sabato 27 febbraio 2021

PARCO DEI CALANCHI DI SABBIUNO

via Pieve del Pino - Sabbiuno di Montagna

BOLOGNA 



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Il parco si trova all’estremità di Bologna, al confine con Sasso Marconi. 


È stato fortemente voluto dal Comitato per le Onoranze ai Caduti di Sabbiuno e dall’ANPI provinciale nel 1974, e fa da cornice al Memoriale di Sabbiuno, creato nel 1972-73 dal Gruppo Architetti Città Nuova, nel luogo in cui furono assassinati dai nazifascisti 100 partigiani, nel dicembre 1944.


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Il parco circonda il memoriale, con due aree ben distinte, separate dalla strada, via di Sabbiuno.
Oppure si potrebbe dire che il memoriale divide in due il parco, trovandosi sul crinale fra Reno e Savena. 

©Google Hearth - ©Monica Galeotti mapping
©Google Hearth - ©Monica Galeotti mapping



VERSANTE RENO - AREA CALANCHIVA

L’area verso il Reno, non praticabile, è occupata da uno spettacolare anfiteatro di calanchi, che si allungano verso la valle del Reno e l’abitato di Casalecchio. 
I bacini calanchivi formano la testata del rio dei Rii. 

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Queste di Sabbiuno sono state identificate come Argille Azzurre (depositi argillosi subappenninici del Pliocene) niente meno che da Leonardo da Vinci. Fu lui infatti a coniare questo nome nel suo primo lavoro scientifico riguardante le Argille Azzurre di Brocchi.

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Il processo di erosione, che le mette in luce, avviene soprattutto per via dello scorrimento delle acque in pendenza, ma concorrono anche altri fattori, come l’esposizione e la poca presenza di copertura vegetale. Il calanco infatti è spesso anche una conseguenza di pratiche agricole e di pascolo che hanno impoverito il manto vegetale originario. 

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Durante gli anni '70 alla base del calanco è stata realizzata un’opera idraulica costituita da un laghetto artificiale, oggi colmato dalle colate di argilla, che si producono ad ogni stagione piovosa, cosicchè l’area risulta pianeggiante, completamente occupata da vegetazione con canne di palude. 
L’intervento è stato un tentativo per recuperare il calanco dal basso, rallentandone l’erosione. 

L’origine di queste argille è marina, legata alla sedimentazione avvenuta sui fondali di un profondo mare che si estendeva fra Reno e Idice nel corso di tutto il Pliocene (da 5 a 2 milioni di anni fa).
Le argille sono a tratti molto fossilifere; tra i calanchi vi sono gusci di gasteropodi del genere Natica e quelli di scafopodi del genere Dentalium. 

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©illustrazione Centro Villa Ghigi - ©Monica Galeotti photo

 

In questa area l’accesso ai visitatori è sconsigliato ⚠️. 
Il processo erosivo determina, specie dopo giornate piovose, il distacco delle colate di fango. 

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VERSANTE SAVENA - AREA PERCORRIBILE 

L’area verso il Savena è occupata da prato, cespugli, qualche panchina e il panorama in direzione Pianoro.

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 Da questa terrazza panoramica si osservano in lontananza alcuni calanchi spettacolari: le sottili creste e il pinnacolo isolato delle arenarie plioceniche di Pieve del Pino, sotto Monte Samorrè. 

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Il parco e il memoriale sono raggiungibili dalla via San Mamolo oppure con l’autobus numero 52B. 











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Biografia:

-pieghevole "Sabbiuno", parchi e giardini bolognesi,  a cura del Centro Villa Ghigi, maggio 1992.



Sitografia:




lunedì 22 febbraio 2021

LE STELLE NON STANNO A GUARDARE

I divi, l'umanitarismo e l'uso politico della celebrità
MANUEL LAMBERTINI

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Minù si distrae con le stelle - ©Monica Galeotti photo


Un saggio "illuminante".
Dal falso mito di Buffalo Bill al fascino di Lyda Borelli.
Conosco la storia dell'attrice a seguito della visita della Casa di Riposo a lei intitolata a Bologna e dopo aver letto una breve biografia.
Conosco anche la storia del marito, Vittorio Cini, dopo aver visitato la Fondazione Giorgio Cini, intitolata al figlio di entrambi, all'Isola di San Giorgio MaggioreVenezia.
Non conoscevo l'analisi di Gramsci sulla diva Lyda Borelli (p.28), che avrebbe riguardato in seguito tante altre attrici, e ho messo insieme un puzzle, quella considerazione che mi mancava: ecco perchè il marito era così geloso!
(durante il loro matrimonio cercò di far sparire dalla circolazione tutti i suoi film, e la figura di attrice venne quasi del tutto dimenticata).

Ho scoperto che la partecipazione affettiva (ego involvement) p.57, è l'esatta definizione di ciò che mi aveva colpita, quella sorta di innamoramento verso il personaggio Rustin Cole (M. McConaughey) in True Detective.

Un'analisi precisa e inesorabile di Bono Vox, mia icona giovanile, già da tempo appannata, che mi ha chiarito definitivamente le idee.

Infine lo Storytelling delle Celebrity Advocacy, che cela un pericoloso risvolto sociale non immaginabile.

C'è molto altro nel libro, un'analisi profonda a partire dagli antichi miti fino ad arrivare alle nostre star politicizzate, svecchiate dai social media.
Bravissimo e grazie.

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Infinito Edizioni, 2019.


➡️ per l’acquisto on-line IBS


MANUALE DI PITTURA E CALLIGRAFIA

JOSÈ SARAMAGO



Questo libro risale al 1977, definito dall'autore "...forse il mio libro più autobiografico".

La descrizione, presentazione del libro sul retro copertina è perfetta.¹

©Feltrinelli Editore Milano, retro copertina - ©foto Monica Galeotti


Le memorie d'infanzia di H., il protagonista del libro, provengono e ci vengono regalate dai ricordi dell'autore.

Inoltre H. decide di passare dalla pittura alla calligrafia, così come Saramago che, dopo avere svolto attività giornalistica e scritto qualche opera, si dedicherà completamente alla scrittura dal 1974, in seguito alla Rivoluzione dei Garofani, all'età di 52 anni.

Questo lo porterà (ancora non lo sapeva quando scrisse il libro nel '77) alla fama e addirittura al Premio Nobel nel 1998.

Nelle pagine c'è tantissimo, oltre il racconto di sè: fa da sfondo il fascismo degli anni '70 in Portogallo e il fascismo dell'amata Italia, con le lotte operaie che cercavano di contrastarlo in quegli anni difficili.

Dell'Italia c'è anche un viaggio minimo attraverso i suoi monumenti, con l'occhio critico di un grande pensatore.

Inglobate ci sono:

Milano, Venezia, Padova, Ferrara, Bologna, Firenze, Siena, Arezzo, Perugia, Todi, Roma, Napoli, Positano.

La scrittura è barocca, ridondante e quando sembra non esserci significato, quando l'eccesso aggettivante, le frasi ripetute apparentemente sembrano inutili ed eccessive, il significato eccolo lì ad attenderti. Il cerchio si chiude e comprendi tutto.

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©illustrazione copertina Emiliano Ponzi



→ Josè Saramago


→ Bologna: il Compianto commentato da Saramago


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Universale Economica Feltrinelli Editore Milano, prima edizione, gennaio 2011. Traduzione dal portoghese di Rita Desti.

©1983 Josè Saramago & Editorial Caminho, SA, Lisboa.



martedì 16 febbraio 2021

MUSEO DELLA STORIA

PALAZZO PEPOLI VECCHIO
via Castiglione, 8 - Bologna

aggiornato il 30 novembre 2024

Il Museo della Storia di Bologna si trova all'interno di Palazzo Pepoli Vecchio, palazzo medievale, dimora di una delle più importanti famiglie di Bologna. 


Il palazzo è immenso, va dal civico 4 al civico 10.
Si trova nei pressi delle Due Torri. 

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LA STORIA 

L’inaugurazione del palazzo avvenne nel 1344 da parte di Taddeo Pepoli, unendo diverse proprietà della famiglia acquistate in via Castiglione dal padre Romeo.

I Pepoli sono stati per secoli fra le famiglie più ricche e potenti di Bologna, e via Castiglione ne è l'esempio (a questo palazzo si aggiunge Palazzo Pepoli Campogrande che sta di fronte, oggi sede distaccata della Pinacoteca Nazionale di Bologna).

Provenivano dalla zona di Imola e divennero ricchissimi con il commercio di taffetà insieme alle successive attività bancarie.

Nel 1506 ricevettero da Papa Giulio II un seggio nel senato bolognese, che mantennero sino alla fine del Settecento.

Nel 1360 il palazzo venne confiscato dalla Santa Sede assegnandolo alla Camera Apostolica, che ne fece un collegio gregoriano, ma fu una breve parentesi.
A partire dal 1474 infatti l’edificio tornò nelle mani dei Pepoli e lo ampliarono per secoli, fino al 1723. 

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Dopo la morte dell’ultimo erede della famiglia, Agostino Sieri Pepoli, nel 1914, il palazzo fu ereditato dal Comune di Bologna, concesso in cambio della creazione di un Museo Pepoli. 

Il Comune di Bologna invece trasferì la Libreria Pepoli alla Biblioteca Comunale e vendette il palazzo alla Cassa di Risparmio, attuale proprietà, che aveva acquisito altre parti del palazzo da privati. 

Durante la Prima Guerra Mondiale fu sede della Croce Rossa americana. 

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©cartolina Cassa di Risparmio di Bologna




GLI ESTERNI

L’edificio possiede una facciata austera dal tipico aspetto medievale, un tempo protetto da un fossato con ponti levatoi.

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Molto belle le terrecotte nell'arco della porta.

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MUSEO DELLA STORIA 

Il palazzo è quindi di proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, trasformato in sede museale nel 2012, diventando parte del circuito Genus Bononiae. 

Genus Bononiae si occupa di attuare percorsi culturali, artistici e museali attraverso vari edifici restaurati e recuperati nel centro storico di Bologna.

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©illustrazione Genus Bononiae




 Il recupero di questo palazzo, durato sette anni, ha consolidato la struttura e restaurato ornamenti plastici e pittorici.

 Dopo mesi di chiusura durante il 2024, il 30 novembre il palazzo ha riaperto con una nuova gestione e un diverso approccio per contrastare la scarsa affluenza:
 ora non fa più parte del circuito Genus Bononiae, ma è gestito dal Comune di Bologna e integrato nei Musei Civici.

L’edificio rimane di proprietà della Fondazione Carisbo, che cura la manutenzione, mentre Bologna Welcome promuove le attività per un modello più dinamico e sostenibile.

L’allestimento principale è stato mantenuto, ma con novità come il Teatro dei Burattini, che offre spettacoli e attività interattive, ed eventi sulla cultura popolare bolognese.

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Il Museo ospita al suo interno 12 spazi espositivi al piano terra e 34 al primo piano.
Un percorso fra storia, tradizione ed eccellenze felsinee.
 Alcune sale ospitano video, documentari e installazioni multimediali. 

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©brochure museo Genus Bononiae


Il restauro dell’allestimento museografico è stato affidato all’architetto Mario Bellini. 


Entro e vengo accolta dalla corte duecentesca del palazzo dove, grazie al progetto curato dall’architetto Italo Lupi, svetta la grande Torre del Tempo, alta 15 m, una struttura in vetro e acciaio illuminata dall’alto di luce naturale. 
La Torre rievoca le Torri di Bologna; all’interno le scale e l’ascensore per accedere al piano nobile del palazzo. 

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©foto Genus Bononiae




La Torre del Tempo rappresenta inoltre il criterio espositivo del museo, ossia l'ordine cronologico nel "tempo".

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Sempre nella corte d'entrata appare un'alta insegna luminosa che somiglia ad uno stendardo, con l'immagine del sommo poeta Dante, che a Bologna trascorse alcuni periodi della sua vita e, anche se non vi sono prove di questo, il dato è comunemente accettato.
Innegabili invece alcuni "sonetti" riferiti alla città e i versi dell'Inferno XXXI sulla Garisenda*.

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Qui la piano terra l'accesso è gratuito per la caffetteria e la bottega del museo.

La storia della città è raccontata con circa 200 opere, esposte attraverso episodi e personaggi chiave, strutturata in una successione cronologica, dalla Felsina etrusca fino ai giorni nostri. 


NELL'ORDINE:

• Bologna nell’antichità (sale 1-4)
Nel 2015, durante la conclusa mostra "Il viaggio oltre la vita. Gli etruschi e l'aldilà tra capolavori e realtà virtuale", ho potuto vedere la riproduzione fedele di un capolavoro di arte funeraria etrusca: il Sarcofago degli Sposi, VI sec. a.C., il cui originale si trova al Museo Nazionale di Villa Giulia a Roma.
Una coppia di sposi sdraiata su una klìne, letto matrimoniale dove ci si accomodava durante le feste.
La tomba degli sposi viene rappresentata come se partecipassero ad un banchetto, in posizione di perfetta parità.
Dimostra la posizione di rilevanza della donna nella società etrusca, non ripresa dai romani, che non ammettevano le donne al convivio, se non in età imperiale.

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La scultura è stata acquisita con scansione laser e poi modellata dal team Cineca, composta da 6mila frame e costata circa 40mila euro.

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La rappresentazione del mare.
Il mare veniva percepito dagli etruschi come "spazio del limite", separando ciò che è noto da ciò che è "altro". L'attraversamento di questo spazio era ciò che attendeva gli etruschi dopo la morte, nel viaggio verso l'aldilà. Egli lo compie, oltre che a bordo di un'imbarcazione o tuffandosi, a cavallo di esseri marini, come "Il cavaliere su Ippocampo".

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• La grande stagione del Medioevo (sale 5-7 e 9-10)

Sala Carlo V

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• Forma Urbis (sala 8)
Le trasformazioni urbanistiche, dall'età romana alla contemporanea.


• Il Rinascimento dei Bentivoglio (sale 11-12)


• Bologna in scena: politica, religione e riti della vita collettiva (sale 13-16)

L'antico baldacchino per la processione della Madonna di San Luca.

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I BURATTINI
La novità di quest'anno, come accennavo in apertura, sono i burattini.

La collezione di burattini della Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna, composta da 51 figure, 10 fondali e una baracca originale, rappresenta una testimonianza della tradizione burattinesca bolognese, nata dalla commedia dell’arte e diffusa nelle feste e nei mercati.
Spesso le maschere si sono fatte specchio del popolo, satireggiando i potenti e denunciando ingiustizie.

Tra i personaggi più noti spicca Fagiolino, reso popolare da Angelo Cuccoli, e le maschere create da Augusto Galli.
Demetrio Pasini, ultimo grande burattinaio cittadino, ha raccolto figure ottocentesche di maestri come Emilio Frabboni, contribuendo a preservare e rinnovare quest’arte secolare.

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In primo piano, da sinistra: Fagiolino, Balanzone, Sganapino e Brighella.



Sale C e D
Fra la sala 15 e la 16 una deviazione porta alle sale C e D, dove il Teatro dei Burattini ha sostituito il video in 3D con l’etrusco Apa, che aveva la voce di Lucio Dalla.
Lungo il corridoio d’ingresso, le statue di Fagiolino (bolognese) e Sandrone (modenese) discutono scherzosamente sull’origine del tortellino, nato a Castelfranco Emilia, oggi modenese ma un tempo bolognese.
Un simbolo conteso ma indiscutibilmente emiliano!

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La sala C simula un laboratorio di burattini, mostrando materiali come legno e stoffe, e racconta la tradizione artigianale dei burattini bolognesi, rendendo omaggio alla loro storica presenza in città.

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Nella sala D, il Teatro dei Burattini di Riccardo Pazzaglia racconta la carriera di un maestro burattinaio che, dopo aver studiato all’Accademia di Belle Arti, ha dedicato trent’anni alla rinascita del teatro dei burattini bolognesi.

Riconosciuto con premi prestigiosi, Pazzaglia è anche autore e scultore di burattini, portando avanti iniziative innovative per la valorizzazione di questa tradizione.


In questa sala si terranno spettacoli di burattini, secondo il programma eventi del museo.

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Il maestro burattinaio Riccardo Pazzaglia.




• Bologna La Dotta: arti, scienze, lettere, musica (sale 17-19 e 21-22)

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L'arte dell'Aemilia Ars, la manifattura artistica fondata dal bolognese Alfonso Rubbiani. È ispirata allo → Stile Liberty.

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• La Città delle Acque (sala 20)
L'installazione interattiva più evocativa del museo:
una volta è ricoperta di fibre ottiche, e riproduce una galleria sotterranea. Un video a pavimento reagisce ai movimenti del visitatore, rimandando a quel canale che scorre al suo interno, come quasi tutti i canali cittadini.

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Insieme alla visione suggestiva, vi si legge la storia dei canali, che rifornirono la città per le sue attività produttive.
Vedi anche Le Acque di Bologna

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• Dal Settecento al Novecento (sale 23-28)








• Un tempo né troppo vicino né troppo lontano (sale 29-32)


• La città delle lingue (sale 33-34)
Lo scambio comunicativo di Bologna.


• Sala della cultura

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Fra una sala e l'altra non mi sono sfuggiti gli splendidi soffitti affrescati di Palazzo Pepoli.

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Conoscere la storia del luogo che stai visitando è importante, direi essenziale, quindi il museo è un ottimo punto di partenza per chi arriva a Bologna per la prima volta.
Ma è un bel viaggio anche per i bolognesi, è positivo ripercorrere la storia della propria città.













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Sitografia: