa chiesa.
Nel dipinto, l'intero racconto del miracolo è rappresentato con scene in sequenza.
In primo piano, una folla di ammalati si accalca ai piedi della croce, attendendo la guarigione dal sangue che sgorga dal costato trafitto di Gesù.
A sinistra:
"L'incoronazione della Vergine", polittico di Vitale da Bologna, 1353 e
"Matrimonio mistico di Santa Caterina", di Girolamo da Carpi.
Vitale degli Equi, noto anche come Vitale delle Madonne o Vitale da Bologna, è stato un pittore della scuola emiliana del Trecento.
È l'autore del capolavoro "San Giorgio e il Drago", conservato nella Pinacoteca di Bologna.
Il polittico, composto da sette scomparti, rappresenta l'opera artisticamente più pregiata presente in questa chiesa.
È incorniciato da un originale intaglio gotico in legno dorato e dipinto. Questa preziosa tavola rappresenta uno dei principali documenti dell'arte bolognese del 1300, testimoniando l'apice dell'abilità del maestro, ancora oggi massimo esponente del gotico bolognese.
Le raffigurazioni presentano, a sinistra:
il presepio, San Benedetto con Santa Scolastica, Thomas Beckett di Canterbury.
Al centro la Vergine Maria incoronata da Gesù.
A destra: San Giovanni Battista con il committente (molto piccolo, alla sinistra dei suoi piedi), il martirio di Santa Caterina di Alessandria e Sant'Agostino con Sant'Ambrogio.
Gli studenti inglesi, tra cui Thomas Beckett, giunsero a Bologna pochi decenni dopo la fondazione dell'Università (fissata tradizionalmente nel 1088).
Beckett, consigliato dall'arcivescovo di Canterbury, studiò diritto canonico e civile nella città felsinea. Divenuto arcivescovo egli stesso, si oppose alle decisioni unilaterali di Enrico II sulla sfera religiosa, pagando con la vita nella cattedrale di Canterbury nel 1171.
Canonizzato due anni dopo, il culto per Beckett si diffuse anche a Bologna, dove gli studenti inglesi gli dedicarono una cappella in questa chiesa (nel 1203*).
Nel XV secolo, la presenza studentesca inglese si ridusse, ma il culto per Beckett persistette.
A questo proposito, si ipotizza² che la commissione del polittico di Vitale da Bologna sia nata nell'ambito universitario e che il promotore sia stato uno studente inglese devoto al culto dell'arcivescovo di Canterbury Thomas Beckett, raffigurato nello scomparto del polittico.
In questa stessa cappella è presente anche il dipinto "Thomas Beckett (inginocchiato sulla destra) che assiste all'ingresso di Maria al Tempio", di Girolamo da Treviso, 1527 ca.
Le due opere pittoriche di Vitale da Bologna e Girolamo da Treviso conservano il ricordo di Thomas Beckett.
PRESBITERIO
ALTARE MAGGIORE
Davanti all'altare (altare privilegiato) il dipinto "Madonna della Vittoria" o "Madonna del Monte" di Simone dei Crocifissi, 1443 ca., tempera su legno di dimensioni 90 × 45 cm.
Sullo sfondo dorato, con un fregio scuro in alto, campeggia la figura della Vergine, il cui collo e capo sono avvolti da un velo bianco, mentre un ricco manto dorato la avvolge.
Il Bambino, vestito leggermente, guarda Maria con l'indice della mano destra puntato su di sé, mentre lei lo tiene con delicatezza sulle ginocchia.
L'ancona, cornice del dipinto, realizzata da un artigiano emiliano nel 1867, è intagliata in legno dorato.
L'immagine, originariamente nella chiesa scomparsa della Madonna del Monte (ora Villa Aldini), fu trasferita qui nel 1867 dopo vari pellegrinaggi.
Simone dei Crocifissi la dipinse attribuendole la vittoria dei Bentivoglio bolognesi contro i Visconti milanesi il 14 agosto 1443 a San Giorgio Di Piano.
In onore di questa vittoria, fino al XVIII secolo si svolgeva annualmente una processione il 14 agosto, chiamata "Cavalcata alla Madonna del Monte".
Il corteo partiva da San Petronio, percorreva via della Mela (oggi via dell'Osservanza) e giungeva fino alla chiesa.
"Il Salvatore" di Guido Reni e Francesco Gessi, 1620.
Il Salvatore, opera di Guido Reni nella cappella principale dietro l'altare, fu completato da Francesco Gessi suo allievo, e raffigura la figura serena di Cristo glorificato nella benedizione, con mano sul globo e piccola croce, simboli della salvezza attraverso il sacrificio eucaristico.
Quattro dipinti in basso narrano il miracolo del crocifisso di Beirut.
Dal 2016, viene praticata l'adorazione eucaristica perpetua, cioè una preghiera ininterrotta giorno e notte, promossa da Matteo Maria Zuppi, coinvolgendo oltre 300 laici dedicati a un'ora settimanale in questa chiesa.
PARETE SINISTRA
V cappella
"Il presepe", di Alessandro Tiarini, 1623.
Alessandro Tiarini, avviato all'arte da Lavinia Fontana, trascorse una carriera artistica turbolenta.
Dopo l'apprendistato e un breve periodo con Bartolomeo Cesi, si rifugiò in Toscana a causa di un litigio.
A Firenze, si perfezionò con il Passignano.
Rientrato a Bologna, realizzò la sua prima opera pubblica, avviando un'attività prospera.
Viveva una vita agiata, più da gentiluomo che da pittore, con sontuosi rinfreschi per prelati come il cardinal Giustiniani e Ludovisi.
Nonostante una fase di inattività dovuta alla perdita della vista e a una paralisi, morì ultranovantenne, dedicandosi infine alle devozioni spirituali e lasciando gli strumenti del mestiere a Giovanni Andrea Sirani.
Cesare Malvasia elogia l'opera come un presepe bellissimo e stravagante, con il San Giuseppe in primo piano che evoca il bambino Gesù tenuto dalla Madonna, stimolando riflessioni sulla sua disarmata umanità e il mistero rappresentato.
Nel 2011, l'opera è stata restaurata con il contributo della Fondazione del Monte.
VI cappella
"Il crocifisso", di Francucci Innocenzo detto Innocenzo da Imola, 1539.
Il Malvasia commenta il crocifisso, dipinto in mezzo alla Beata Vergine Maria e San Paolo da una parte, e Sant'Agostino e San Giovanni dall'altra, affermando:
"Il crocifisso famoso, attorniato da quattro santi, lì è reso ancora più bello, con una disposizione giusta e un colore spiritoso."
VIII cappella
"San Giovanni Battista di congeda dal padre Zaccaria", di Benvenuto Tisi detto Garofalo, 1542.
Nel dipinto sono raffigurati Zaccaria, seduto su un seggio al centro di un tempio con colonne, attorniato da Gioacchino, Anna, la Vergine, Elisabetta in lacrime e un uomo con la barba all’estrema destra.
Giovanni è genuflesso ai piedi del padre.
Sullo sfondo, visibile attraverso l’arco a sinistra, un paesaggio con il battesimo di Cristo.
Giovanni è genuflesso ai piedi del padre.
Sullo sfondo, visibile attraverso l’arco a sinistra, un paesaggio con il battesimo di Cristo.
TOMBA DEL GUERCINO
Nel pavimento centrale si trova la tomba di Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino, che desiderava essere sepolto nel luogo insieme al fratello Paolo Antonio Barbieri nel 1666.
Il fratello aveva collaborato con lui in silenzio per tutta la vita ed era stato dal Guercino molto apprezzato ed amato.
Guercino giunse a Bologna dopo la scomparsa di Guido Reni, assumendone idealmente il ruolo culturale e diventando il principale pittore del Seicento.
È probabile che abbia intrattenuto una lunga relazione con i canonici nel loro laboratorio dei colori.
Il campanile, situato sul lato sinistro e invisibile dall'esterno, ospita la campana maggiore datata 1333, la più antica ancora montata in città, purtroppo resa afona da una crepa.
La campana minore, fusa nel 1583, viene ancora suonata manualmente per le funzioni.
EX CONVENTO
Il grande ex complesso conventuale di San Salvatore occupa una vasta area, con tre chiostri.
©google earth - ©screenshot e didascalie Monica Galeotti |
Fino al 2020, vi trovava spazio il teatro San Salvatore, con produzioni teatrali che spaziavano tra commedie classiche e d'avanguardia.
Attualmente, i chiostri sono destinati a caserme e al Dipartimento di polizia scientifica di Bologna.
La Chiesa del Santissimo Salvatore a Bologna rappresenta il classico esempio di come l'architettura cattolica abbia subito cambiamenti in risposta agli influssi della Riforma Luterana, successivamente al Concilio di Trento.
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La chiesa non è visitabile durante le funzioni:
da lunedì a sabato ore 13:00
domenica e festivi ore 10:30
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→ STORIA DELLA SCOMPARSA CHIESA DELLA MADONNA DEL MONTE E VILLA ALDINI
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Bibliografia:
-²"Le madonne di Vitale", pittura e devozione a Bologna nel Trecento, a cura di Massimo Medica, Musei Civici d'Arte Antica, 2010, pag. 39.
-Corrado Ricci e Guido Zucchini, "Guida di Bologna", Ed. Alfa Bologna, ristampa 1976 (originale 1968).
-pieghevole Chiesa di San Salvatore.
-didascalie dipinti all'interno della chiesa.
Sitografia:
Molto interessante perché dettagliato utile per me bolognese sempre intetessata a tutto ciò che riguarda la mia città. Non mancherò di visitarla xché la conosco poco
RispondiEliminaGrazie
Sono felice che l'articolo ti abbia ispirata a scoprire meglio questa chiesa. Buona visita e spero che l'esperienza ti piaccia. Monica
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