martedì 30 novembre 2021

MONTEACUTO DELLE ALPI

Lizzano in Belvedere - BOLOGNA



Il paese di Monteacuto, di origine medievale, si trova arroccato in posizione panoramica, a 915 m di altitudine. 


Monteacuto_delle_alpi
Affaccio verso Madonna del Faggio e Tresana.




Dista 90 km da Bologna e 6 km da Lizzano in Belvedere.
La via Tegge si stacca dalla via Pianaccio che porta al paese omonimo e si inerpica stretta e insidiosa sino a raggiungere il crinale.

Monteacuto_MAPPATURA_Monica_Galeotti
© Google Earth - ©Mappatura Monica Galeotti
Affaccio verso Corno alle Scale.






LA STORIA 

La prima citazione risale al 1105 circa, in una bolla di Papa Pasquale II, quando non era ancora un paese propriamente detto ma un piccolo agglomerato.

Gli abitanti erano chiamati "zingari", nel senso di girovaghi, perché Monteacuto era un notevole centro mercantile fra il XII e il XV secolo, trovandosi su un’importante via di comunicazione fra Emilia e Toscana. 

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Il fatto che si potessero incrementare i propri guadagni attirò fin dal XIV secolo varie famiglie del Belvedere, l’altro comune autonomo presente nella zona, tanto da provocare lotte interne.
Allo stesso tempo vennero costruite nuove strade più comode per il commercio.
Questi fatti portarono al declino di Monteacuto.

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Perduta l’importanza commerciale e il conseguente benessere, gli abitanti del paese furono costretti a sopravvivere utilizzando gli elementi del bosco che avevano in abbondanza: il legno e le castagne. 

Diventarono esperti spaccalegna e carbonai apprezzati ovunque, un lavoro duro che li costringeva anche ad emigrare per diversi mesi l’anno in Maremma, in Corsica o in Francia.



IL BORGO

Le case di Monteacuto poggiano su un crinale e sembrano quasi sospese.
Il crinale si trova fra il torrente Silla da una parte e il torrente Baricello dall’altra. 

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Le strade sono talmente strette che non è possibile entrare con l’auto. 

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Conserva le caratteristiche di strutture tipicamente medievali con funzione di castello fortificato, un tempo esistente con torre merlata e ponte levatoio; sembra che la contessa Matilde di Canossa gli abbia dedicato attenzione.

Il paese era composto da vari rioni distinti da un nome, oggi li si può ritrovare nel titolo di una via. 

La seguente mappa è un azzardo, ho cercato di individuare e segnare gli antichi rioni di Monteacuto secondo le indicazioni del testo di Alessandra Biagi (Proloco Pianaccio).
Invito il lettore al suggerimento.

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© Google Earth - ©Mappatura Monica Galeotti



IL PERCORSO

Il più alto parcheggio per le auto coincide con il fulcro del paese e lo taglia in due; a pochi metri la minuscola piazza con la storica trattoria Il Bagigio.
Probabilmente era il -RIONE LA TORRE,
dove anticamente si trovava il castello e di cui oggi non rimane nulla se non la toponomastica del luogo (Rione la Torre e Rione il Fossato).

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-RIONE MALTEMPO

Il motivo più probabile per questo toponimo è la sua posizione, esposta verso il maestoso Corno alle Scale e quindi alle burrasche di neve.

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-RIONE IL FOSSATO

Il significato è evidente, la presenza dell’acqua a Monteacuto era scarsa e perciò preziosa.
Fino al 1883 vi erano alcune cisterne che raccoglievano l’acqua piovana, due di queste nel 1600 erano private, ma messe a disposizione dai proprietari per tutti. 

In seguito un abitante del paese, Pasquale Poli, riuscì a compiere un’impresa ingegnosa per l’epoca: portare l’acqua a Monteacuto da una sorgente distante alcuni chilometri attraverso una conduttura di coppi di terracotta.

Da questa conduttura parte una mulattiera selciata costruita dallo stesso Poli per raggiungere più comodamente il Mulino della Squaglia, di sua proprietà. 
Dal Mulino della Squaglia si raggiunge anche il Santuario di Madonna del Faggio. 


LA FONTE DEL FOSSATO DI PASQUALE POLI

Nella piazzetta del Belvedere l'antica fonte.


La targa a memoria di colui che portò l'acqua in paese recita così:
"L'anno 1883, 85 di sua età
Poli Pasquale un giorno risoluto
cercò quest'acqua e fece il suo livello
per condurre quest'acqua a Monteacuto
Fece il disegno e fece lo stradello
Nessuno credeva che su questo monte
che si dovesse condur si ricca fonte
Se fece da ingegnere e fece la via
Preghiamo almen per lui Gesù e Maria".

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A fronte il Monumento ai Caduti della Seconda Guerra, molti dei quali partigiani.
Monteacuto ricorda i suoi figli.

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Percorro via China in ripida salita e mi dirigo verso la chiesa.

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LA CHIESA

È dedicata a San Nicolò e si trova nella zona più alta del paese.
Non ci sono notizie certe sull’anno della costruzione ma unanimemente la si colloca nell’anno 950, quando venne citata come "cappella" in una bolla di Papa Pasquale II.

La facciata attuale con portico antistante a tre arcate è frutto di lavori settecenteschi. 
Il campanile è stato riedificato nel 1865 dal maestro muratore Lorenzo Biffoni. 

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Nella piazza antistante vengono organizzate serate estive come "Sere Nere", rassegna dedicata al cinema noir.

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L'interno della chiesa possiede un pavimento originale in lastre di arenaria.
Una grande acquasantiera su piede è del 1713, scolpita in arenaria da Bartolomeo Zaccanti.

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Sull'altare maggiore un magnifico crocifisso intagliato nel legno di cipresso da Andrea Brustolon, intagliatore padovano.

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Un'opera di notevoli dimensioni, 1,70 metri di altezza, portato a spalla nel 1786 da quattro volontari che si alternarono per quattro giorni nel trasporto.

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Nella prima cappella a destra un dipinto che ritrae San Giuseppe; in origine si trovava la fonte battesimale.

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La chiesa ha risentito molto dei problemi legati al suo territorio, sono molti infatti i parroci rinunciatari o non residenti, anche in tempi recenti.



Proseguo oltre la chiesa direzione "al Pratino", Passeggiata del Balzo.

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Un tempo lo si chiamava "Il Poggiolino", chissà, forse chi arrivava quassù poi lo chiamava a piacimento, un piccolo quadrato d'erba in cima al crinale del paese.

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Il muretto è stato alzato per la sicurezza a mò di tetto spiovente perchè non ci si possa sedere.

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Torno verso il centro del paese.

-RIONE DELLE LASTRE

Il nome si deve a un grande affioramento di arenaria su cui furono eretti diversi edifici.
A Monteacuto la pietra è dominante anche negli edifici antichi, costruiti in arenaria locale.
Da questo rione si gode il panorama sulle Tese, su Montegrande, sul Monte La Nuda e sul Corno alle Scale e, ai piedi della vallata, Pianaccio, il paese natale di Enzo Biagi, sepolto nel locale cimitero.

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La zona sud.
Una volta tornata al punto di partenza (punto di riferimento la trattoria Il Bagigio) mi dirigo nella Monteacuto meridionale dove si trovavano gli ultimi tre antichi rioni.


-RIONE I TREBBI

Il Trebbio ha un doppio significato; dal dizionario Treccani:
1-è l’incontro di tre strade, dal latino "Trivium" (a Monteacuto infatti convergono tre vie)
2-gruppo di persone che conversano sulla via; andare a Trebbio è una riunione di amici. 

La Proloco locale ha curato nel 2019 il suggestivo murales con i luoghi principali che circondano Monteacuto, stretto fra i due torrenti Silla e Baricello.

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-RIONE BORDILOCCO

Si trova nella zona meridionale del paese, delimitato da Le Tegge nella parte bassa.


-RIONE LE TEGGE

Nel dialetto locale il vocabolo “teggia” indica una costruzione rustica, magari porticata, che svolgeva la funzione di custodire gli animali e di nutrirli.
Il rione le Tegge è al plurale perché ve ne erano probabilmente un gran numero. 
Il paese aveva vocazione mercantile ma era anche ricco di bestiame.

Quello delle Tegge era il rione più popoloso del paese, con 21 famiglie residenti.
Fra di esse vi erano i Francia, così detti da un esponente emigrato da oltralpe, di cui fa menzione un'edicola nei pressi del cimitero.

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Superato il cimitero la strada non asfaltata (sentiero CAI 113) diventa presto mulattiera ed è anche area di castagni.
Castagneti ben tenuti dai proprietari che mantengono viva la cultura della castagna, frutto primario e indispensabile che per lungo tempo è stato unico sostentamento di queste montagne.

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CURIOSITÀ

I CIACCI (o NECCI)
Come in tutta l'Alta Valle del Reno dell'Appennino Bolognese al confine con la Toscana, qui si consumavano i ciacci, una sorta di crepes composta da farina di castagne, acqua e poco sale.

Oggi sono considerati un dolce, un arrotolato molto spesso riempito con ricotta, mentre le popolazioni rurali lo consumavano accompagnato da vivande salate.

La difficoltà maggiore era data dalla loro cottura, con l'impasto separato da foglie di castagno e inserito nei "testi", strumenti appositi poi messi sul fuoco del camino.
I ciacci cotti nei testi assumevano una colorazione bruna, con le sottili nervature delle foglie di castagno, le quali conferivano un sapore leggermente amaro.


Questa foto testimonia lo strumento, che il fotografo aveva intuito fosse destinato a scomparire, sostituito da mezzi più funzionali.
Oggi il "testo" è la comune piastra per cuocere la piadina o la crepes.

"testo", strumento per la cottura dei "ciacci" -
 ©Genus Bononiae - ©Luigi Fantini (San Lazzaro)





LE FAMIGLIE PIÙ ANTICHE DI MONTEACUTO

Le famiglie più note sono quelle dei Poli detti "placàn", pelacani, e quelle dei Guccini.

 Dall'autobiografia di Francesco Guccini "Non so che viso avesse" (le sue ricerche per stabilire la provenienza familiare arrivano a ritroso fin al 1500):¹

"Da un documento appare Guccino da Montagu’, munaro, cioè mugnaio. 
Montagu’ è poi Monteacuto delle Alpi.

Scrive lo storico Alfeo Giacomelli: "I Guccini sembrano essere la famiglia più autenticamente originaria del luogo".²

Dopo la decadenza tre-quattrocentesca (soprattutto a causa della peste), "I Guccini erano forse l’unica famiglia rimasta in tale periodo di crisi".³

Nel 1660 circa ci sono 21 famiglie Guccini con 101 individui, nel 1668 abbiamo 17 famiglie con 124 individui; fra queste spicca la famiglia di un certo Marco Guccini, con 23 componenti. Tutti da solo?!
Inutile continuare così, i Guccini vengono da lì, insomma, e altri e numerosi documenti attestano la presenza in loco della famiglia, intrecciata ai fenomeni del banditismo montanaro del Cinquecento; un esempio fra tutti, la faida fra i Guccini e i Biagi."



LE ESCURSIONI

Dal paese si dipartono diverse escursioni: per Madonna del Faggio (sent.109), Castelluccio di Porretta, Pianaccio, Segavecchia e il Corno alle Scale. 

La più suggestiva, anche se molto lunga, è quella che segue la Dorsale di Monteacuto e l’alta valle del Silla.
Si percorre l’antica mulattiera sino al Passo della Donna Morta (questo primo tratto era la via di collegamento con la Toscana nel Medioevo), Porta Franca, Monte Gennaio, Passo del Cancellino, concludendo ad anello attraverso i Balzi della Malacarne.


LE FOTO DEI RICORDI

Al Pratino 1983, quando lo si chiamava al Poggiolino.
Dai ricordi di Mirco Bianchi, anni '70:
"Si andava lì in compagnia, ci si sedeva sul muretto (perchè era più basso e piatto, col tempo lo hanno alzato) e si stava lì a guardare le stelle, a fare delle chiacchere, qualche volta a suonare la chitarra, o in compagnia della fidanzata".

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Bibliografia:

→ ¹Francesco Guccini, "Non so che viso avesse - quasi un'autobiografia", ed. Mondadori, 2010.


²A. Giacomelli, "La Musola", anno XXI - 1 aprile 1987, Le famiglie di Monteacuto nel 1500-700, p. 48

³Id., "La Musola", anno XXI - 11 ottobre 1990, Per una storia del banditismo montano, p. 47.


-pieghevole "Parco Regionale Corno alle Scale", a cura del Centro Villa Ghigi, serie Parchi e Riserve dell'Emilia Romagna n. 9, 1992.


Sitografia:

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