Palazzo Re Enzo si chiamava originariamente Palatium Novum, perché costruito nel 1246 come ampliamento del Palazzo del Podestà, ma le sue vicende storiche lo resero noto come Palazzo Re Enzo.
Tre anni dopo la sua costruzione infatti fu imprigionato il principe Heinrich, in tedesco "Ainz", che i bolognesi chiamarono Enzo, figlio di Federico II di Svevia.
Fu catturato nella Battaglia di Fossalta, nei pressi di Modena, il 24 agosto 1249, e rimase qui recluso per 23 anni, fino alla morte, avvenuta nel 1272.
Sebbene trattato con riguardo e autorizzato a ricevere visite, non uscì mai dalle sue stanze.
Il padre minacciò di distruggere la città, chiedendo invano la liberazione del figlio.
Il duello rimase epistolare, e fu il giurista Rolandino dei Passeggeri – il cui mausoleo si trova accanto alla Basilica di San Domenico – a rispondere con parole ferme e coraggiose:
"Non sperate di atterirci con le vostre vane parole: non siamo canne palustri tremole a ogni spira di vento, nè siamo simili a piume, nè a nebbie che si dileguano ai raggi del sole. Sappiate che Enzo lo teniamo e lo terremo. Si venies invenies – se vieni, ci troverai".
Federico II morì l'anno seguente, nel 1250, e Bologna non si sentì più minacciata.
Per festeggiare la vittoriosa battaglia di Fossalta, ogni anno, il 24 agosto, si teneva in Piazza Maggiore la "Festa della Porchetta", in ricordo dell'ingresso in città del prigioniero Enzo.
La sua tomba si trova presumibilmente nella Basilica di San Domenico, anche se non è più individuabile, nè segnalata da alcuna lapide: gli storici ritengono che si trovi in una sepoltura semplice e anonima nella cripta o in una cappella laterale.
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| Palazzo Re Enzo visto da via Rizzoli con Torre Lambertini e Torre dell’Arengo sullo sfondo. |
Quando fu catturato Enzo aveva 27 anni: era un giovane di bell'aspetto, dai lunghi capelli biondi, e dal carattere ardimentoso.
Il Comune gli permetteva di ricevere visite femminili, e nel suo testamento ricorda tre figli naturali.
Portava con sé i racconti e i costumi delle corti nobiliari: musiche, balli, feste e poesie — alcune delle quali scritte di suo pugno.
Numerose leggende circondano la sua prigionia.
Una di queste narra di un amore con Lucia di Viadagola, una contadina da cui sarebbe nato un quarto figlio, chiamato Bentivoglio perché Enzo le diceva spesso: "Amore mio, ben ti voglio".
Quel bambino, secondo la leggenda, sarebbe stato il capostipite della famiglia bolognese dei Bentivoglio.
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| Primo piano della Torre Lambertini a Palazzo Re Enzo. |
Le merlature a coda di rondine che oggi ammiriamo si devono ad Alfonso Rubbiani, che tra il 1905 e il 1913 restituì al palazzo l’aspetto gotico, aggiungendo anche le arcate del pianterreno e la scalinata.
L’ingresso, con le sue mura in mattoni, le finestre ogivali e le logge, custodisce una corte interna con un antico pozzo.
Sulla facciata principale, una targa ricorda la liberazione di Bologna del 21 aprile 1945.
Alla destra del palazzo si trova ancora l’accesso alla cappella di Santa Maria dei Carcerati, detta anche chiesetta della corda: qui i condannati all’impiccagione assistevano a una messa, ricevendo la corda che avrebbero portato con sé fino al balcone della loro esecuzione.
Le facciate esterne, affacciate su Piazza del Nettuno, via Rizzoli e Piazza Re Enzo, sono state restaurate nel 2003.
Il lampione liberty collocato nel 1920, opera di Alfonso Rubbiani, si inserisce nel Percorso Liberty del centro storico.
Per lungo tempo sede delle magistrature cittadine, oggi Palazzo Re Enzo accoglie esposizioni e congressi, continuando a vivere nel cuore di Bologna.
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NOTE:
-tutte le foto sono di Monica Galeotti.









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